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KOJIMANIACA's Graphic Novel: Un destino già tracciato

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kojimaniaca
view post Posted on 24/4/2007, 05:25     +1   -1




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UN DESTINO GIA' TRACCIATO

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PROLOGO



- Mamma? -
Nessuna risposta.
La bambina strisciò fuori prudentemente dal ripostiglio nel quale era rimasta nascosta fino a quel momento, protetta dalle sue amate bambole, e si fece strada fra le macerie di quella che era stata la sua camera da letto.
- Mamma? - chiamò di nuovo, con la voce incrinata e prossima al pianto.
Ancora nessuna risposta.
Procedette a carponi fra vetri rotti e mobili rovesciati, quindi sedette con le ginocchia strette al petto in mezzo alla stanza, fissando smarrita tutta quella desolazione.


Era successo tutto in pochi istanti.
Un boato assordante aveva scosso il Palazzo Reale fino alle fondamenta, e poi era scoppiato l'inferno.
Re Vega aveva dato il via all'invasione del pianeta Fleed.
Strappata bruscamente dai suoi sogni di bimba, la piccola si era ritrovata, confusa e ricoperta di polvere, fra le braccia di sua madre, che l'aveva strappata dal letto pieno di calcinacci trasportandola nello stanzino dove conservava tutti i suoi giocattoli.
- Rimani qui Maria - le aveva raccomandato sottovoce - Non ti muovere per alcun motivo, capito? Tornerò presto a prenderti! -
- Ho paura mamma - aveva singhiozzato lei, stringendole convulsamente le braccia attorno al collo - Non lasciarmi da sola! -
La donna l'aveva staccata da sé gentilmente, ma con fermezza, facendola sedere nel mucchio dei peluche.
- Qua dentro sarai al sicuro - le aveva mormorato, sfiorandole il viso con una carezza ed asciugando le lacrime che le scendevano lungo le gote, lasciando tracce più chiare sulle pelle imbrattata - Non piangere bambina mia, ricorda che sei la figlia di un Re! -
Pur non riuscendo a capire cosa stesse accadendo, Maria aveva annuito, tirando su col naso.
- Brava la mia piccola principessa coraggiosa - le aveva detto la donna, sorridendole dolcemente e con un luccichio sospetto negli occhi, che s'era affrettata a nascondere abbassando lo sguardo.
Quindi, dopo un attimo d'esitazione, s' era sfilata dalla testa un ciondolo, mettendoglielo al collo.
- Tienimelo tu - le aveva detto - Dopo verrò a riprenderlo -
- Mamma...non andare via...-
La regina aveva guardato per un'ultima volta quegli occhi sgranati dal terrore, di un blu quasi irreale e poi, prima di allontanarsi, le aveva sfiorato la fronte con un bacio leggero.
Entrambe avevano avuto una percezione molto chiara: quello era un addio.


Maria pianse in silenzio.
Da lontano le giungevano ancora gli echi delle esplosioni e le urla strazianti delle vittime dell'attacco.
La piccola si raggomitolò ancor più su se stessa, tappandosi le orecchie per non sentire e canticchiando a bassa voce un'antica filastrocca, che le aveva insegnato Nyala, la vecchia balia

Dal Dolore dei Ricordi fugge il Principe
e non c'è tregua per la Spada del Guerriero
Contro l'oscurità dell'Anima combatte suo Fratello


Non capiva il significato di quelle parole, ma il continuare a ripeterle serviva a tenere a bada la paura.
Maria era sempre stata affascinata dalla sua nutrice.
Nyala era un' anziana donna, con lunghi capelli bianchi raccolti semplicemente in una treccia, dall'età indefinibile e dallo sguardo indagatore perennemente in penombra.
Il volto raggrinzito conservava ancora le tracce di una perduta bellezza, ed il corpo snello era sempre avvolto in lunghe tuniche scure.
La donna possedeva la capacità di leggere nel pensiero di chi le stava di fronte, ed aveva fama di essere anche un'abile guaritrice.
Un timore reverenziale l'accompagnava come un'aura, e molti a corte erano convinti che fosse una specie di strega.
Maria la chiamava nonna.

Dal Dolore dei Ricordi fugge il Principe
e non c'è tregua per la Spada del Guerriero
Contro l'oscurità dell'Anima combatte suo Fratello

Ripeté un'altra volta, dondolandosi impercettibilmente avanti ed indietro.
Rimase così a lungo, finché non le arrivò più alcun suono, se non quello della sua voce.
A quel punto tacque, e lasciò che mani le scivolassero in grembo.
Maria rimase in ascolto.
Ora il silenzio era quasi irreale, ed alla bambina sembrò ancora più spaventoso del frastuono del bombardamento di poco prima.
Dopo un momento d'incertezza, decise di lasciare la stanza, per andare alla ricerca dei suoi genitori e di suo fratello Duke.
Fece per uscire, ma poi si ricordò della sua bambola preferita, quella del principe Ko-Ji, che teneva sempre sopra il letto. Corse a prenderla, la spolverò rapidamente con una mano e la strinse a sé, quindi uscì nel lungo corridoio, sul quale s'affacciavano gli appartamenti reali.
Era buio ed il percorso era disseminato dai detriti; l'unico chiarore era quello degli incendi che ardevano in vari punti dell'edificio, ma per Maria era più che sufficiente per muoversi, visto che sarebbe stata in grado di percorrere tutto il palazzo anche ad occhi chiusi.
Raggiunse con qualche difficoltà la sala del trono, e lì si fermò attonita.
Un'enorme voragine aveva inghiottito gran parte del pavimento, ed una delle pareti era crollata, lasciando un varco irregolare verso l'esterno, dal quale si potevano vedere i giardini reali.
Da quell'apertura spirava un vento impetuoso, che portava con sé profumo di fiori misto all'odore di fumo; ma il tanfo che aleggiava sopra a tutto era quello della morte.
Decine di cadaveri giacevano scomposti in mezzo a quella rovina, alcuni mutilati e resi irriconoscibili dal fuoco dei laser, altri schiacciati dalle macerie.
All'improvviso inciampò in qualcosa.
Guardò verso il basso, e vide una manina sporgere da sotto un'enorme lastra di marmo: era Laiza, la sua damigella di compagnia; la riconobbe dall'anello con lo stemma della casa reale, che portava al dito indice e che lei stessa aveva voluto regalarle qualche giorno prima.
La giovane principessa capì che non c'era più nulla da fare per l'amica e rimase lì a piangere per un po', tenendo quella mano fredda fra le sue: voleva molto bene a Laiza.

Dal Dolore dei Ricordi fugge il Principe
e non c'è tregua per la Spada del Guerriero
Contro l'oscurità dell'Anima combatte suo Fratello


Maria si fece forza e s'inoltrò nell'ampio ambiente di forma circolare, evitando per quanto possibile di guardare tutta quella carneficina, dirigendosi verso il fondo della sala, dove si trovavano i seggi reali.
Nella semioscurità, la bambina vi scorse sedute due sagome familiari
- Mamma! - esclamò sollevata, precipitandosi verso i suoi genitori - Papà! -
Un attimo dopo aveva il viso sprofondato nel grembo della madre, ma nessuna carezza di conforto arrivò a sfiorare i suoi capelli ramati.
Qualcosa di viscido le gocciolò sul braccio nudo.
Maria alzò lo sguardo ed urlò.
Del volto della donna rimaneva una massa informe di carne sanguinolenta che lasciava intravedere il ghigno del teschio, ed attorno al quale pendevano alcune ciocche di capelli bruciacchiati.
La bambina indietreggiò sconvolta, incespicando e piombando a sedere sul pavimento.
Il grido d'orrore le era morto in gola e dalla bocca spalancata non usciva più alcun suono.
Si voltò lentamente verso suo padre.
L'uomo aveva gli occhi sbarrati ed il capo reclinato verso destra, in una posizione decisamente innaturale: la testa era quasi staccata dal collo.
Prima di svenire, sopraffatta da tanta atrocità, sentì due braccia afferrarla e stringerla forte.
- Sono qui mia piccola principessa! - esclamò la voce rassicurante della balia - Sono qui! -


Attraverso il computer di bordo, Nyala controllò rapidamente che la navicella spaziale non avesse subito danni.
Sembrava tutto a posto.
Anche la verifica sulle provviste aveva dato buon esito: ce n'era abbastanza per almeno tre mesi, ma sperava che non sarebbe servito tanto tempo per giungere alla sua meta.
Il principe Duke era riuscito ad allontanarsi da Fleed con il Grendizer, e lei lo avrebbe raggiunto ad ogni costo.
Impostò quindi i dati per la navigazione, incastonando il ciondolo di Maria in una placca di cristallo trasparente che stava sul pannello di controllo.
Il medaglione s'illuminò di una luce azzurra, interagendo con gli strumenti di bordo e stabilendo la direzione da prendere.
Il segnale di richiamo, emesso dall'identico gioiello che aveva al collo il fratello di Maria, avrebbe guidato la loro piccola astronave ovunque si fosse recato con Grendizer.
Nyala diede un'occhiata pensierosa alla bambina, che giaceva priva di sensi in una delle cuccette.
Si sarebbe presa cura di lei, era questo il suo compito.
Stava per compiersi la Profezia trasmessale dai suoi avi e lei era pronta ad affrontare quello che avrebbe riservato loro il destino.

Dal Dolore dei Ricordi fugge il Principe
e non c'è tregua per la Spada del Guerriero
Contro l'oscurità dell'Anima combatte suo Fratello


La navicella si sollevò da terra con un lieve fremito e quindi decollò senza alcun rumore.
Qualche istante dopo lasciava l'atmosfera del pianeta; Nyala si voltò un'ultima volta, a guardare con infinita tristezza la sua patria martirizzata.
Il pianeta Fleed scomparve in pochi istanti nelle profondità dello spazio.




CAPITOLO I°: "Chi sono io?"


Koji se ne stava sdraiato sul proprio letto, indossando solo un paio di vecchi jeans sdruciti.
Il giovane aveva le braccia incrociate dietro la testa e teneva gli occhi chiusi, ascoltando assorto la canzone che proveniva dal lettore cd sulla sua scrivania:
"my lover's gone, his boots no longer by my door..."
La voce di Dido era quasi ipnotica.
Il sole stava tramontando sull'Istituto di Ricerca Fotoatomica; gli ultimi raggi piovevano dorati attraverso la finestra aperta e sul pavimento della sua stanza.
Era caldo, ma fortunatamente una leggera brezza stava cominciando a disperdere l'afa di quella giornata di mezza estate, scuotendo lievemente le tende ed accarezzandogli piacevolmente il petto nudo.
"...i will not watch the ocean, my lover's gone, no earthlyship will ever, bring him home again..."
Il ragazzo aprì gli occhi e sbirciò il suo orologio da polso: era quasi ora di cena, ma non aveva granché appetito.
A dire il vero non se la sentiva proprio di raggiungere gli altri a tavola, come del resto succedeva ormai da diverso tempo...era stanco di essere l'oggetto di occhiate furtive e commenti a bassa voce.
Lo temevano, ecco la verità.
Anche se cercavano di non dimostrarlo apertamente, era evidente che la sua presenza provocava una certa inquietudine.
Ormai essere evitato nei corridoi dal personale della base, era diventata quasi un'abitudine.
Persino gli amici di sempre lo guardavano con circospezione, e Sayaka...già...anche lei preferiva evitare la sua compagnia.
A quest'ultimo pensiero sospirò cupamente.
Tornò suo malgrado a concentrarsi sull'argomento cena: infondo un po' d'appetito ce l'aveva.
"Magari più tardi faccio un salto in cucina e vedo cosa riesco a rimediare" concluse fra sé e sé, tornando a chiudere gli occhi, e lasciandosi trasportare nuovamente dalla musica.
"...my lover's gone, i know that kiss will be my last, no more his song..."
Di certo in lui era cambiato qualcosa, ne era consapevole.
Nel suo intimo più recondito avvertiva un'oscurità inquietante, che sempre più frequentemente cercava di emergere, e chi gli stava attorno evidentemente lo percepiva.
- Mazinkaiser...- mormorò quasi con un brivido.
Lo pilotava già da alcuni mesi, padroneggiandolo ormai come se fosse un'estensione del suo stesso corpo, ma il ricordo del momento in cui vi si era agganciato per la prima volta con il Kaiserpilder, lo faceva ancora rabbrividire.
La sensazione di simbiosi totale che aveva provato, era stata così sconvolgente da procurandogli una sofferenza insopportabile, come se lo stessero smembrando in mille pezzi.
Poi grazie a Dio aveva perso i sensi, scivolando nell'oblio.
Ora invece era diverso.
Nella fase dell'agganciamento avvertiva quasi una sorta di piacere fisico, come un fremito di energia pura nella carne, ed un senso d'onnipotenza inebriante.
Questa sensazione sembrava aumentare di combattimento in combattimento: Koji affrontava le malefiche creature bio-meccaniche del Dottor Hell con sempre più sadica ferocia, un sentimento mai conosciuto fino ad allora, e che al di fuori dell'eccitazione della lotta lo spaventava a morte.
Il giovane avvertiva di essere in bilico sull'orlo di un abisso.
La paura di perdere il controllo delle proprie azioni lo angosciava non poco: era come se una belva, ringhiante e famelica, se ne stesse accucciata in un angolo buio della sua coscienza pronta a sopraffarlo...
...Doveva essersi appisolato, perché quando riaprì gli occhi il sole era definitivamente tramontato ed era quasi buio.
S' alzò dal letto, e si diresse verso la scrivania per accendere una piccola lampada da tavolo: una tenue luce si fece faticosamente strada attraverso le ombre della stanza.
Il cd era finito ormai da un po', ed il giovane spense distrattamente il lettore.
Allungò una mano, ed afferrò una foto incorniciata che stava sul ripiano del tavolo; Koji osservò pensieroso l'anziano uomo che vi era ritratto.
Lo sguardo era fisso verso l'obiettivo, ed al giovane sembrò quello di un folle.
- Mio Dio nonno...che cosa mi hai fatto? - chiese in un sussurro.
Quegli occhi sembrarono scrutarlo ancora più intensamente, quasi beffardi: Juzo Kabuto, il creatore del Mazinkaiser, sorrideva compiaciuto della sua opera.
Koji provò un brivido incontrollabile, e d'impulso girò la foto a faccia in giù.
A fianco c'era un bel ritratto in bianco e nero dei suoi genitori: anche i loro occhi sembrarono fissarlo con insistenza.
Non era forse uno sguardo di rimprovero quello che vedeva?
Girò anche quella fotografia, ma poi ci ripensò: le prese entrambe e, con un gesto secco, le chiuse in un cassetto della scrivania.
Qualcuno bussò alla porta della sua stanza, e senza attendere risposta entrò.


CAPITOLO II°: "Rancore"

A tavola Sayaka fissò desolata il posto vuoto di fronte al suo: anche quella sera Koji non s'era presentato a cena.
Da qualche tempo ormai, il ragazzo preferiva consumare i pasti in solitudine e questa cosa, oltre a preoccuparla, la rattristava molto.
Tuttavia, Sayaka provava anche un senso di colpevole sollievo.
Ultimamente infatti, la vicinanza del giovane le provocava un senso di disagio indefinibile che non riusciva a dissimulare, e Koji purtroppo se ne era accorto.
Ma non era l'unica: il volontario isolamento del ragazzo era stato accolto quasi con gratitudine da tutti gli abitanti dell'Istituto, compresi i suoi amici più intimi.
L'atmosfera durante i pasti si era fatta un po' pesante, ed i pochi tentativi di conversazione languivano quasi subito; nemmeno le solite facezie di Boss, Nuke e Mucha riuscivano a risollevare il morale generale.
Si guardò attorno: a capotavola papà ed i suoi tre collaboratori discutevano a bassa voce di chissà quale astruso argomento; seduti quasi di fronte a lei, Tetsuya e Jun scambiavano qualche battuta di circostanza con Boss, nel vano tentativo di rompere un po' il silenzio.
Sayaka gettò un'occhiata al piccolo Shiro, che sedeva taciturno al suo fianco, rimestando il cibo nel piatto senza nemmeno assaggiarlo: il bambino sembrava soffrire più di tutti della recente scontrosità del fratello maggiore.
" Koji, cosa ti sta succedendo..." pensò Sayaka " Non ti capisco più "
Quel ragazzo che credeva di conoscere così bene si stava in qualche modo allontanando, e lei non sapeva come comportarsi.
Koji ora le faceva paura, ecco la verità, ma nello stesso tempo era maledettamente in ansia per lui.
La ragazza era combattuta tra il tenero sentimento che provava da sempre nei suoi confronti e quell'inquietudine a cui non sapeva dare un senso.
- Coraggio ragazzino, mangia qualcosa prima che si raffreddi - disse Sayaka arruffando i capelli di Shiro con una mano, cercando di strappargli almeno un sorriso.
- Non mi va - rispose laconico il ragazzino
- Che cos'è? - sbottò Tetsuya dall'altro lato del tavolo - Un'epidemia di famiglia? -
Seduta al suo fianco, Jun gli rifilò una sonora gomitata intimandogli con lo sguardo di starsene zitto.
- Perché, forse non la pensate anche voi come me? - continuò imperterrito Tetsuya - Non siate ipocriti, lo so che siete stufi quanto me delle cazzate e dell'atteggiamento da primadonna di Kabuto! Ma chi si crede di essere quello stupido? Vincere qualche battaglia per pura fortuna non fa di lui un vero combattente, ne tanto meno un uomo! - continuò, con il tono di voce che si faceva via via più aspro.
Il fatto che il Mazinkaiser fosse stato affidato a quel dilettante di Koji invece che a lui, lo irritava ancora e non poco.
Infondo non era stato certo Koji a sacrificare la sua fanciullezza in duri addestramenti, ma lui, Tetsuya Tsurugi, nel nome di quello scienziato che lo aveva adottato da bambino, per farne l'indistruttibile pilota del Great Mazinger.
Kenzo Kabuto lo aveva formato come si forgerebbe una spada, trasformando il giovane una vera e propria macchina da guerra, senza nessuna concessione, senza dargli tregua; tuttavia quell'uomo era stato capace anche di grandi slanci d'affetto, come quello dell'estremo sacrificio per salvargli la vita.
Il dolore di quella perdita avrebbe accompagnato Tetsuya per il resto della sua esistenza, come un'ombra.
Il giovane finalmente tacque, sfidando con sguardo sprezzante i presenti: dopo quello sfogo gli occhi di tutti erano puntati su di lui.
Lacrime silenziose cominciarono a scendere lungo le gote di Shiro.
- Che fai? Ti metti a frignare adesso? - domandò caustico il giovane Tsurugi - Non vale la pena piangere per quell'idiota di tuo fratello! -
Shiro lo fulminò con uno sguardo carico d'odio e poi lasciò la stanza di corsa, singhiozzando senza controllo.
- Bene! Sarai soddisfatto adesso! - lo rimproverò Jun.
Tetsuya non replicò, fissando mortificato la porta che si era richiusa alle spalle del ragazzino in fuga.
Non era sua intenzione trattare male il bambino, e provò un gran dispiacere per quello che aveva detto.
Del resto voleva molto bene a Shiro, lo considerava come un fratello minore e, proprio per questo motivo, l'atteggiamento assunto da Koji lo faceva imbestialire ancora di più.
Nel bene o nel male la cena ebbe comunque termine.
Sayaka si recò nella cucina attigua alla sala da pranzo, per preparare un vassoio con la cena per Koji, che poi avrebbe lasciato in bella vista vicino al microonde.
Ormai lo faceva d'abitudine, una specie di rituale per sentirsi in qualche modo vicina al ragazzo.
Questa volta però Tetsuya la seguì.
- Da qua! - le disse strappandole il vassoio dalle mani.
- Tetsuya! - esclamò Jun preoccupata - Che vuoi fare? -
Il giovane però era già nel corridoio, diretto con passo deciso verso la stanza di Koji.
La ragazza fece per seguirlo, sapeva di cosa era capace Tetsuya in preda all'ira, ma una mano la trattenne per il braccio
- Lascialo andare Jun - mormorò Sayaka con un lieve tremito nella voce - Forse è ora che quei due si chiariscano -


Tetsuya giunse davanti alla porta di Koji, bussò ed entrò senza tanti complimenti, chiudendo a chiave dietro di sé.
- Beh, che dire...avanti! - disse ironico Koji quando se lo trovò di fronte con quello sguardo determinato, che non presagiva niente di buono.
- La cena! - sibilò Tetsuya appoggiando bruscamente il vassoio sulla scrivania.
- Non dovevi disturbarti - mormorò Koji ora sulla difensiva - Che c'è, avete estratto a sorte chi doveva venire a stanarmi ed a te è toccata la paglia più corta? - continuò accennando un amaro sorriso - Ultimamente non mi sembra che la mia presenza sia molto gradita, se non altro vi faccio un favore...-
Non fece tempo a finire la frase che Tetsuya gli rifilò un violento manrovescio, facendolo cadere a terra.
- Hai finito di dire stronzate Kabuto? Sono qui per darti una lezione di buone maniere, non per fare conversazione - lo apostrofò senza tanti complimenti - Avanti, dimostrami quello che sai fare, dimostrami che sei un uomo! - proseguì, facendogli cenno di avvicinarsi.
Con il volto che ancora bruciava dove era stato raggiunto dallo schiaffo, Koji fu pronto a rialzarsi, e gli si avventò contro.
- Maledetto BASTARDO, come osi! -
Tetsuya scartò di lato evitandolo con facilità.
- Troppo lento Kabuto! Per essere il pilota designato del Mazinkaiser, sei proprio una schiappa, era meglio per te continuare a condurre quel ferrovecchio del Mazinger Z - lo sbeffeggiò il pilota del Great Mazinger.
Koji, punto sul vivo, non proferì parola, ma tornò a scagliarsi fulmineo sul suo avversario, riuscendo a colpirlo con un pugno allo stomaco.
Tetsuya accusò il colpo, indietreggiando sorpreso, ma quando vide Koji tentare un altro attacco, fu pronto ad accoglierlo con una mossa di judo, facendolo atterrare a faccia in giù sul pavimento.
Il ragazzo si girò il più velocemente possibile, ma Tetsuya gli fu sopra bloccandolo con tutto il suo peso, tempestandolo di pugni sul volto.
Koji sentì in bocca il sapore metallico del sangue, mentre un altro rivolo scarlatto gli colava da un taglio sulla fronte, offuscandogli un po' la vista.
Non intendeva cedere per nessuna ragione al mondo.
Tentò di reagire mettendo a frutto alcune tecniche del corpo a corpo, col risultato di ritrovarsi, in seguito ad un paio di abili contromosse di Tetsuya, con la faccia premuta a terra, un braccio ritorto dietro la schiena ed il ginocchio dell'avversario che lo inchiodava al pavimento.
Koji urlò di dolore e rabbia.
- Allora ne hai abbastanza o devo continuare? - gli sibilò in un orecchio Tetsuya - Senza il tuo Kaiser non vali un granché, posso batterti come e quando voglio Kabuto -
Il ragazzo non rispose, cercando disperatamente di liberarsi da quella presa.
- Sei una vergogna per la memoria di tuo padre - continuò non contento Tetsuya, parole gelide, che colpirono Koji come una pugnalata alla schiena.
Lacrime amare scesero a rigargli il volto, ed una furia mai provata prima cominciò a montargli nel petto. Nuove energie esplosero nei suoi muscoli tesi, e quella tenebra che covava dentro di lui emerse prepotentemente, annientando la sua coscienza.
Koji emise come una specie di ringhio sommesso, poi con l'unica mano libera fece leva per rialzarsi.
Tetsuya lo sentì muovere sotto di sé, e percepì che qualcosa in Koji era improvvisamente cambiato.
Un brivido incontrollabile gli fece rizzare i capelli sulla nuca; intuì che doveva stare in guardia ma...troppo tardi.
Koji in qualche maniera era riuscito a liberarsi, e prima che Tetsuya se ne potesse rendere conto, lo aveva scagliato con una forza inaudita verso l'altra parte della stanza, facendolo cozzare violentemente contro la parete.
A terra, semi stordito e dolorante, il giovane si girò a fatica verso Koji, che ora torreggiava su di lui, con il respiro affannoso, i pugni serrati ed il volto sanguinante contratto in una smorfia ferina.
- Ka...Kabuto -
Tetsuya era scioccato, e fissò sbalordito quel ragazzo che gli si stagliava davanti in controluce, come una specie di demone uscito da qualche racconto dell'orrore.
Nonostante quel volto fosse in penombra, riusciva a scorgerne gli occhi...per un attimo credette di vedere qualcosa di strano in quello sguardo, come se le pupille si fossero dilatate a dismisura coprendo anche la cornea.
Tetsuya si trovò a guardare sgomento in due pozzi di tenebra, che sembrarono risucchiarlo come in un vortice.
Fu solo un attimo, ma in quell'attimo capì il vero potere che albergava in Koji, un potere terribile che in quel momento lo dominava completamente, ed era fuori controllo.
Un sorriso beffardo aleggiava ora sul volto di Koji.
Si chinò ad afferrare Tetsuya per il collo, e poi lo sollevò in alto con una sola mano , tenendogli la schiena premuta contro la parete.
Le dita del giovane Kabuto cominciarono a stringere senza pietà.
Tetsuya sbarrò gli occhi incredulo: "MI VUOLE UCCIDERE" pensò.
Sul volto di Koji si dipinse un ghigno infernale, come se gli avesse letto nel pensiero...

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Art by Thunder Break/Nivalis70

Edited by kojimaniaca - 18/5/2010, 23:26

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kojimaniaca
view post Posted on 29/4/2007, 15:15     +1   -1




CAPITOLO III°: "Il lato oscuro"


Appena terminata la cena, Gennosuke Yumi si era congedato dai presenti, ritirandosi come d'abitudine nel suo studio, per raccogliere le proprie idee in santa pace, e magari bersi un buon caffè.
Quello era uno dei pochi momenti di quiete che riusciva a ritagliarsi nell'arco della giornata, difficilmente vi rinunciava e sempre a malincuore.
Lo studio era un'ampia stanza, arredata in modo semplice ma funzionale, con un'illuminazione soffusa, che rendeva l'atmosfera molto accogliente, ed un'ampia vetrata dalla quale si poteva godere di una splendida vista sul Fuji.
In un angolo c'era la macchina per il caffè.
Yumi se ne preparò una tazza, poi s'accomodò sulla sua poltrona preferita, e s'accese una sigaretta: una spirale di fumo salì sinuosa verso il soffitto
"Prima o poi dovrò smettere" pensò, ma senza molta convinzione.
Sua figlia Sayaka lo rimproverava di continuo per quel vizio, e lui per farla contenta aveva ridotto il numero delle sigarette giornaliere, limitandosi a fumarne una dopo pranzo ed una dopo cena.
Dopo la piazzata di Tetsuya, la serata aveva preso una piega poco piacevole, ed adesso sentiva il bisogno di un po' di tranquilla solitudine.
Ultimamente s'era instaurato un clima decisamente pesante, e tutto sembrava risalire ad un'unica causa: Koji.
Yumi si ripromise di fare al più presto due chiacchiere in privato con il ragazzo, per cercare di capire il motivo del suo atteggiamento, e per vedere di risolvere in qualche modo la situazione.
Il comportamento anomalo di Koji sembrava legato a doppio filo con l'avvento del Mazinkaiser, ma il professor Yumi non riusciva a capirne il collegamento
"Forse è troppo sotto pressione..." pensò.
Quel ragazzo impulsivo, a volte testardo, ma comunque sempre pronto a godere delle piccole gioie della vita quotidiana, anche quando era sottoposto allo stress che il suo ruolo di combattente comportava, si era chiuso inspiegabilmente in sé stesso, isolandosi da tutti.
Il suono di un cicalino lo distolse dalle sue riflessioni, avvisandolo di una chiamata sull'interfono.
- Sì?- disse Yumi, dopo aver premuto un pulsante per rispondere.
- Professore, mi spiace disturbarla, ma dovrebbe venire in sala controllo a vedere...insomma, sta succedendo qualcosa di strano nell'hangar del Mazinkaiser...- dichiarò la voce di Nossori.
- Qualcosa di strano? In che senso strano? - chiese Yumi.
- Professore, forse è meglio che veda di persona...-
- D'accordo, vengo subito! -
Il professor Yumi spense la sigaretta in un posacenere, ed uscì dallo studio.
Poco dopo faceva il suo ingresso in sala controllo; Nossori gli mosse incontro.
- Venga a vedere sul monitor -
Dallo schermo giungevano le immagini trasmesse dalle telecamere a circuito chiuso dell'hangar di Mazinkaiser: come sempre le luci notturne erano appena sufficienti per distinguere l'immenso robot nella sua interezza, ma stavolta si notava qualcosa di insolito.
Una specie di luminescenza rossastra emanava da quel gigantesco corpo meccanico, ed andava via via aumentando, pulsando similmente ad un battito cardiaco.
Yumi assunse un'aria preoccupata
- Avete capito di cosa si tratta? - chiese.
- Abbiamo provato ad eseguire delle analisi a distanza, ma senza risultati precisi: i dati pervenuti attraverso il computer principale sono piuttosto scarsi e controversi. Da quel poco che abbiamo in mano, sembrerebbe una specie di aura, un fenomeno psichico...- si espresse il professor Morimori.
Gennosuke Yumi sedette in silenzio sulla sedia che gli stava dietro, preso da un senso di profonda inquietudine.

Sayaka e Jun erano rimaste sole.
Boss e soci si erano ritirati in un'altra stanza a guardare la tv, così loro si erano preparate una tazza di the, ed ora la stavano sorseggiando, sedute al piccolo tavolo della cucina.
Aspettavano.
Tetsuya era via da ormai più di mezz'ora.
Jun tamburellava nervosamente con le dita sulla tazza che teneva in grembo, e guardava di sottecchi Sayaka, cercando di intuire quali pensieri le passassero per la testa.
La ragazza infatti appariva relativamente calma, ma un lieve tremore delle mani ed il pallore del viso ne tradivano l'ansia.
- Sei preoccupata Sayaka? - chiese Jun rompendo il silenzio.
- Un po' - rispose lei.
- Stai tranquilla - continuò Jun in tono rassicurante - Tetsuya non è poi così cattivo come sembra, si comporta così solo perché infondo anche lui è in ansia per Koji -
- Tu dici? - chiese Sayaka dubbiosa.
- Certo - rise Jun - Anche se ha un modo tutto suo per dimostrarlo -
La figlia del professor Yumi accennò suo malgrado un sorriso.
- Beh, non è il massimo dei sorrisi, ma per ora può andare! - le disse Jun in tono gioviale.
Sayaka osservò con una punta d'invidia quella ragazza dalla femminilità esotica e sensuale: nonostante avessero quasi la stessa età, Jun le appariva molto più matura di quello che era in realtà.
- Lo sai? - disse dopo un po' Sayaka - I tuoi occhi s'illuminano quando parli di lui -
Jun arrossì violentemente.
- Lui...lui chi? - balbettò imbarazzata
- Tetsuya naturalmente, chi se no? - la punzecchiò l'altra - E' evidente che ne sei profondamente innamorata -
- Ma che dici? Non è vero...beh ...ecco, insomma, io...e poi...e poi senti chi parla! Quanto tempo è che tu e Koji vi stuzzicate in tal senso? - ribatté la ragazza - State sempre a litigare, ma si vede benissimo che siete cotti l'uno dell'altra! -
Stavolta fu Sayaka ad avvampare.
- Forse una volta era così Jun - mormorò poi seria - Ma ora non più -
- Non dire così Sayaka - disse Jun prendendole una mano e stringendola nella sua - Vedrai che le cose si sistemeranno - continuò, con un tono che però non convinse neppure lei.
In realtà la situazione non le appariva così rosea.
Koji ormai era diventato quasi un estraneo per tutti loro.
Con un sospiro s'alzò da tavola, per andare a riporre la tazza ormai vuota nella lavastoviglie, ma una sensazione d'angoscia indecifrabile le piombò addosso all'improvviso, facendogliela sfuggire di mano.
Seguì un tonfo secco, ed una miriade di schegge tintinnanti si sparsero su tutto il pavimento.
Jun guardò sgomenta Sayaka, che nel frattempo era balzata dalla sedia: nello sguardo spaurito dell'amica, riconobbe il suo stesso presentimento.
Le due ragazze corsero a perdifiato lungo il labirinto di corridoi appena illuminati, e quando si trovarono a pochi metri dalla stanza di Koji, videro che la porta era stata scardinata.
Proprio in quel momento una figura indistinta girò furtiva dietro l'angolo del corridoio, sparendo rapidamente alla loro vista.
Una persona giaceva invece immobile a terra, riversa attraverso la soglia della porta abbattuta.
Jun urlò.
- TETSUYA! -
La ragazza s'inginocchiò a fianco del giovane, raccogliendo fra le braccia quel corpo inerte.
Il volto del pilota del Great Mazinger era contratto in una smorfia di dolore, e dalle labbra cianotiche usciva un sottile filo di sangue.
Sul collo si notavano dei segni inequivocabili.
- TETSUYA! - singhiozzò disperata, cullandolo ed accarezzandolo come se fosse un bambino indifeso
- RISPONDIMI TETSUYA! -
Il giovane non reagì in alcun modo.
Senza perdere altro tempo, Sayaka fece scattare l'allarme generale, premendo un apposito pulsante sulla parete, poi attraverso l'interfono chiese aiuto al centro medico dell'Istituto.
Si chinò quindi su Tetsuya per controllarne polso e respiro: non dava segni di vita.
- Coraggio Jun, dobbiamo provare a rianimarlo! - esclamò decisa.
Jun annuì sconvolta, e mentre Sayaka praticava il massaggio cardiaco, lei provvedeva ad insufflare l'aria nei polmoni del giovane, facendo aderire la propria bocca alla sua.
Poco dopo Tetsuya emise un gemito strozzato, riprendendo incredibilmente a respirare.
Socchiuse appena gli occhi, cercando freneticamente lo sguardo di Jun.
Il giovane mosse appena le labbra per tentare di dire qualcosa, ma senza riuscire ad emettere alcun suono.
Jun, con le lacrime agli occhi, gli fece capire con un cenno che non serviva, passandogli dolcemente la mano nei capelli.
In quel momento vennero raggiunti dall'equipe medica, che si prese immediatamente cura del giovane, trasportandolo poi d'urgenza verso l'infermeria.
Jun lo seguì tenendolo per una mano.
Quasi contemporaneamente, richiamati dall'allarme, erano giunti di corsa anche il professor Yumi e Sewashi, giusto in tempo per veder caricare Tetsuya su una barella.
- Stai bene Sayaka? - chiese preoccupato Yumi.
- Sì papà...-
- E Tetsuya? - continuò poi, seguendo con lo sguardo il giovane semi svenuto e pallido, che veniva portato via lungo il corridoio - Cosa è successo a Tetsuya? -
Un'intuizione si fece strada improvvisa nei suoi pensieri.
- Koji...- mormorò - E' stato lui vero? -
Sayaka annuì, con le lacrime che scorrevano copiose lungo le guance.
Quella figura che aveva scorto in fondo al corridoio era senz'altro Koji, ma Sayaka rabbrividì a quel pensiero, perché quello che aveva intravisto per pochi istanti non aveva nulla di umano.

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CAPITOLO IV°: "Incubi e realtà"


A molte miglia di distanza, in una sperduta isola della Grecia, un uomo se ne stava ritto e solitario in cima ad una scogliera, scrutando l'orizzonte con sguardo torvo.
Sotto di lui, le onde del mare s'infrangevano fragorose sulle rocce frastagliate, mentre le grida stridule dei gabbiani attraversavano l'aria, sotto il sole a picco del mezzogiorno.
Doveva avere senz'altro una certa età, denunciata dal candore dei lunghi capelli che gli ricadevano sulle spalle e dalla barba che gli incorniciava il volto severo, ma il fisico era prestante come quello di un giovane uomo, ed i semplici abiti scuri che indossava lo mettevano in evidenza.
Tuttavia in quel momento appariva sofferente: con una mano si reggeva un fianco, mentre con l'altra s'appoggiava ad un lungo bastone, che terminava in una specie di piccolo tridente.
Nel mezzo di quest'ultimo brillava un piccolo cristallo opalescente di forma sferica.
- MALEDETTO! - disse con voce carica d'odio il Dottor Hell, visto che di lui si trattava - MALEDETTO KABUTO! MALEDETTI TUTTI! - continuò l'uomo, mentre il vento, che andava rafforzando, gli sferzava il volto, e gli sollevava i capelli in una sorta di danza selvaggia.
L'ultima battaglia contro il Mazinkaiser s'era rivelata una disfatta colossale: quando aveva creduto di avere ormai la vittoria in pugno, e di aver eliminato Koji Kabuto assieme a quel dannato robot, era successo l'imprevedibile.
Una forza misteriosa era intervenuta a cambiare le sorti dello scontro, ed il Mazinkaiser s'era manifestato in tutta la sua potenza distruttiva, quasi fosse una creatura senziente.
Non poteva credere che tanta forza e tanto potere fossero in mano a quel ragazzino impudente, non aveva senso.
Comunque era andato tutto storto: Ashura era morto nell'estremo tentativo di contrastare il Mazinkaiser, e la fortezza infernale era andata completamente distrutta.
Lui stesso era rimasto gravemente ferito, ed era riuscito a salvarsi per un pelo, assieme a pochi uomini del suo esercito personale.
Dopo la fuga, era riuscito a rifugiarsi su quell'isola deserta: lì conservava ancora una base segreta sotterranea, uno dei primi avamposti costruiti quando aveva dato il via ai suoi piani di conquista.
- Dottor Hell...- disse una voce titubante alle sue spalle - Dovrebbe riposare, lo sa anche lei che le sue ferite non sono ancora rimarginate...la prego, mi dia retta torni a letto -
Era uno dei suoi soldati dell'esercito delle Maschere di Ferro.
Il Dottor Hell emise una specie di grugnito d'assenso...era vero, forse aveva sopravvalutato le proprie forze ed ora si sentiva spossato.
S' appoggiò rassegnato al soldato, e rientrò nella base sotterranea, attraversando un ingresso ben mimetizzato tra le rocce.
L'anziano scienziato si fece accompagnare lentamente nelle proprie stanze, dove alla fine piombò sfinito sull'ampio letto a baldacchino.
Alcuni servitori accorsero per attendere alle sue necessità, ma lui li scacciò con un gesto perentorio, poi chiuse stancamente gli occhi, e scivolò in un sonno popolato da incubi.....
...stava camminando da solo, lungo un corridoio interminabile scavato nella viva roccia, e l'unico suono che riusciva ad udire era quello del suo respiro affannoso.
Il percorso era illuminato ad intervalli regolari da alcune torce accese, ma il loro chiarore non riusciva a ricacciare del tutto le tenebre incombenti.
Ombre inquietanti sembravano prendere vita lungo le pareti umide, scivolando ai suoi fianchi e sussurrando parole incomprensibili
Proseguì per un tempo che parve eterno, ed infine si trovò di fronte ad un enorme portale in legno privo di maniglia, al centro del quale si notava uno strano sigillo, raffigurante qualcosa di simile ad una stella a quattro punte.
Intorno vi erano diversi bassorilievi, nei quali erano rappresentate scene di lotta piuttosto cruente, corredate da incisioni che sembravano una qualche sorta di scrittura.
Attratto da una forza irresistibile, Hell appoggiò il palmo della mano destra sul sigillo: l'uomo ebbe la netta sensazione che vibrasse sotto il suo tocco...ritirò intimorito la mano, ma poi tornò ad appoggiarvisi, stavolta con entrambe le mani.
Una voce esplose improvvisa nella sua mente.
"HELL!"
Lo scienziato vacillò, travolto da un caleidoscopio d'immagini terrificanti...per un attimo credette d'impazzire...urlò...
Si svegliò di colpo balzando a sedere sul letto, ed il dolore delle ferite lo riportò bruscamente alla realtà.
- Ancora quell'incubo, il solito maledetto incubo...- mormorò con la fronte madida di sudore, ed il cuore che batteva all'impazzata.
S'alzò a fatica da suo giaciglio, e sedette su una poltrona di velluto rosso che stava lì vicino, premendo un pulsante nascosto nel bracciolo.
Un servitore accorse al suo richiamo, recando con sé del vino rosso in un calice di vetro finemente cesellato, e lo porse con fare ossequioso al suo padrone.
Il Dottor Hell osservò pensieroso quel liquido rosso rubino, rigirandolo nella coppa che ora teneva nella mano destra, poi ne bevve un sorso.
Quel sogno lo perseguitava ormai da mesi: era un segno, ne era sicuro, qualcosa d'importante stava per succedere, e lui ne avrebbe fatto in qualche modo parte.
Non gli restava che aspettare, rimettersi in forze ed aspettare.
Aveva una sensazione precisa, un presentimento: era sicuro che qualcuno stava per intervenire a suo favore, qualcuno di potente, di malvagio, qualcuno che lo avrebbe aiutato a compiere la sua vendetta.
L'anziano scienziato sorrise compiaciuto.
- Presto Kabuto...- mormorò - Molto presto ti farò pentire di essere venuto al mondo - continuò, stringendo convulsamente il calice fra le dita fino ad incrinarlo.
Il vino colò in rivoli sul pavimento, come se fosse sangue.

image

All'Istituto di Ricerca l'allarme generale continuava a suonare, e tutto il personale era in stato d'allerta.
Boss s'affacciò incuriosito alla porta della stanza dove stava guardando la tv con i suoi due amici, e vide alcuni uomini del servizio d'ordine sfrecciargli davanti con le pistole d'ordinanza in pugno.
- Ehi! Che sta succedendo, si può sapere? - gli urlò dietro, ma quelli continuarono per la loro strada senza prestargli attenzione, svoltando in un altro corridoio e sparendo alla vista.
- Boss, che succede? -
Anche Mucha e Nuke s'erano sporti oltre la soglia, per cercare di capire a cosa era dovuto tutto quel trambusto.
- Probabilmente si tratta di un nuovo attacco del Dottor Hell! - ipotizzò Boss - Non ne ha avuto ancora abbastanza quel dannato vecchiaccio! - esclamò con rabbia - Andiamo ragazzi! Gli faremo assaggiare la forza del mio Boss Robot! - concluse spavaldamente.
Poco dopo correva in direzione dell'hangar, seguito a ruota dai suoi fedeli aiutanti.
Però qualcosa non lo convinceva...perché era stato allertato il personale addetto alla sicurezza?
Forse il nemico era riuscito ad introdursi all'interno dell'Istituto?
Mentre formulava questo pensiero, le luci in fondo al corridoio cominciarono ad affievolirsi fino a smorzarsi completamente.
Qualcuno da quella tenebra, gli stava muovendo rapidamente incontro.
Incredulo e sgomento, non poté fare a meno di notare che i riflettori si spegnevano man mano che quella persona avanzava nella sua direzione.
Boss si fermò di botto, assalito da un improvviso senso di panico.
La figura che procedeva verso di lui, gli sembrava in qualche modo famigliare.
- Chi...chi sei? - balbettò, indietreggiando istintivamente e sforzandosi di aguzzare la vista.
Fu allora che lo vide.
Lo vide fin troppo bene.
Alle sue spalle Nuke e Mucha urlarono di paura, e dopo un veloce dietrofront fuggirono terrorizzati.
Boss invece rimase immobile, incapace di muovere un passo, quasi ipnotizzato dall'orrore che gli stava di fronte.
- Ka...Kabuto? - sussurrò, ma la voce gli si strozzò in gola.
Koji si fermò a meno di due metri da lui, fissandolo crudelmente negli occhi, poi con un balzo gli fu addosso.
La luce sopra di loro si spense definitivamente, e tutto piombò nel buio.
L'ultima cosa che Boss vide prima di perdere i sensi, fu il volto trasfigurato di Koji a pochi centimetri dal suo: due occhi neri come la pece in cui brillava una luce di follia, ed un ampio sorriso maligno in cui credette di intravedere denti aguzzi come quelli di una belva.


Jun se ne stava accoccolata da quasi un'ora su una poltrona nella sala d'attesa dell'infermeria: pallida ed inquieta aspettava che qualcuno le desse notizie sulle condizioni di Tetsuya.
Da quando il giovane era stato condotto via in stato d'incoscienza per gli accertamenti e le cure del caso, non aveva più saputo nulla.
Sentiva l'allarme che continuava a suonare, ma non le importava: non si sarebbe mossa da lì per nessuna ragione al mondo.
La paura di perdere la persona che amava, le attanagliava lo stomaco come in una morsa.
Jun rivolse una preghiera silenziosa a quell'uomo che aveva fatto loro da padre.
" Ti prego, non farlo morire, ti prego...non voglio rimanere sola "
Quasi in risposta a quell'accorata richiesta, la luce sfarfallò e si spense, ma l'entrata in funzione del generatore d'emergenza, ripristinò in pochi secondi la corrente elettrica in tutto il reparto medico.
Jun fu percorsa da un brivido incontrollabile, così si raggomitolò ancora di più sulla poltrona, stringendo a sé le ginocchia.
La ragazza continuò la sua attesa in preda a mille timori.


I fasci luminosi delle torce elettriche fendevano come lame l'oscurità piombata improvvisamente in tutto l'Istituto.
Il sistema d'emergenza stava riportando energia a tutta la struttura, ma procedeva lentamente e per zone.
Sayaka correva assieme a suo padre verso l'hangar del Mazinkaiser: era sicura che Koji si stesse dirigendo là, e proprio quel settore era completamente al buio.
Alcuni uomini della sorveglianza li seguivano da vicino, illuminando il percorso con le pile.
Sayaka aveva paura.
Voleva trovare Koji prima di chiunque altro, ed impedire che gli fosse fatto del male, anche se sapeva che in quel momento il ragazzo era potenzialmente pericoloso.
Suo padre era stato molto chiaro rivolgendosi agli uomini del servizio d'ordine: impedire a tutti i costi che Koji raggiungesse il Mazinkaiser.
A tutti i costi.
Sayaka aveva provato ad obiettare, ma lo sguardo severo ed il tono perentorio del professor Yumi l'avevano zittita.
Infondo al cuore si rendeva conto che suo padre aveva ragione.
All'improvviso due figure sbucarono correndo da dietro l'angolo.
- Nuke, Mucha! - chiamò Sayaka fermandosi di fronte ai due ragazzi - Cos'è successo? - chiese poi, vedendo i loro sguardi impauriti.
Mucha prese fiato, e poi riuscì a balbettare qualcosa.
- Da...da quella parte...Boss è rimasto là...Koji è...-
Non fece in tempo a finire la frase: Sayaka si era già precipitata nella direzione indicata, seguita dal professor Yumi e dalle guardie.
Improvvisamente i fasci di luce illuminarono qualcuno.
Boss era steso a terra inerte, apparentemente privo di conoscenza; su di lui incombeva minacciosa una creatura da incubo, nella quale Sayaka riconobbe a stento Koji.
- Non...non è possibile...- mormorò scioccata la ragazza - Non può essere...-
Un ghigno crudele brillò per un attimo nella semioscurità, ed una mano artigliata scattò in direzione del volto del giovane svenuto.
- KOJI, NO! - urlò disperata la ragazza - FERMATI! -
Koji sussultò, alzando lo sguardo verso di lei, ed abbassando contemporaneamente il braccio con cui stava per colpire Boss.
Sayaka avvertì un vuoto allo stomaco quando incontrò quegli occhi: erano gelidi, inumani.
Deglutì in preda al panico, ma cercò comunque di farsi forza, avanzando cautamente verso di lui.
- Sayaka! FERMA! Cosa vuoi fare? - le urlò suo padre - Non ti avvicinare! -
La ragazza finse di non sentire, e proseguì imperterrita, fermandosi a pochi passi da quell'essere spaventoso.
Dimenticato Boss, il giovane s'era rizzato in piedi, ed ora la scrutava immobile.
- Koji guardami - disse con dolcezza - Sono io, Sayaka -
Per un attimo le sembrò che in quello sguardo s'accendesse un barlume di coscienza.
- Koji...-
Il ragazzo la osservò attentamente; inclinò leggermente la testa di lato, quasi stesse interrogandosi sul da farsi, poi allungò una mano verso di lei.
Qualcuno sparò: due colpi.
Koji cadde di schianto all'indietro, colpito da due proiettili al petto che lo passarono da parte a parte, appena sotto la spalla sinistra.
Sayaka gli si parò davanti per fargli da scudo.
- CHE FATE! Siete pazzi? - urlò - Non sparate, lui è Koji capite? KOJI! -
- ATTENTA SAYAKA! - l'avvertimento arrivò da suo padre, ma troppo tardi.
Dietro di lei Koji si era rialzato, con il sangue che gli colava lungo tutta la parte sinistra del corpo.
Barcollò per qualche istante, e poi, lanciando un urlo da belva ferita, si scagliò in avanti verso il gruppetto di guardie armate.
Koji si fece strada con la forza.
Sayaka, colpita al viso, venne scaraventata di lato contro la parete, ed in seguito alla violenza dell'urto perse i sensi, accasciandosi sul pavimento.
Tre uomini della sorveglianza non ebbero sorte migliore.
Koji balzò quindi agilmente al di là del drappello di persone, e poi sparì nel buio.
Alcuni minuti dopo, arrivò una comunicazione di Morimori dalla sala controllo: il Kaiserpilder era decollato.
- Maledizione! - esclamò con rabbia Yumi, mentre prestava soccorso alla figlia - Morimori, deve impedire a Koji di agganciarsi al Mazinkaiser! Bloccate l'apertura dell'hangar, ed alzate la barriera di protezione! -
- Farò il possibile - disse quest'ultimo - Però l'energia non è stata ancora del tutto ripristinata! -
- Convogliate lì tutta l'energia disponibile! - continuò Yumi in tono concitato.
Morimori fece come gli era stato detto.
Il Pilder era adesso in volo sulla verticale dell'Istituto, richiamando a sé il Kaiser per l'agganciamento.
Anche l'hangar si stava aprendo, ma fortunosamente la barriera venne innalzata, interrompendo automaticamente l'intera procedura.
Il Kaiserpilder, in fase di discesa, dovette deviare di colpo la sua traiettoria per non schiantarvisi contro; fece un paio di giri attorno all'Istituto indeciso sul da farsi, quindi s'allontanò verso ovest, in direzione del monte Fuji.
Rimase visibile al radar della sala controllo per pochi minuti, e poi disparve senza lasciare traccia.

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CAPITOLO V°: "Le verità nascoste"

Finita la cena, il giovane Daisuke s'era allontanato a piedi dalla fattoria Shirakawa, dirigendosi senza fretta verso la collina, appena oltre il recinto dei cavalli, sulla sommità della quale si stagliava un solitario albero di ciliegio selvatico.
Daisuke amava quel posto, era uno dei suoi preferiti nei dintorni della fattoria, un piccolo angolo tranquillo dove poteva rifugiarsi quando aveva voglia di starsene un po' da solo.
Talvolta portava con sé la chitarra, dalla quale sapeva abilmente trarre melodie dolci e malinconiche allo stesso tempo, ma non quella sera.
Da qualche giorno era preoccupato senza saperne il motivo.
Aveva il presentimento che stesse per accadere qualcosa d'inquietante ed il riaffacciarsi degli incubi sulla sua esistenza passata ne erano la conferma.
Sentiva che la sua nuova vita come Daisuke Umon, stava per subire una brusco cambiamento.
Il giovane raggiunse la cima della collina e si stese sotto l'albero.
Lì nascosto dall'erba alta, con le mani incrociate dietro la nuca, si mise ad osservare il cielo stellato, che quella sera era particolarmente vivido.
Il frinire dei grilli, lo stormire delle fronde ed il fruscio dell'erba accarezzata dal vento, accompagnavano come una colonna sonora quello spettacolo celeste.
Daisuke si ritrovò a pensare con infinita nostalgia al suo luogo d'origine, la patria a cui ormai non poteva più fare ritorno: il pianeta Fleed.
Una lunga e crudele guerra, perpetrata da uno spietato popolo di conquistatori, lo aveva reso inabitabile a causa delle radiazioni letali di vegatron.
Gli invasori giunti dal pianeta Vega non avevano avuto pietà, sterminando indiscriminatamente uomini, donne e persino bambini.
I pochi sopravvissuti erano stati deportati in campi di detenzione e lavoro forzato, dove il loro destino sarebbe stato anche più crudele della morte stessa.
Daisuke aveva assistito impotente all'assassinio di tutta la sua famiglia.
Solo lui si era salvato.
Solo lui era rimasto in vita e libero a testimoniare tutto quell'orrore.
Lui, Duke Fleed, principe ereditario di una casata che ormai non esisteva più, aveva stretto fra le braccia i corpi straziati e quasi irriconoscibili dei suoi cari, credendo di impazzire per il dolore.
Poi era arrivata la rabbia, cieca, assoluta e seppur gravemente ferito, aveva combattuto fino al limite delle proprie forze, prendendo possesso dell'unica arma in grado di contrastare gli invasori: Grendizer.
Ma non era bastato.
Troppo debole per resistere alla furia del nemico era stato costretto a fuggire dal suo pianeta, finendo alla deriva nello spazio.
Era stato un puro caso a condurlo ormai in fin di vita nei pressi la Terra.
Con la forza della disperazione aveva tentato un atterraggio d'emergenza, precipitando però quasi senza controllo in un angolo remoto del Giappone, dove era stato poi salvato da un uomo speciale.
Genzo Umon, direttore del Centro di Ricerche Spaziali del monte Fuji, si era preso cura di lui senza farsi domande, accogliendolo come un figlio e permettendogli in seguito di ricostruirsi un'esistenza serena.
Quel giorno Duke Fleed era morto e Daisuke Umon aveva preso il suo posto.
Il giovane provava una profonda gratitudine per quell'uomo, per quello che ora considerava a tutti gli effetti come suo padre.
Sollevò da terra la schiena, sostenendosi con i gomiti e guardò in basso verso la fattoria.
Genzo Umon era lì, seduto in veranda con il vecchio Dambei, proprietario della tenuta, a parlare del più e del meno al chiarore di una lanterna.
Daisuke li distingueva chiaramente, anche se, a causa della distanza, non poteva udire la loro conversazione.
Un movimento alle loro spalle catturò il suo sguardo.
Dall'interno della casa vide emergere una ragazza con un vassoio in mano, sul quale erano disposti alcuni bicchieri: si trattava di Hikaru, la graziosa figlia di Dambei seguita poco distante dal fratellino Goro.
Daisuke sorrise.
Quella ragazza gli piaceva molto.
Sentiva che si stava affezionando a lei e forse qualcosa di più, ma il suo carattere riservato gli impediva di manifestare tali sentimenti, preferendo coltivarli dentro di sé.
Proprio in quel momento Hikaru sollevò il viso, guardando in direzione della collina.
Anche se non lo vedeva, sapeva che Daisuke era lì: gli fece un cenno di saluto e poi un altro per invitarlo a scendere
- Ma...come...- esclamò stupito il giovane , arrossendo come se fosse stato sorpreso a spiare.
Poi scosse la testa rassegnato e con una risata s'alzò da terra, avviandosi con animo più sereno giù per la collina, con l'intento di raggiungere gli altri in veranda.
Mentre camminava di buon passo, qualcosa in alto attirò la sua attenzione: un oggetto volante che emanava un tenue bagliore rossastro, attraversò velocissimo il cielo sopra di lui, perdendo inesorabilmente quota ed andando infine a schiantarsi sulla montagna lì vicino, proprio in direzione del Centro di Ricerche Spaziali.
Daisuke udì distintamente il fracasso causato dall'urto.
Anche alla fattoria si erano accorti dell'insolito evento ed ora, affacciati alla veranda, guardavano incuriositi ed un po' impauriti nella direzione in cui l'oggetto misterioso era precipitato.
Il giovane raggiunse di corsa il dottor Umon
- Padre! Hai visto anche tu? - gli disse con tono preoccupato
- Sì, l'ho visto. Cosa credi che sia? Non mi sembrava un aereo - commentò Genzo Umon un po' perplesso
- Ve lo dico io di cosa si tratta: quello è un UFO! - urlò felice Dambei - Finalmente gli alieni hanno deciso di farci visita. EVVIVA! -
- Papà! Piantala di dire sciocchezze e finiscila con questa tua mania per gli ufo - lo rimproverò Hikaru - Gli extraterrestri non esistono!-
A quella affermazione Daisuke e Umon si scambiarono un'occhiata imbarazzata: oltre a quest'ultimo, solo il personale del Centro ed il medico che se ne era preso cura conoscevano la vera identità del giovane fleediano.
- Probabilmente si tratta di qualche velivolo sperimentale dell'esercito, o qualcosa di simile - proseguì la ragazza
- Forse...- disse poco convinto Umon - Ad ogni modo vorrei andare a dare un'occhiata, potrebbe esserci qualcuno che ha bisogno d'aiuto -
- Prendo la jeep - esclamò Daisuke e corse via dietro al fienile.
Poco dopo tornò a bordo del mezzo e fece salire il Dottor Umon
- Non muovetevi da qui! - intimò il ragazzo ad Hikaru - Non sappiamo con cosa abbiamo a che fare ed è meglio che rimaniate al sicuro qua alla fattoria -
Hikaru annuì, un po' sorpresa per il tono perentorio di Daisuke, mentre invece Dambei protestava con veemenza saltellando in giro come un matto
- Non è giusto! Voglio venire anch'io a vedere l'ufo! -
Daisuke non gli diede retta e partì con una sgommata nella direzione dell'oggetto precipitato.

Nell'incubo Koji stava scappando.
Correva con quanto fiato aveva in gola per sfuggire a quella cosa che lo stava braccando e che voleva ucciderlo.
Non riusciva a vederla, ma ne avvertiva l'oscura presenza e l'aura maligna che sembrava pervaderla.
La sensazione era opprimente, quasi soffocante.
Koji ne percepiva l'essenza, ma non poteva girarsi a guardare: doveva continuare a scappare per salvarsi la vita, perché sentiva che se fosse stato raggiunto sarebbe stata la fine.
Una fine atroce.
Non conosceva il luogo dove si trovava e non aveva alcun punto di riferimento, ma procedeva con la forza della disperazione lungo uno stretto sentiero che correva sul fondo di un canyon roccioso.
In alto poteva vedere solo uno spicchio di cielo plumbeo.
All'improvviso si ritrovò sgomento in un vicolo cieco.
Era in trappola e la creatura inesorabilmente lo raggiunse.
Koji si voltò pronto a vendere cara la pelle, ma in un attimo quell'essere gli fu addosso, inchiodandolo al suolo.
Mentre artigli crudeli gli dilaniavano le carni, riuscì a vedere in faccia quella specie di demone...in quel volto Koji riconobbe sé stesso...

Koji aprì gli occhi urlando di terrore.
In un primo momento fece fatica a capire dove si trovasse, il buio era opprimente e la paura gli impediva di ragionare.
Provò a muoversi, ma un dolore lancinante lo fece desistere: istintivamente si portò una mano al petto e la ritirò bagnata di un liquido caldo e vischioso.
"Sangue" pensò "Sono ferito...".
Com'era successo? Non ricordava nulla, nella sua mente c'era il vuoto assoluto, l'ultimo ricordo riguardava lo scontro avuto con Tetsuya nella propria stanza, poi era come se la sua coscienza avesse subito un blackout.
Non riusciva a muovere il braccio sinistro, quindi con l'altra mano cominciò a tastare attorno a sé, per cercare di capire dove fosse.
Era seduto in uno spazio un po' angusto e toccando alcuni strumenti di bordo, capì di essere all'interno del Kaiserpilder, il velivolo però era totalmente inattivo.
Cercò il pulsante per l'apertura d'emergenza e spalancò la calotta del pilder, subito un alito di vento gli sfiorò il volto sudato.
Gli occhi di Koji cominciarono ad abituarsi all'oscurità, così vide che era precipitato in un bosco, in un rovinio di piante abbattute dal passaggio del velivolo.
Attorno si vedeva solo una fitta vegetazione, appena illuminata da una pallida luna piena.
Koij si fece forza e trattenendo a stento i gemiti per il dolore procuratogli dalle ferite, si trascinò fuori dall'abitacolo, scivolando a terra sulle gambe malferme.
Provò a muovere alcuni passi su quel terreno accidentato, ferendosi i piedi nudi sui rami spezzati e le pietre taglienti, ma le forze lo abbandonarono quasi subito e cadde privo di sensi fra le radici contorte degli alberi.

Daisuke guidava veloce e sicuro, conducendo con abilità la jeep lungo quella tortuosa strada di montagna. Erano in viaggio da circa venti minuti ed il luogo dell'impatto non doveva essere lontano.
Il giovane aveva un brutto presentimento, guardò per un attimo verso suo padre, con l'intenzione di esprimergli quell'ansia che provava, ma poi tacque, preferendo rimandare la conversazione.
Strinse forte il volante e scalò la marcia per affrontare l'ennesima curva.

" Koji svegliati"
Era la voce di suo padre, il ragazzo ne era certo
- Papà...- mormorò con un filo di voce, riemergendo dall'incoscienza - Dove sei papà? -
" Sono qui ragazzo mio, vieni..."
Koji sollevò il capo e guardò nella direzione da cui proveniva quella voce.
Suo padre era lì, in basso fra la boscaglia e gli faceva segno di raggiungerlo.
Sollevandosi tremante sulle ginocchia, s'aggrappò con la mano destra al ramo di un albero e poi con uno sforzo sovrumano s'alzò in piedi.
S'incamminò quindi come un automa dietro a quell'apparizione, inoltrandosi faticosamente nella vegetazione, ma senza riuscire ad avvicinarsi
- Aspettami papà! - invocò il ragazzo.
Kenzo Kabuto si voltò, gli sorrise per un attimo e poi sparì nel nulla.
Koji raggiunse affannosamente il luogo in cui suo padre era svanito, lo cercò tutt'attorno, ma non lo vide da nessuna parte.
Qualche metro più sotto, notò che il bosco andava diradando e che s'intravedeva quella che sembrava una strada asfaltata, Koji vi si diresse, dando fondo alle sue ultime energie.

- Dovremmo quasi esserci - disse Genzo Umon rivolgendosi al figlio
- Sì padre, la zona è questa, l'oggetto deve essere precipitato sopra quel costone - rispose Daisuke indicando il luogo con un cenno del capo.
Il dottor Umon guardò nella direzione indicata: la luna piena rendeva il paesaggio quasi irreale, delineando il profilo degli alberi e delle rocce.
All'improvviso Daisuke frenò bruscamente, sterzando nello stesso tempo verso sinistra e bloccandosi di traverso sulla strada.
Subito dopo una curva, i fari della jeep avevano illuminato una persona, che camminava barcollando in mezzo alla carreggiata.

Koji se ne stava in mezzo alla strada con aria smarrita, non sapeva cosa fare né dove andare.
Sfinito e sconfortato, decise d'incamminarsi in una direzione qualunque: sentiva di essere agli sgoccioli, stava perdendo molto sangue e respirare diventava sempre più difficoltoso.
Provava forte il desiderio di lasciarsi andare...forse così non avrebbe provato più alcun dolore...
Il rombo di un motore attirò la sua attenzione, si girò e da una curva sbucarono improvvisi i fari di un'auto, che lo accecarono per qualche secondo.
Il giovane Kabuto si riparò faticosamente gli occhi con la mano destra.
Era una jeep: frenò sterzando, evitandolo per miracolo.
Un uomo ne scese e gli si avvicinò di corsa, seguito da un'altra persona che stava alla guida.
Koji tossì e un fiotto di sangue rosso vivo gli colò dalla bocca, quindi vacillò ormai privo di forze.
Il dottor Umon arrivò giusto in tempo per raccogliere quel ragazzo sanguinante fra le braccia, proprio mentre si stava accasciando, accompagnandolo delicatamente a terra.
Koji guardò stupito quell'uomo che lo teneva stretto a sé e che gli parlava in tono rassicurante...gli occhi gli si riempirono di lacrime
- Papà...ti prego, aiutami...- singhiozzò il ragazzo, poi s'abbandonò stremato, scivolando nell'oscurità.


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kojimaniaca
view post Posted on 11/9/2007, 21:08     +1   -1




CAPITOLO VI°: "Insonnia"

Seduta davanti allo specchio, Sayaka passava meccanicamente la spazzola tra i capelli, tenendo lo sguardo basso per eludere la propria immagina riflessa.
Sapeva già quello che avrebbe visto: il viso tumefatto e quel livido che dall'occhio destro le copriva gran parte della guancia; non voleva guardare, non voleva vedere quello che Koji le aveva fatto...
Un lampo, seguito a breve dal rombo di un tuono, squarciò per un istante l'oscurità fuori dalla finestra della sua stanza.
Era passata da un po' la mezzanotte, ma Sayaka non aveva sonno, appoggiò la spazzola sul tavolino di fronte a lei e s'alzò dalla sedia per andare a guardare fuori.
L'aria era carica di elettricità: stava per avvicinarsi un temporale ed infatti poco dopo la pioggia prese a tamburellare furiosamente contro i vetri, trasportata dalle folate di vento.
Sayaka seguì quasi affascinata le gocce che scivolavano lungo quella superficie liscia e trasparente, creando fantastici arabeschi.
Un'altra saetta illuminò il paesaggio esterno come il flash di una macchina fotografica e quasi contemporaneamente esplose il tuono, facendo sussultare la ragazza colta alla sprovvista.
Sayaka rabbrividì e si strinse nel golfino di colore azzurro che indossava sopra i calzoncini di jeans
"Koji..." pensò "Dove sei?"
Erano passati già due giorni dagli avvenimenti che avevano sconvolto la routine all'interno dell'Istituto, ma di Koji ancora nessuna traccia, nonostante le estenuanti ricerche effettuate attorno al monte Fuji, in particolare nella zona in cui era stato rilevato l'ultimo contatto radar con il Kaiserpilder.
Era come se il ragazzo ed il suo velivolo fossero spariti nel nulla: nessun segnale rintracciabile, nessun indizio, niente di niente.
L'angoscia di non sapere nulla sulla sorte di Koji era un qualcosa di insopportabile.
Sayaka non riusciva ancora a capacitarsi di quanto era successo, non poteva credere che il ragazzo si fosse trasformato in quell'essere spaventoso; il ricordo di quello sguardo agghiacciante ed inumano era ancora vivido nella sua memoria.
A quel pensiero la ragazza vacillò, colta da una lieve vertigine: era esausta, impaurita ed esausta.
Decise di sdraiarsi un po' sul letto.
Rimase ad occhi chiusi per qualche minuto, ma senza riuscire a prendere sonno, giacché la mente continuava a rivivere come in un film quei terribili momenti.
"Sono stata fortunata" pensò sfiorandosi l'ecchimosi sul viso
Anche Boss se l'era cavata con poco: un paio di costole incrinate, qualche livido ed un grosso spavento.
A Tetsuya invece era andata peggio.
Dopo i primi accertamenti, gli era stata riscontrata una commozione cerebrale dovuta ad un forte trauma cranico.
Era stato così necessario un delicato, quanto tempestivo intervento chirurgico per rimuovere l'ematoma ed ora il giovane giaceva in stato di coma nel reparto rianimazione del centro medico.
Sayaka aprì gli occhi ed il suo pensiero corse inevitabilmente a Jun.
S'alzò dal letto e sicura di trovarla al capezzale del ragazzo, decise di raggiungerla, così infilò un paio di ciabatte ed uscì dalla propria stanza.


Il rombo del tuono aveva scosso Jun dal torpore in cui era scivolata, facendola sobbalzare dal piccolo divano sul quale s'era accomodata al fianco del letto di Tetsuya.
Controllò l'ora: mezzanotte e venti.
Doveva essersi appisolata per alcuni minuti e la leggera coperta nella quale stava avvolta poco prima era scivolata a terra.
La raccolse e vi si avviluppò nuovamente, ricavandone un vago senso di protezione, poi volse lo sguardo verso Tetsuya steso immobile nel suo giaciglio.
Il ronzio ed il pulsare ritmico dei macchinari, che sostenevano e monitoravano le funzioni vitali del giovane, erano gli unici rumori a rompere il silenzio della stanza appena illuminata.
Jun osservò pensierosa il volto esangue e la fasciatura candida che avvolgeva il capo di Tetsuya...aveva un'aria così indifesa da stringerle il cuore.
Allungò una mano fino a sfiorare delicatamente con un dito quel profilo volitivo.
Per un attimo le sembrò di scorgere un leggero fremito su quelle palpebre chiuse, ma probabilmente era solo il frutto della sua immaginazione, dettato dal desiderio di vederlo riprendere conoscenza.
La ragazza sospirò brevemente.
Un infermiere fece il suo ingresso nella stanza, controllò la flebo ed il funzionamento dei vari macchinari, quindi uscì rapido e silenzioso com'era entrato, lanciando un sorriso discreto all'indirizzo di Jun.
Sulla soglia incrociò Sayaka che invece stava entrando
- Ciao Jun - esordì a bassa voce la ragazza avvicinandosi al letto - Volevo vedere come stava Tetsuya -
- Sayaka! - esclamò sorpresa Jun - Che ci fai qui a quest'ora? -
- Non riuscivo a dormire ed allora ho pensato che magari ti andava un po' di compagnia - rispose Sayaka con un sorriso un po' forzato.
Jun la scrutò attentamente: la ragazza aveva l'aria stanca e tesa
- Capisco...- le disse poi - Dai vieni qui! -
Jun le fece cenno di sedersi e contemporaneamente si scostò per farle spazio sul divano.
Sayaka s'accoccolò a fianco dell'amica e Jun divise la coperta con lei.
Rimasero così per alcuni minuti, senza parlare, ognuna immersa nei propri pensieri.
- Allora come sta? - chiese poi Sayaka interrompendo quel silenzio ed indicando con un cenno del capo Tetsuya
- Nessun cambiamento finora - rispose stancamente Jun - L'intervento per rimuovere l'ematoma è andato bene, ma i medici non vogliono ancora pronunciarsi, aspettano che Tetsuya esca dal coma, sempre se ne uscirà...-
Sayaka avrebbe voluto rassicurarla in qualche modo, ma non le vennero in mente che frasi banali e di circostanza, così preferì tacere, limitandosi a posarle una mano sulla spalla
- Hai notizie? - chiese ad un certo punto quasi imbarazzata Jun - Di Koji intendo...- continuò fissando un punto imprecisato sul pavimento.
Sayaka scosse la testa in segno di diniego.
Fra le due calò nuovamente il silenzio, stavolta cupo e carico di emozioni non espresse.


Tetsuya conosceva bene quell'edificio, aveva percorso quei corridoi centinaia di volte ed anche adesso sapeva perfettamente dove stava andando.
Il luogo era deserto ed il rumore dei suoi passi risuonava sinistramente nel silenzio assoluto che vi regnava. Avanzava senza esitazione, spinto da una volontà più forte della sua, ma era consapevole, mentre si guardava attorno sconcertato, che qualcosa non andava.
Dopo aver camminato a lungo ed aver imboccato infine un breve corridoio, si trovò di fronte ad una porta automatica, che si aprì davanti a lui con un leggero fruscio rivelando il vano circolare di un ascensore.
Tetsuya esitò, fermandosi sulla soglia, improvvisamente sopraffatto da una moltitudine di ricordi drammatici e dall'amara consapevolezza che non poteva essere lì, perché quel luogo non esisteva più.
Le immagini indelebili della crudele battaglia, in cui la Fortezza delle Scienze era stata distrutta dalle nuove armate di mostri bio-meccanici del Dottor Hell e l'uomo che amava come un padre era rimasto ucciso, scorsero impietose nella sua mente.
Serrò convulsamente i pugni, trattenendo a stento le lacrime, poi scrollò rabbiosamente la testa come a voler scacciare quei pensieri molesti e s'infilò rapidamente nell'ascensore.
La porta si richiuse alle sue spalle ed in pochi secondi raggiunse la sala di controllo.
Si guardò attorno: anche lì non c'era nessuno ed il giovane avanzò verso il centro della stanza inondata dalla luce del sole, che pioveva calda dalle ampie vetrate.
Da lì si poteva godere di una splendida vista sull'oceano, che si estendeva placido fino all'orizzonte, sotto un cielo senza nuvole e di un azzurro intenso.
In quell'atmosfera quasi incantata, Tetsuya provò per un attimo una serenità mai conosciuta prima ed il volto gli si distese involontariamente in un sorriso, poi avvertì chiaramente una presenza alle sue spalle.
Ancora prima di voltarsi sapeva benissimo chi si sarebbe trovato di fronte: si girò lentamente, quasi con timore e lui era lì.
- Direttore... - mentre pronunciava quella parola, Tetsuya percepì un lieve tremito nella propria voce, poi l'emozione gli impedì di dire altro.
L'uomo emerse dal fondo della sala in ombra, fermandosi ad un passo da lui.
Il giovane guardò incredulo quel volto che conosceva così bene: lo sguardo un po' severo, la cicatrice sulla fronte...Kenzo Kabuto gli sorrise e lo attirò a sé, cingendolo in un abbraccio.
- Figlio mio - gli disse
D'impulso Tetsuya s'irrigidì, non abituato a certe manifestazioni d'affetto, ma poi s'abbandonò con il cuore in tumulto fra quelle braccia di cyborg, ricambiando timidamente quel gesto che infondo aveva agognato da sempre.


- Non è possibile! - il professor Yumi battè rabbiosamente i palmi delle mani sulla scrivania del suo studio, sulla quale faceva bella mostra una mappa dettagliata della zona attorno al Fuji.
Ritto di fronte a lui, il tenente dell'esercito Tatsuo Harada taceva, fissando imperturbabile lo sfogo dello scienziato.
- Koji non può essere sparito così senza lasciare traccia! Siete sicuro di aver controllato accuratamente l'area dove è stato rilevato l'ultimo contatto radar? - incalzò Yumi indicando il punto sulla carta topografica. Un lampo di stizza s'accese negli occhi dell'uomo in divisa, ma non lo diede a vedere
- Stia calmo professor Yumi, i miei uomini stanno facendo del loro meglio, la zona è stata setacciata palmo a palmo con tutti i mezzi disponibili - replicò in tono piatto Harada
- Lei non capisce, non abbiamo tempo da perdere! Il mio ragazzo è là fuori da qualche parte in chissà quali condizioni, è di vitale importanza ritrovarlo al più presto! - continuò Yumi fissando negli occhi quell'uomo alto dalla faccia di pietra, i capelli brizzolati portati cortissimi ed il fisico asciutto.
Harada sedette su una sedia e con gesti misurati si accese una sigaretta rimanendo in silenzio.
Guardò fuori dalla finestra: il temporale era passato da un po' ed il cielo si stava rasserenando, lasciando intravedere la luna in fase calante.
Erano quasi le due di notte e quella conversazione si stava dilungando un po' troppo per i suoi gusti.
Alzò lo sguardo sino ad incontrare quello di Gennosuke Yumi e fece un mezzo sorriso a labbra serrate
- Mi stia a sentire Yumi, voglio essere franco con lei, a questo punto ormai ritengo che sia inutile avere fretta. Sono già passati due giorni e se il giovane Kabuto è stato ferito come lei dice, ci sono poche speranze a mio avviso di ritrovarlo vivo - disse freddamente Harada alzandosi dalla sedia e spegnendo la sigaretta in un posacenere.
Il professor Yumi impallidì senza riuscire a commentare in alcun modo.
Purtroppo era vero...quante speranze c'erano di ritrovare Koji ancora in vita?
Fu ancora Harada a parlare, proseguendo con quel tono indifferente che lo scienziato cominciava a detestare
- All'alba riprenderemo le ricerche spingendoci ancora più a ovest - disse indicando la mappa - Questa è un'area impervia, boscosa e poco abitata, fatta eccezione per alcune fattorie. Il ragazzo potrebbe aver tentato un atterraggio di fortuna da quelle parti -
Detto questo voltò la schiena al professore ed uscì a passo fermo dalla stanza senza aggiungere altro.
Gennosuke Yumi lo seguì con lo sguardo finché la porta automatica si richiuse alle sue spalle, quindi sedette stancamente alla scrivania togliendosi gli occhiali e posandoli accuratamente in un angolo di quest'ultima. Lo scienziato appoggiò poi i gomiti sul ripiano, prendendosi la testa tra le mani in un gesto di totale sconforto.


Quella notte il dolore al braccio destro era davvero insopportabile e Daisuke s'alzò dal letto ormai rassegnato a passarla in bianco.
Si liberò dal groviglio delle lenzuola e senza accendere la luce, con addosso solo i pantaloni del pigiama, spalancò la porta-finestra ed uscì sulla terrazza.
Dopo il temporale di qualche ora prima, il cielo era particolarmente terso e l'afa che aveva caratterizzato i giorni precedenti era sparita, lasciando il posto ad un vento fresco e piacevole.
Daisuke respirò a pieni polmoni quell'aria in cui si percepiva ancora il sentore della pioggia, poi s'appoggiò al parapetto e guardò in basso, verso il fiume che scorreva impetuoso sotto il Centro di Ricerche Spaziali.
In quel punto il corso d'acqua veniva convogliato nelle enormi condotte di una diga, per poi venire rilasciato più in basso e continuare la sua corsa verso la pianura.
Poco distante si udiva lo scrosciare costante di una cascata.
Una fitta improvvisa al braccio gli strappò un breve lamento, accompagnato da una smorfia di dolore ed istintivamente si massaggiò con la mano sinistra la parte dolente, constatando che era piuttosto calda al tatto.
Rientrò in stanza per poi recarsi in bagno, accese la luce e guardando nello specchio osservò attentamente quella lunga cicatrice, che dalla spalla gli arrivava quasi fino al gomito: in quel punto il braccio era gonfio ed arrossato.
Daisuke fece scorrere un po' d'acqua fresca nel lavandino e poi bagnò a più riprese quello sfregio, ricavandone un po' di sollievo.
Era da molto tempo che quella vecchia cicatrice non lo faceva più soffrire, tanto che se ne era quasi dimenticato ed ora invece riecco quel dolore che conosceva così bene.
Sapeva che sarebbe durato per qualche giorno per poi sparire fino alla successiva ricaduta, ci era abituato e sapeva anche che prima o poi, quella ferita causata da una potente scarica di raggi vegatron lo avrebbe portato alla morte, lentamente, inesorabilmente.
Era come avere in corpo una bomba a tempo pronta ad esplodere, sarebbero potuti passare mesi, oppure anni, ma quel giorno sarebbe arrivato.
Genzo Umon stava cercando alacremente una cura in collaborazione con il dottor Musashi Yamamoto, il medico che aveva curato le ferite di Daisuke quando era precipitato sulla Terra.
Al momento avevano trovato il modo per tenere sotto controllo la situazione, praticando periodicamente sul braccio del ragazzo dei cicli di radioterapia, ma era comunque una soluzione temporanea.
Il dolore profondo e bruciante si fece sentire con una nuova fitta, Daisuke sospirò tenendosi il braccio stretto al petto.
Di certo però questa non era l'unica cosa a tenerlo sveglio quella notte, ma anche la presenza qualche stanza più in là di quel misterioso ragazzo, che lui e suo padre avevano soccorso, ormai in fin di vita, un paio di giorni prima.
Viste le condizioni critiche in cui versava, lo avevano trasportato nel posto più vicino al ritrovamento, ovvero al Centro di Ricerche Spaziali, dove il dottor Yamamoto se ne era preso cura assieme alla sua equipe, nel piccolo ma attrezzatissimo reparto medico.
Genzo Umon aveva fatto poi recuperare il velivolo con cui il giovane era precipitato nel bosco ed ora stava indagando sulla sua identità, mantenendo a scopo precauzionale il massimo riserbo sull'accaduto, anche con le autorità.
Prima voleva vederci chiaro e l'esperienza simile avuta con Daisuke, gli aveva insegnato ad essere cauto. Chi era quel ragazzo? Perché aveva delle ferite d'arma da fuoco? Che razza di velivolo era quello che stava pilotando? Lo scienziato voleva dare innanzitutto risposta a tutte queste domande.
Daisuke comunque non era tranquillo e quella sensazione d'inquietudine che lo perseguitava ormai da giorni era aumentata con l'arrivo del giovane sconosciuto.
Quel ragazzo in qualche modo lo turbava, poiché percepiva in lui qualcosa di "sbagliato" che non riusciva a decifrare.
Ripensando adesso alla prognosi espressa dal dottor Yamamoto, Daisuke provava quasi un senso di sollievo: il ragazzo era grave e le possibilità di sopravvivere molto scarse.
- E' assurdo! - mormorò il giovane fleediano - Come posso pensare una cosa simile?-
Daisuke guardò il proprio volto riflesso nello specchio con un misto di stupore e rabbia: come poteva considerare anche solo lontanamente quell'idea? Come poteva desiderare la morte di una persona che neppure conosceva?
- Perché così dev'essere! - il giovane udì chiaramente quelle parole uscire dalle proprie labbra, ma fu come se a pronunciarle fosse stato qualcun altro.
Daisuke rabbrividì incredulo.


Contemporaneamente, in un hangar sotterraneo ricavato da una delle tante grotte naturali che stavano nelle immediate vicinanze del Centro, Genzo Umon stava osservando pensieroso quel velivolo di colore rosso che aveva fatto recuperare dal luogo dell'impatto.
Dopo aver inutilmente tentato di prendere sonno, lo scienziato era sceso lì sotto in solitudine, per fare due passi e dare un senso ai pensieri che gli si accavallavano nella mente.
Sfiorò distrattamente con la mano quella particolare lega metallica, seguendone quasi con piacere le forme aereodinamiche e meravigliandosi nuovamente del fatto che, nonostante lo schianto, lo scafo non presentasse alcun danno strutturale visibile.
Umon era preoccupato e non sapeva come comportarsi: una breve ricerca personale, nata in seguito ad un'intuizione, lo aveva portato a scoprire l'identità del ragazzo ferito, ma ora non aveva idea di come gestire la situazione.
La soluzione appariva semplice: prendere direttamente contatto con il professor Yumi all'Istituto di Ricerca Fotoatomica, che conosceva solo di fama ed avvisarlo di quanto successo, oppure rivolgersi alle autorità e lasciare che se la sbrigassero loro.
Per chissà quale motivo però non trovava né la volontà né il coraggio per farlo, si rendeva conto che era un comportamento irrazionale e che non era da lui, ma quella era la realtà dei fatti.
Così aveva tenuto per sé quell'informazione, aspettando che arrivasse il momento opportuno, limitandosi a raccomandare al personale del Centro discrezione e segretezza in relazione alla presenza del giovane nella struttura.
In quel momento però Genzo Umon decise di condividere con Daisuke la sua scoperta e di valutare assieme quale comportamento adottare.
Lo scienziato lasciò l'hangar un po' più sereno.


Erano rimasti così per un tempo imprecisato, avvolti, quasi protetti dalla luce dorata del sole, che aveva creato attorno a loro un'aura soprannaturale, quando infine Tetsuya si era sciolto a malincuore da quell'abbraccio, tornando a fissare negli occhi Kenzo Kabuto.
- Tu...come puoi essere qui? Tu sei morto... - mormorò il giovane ancora confuso per quello che gli stava accadendo.
Un'intuizione ed il ricordo di quanto era successo nella stanza di Koji, riaffiorò improvvisamente nei suoi pensieri
- Allora sono morto anch'io - continuò con quella che voleva essere una domanda e che invece risuonò come un'affermazione.
Stranamente quella prospettiva non lo sconvolse più di tanto.
- Tetsuya, figlio mio - ripeté Kabuto prendendo con affetto la testa del ragazzo tra le mani e guardandolo serio.
Il giovane sentì il proprio cuore sussultare quando udì quell'uomo chiamarlo nuovamente "figlio mio"
- Ascoltami attentamente Tetsuya, perché da quello che sto per dirti dipenderanno probabilmente le sorti dell'umanità intera - continuò Kabuto in tono grave
Tetsuya lesse in quello sguardo un'angoscia infinita ed ebbe paura, ma quando parlò la voce era ferma
- Ti ascolto - disse - Ti ascolto...papà -



Daisuke era in piedi a fianco del letto in cui giaceva inerme e privo di conoscenza il giovane sconosciuto, scrutando attentamente quel volto terreo alla ricerca di quel "qualcosa" che lo inquietava così profondamente.
Era quasi l'alba ormai, quando il giovane fleediano spinto da un impulso irrefrenabile, si era vestito ed era uscito dalla propria camera, per recarsi nel reparto medico ed infilarsi di soppiatto nella stanza del ragazzo ricoverato.
Non lo aveva visto nessuno, nemmeno l'infermiera di guardia, che vinta dalla stanchezza del turno di notte, si era appisolata appoggiata al tavolo che stava nell'anticamera.
Daisuke poteva vederla attraverso la parete a vetri che separava le due stanze, le lanciò un'occhiata per assicurarsi che non si fosse accorta di nulla e poi tornò a concentrare la propria attenzione sul degente, il cui petto si alzava ed abbassava ritmicamente aiutato da un respiratore artificiale.
A fianco un altro apparecchio monitorava il battito cardiaco, scandendolo con un breve suono metallico: pin...pin...pin...
"FALLO ORA!" tuonò una voce sconosciuta nella sua testa
...pin...pin...pin...
-NO!- esclamò Daisuke scuotendo la testa - NON POSSO!-
pin...pin...pin...
"DEVI farlo, altrimenti le persone che ami moriranno e tu sarai nuovamente SOLO...non hai scelta"

pin...pin...pin...
Qualcosa lo costrinse ad avvicinarsi ulteriormente al letto, guardò il tubo infilato nella bocca socchiusa del ragazzo per permettergli di respirare e prima di rendersene conto ne staccò il raccordo con il respiratore artificiale.
Si udì un sibilo e la macchina cominciò a segnalare il malfunzionamento con un suono acuto e continuo.
Koji sbarrò gli occhi emettendo un debole rantolo e con uno scatto repentino della mano destra afferrò il polso di Daisuke stringendolo convulsamente.
Per una frazione di secondo Daisuke si ritrovò a fissare due occhi neri come la pece e freddi come una lama d'acciaio, ma poi vide soltanto lo sguardo terrorizzato di un ragazzo agonizzante.
Daisuke si divincolò in tutta fretta da quella presa, indietreggiando verso la porta, scioccato ed incredulo per quanto aveva fatto.
Anche il rilevatore del battito ora emetteva un unico suono continuo, segnalando la cessazione dell'attività cardiocircolatoria.
L'infermiera, risvegliata dal trambusto, si era precipitata nella stanza, senza nemmeno accorgersi della presenza di Daisuke che si era nascosto prontamente dietro la porta aperta e, dopo aver lanciato l'allarme all'equipe medica, aveva cominciato da sola le procedure di rianimazione.
Approfittando di quel momento, Daisuke uscì non visto dalla stanza e dal reparto medico, quindi, correndo come un pazzo, lasciò il Centro, saltando sulla jeep e dirigendosi a tutta velocità verso la fattoria Shirakawa.
Mentre viaggiava, il vento gli sferzava il volto contratto in una smorfia di disgusto
- Cosa ho fatto? Mio Dio che cosa ho fatto? - continuava a ripetere tra sé e sé.
Verso est il sole cominciò a sorgere indifferente, illuminando con la sua luce rosata le cime degli abeti che costeggiavano la strada.

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 22:54

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kojimaniaca
view post Posted on 25/10/2007, 01:43     +1   -1




CAPITOLO VII°: "Passato e Presente"

Poco prima delle cinque del mattino, il tenente Tatsuo Harada stava fumando l'ennesima sigaretta nel piazzale antistante L'Istituto di Ricerca Fotoatomica, in attesa dell'elicottero con il quale intendeva proseguire le ricerche del giovane Kabuto, a supporto della squadra che avrebbe operato a terra.
Nonostante avesse dormito a malapena un paio d'ore, l'uomo non mostrava alcun segno di stanchezza ed appariva impeccabile nella sua divisa da ufficiale, tuttavia l'espressione del viso denotava una certa insofferenza.
Il sole stava per sorgere ed i primi raggi illuminavano già la cima del Fuji appena velata da un po' di foschia, l'aria era attraversata dai richiami degli uccelli risvegliati dal chiarore del mattino: si preparava un'altra splendida giornata estiva.
Il tenente fece qualche passo avanti ed indietro per scaricare il nervosismo, poi scrutò attentamente il cielo nella direzione in cui sarebbe dovuto apparire il velivolo che stava aspettando.
Controllò l'orologio da polso: mancavano più di dieci minuti all'ora dell'appuntamento, ma Harada era decisamente impaziente: era determinato a concludere al più presto quella faccenda e mettere così fine a quel dannato incarico che gli era stato assegnato dal generale Yoshida.
Hiro Yoshida era un amico di vecchia data del defunto Kenzo Kabuto ed era in ottimi rapporti anche con il professor Yumi, assieme al quale aveva collaborato in più occasioni nel conflitto contro le armate del Dottor Hell.
Per tale motivo il generale Yoshida si era reso disponibile anche questa volta, inviando uomini e mezzi sotto la supervisione del tenente.
Tatsuo Harada considerava il generale Yoshida un idiota ed un incompetente, ecco la verità! Un generale a capo dell'esercito giapponese, nonché vice comandante delle Forze Armate Internazionali, non doveva a suo giudizio collaborare con dei semplici civili, in operazioni che sarebbero dovute essere di stretta competenza militare.
Quando pensava a quei robot così potenti in mano a dei mocciosi, sentiva salire una rabbia difficile da spiegare: armi micidiali affidate a dei ragazzini che si divertivano a giocare alla guerra...assurdo!
Era convinto in cuor suo, che il Mazinkaiser ed il Great Mazinger dovessero essere requisiti di diritto dall'esercito ed utilizzati da militari addestrati allo scopo, non certo da quel Koji Kabuto o da Tsurugi.
Già...Tetsuya Tsurugi.
Per quest'ultimo poi, il tenente provava una particolare antipatia, peraltro ampiamente ricambiata dal giovane, che non si faceva scrupolo di dimostrarlo apertamente ad ogni occasione.
Era un'ostilità che si trascinava da alcuni anni e che risaliva al periodo in cui Tetsuya era stato inviato dal professor Kabuto ad allenarsi presso il campo d'addestramento comandato dallo stesso tenente Harada.

-ZONA SETTENTRIONALE PREFETTURA DI IWATE: 5 anni prima

I due si erano detestati praticamente da subito.
Harada non sopportava l'idea che il generale Yoshida gli avesse affidato l'addestramento speciale di quel ragazzino dall'aria strafottente e lo sguardo indagatore.
Tetsuya dal canto suo disprezzava i metodi sadici e crudeli con cui quell'uomo arrogante trattava i suoi sottoposti, abusando del suo potere.
Di certo Harada era un uomo più temuto che rispettato.
Comunque, nonostante la particolare durezza di quei mesi di esercitazioni, Tetsuya non aveva mai ceduto allo sconforto o alla collera, dimostrando una notevole maturità, prontezza di spirito e caparbietà, a dispetto delle continue vessazioni del tenente.
Ormai nella squadra non c'era più nessuno che riuscisse a tenergli testa nel combattimento corpo a corpo e nelle arti marziali, tanto che s'era conquistato il rispetto e l'ammirazione di tutti i soldati.
Tutti tranne Tatsuo Harada naturalmente, che dall'alto della sua esperienza aveva deciso di dare una sonora lezione al ragazzo, con l'intenzione di umiliarlo pubblicamente.
Quella mattina il cielo era coperto, non tirava un alito di vento e minacciava pioggia.
Tetsuya ed un nutrito gruppo di reclute erano partiti prima dell'alba per una marcia particolarmente faticosa, che si era svolta su un terreno scosceso fra i boschi ad un paio di miglia dal campo, con il sergente Morita in testa.
Verso mezzogiorno furono finalmente di ritorno alla base, stravolti dalla fatica, con l'unico desiderio di una doccia, un pasto caldo ed un po' di riposo. Quindi, quando il sergente li lasciò in libertà, si diressero stanchi ma felici verso le camerate, conversando allegramente fra loro.
All'improvviso però calò il silenzio.
Ritto davanti alla soglia delle camerate il tenete Harada li stava aspettando, con addosso una mimetica e l'espressione del volto che non prometteva nulla di buono.
I soldati scattarono sull'attenti, mentre Tetsuya si limitò a guardarlo con aria interrogativa tenendo le mani in tasca.
Harada avanzò nel cortile in terra battuta che stava di fronte a dormitori, finché si trovò in mezzo al gruppo di militari, quindi cominciò a parlare:
- So che siete stanchi - esordì il tenente
- So che siete stanchi e non vedete l'ora di posare i vostri zaini e farvi una doccia - continuò con un tono velatamente ironico l'uomo
- Bene, sappiate che non intendo trattenervi molto, desidero solo darvi personalmente una dimostrazione su alcune tecniche di combattimento corpo a corpo. Sarà questione di un quarto d'ora, non di più. -
Le giovani reclute si scambiarono occhiate dubbiose.
Tetsuya ebbe come un presentimento.
- Tsurugi! - chiamò infatti Harada guardando il giovane dritto negli occhi - Ho sentito dire che lei se la cava piuttosto bene con le arti marziali, il sergente mi continua a tessere le sue lodi...le farebbe piacere misurarsi con me? -
Tetsuya osservò attentamente il volto impassibile del tenente: dove voleva andare a parare? Il ragazzo non ne aveva idea. Comunque era esausto, la giornata era particolarmente afosa e lui non aveva nessuna voglia di cimentarsi in un incontro di lotta con quell'uomo (anche se gli avrebbe dato volentieri un bel pugno in faccia), così declinò il più gentilmente possibile l'offerta
- Mi spiace tenente, ma sono piuttosto stanco ed in questo momento desidero solo riposare un po' - rispose Tetsuya girandogli le spalle ed avviandosi verso le camerate. Infondo lui non era un soldato e di conseguenza non aveva alcun obbligo nei confronti della gerarchia militare.
Harada però non si diede per vinto
- Ha paura di fare brutta figura signor Tsurugi? - incalzò il tenente - Credevo che il pilota del Great Mazinger avesse più spirito combattivo, invece mi accorgo che è solo un vigliacco. Infondo cosa ci si può aspettare da un moccioso? -
Tetsuya si fermò senza voltarsi
- Proprio così - proseguì beffardo Harada - Un moccioso bastardo con la faccia da delinquente! Se non fosse per quell'idiota di Kenzo Kabuto, a quest'ora probabilmente staresti a marcire in un riformatorio... -
Fu un attimo.
Il giovane piombò come una furia sul tenente, deciso a fargli rimangiare ogni singola parola.
L'uomo non aspettava altro: parò con freddezza i primi assalti del ragazzo, per poi cominciare a percuoterlo metodicamente e con una precisione infallibile, mirando in particolare al volto.
Dopo aver incassato diversi colpi senza riuscire a difendersi, Tetsuya crollò a terra sfinito, con il naso fratturato ed il sangue che gli colava copioso dalle narici.
Fra gli astanti il silenzio era pressoché assoluto e carico d'attesa.
Da qualche minuto inoltre era cominciata una pioggia insistente, che aveva trasformato il terreno in una fanghiglia scivolosa.
Sorridendo compiaciuto, Harada s'accostò al giovane con l'intenzione di infliggergli il colpo che lo avrebbe messo definitivamente K.O., ma non andò come previsto...
Come l'ebbe a tiro, Tetsuya fu lesto a rifilargli un calcio nello stomaco, che gli fece perdere l'equilibrio e cadere rovinosamente all'indietro senza fiato.
Il ragazzo approfittò di quel momento per rialzarsi e mettersi in guardia, fissando il tenente con aria di sfida.
A quel punto Harada perse il controllo, balzò in piedi e s'avventò sul ragazzo deciso a farla finita, ma senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò in pochi istanti fuori combattimento, steso nel fango e con una spalla slogata.
L'uomo incrociò per un attimo lo sguardo vagamente ironico del giovane Tsurugi, che ora stava ritto ad un passo da lui, ansimante e fradicio di pioggia
- Hai perso tenente - gli disse semplicemente il ragazzo, allontanandosi poi barcollando fra gli applausi sinceri dei presenti.
Il tenente Tatsuo Harada svenne.

Il rumore dell'elicottero che si stava avvicinando da sud, distolse Harada dai suoi pensieri.
Gettò a terra la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone e la spense sotto il tacco della scarpa, schiacciandola con particolare vigore fino a ridurla in briciole.
Guardò per un attimo in direzione dell'Istituto e pensò con una punta di soddisfazione al ragazzo che giaceva in coma a causa di quel Kabuto che a quanto pare era andato fuori di testa.
Trovava la situazione decisamente divertente.
Un sorriso sarcastico aleggiò per qualche istante sulle labbra sottili di Harada, mentre l'elicottero atterrava di fronte a lui in un turbinio di polvere.
Il sergente Morita scese dal velivolo e scattò sull'attenti facendo il saluto militare
- Buongiorno signor tenente. Siamo pronti per riprendere le ricerche! -
- Siete in ritardo di cinque minuti - disse Harada seccamente, salendo quindi sull'elicottero ed accomodandosi a fianco del pilota.
Il sergente non replicò, limitandosi a seguire l'uomo a bordo e prendendo posto nel sedile dietro il suo.
- D'accordo! - esclamò Harada indossando le cuffie con la ricetrasmittente
- Sbrighiamoci a trovare il corpo di quel moccioso e torniamocene alla base il prima possibile! -
Morita ed il pilota tacquero perplessi, scambiandosi un'occhiata fugace, l'elicottero prese quota e si diresse verso ovest.
Dalla sala controllo Gennosuke Yumi osservò pensieroso il velivolo che s'allontanava in direzione del Fuji.


Verso l'alba la stanchezza aveva preso il nuovamente sopravvento e Jun s'era addormentata con il capo mollemente abbandonato sulla spalla di Sayaka, che stava ancora raggomitolata al suo fianco sul divano.
Quest'ultima invece era ancora sveglia e guardava verso l'unica finestra della stanza con aria assorta, la testa appoggiata allo schienale.
Le dita della mano sinistra giocherellavano nervosamente con il piccolo ciondolo a forma di cuore che portava al collo infilato in una sottile catenina d'argento e ne sfiorava insistentemente la superficie cesellata, quasi alla ricerca di un po' di conforto.
Sayaka aveva ereditato quel monile dalla nonna materna, che a sua volta lo aveva ricevuto dalla propria madre. Era per l'appunto un pendente a forma di cuore, in argento, con delle incisioni floreali ed un piccolo meccanismo segreto che ne permetteva l'apertura, rivelando all'interno un piccolo portafoto.
La nonna lo aveva donato alla ragazza poco prima di morire con queste parole:
- Tienilo sempre con te, ti porterà fortuna - e poi strizzandole l'occhio le aveva mostrato come aprirlo
- Qui metterai la foto dell'uomo di cui t'innamorerai! -
Sayaka, ancora bambina, era arrossita vistosamente in preda all'imbarazzo e la nonna aveva riso divertita.
Dopo un paio di settimane un male incurabile se l'era portata via.
Ora una foto c'era, custodita gelosamente in quel piccolo scrigno prezioso, una foto fatta di nascosto, l'espressione di un momento di gioia di quel ragazzo che amava, rubato dall'obiettivo della macchina fotografica.
Le piaceva quella foto, era stata fatta in una piacevole giornata trascorsa al mare in compagnia di Boss e soci. In quel ritratto Koji sorrideva con lo sguardo rivolto inconsciamente verso l'obiettivo, gli occhi castani che risaltavano vivaci nel volto abbronzato.
Con quell'immagine nella mente, Sayaka scivolò finalmente nel sonno e cominciò a sognare.
Si stava inoltrando a fatica in un fitto bosco di querce secolari, in un'oscurità verde smeraldo determinata dalla folte chiome degli alberi, che impedivano alla luce del giorno di filtrare fino a terra.
Il percorso era accidentato, pieno di ostacoli, cespugli e radici nodose che spuntavano pericolosamente dal terreno. A livello del suolo inoltre, si muoveva sinuosa una densa nebbiolina, che le rendeva ancora più difficoltoso vedere dove metteva i piedi. Così Sayaka procedeva con cautela, appoggiandosi con le mani ai tronchi ed aggrappandosi a rami più bassi degli alberi.
Quel posto solitario la metteva a disagio, era troppo silenzioso: non un alito di vento, non un richiamo d'uccello. Era come se tutto fosse congelato da una specie d'incantesimo, facendolo sembrare un luogo al di fuori del tempo e dello spazio.
All'improvviso le sembrò d'udire qualcosa...una voce, o meglio un pianto sommesso che proveniva dalla sua sinistra.
"Allora qualcuno c'è" pensò e cominciò ad avanzare prudentemente, ma con curiosità, in quella direzione. Man mano che procedeva avvertiva il suono farsi sempre più distinto, finchè raggiunse il posto da cui proveniva.
Quello che vide la lasciò sconcertata: accovacciato e seminascosto nell'incavo profondo di un grosso tronco, c'era un bambino completamente nudo ed infreddolito.
Sayaka giudicò che dovesse avere sui quattro-cinque anni, non di più, almeno per quello che poteva osservare, visto che se ne stava tutto raggomitolato con il volto sprofondato fra le ginocchia e le braccia strette attorno ad esse. Riusciva a vedere solo le spalle scosse dai singhiozzi ed un ciuffo ribelle di capelli neri.
Qualcosa in quel pianto toccò la ragazza nel profondo dell'anima. Sayaka s'avvicinò inginocchiandosi di fronte a lui e fece per allungargli una carezza sulla testa, ma poi si fermò, temendo di spaventarlo.
- Ciao - gli disse allora nel tono più rassicurante possibile - Che ci fai qui tutto solo? Ti sei perso? -
Il bambino smise di piangere all'istante, stringendosi ancora di più a ridosso del tronco e sollevando appena il viso verso la nuova venuta.
Due occhi scuri, spauriti ed umidi di lacrime la fissarono dalla penombra di quel riparo improvvisato, occhi stranamente famigliari.
- Non avere paura, non voglio farti del male - disse dolcemente la ragazza - Dove abiti? Dove sono i tuoi genitori? - cercando in tutti i modi di conquistare la sua fiducia
- Non lo so - rispose inaspettatamente il bimbo - Ho freddo - disse poi
Sayaka indossava una felpa rosa, se la sfilò rimanendo con la t-shirt e l'appoggiò delicatamente sulle spalle del piccolo, che lesto la indossò, stringendosela addosso come fosse una coperta. Così conciato aveva un aspetto davvero buffo pensò la ragazza.
- Vuoi dirmi come ti chiami? Io sono Sayaka - provò ad insistere lei
Il bambino scosse la testa, continuando a fissarla con quello sguardo che le ricordava quello di un animale braccato.
Sayaka decise di cambiare tattica
- Va bene, se non vuoi la mia compagnia me ne vado, è tardi e fra poco farà buio. Puoi tenere la felpa se vuoi - così dicendo s'alzò e salutandolo con la mano s'allontanò di qualche metro.
Un lieve rumore alle sue spalle la fece girare: il bambino era in piedi davanti a lei, con la maglia che gli arrivava fino alle caviglie e la guardava con occhi supplichevoli
- Non lasciarmi solo. Ho paura! - disse correndole precipitosamente incontro
Sayaka l'accolse fra le sue braccia stringendolo forte e massaggiando quel corpicino intirizzito
- Andrà tutto bene piccolo, adesso ti riporto a casa -
Il bambino le cinse il collo con le braccia appoggiando la testolina bruna sulla sua spalla in cerca di conforto
- Mi chiamo Koji. Koji Kabuto - le sussurrò in un orecchio



- Coraggio ragazzo! Non mollare proprio adesso! -
il dottor Yamamoto assieme al suo staff stava cercando affannosamente di rianimare Koji da qualche minuto, ma inutilmente.
L'infermiera Aika Nakamura si stava facendo in quattro per aiutare il dottore, spinta dal senso di dovere e dal senso di colpa per essersi addormentata, permettendo che accadesse tutto questo. La donna non capiva come potesse essersi staccato il raccordo del respiratore. Forse un movimento convulso del giovane paziente era la spiegazione più plausibile, ipotesi che aveva avanzato anche il dottor Yamamoto.
- Proviamo di nuovo con il defibrillatore! -
Uno dei medici posizionò le due piastre sul petto del ragazzo e le azionò. Il corpo di Koji sussultò inarcandosi sul letto.
- Niente dottore, non reagisce -


Sayaka staccò per un attimo il bambino da sé, guardando incredula quel faccino serio
- Come hai detto di chiamarti? - domandò in un soffio
In risposta però vide solo gli occhi sgranati dal terrore del piccolo, che adesso fissava un punto imprecisato alle sue spalle. La ragazza lo sentì tremare come una foglia, ma stavolta non era per il freddo.
Sayaka si girò e vide anche lei quello che aveva spaventato il bimbo.
Un'ombra enorme andava sollevandosi dal suolo ad alcuni metri di distanza, cominciando ad avanzare implacabile come un fiume in piena, insinuandosi fra gli alberi come una nebbia fluida.
Il terreno prese a vibrare sotto i suoi piedi e la vegetazione sembrò piegarsi in avanti come sotto l'effetto di una raffica di vento, ma in realtà era come un'onda sonora, un rombo cupo che andava aumentando d'intensità. In quel rumore assordante le parve d'udire un marasma di voci che dicevano cose incomprensibili, ridevano sguaiatamente o si lamentavano piene d'angoscia.
Sayaka avvertì un vuoto allo stomaco per il panico
- Mio Dio che cos'è quella cosa? - mormorò tra sé e sé
Il bambino urlò di paura aggrappandosi angosciato alla ragazza
- Mandalo via! Mandalo viaaaaaaaa, non lasciare che mi prendaaa -
Sayaka strinse il piccolo al petto e cominciò a correre con la forza della disperazione nella direzione opposta alla "presenza".
Qualcosa la strattonò all'improvviso facendola cadere al suolo ed il bambino le venne strappato dalle braccia. Sayaka lo vide mentre veniva trascinato via urlante sul terreno da alcune ombre antropomorfe di cui non riusciva a distinguere i tratti.



- Ora del decesso: 5 e 26 minuti - disse laconico il dottor Yamamoto fra lo sconforto generale.
Il ragazzo non ce l'aveva fatta.


Sayaka lanciò un grido di rabbia
- NOOOOOOOO - si rialzò e corse verso il bambino riuscendo ad afferrarlo per la vita. Ci fu una breve colluttazione in cui la ragazza, con uno sforzo sovrumano, ebbe la meglio su quelle creature, riuscendo a riprendersi il bambino e fuggendo via, fino a trovare riparo in un anfratto roccioso.
Improvvisamente calò il silenzio ed una voce le rimbombò nel cervello
" Non puoi portarmi via ciò che mi appartiene "
- Vattene MALEDETTO! - urlò Sayaka - Vattene, chiunque tu sia! -
la sagoma di un uomo, o quello che sembrava un uomo, apparve improvvisamente di fronte a lei. Una mano artigliata s'allungò verso il bambino, Sayaka lo protesse con il suo corpo, impedendogli di afferrarlo. La mano si ritirò come se si fosse scottata.
" DAMMELO! " sibilò rabbiosamente quell'essere terrificante
Sayaka guardò il bambino che giaceva inerte sulle sue ginocchia: nella manina stringeva il suo ciondolo d'argento, che probabilmente le aveva strappato mentre cercavano di toglierlo a forza dalle sue braccia.
- NO! - disse quindi Sayaka in tono deciso, fissando senza più alcun timore l'entità che le stava di fronte
- Non te lo lascerò portare via, né ora né mai! -
La creatura sembrò indietreggiare come colpita da qualcosa, vacillò, perse consistenza e svanì senza lasciare traccia.



- Dottore guardi! -
L'infermiera Nakamura guardò stupita il monitor che registrava il battito cardiaco. Il tracciato che fino a poco prima era piatto, indicava chiaramente che ora c'erano di nuovo delle pulsazioni regolari.
Il dottor Yamamoto osservò incredulo i parametri vitali del giovane che si erano improvvisamente stabilizzati.


Sayaka si svegliò con un sussulto, svegliando di conseguenza anche Jun, che le stava appoggiata alla spalla.
- Sayaka, tutto bene? - le chiese quest'ultima preoccupata
- Ho avuto un incubo, un terribile incubo... - mormorò la ragazza tremante, poi però tacque all'improvviso fissando qualcosa davanti a sé. Jun la guardò perplessa.
Quando Sayaka parlò nuovamente il tono di voce era completamente cambiato
- Jun...guarda... -
Jun seguì la direzione dello sguardo dell'amica.
Gli occhi scuri e penetranti di Tetsuya la stavano osservano con insistenza già da un po'.
- Tetsuya! - esclamò Jun avvicinandosi felice al giovane ed afferrandogli teneramente una mano.
Tetsuya le sorrise debolmente e ricambiò per quanto possibile quella stretta.
Sayaka s'alzò e si diresse discretamente verso l'uscita
- Vado a chiamare il medico - disse quando era sulla soglia, poi si chiuse la porta alle spalle, lasciando da soli i due giovani almeno per un po'.
Avvisato quindi chi di dovere, Sayaka si diresse verso la cucina con l'intenzione di prepararsi un caffè. Era felice per Jun ed era felice che Tetsuya si fosse ripreso dal coma, ma nello stesso tempo era ancora molto scossa per l'incubo che aveva fatto. Istintivamente portò la mano al petto alla ricerca del suo ciondolo portafortuna, ma stranamente non lo trovò.
La ragazza si fermò scioccata in mezzo al corridoio.
Tastando attorno al collo aveva sentito una leggera abrasione sulla pelle, proprio lì dove nel sogno le era stata strappata la catenina.


Aika Nakamura sistemò il cuscino sotto la testa di Koji e controllò per l'ennesima volta che tutto fosse a posto
- Guai a te se mi fai un altro scherzo del genere giovanotto! - disse la donna in tono di rimprovero al ragazzo, parole gettate al vento visto che era incosciente e non la poteva certo sentire, ma non le importava.
Koji le ricordava in qualche modo suo figlio Shinji e le faceva molta tenerezza.
D'istinto gli fece una carezza materna sulla fronte, scostandogli una ciocca di capelli che s'era appiccicata per il sudore, poi gli rimboccò nuovamente la coperta e fece finalmente per allontanarsi. Il suo turno era finito già da un pezzo.
Qualcosa attirò però la sua attenzione: stretto nella mano sinistra di Koji s'intravedeva un oggetto luccicante. L'infermiera prese incuriosita quella cosa dalla mano del ragazzo e vide con meraviglia che non era un oggetto qualunque, bensì un ciondolo, un ciondolo d'argento a forma di cuore.
Come fosse finito lì però era un mistero.



continua...

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 22:56

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kojimaniaca
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CAPITOLO VIII°: " Nuovi equilibri "



- Tenente, guardi lì! - il sergente Morita indicò il fianco boscoso della montagna che stavano costeggiando con l'elicottero. In corrispondenza di un piccolo altipiano, si notava chiaramente un solco lungo diversi metri, che attraversava la vegetazione come una ferita aperta.
Il tenente Harada fece cenno al pilota di avvicinarsi per poter osservare meglio e l'elicottero s'abbassò di quota, stazionando quindi sopra la zona indicata dal sergente.
Era evidente che qualcosa aveva toccato terra forzatamente in quel punto, gli alberi divelti ne erano chiara la testimonianza, ma dell'oggetto che aveva creato tanto scompiglio non c'era nessuna traccia. Qualcuno doveva averlo rimosso in qualche modo, oppure, cosa che dubitava, era decollato nuovamente.
Harada decise di scendere a terra e controllare più da vicino.
- Cerca un posto qui vicino dove atterrare! - disse al pilota
- Ho notato una radura più in alto, proverò là! - dichiarò quest'ultimo richiamando a sé la cloche e riprendendo quota.


Dambei Makiba stava osservando i movimenti di quel velivolo ormai da un bel po'. Appollaiato sulla sua torretta, dalla quale generalmente scrutava il cielo a caccia di UFO, guardava attraverso il cannocchiale quell'elicottero militare che stava sorvolando insistentemente la zona dall'alba. L'ometto aveva capito che stavano cercando l'oggetto precipitato qualche giorno prima e questa cosa rafforzava in lui la sua convinzione, che il velivolo misterioso fosse in realtà un disco volante pilotato da extraterrestri, altrimenti non si sarebbe spiegata la presenza dell'esercito. Aveva visto anche diverse pattuglie aggirarsi nei dintorni a bordo di alcune jeep.
- Daisuke non me la racconta giusta... - mormorò tra sé e sé
La spiegazione che gli aveva dato il ragazzo il giorno dopo l'avvistamento non lo convinceva affatto. Daisuke aveva riferito del ritrovamento di un ragazzo ferito, che ora era ricoverato in gravi condizioni presso il reparto medico medico del Centro di Ricerca diretto da Umon, ma Dambei era convinto che in realtà si trattasse di un alieno sopravvissuto allo schianto. Il dottor Umon aveva pregato lui, Hikaru e Goro di tacere l'accaduto senza tuttavia dare spiegazioni e questo atteggiamento dello scienziato lo insospettiva ancora di più.
- PAPA'! - la voce indispettita di Hikaru gli giunse dal basso distogliendolo bruscamente dalle sue fantasticherie
- Vuoi deciderti a scendere da lì e venire a darmi una mano? - la ragazza lo stava guardando dal cortile con le braccia incrociate sul petto e le gote imporporate dalla rabbia, ai suoi piedi c'era una cesta di uova fresche.
- Stamattina avresti dovuto pulire il pollaio ed invece sei ancora lì sopra a pensare alle tue sciocchezze! - continuò Hikaru con lo stesso tono
- Fallo pulire a quello scansafatiche di Daisuke - ribatté suo padre risentito - Io ho cose più importanti da fare! -
- L'unico scansafatiche che vedo in questo momento sei tu papà! - disse di rimando la ragazza - Daisuke si sta già occupando del recinto dei cavalli, recinto che avresti dovuto riparare tu tre giorni fa! -
Dambei borbottò qualcosa a proposito dei figli che non hanno più rispetto per il loro padre e tornò a concentrarsi sull'elicottero.
Hikaru sospirò rassegnata ed entrò in casa per depositare le uova. Nel pomeriggio le avrebbe portate al villaggio vicino per venderle assieme ad alcuni ortaggi che aveva raccolto nell'orto.
Entrò in cucina e dopo essersi lavata le mani nel lavandino, s'apprestò a preparare il pranzo, mancava poco più di mezz'ora a mezzogiorno e fra poco si sarebbe trovata di fronte una piccola truppa di uomini affamati come lupi. Hikaru sorrise all'idea, infondo le piaceva darsi da fare ai fornelli per suo padre, il fratellino Goro e Daisuke.
Già, Daisuke.
Hikaru guardò dalla finestra e lo vide in lontananza che si stava occupando del recinto, a torso nudo sotto il sole cocente.
Quella mattina il giovane s'era comportato in modo strano: sguardo cupo, taciturno...Arrivato più presto del solito alla fattoria, s'era messo subito al lavoro senza nemmeno fare colazione, evitando accuratamente ogni tipo di approccio con la ragazza.
Hikaru era preoccupata: aveva visto Daisuke pensieroso e malinconico in diverse occasioni, come se fosse perso in ricordi troppo dolorosi da esprimere a parole, ma mai come questa volta.
La ragazza però era anche delusa, perché avrebbe voluto che il giovane si confidasse con lei, infondo sentiva che fra di loro stava nascendo qualcosa di più di una semplice amicizia, un coinvolgimento più profondo. Amore? Non osava pensare a tanto, ma in cuor suo ci sperava.
Finì di tagliare le verdure, controllò lo stufato sul fuoco ed uscì di casa, dirigendosi verso il recinto dei cavalli con una bottiglia di the freddo in una mano ed un bicchiere nell'altra.


Daisuke finì di riparare la recinzione che era quasi mezzogiorno, quando finalmente si soffermò a guardare con occhio critico l'opera terminata. Aveva lavorato alacremente per più di tre ore, senza interrompersi, incurante degli spasmi che gli arrivavano dal braccio destro.
Concentrarsi sulla fatica fisica lo aveva aiutato a non pensare continuamente agli avvenimenti di quella mattina: aveva ucciso un uomo inerme senza alcun motivo, s'era macchiato di un omicidio spinto da un impulso irrazionale e questa cosa lo angosciava profondamente, rendendolo incapace di qualsiasi pensiero coerente. Gli sembrava di vivere un incubo assurdo e lo sguardo sgomento di quel ragazzo continuava a perseguitarlo.
Doveva assolutamente parlare con suo padre e confessargli al più presto quanto aveva fatto, era l'unica cosa di cui era certo in quel momento...
Sedette sfinito all'ombra di una pianta lì vicino e si asciugò la fronte dal sudore con il dorso della mano: scottava. Realizzò in quel momento di avere la febbre e che il dolore adesso era continuo e pulsante: gli sembrava di avere il braccio stritolato in una morsa.
Era deciso: sarebbe tornato immediatamente al Centro di Ricerche per affrontare le proprie responsabilità e poi... e poi che succedesse quello che doveva succedere, non gli importava, voleva solo liberarsi da quel peso che gli opprimeva l'animo.
Un passo leggero alle sue spalle attirò l'attenzione del ragazzo: era Hikaru che si stava avvicinando con qualcosa in mano.
Daisuke si alzò ed infilò velocemente la camicia a maniche lunghe che aveva appoggiato sulla recinzione, coprendo così la cicatrice arrossata e il braccio gonfio. Non voleva che Hikaru lo vedesse in quello stato.
Il gesto però non sfuggì alla ragazza, che fece comunque finta di nulla salutandolo allegramente.
- Ciao Daisuke, ho pensato che con tutto questo lavoro sotto il sole dovessi avere una gran sete, così ti ho portato del the freddo -
Daisuke si sforzò di apparire come di consueto e le sorrise gentilmente
- Grazie Hikaru, è quello che ci voleva - disse il giovane prendendo il bicchiere pieno che la ragazza gli porgeva. Bevve un lungo sorso e si accorse solo in quel momento di avere una sete terribile. Hikaru riempì nuovamente il bicchiere a Daisuke, scrutandone attentamente il volto, mentre il ragazzo beveva avidamente. Non aveva un bell'aspetto: pallido, occhi lucidi e l'aria sofferente...
- Sei sicuro di stare bene Daisuke? Non hai una bella cera - si pronunciò allora la ragazza quasi imbarazzata
Daisuke stava per replicare, quando quell'elicottero, che stava girando là attorno da un bel po', passò rumorosamente a bassa quota sopra di loro, allontanandosi poi in direzione del Centro.
I due giovani guardarono in alto verso il velivolo con aria pensierosa.
- Stanno cercando quel giovane precipitato l'altro giorno vero? - domandò Hikaru immaginando già la risposta.
Daisuke annuì distrattamente guardando l'elicottero. Se ne stava occupando addirittura l'esercito...chi era dunque quel ragazzo?


La radura in cui erano atterrati con l'elicottero distava circa un quarto d'ora a piedi dal luogo dell'impatto del Kaiserpilder, il tenente Harada e Morita lo raggiunsero scendendo a fatica una ripida scarpata attraverso il bosco.
Fecero un sopralluogo accurato del posto, constatando che, a parte la vegetazione abbattuta, non vi era altra traccia significativa, cancellata probabilmente dalla pioggia caduta in nottata.
Comunque, basandosi sulla larghezza della traccia, c'era la quasi certezza che si trattasse del velivolo di Koji, restava da capire che fine avesse fatto. Harada decise di perlustrare le fattorie della zona e di fare qualche domanda in giro.
Qualcuno doveva pur avere visto qualcosa.
Risalirono il pendio e raggiunsero l'elicottero che li stava aspettando con i motori accesi. Quando furono di nuovo a bordo, Harada fece cenno al pilota di decollare e gli indicò la direzione da prendere.


Genzo Umon avrebbe voluto parlare con Daisuke di Koji, ma quella mattina il ragazzo era uscito molto presto e lo scienziato non era riuscito ad incontrarlo.
Ora sentiva la necessità di dover prendere una decisione.
All'alba il giovane Kabuto aveva superato una brutta crisi grazie all'intervento tempestivo dell'equipe medica, ma le sue condizioni rimanevano gravi e Umon non voleva ulteriori responsabilità in merito. Come se non bastasse alcuni militari stavano chiaramente perlustrando la zona e non si trattava certo di un normale addestramento.
Lo scienziato si recò così nella sala controllo del Centro di Ricerche, sedette nella sua postazione e dopo un attimo di riflessione si rivolse ad uno dei suoi assistenti
- Hayashi! -
L'interpellato guardò lo scienziato in attesa di istruzioni
- Hayashi - continuò Umon - Mi metta in contatto con il professor Yumi presso l'Istituto di Ricerca Fotoatomica -
- Subito dottor Umon, mi dia qualche minuto! -
Poco dopo il volto di Gennosuke Yumi apparve sullo schermo principale
- Buongiorno professor Yumi! Sono Genzo Umon, direttore del Centro di Ricerche Spaziali del monte Fuji - si presentò lo scienziato - Credo di avere qui con me una persona di vostra conoscenza -


- Devo tornare al Centro - disse Daisuke mettendo a posto gli atrezzi da lavoro nella rimessa, un piccolo edificio in legno dietro il fienile, dalle cui pareti filtrava la luce del giorno, creando all'interno una sorta di illuminazione soffusa.
Hikaru rimase in silenzio, notando un leggero tremore nelle mani del ragazzo, che stava facendo di tutto per eludere il suo sguardo indagatore.
- Che ti succede Daisuke? - chiese infine la ragazza decisa ad arrivare fino in fondo alla questione - Tu mi nascondi qualcosa, non negarlo! -
Daisuke sorpreso la guardò finalmente dritto negli occhi e vide la sua determinazione. Era davvero bella avvolta in quella penombra dorata, d'impulso allungò una mano accarezzandole affettuosamente i capelli a caschetto.
- Hikaru, io... -
- SI PUO' SAPERE COSA STATE FACENDO VOI DUE! - urlò la voce di Dambei alle spalle della ragazza
Hikaru presa alla sprovvista sussultò imbarazzata, Daisuke ritirò velocemente la mano.
- NON POSSO LASCIARVI SOLI UN MINUTO CHE SUBITO NE APPROFITTATE! - continuò l'ometto gesticolando furiosamente
- PAPA' PIANTALA! - urlò di rimando la ragazza con il volto di brace - NON FACEVAMO NULLA DI MALE, STAVAMO SOLO PARLANDO! -
Daisuke sorrise, non era la prima volta che assisteva ad una scena simile, decise di ritirarsi in buon ordine.
- Hikaru io vado, mio padre mi aspetta - disse semplicemente il giovane dirigendosi verso l'uscita.
Quando fu all'esterno venne investito dalla luce del sole e fu colto da una violenta vertigine. Con la voce di Dambei che gli giungeva sempre più distorta, fece qualche passo incerto verso la jeep e poi s'accasciò a terra privo di sensi.


Il professor Yumi s'infilò la giacca in tutta fretta e si preparò a raggiungere l'elicottero privato che lo stava aspettando nell'eliporto dell'Istituto. Voleva raggiungere il prima possibile il Centro di Ricerche Spaziali, ma quando fece per uscire dal proprio studio trovò ad attenderlo sulla soglia sua figlia Sayaka.
- Hanno trovato Koji vero? - chiese la ragazza senza tanti preamboli. Lo scienziato annuì serio.
- Vengo con te! - continuò determinata la ragazza
- No Sayaka. Preferisco che tu rimanga qui - le disse suo padre con un tono che non ammetteva repliche.
- Ma papà... -
- Niente ma. Questa volta farai quello che ti dico io - Yumi non intendeva aggiungere altro, quindi scansò gentilmente la ragazza e si avviò lungo il corridoio.
- Dimmi almeno se è vivo o morto! - supplicò Sayaka alle sue spalle
Gennosuke Yumi si fermò per un istante senza voltarsi.
- E' vivo - disse l'uomo proseguendo poi per la sua strada.


La comunicazione dall'Istituto di Ricerca raggiunse Harada mentre stavano per atterrare in una delle fattorie dei dintorni. Kabuto si trovava presso il Centro di Ricerche Spaziali, un edificio che il tenente aveva notato in precedenza, mentre stavano sorvolando la zona. Gennosuke Yumi si stava già dirigendo là.
L'ufficiale diede istruzioni al pilota affinché lo conducesse sul luogo. Finalmente si stava per concludere quella faccenda, ma prima voleva rendersi conto personalmente di alcune cose.


- DAISUKE! - uscendo dalla rimessa incalzata dai rimproveri di suo padre, Hikaru aveva visto il ragazzo steso al suolo esanime a fianco della jeep e si era precipitata in suo aiuto. Dambei era ammutolito di colpo, accorrendo a sua volta.
- Che ti succede ragazzo? - domandò preoccupato l'uomo accovacciandosi a fianco del giovane e sollevandogli delicatamente la testa
- Mio Dio papà, brucia di febbre - esclamò Hikaru tastandogli la fronte.
- Portiamolo dentro casa - le disse suo padre
- No...non è niente, devo tornare al Centro... - mormorò debolmente Daisuke. Aveva ripreso conoscenza ed ora stava cercando caparbiamente di rimettersi in piedi.
Hikaru capì dal suo sguardo che non sarebbe riuscita a fargli cambiare idea, così lo aiutò ad alzarsi e suo padre le diede una mano a farlo accomodare sulla jeep. Lei sedette al posto di guida.
- D'accordo. Ti ci porto io! - disse la ragazza avviando il motore ed inserendo la marcia. La jeep s'avviò lungo la strada che conduceva al Centro e Daisuke s'abbandonò sul sedile con gli occhi chiusi, appoggiando stancamente la testa sulla spalla della ragazza al suo fianco.


- C'è una cosa però che non capisco dottor...? -
- Umon, Genzo Umon - ripeté per l'ennesima volta lo scienziato ad Harada, che stava osservando Koji dall'anticamera attraverso la parete a vetri - Che cosa non capisce tenente? -
- Non capisco il motivo per cui non avete avvisato subito del ritrovamento di Kabuto - continuò l'ufficiale girandosi verso Umon e fissandolo negli occhi con sguardo indagatore
- Ho scoperto l'identità del ragazzo solo ieri in tarda serata e appena mi è stato possibile ho contattato il professor Yumi - rispose Umon sulla difensiva. Non gli piaceva affatto il tono accusatorio di Harada.
- Non avete pensato nemmeno per un istante ad avvisare le autorità di Polizia? O per lei è normale accogliere uno sconosciuto con delle ferite d'arma da fuoco e fare finta di nulla per quasi tre giorni? Lo trovo quanto mai un atteggiamento bizzarro, se me lo consente... - proseguì il tenente senza nascondere l'ironia nella voce.
Genzo Umon non seppe come ribattere, fortunatamente in quel momento fece il suo ingresso Hayashi in compagnia di un uomo, togliendolo dall'imbarazzo.
- Dottore, è arrivato il professor Yumi - disse l'assistente presentando il nuovo venuto
- Professor Yumi, è davvero un piacere conoscerla di persona! - disse Umon muovendogli incontro e stringendogli la mano
- Il piacere è tutto mio dottor Umon, ma perdoni l'impazienza...vorrei vedere Koji - disse Yumi ricambiando la stretta.
- Ma certo, è logico - disse Umon - Il ragazzo è qui, venga -
- Bene! - li interruppe Harada - Ormai la mia presenza non è più di alcuna utilità, quindi se non le dispiace professor Yumi vorrei congedarmi -
- Ma certo tenente, la ringrazio ancora per il suo supporto. Non appena possibile contatterò anche il generale Yoshida, intanto lo saluti per me! - disse Yumi all'ufficiale, provando nel profondo un certo senso di sollievo: quell'uomo non gli andava per niente a genio.
- Riferirò...- il tenente fece per allontanarsi, ma poi tornò sui suoi passi esclamando: - Oh, quasi dimenticavo una cosa importante. Ho disposto che ci siano sempre due soldati armati di guardia alla stanza di Kabuto - continuò Harada
- E per quale motivo? - chiese Umon sorpreso e contrariato - Non credo che lei abbia l'autorità per fare una cosa del genere! -
- Lo faccio esclusivamente per la vostra sicurezza - disse il tenente - Se Kabuto si riprende, potrebbe dare ancora segni di squilibrio e rivelarsi nuovamente un pericolo per chi gli sta attorno...- lasciò di proposito la frase in sospeso e notando lo sguardo interrogativo di Umon aggiunse: - Sono sicuro che il professor Yumi le saprà dare tutti i chiarimenti del caso - concluse l'uomo ed uscì dalla stanza con un sorrisetto divertito stampato sulle labbra.
Yumi tacque imbarazzato: Harada non aveva tutti i torti.
- Credo sia il caso di spiegarle alcune cose dottor Umon - mormorò poi il professore.


- Ci siamo Daisuke! - esclamò Hikaru parcheggiando la jeep davanti al Centro.
Il giovane si svegliò di colpo dal torpore in cui era scivolato durante il viaggio, guardandosi attorno un po' stranito. Il dolore adesso era intollerabile e Daisuke si sentiva piuttosto debole.
- Dammi una mano Hikaru, non credo di farcela da solo -
La ragazza lo aiutò a scendere dal mezzo e sorreggendolo come meglio poteva lo accompagnò all'interno dell'edificio. Nell'atrio incrociarono un uomo in divisa da ufficiale, che li squadrò con evidente interesse, soffermandosi in particolare su Daisuke. Fu solo un momento, poi l'uomo continuò come se niente fosse, uscendo dallo stabile.
Hikaru, che era abbastanza pratica del Centro di Ricerche, si diresse con Daisuke verso l'infermeria.


In poche parole Yumi aveva cercato di spiegare al dottor Umon quello che era successo con Koji, o per lo meno quello che era riuscito a capire di tutta quella situazione assurda e Genzo Umon lo aveva ascoltato con attenzione, sentendosi partecipe della preoccupazione che traspariva dal tono di voce dell'uomo. Capiva che per Yumi c'erano in gioco sentimenti contrastanti: l'evidente affetto per il ragazzo ed il timore per quello che era diventato, nonché la responsabilità di gestire una situazione potenzialmente pericolosa.
- Mi spiace averla coinvolta in questa faccenda dottor Umon, farò in modo che Koji venga trasferito al più presto all'Istituto di Ricerca, in modo da evitarle altre seccature - disse Yumi in conclusione di quanto già detto
- Comunque non so davvero come ringraziarla per esservi presi cura di lui -
Prima di rispondere, Umon ripensò a quando aveva trovato il ragazzo: Koji nel delirio lo aveva scambiato per il padre, invocando disperato il suo aiuto. L'uomo era rimasto molto turbato dallo sguardo smarrito ed impaurito del giovane, così mentre al suo fianco Daisuke conduceva a tutta velocità la jeep verso il Centro, Umon aveva tenuto Koji stretto a sé, tamponandogli le ferite e cercando di tranquillizzarlo meglio che poteva: "Andrà tutto bene figliolo, non avere paura" gli aveva ripetuto più volte.
Quel pensiero lo aiutò a prendere una decisione: - Professor Yumi, credo che per il momento sia impossibile trasportare il ragazzo viste le sue condizioni. Comunque le assicuro che qui verrà assistito nel migliore dei modi e sarà il benvenuto per tutto il tempo necessario alla sua guarigione - disse convinto Umon.
Gennosuke Yumi lo guardò meravigliato
- Umon io... -
- Venga, l'accompagno da Koji - lo anticipò Umon con un sorriso, precedendolo nella stanza in cui era ricoverato il ragazzo.


- Qualcuno mi aiuti! - esclamò Hikaru entrando nel reparto medico con Daisuke che si appoggiava a lei in cerca di sostegno.
- Che succede? - disse uno dei medici accorso al suo richiamo
- Non lo so - disse la ragazza - Sta male e ha la febbre! -
- Devo parlare con mio padre... - continuava a ripetere ossessivamente il ragazzo mentre lo facevano sdraiare su un lettino. Una presa involontaria di un infermiere al braccio destro gli strappò un'esclamazione di dolore.
- Vai a chiamare il dottor Yamamoto - disse il medico rivolgendosi all'infermiere - E lei signorina Makiba, la prego di aspettare di là nell'anticamera - continuò rivolgendosi alla ragazza.
Hikaru obbedì a malincuore ed uscì dalla stanza, lanciando un'ultima occhiata preoccupata verso Daisuke.


- Questo è il dottor Yamamoto - disse Umon presentando l'uomo al professor Yumi
- Piacere di conoscerla - il medico porse la mano allo scienziato - Ho sentito molto parlare di lei - dichiarò Yamamoto
- Grazie di tutto quello che sta facendo per Koji - replicò sinceramente Yumi avvicinandosi al letto dove giaceva il ragazzo in stato d'incoscienza - Mi dica...se la caverà? - chiese poi con ansia, osservandone il volto pallido ed il respiratore che lo teneva in vita.
- Le ferite sono gravi non lo nego, i proiettili hanno perforato il polmone sinistro - spiegò il medico - Comunque sono certo che si riprenderà presto, è un giovane combattivo! - concluse sorridendo
- E' vero - rispose Yumi accennando a sua volta un sorriso - Lo è...-
In quel momento un infermiere irruppe nella stanza
- Dottor Yamamoto venga nell'altra stanza! Anche lei professor Umon, si tratta di Daisuke -
Umon impallidì e provò una sorta di tuffo al cuore
- Cosa è successo a mio figlio? -
- Non so di preciso, ma ha la febbre alta - rispose l'infermiere mentre si recavano nella camera adiacente.
Hikaru, seduta nell'anticamera, li seguì ansiosa con lo sguardo finché chiusero la porta alle loro spalle.
Il professor Yumi rimasto da solo con Koji, cercò una sedia e si accomodò a fianco del letto, un po' sconcertato per quell'improvvisa novità.


- DAISUKE! - esclamò Umon appena vide il figlio.
Il giovane era steso sul lettino dell'infermeria, sofferente e in stato confusionale continuava a chiedere di suo padre. Il medico gli aveva tolto la camicia ed ora stava esaminando con delicatezza il braccio tumefatto.
Sentendo la voce di Umon, Daisuke si era sollevato di colpo mettendosi a sedere
- PADRE! -
- Sono qui Daisuke - disse l'uomo avvicinandosi al ragazzo che lo guardava con occhi deliranti - Mettiti giù figliolo, rimani sdraiato! -
- Sono stato io padre! L'HO UCCISO IO! - la voce del giovane era carica d'angoscia - Non volevo! Non so perché l'ho fatto, TE LO GIURO! -
- Che dici Daisuke? Di cosa stai parlando? - Umon s'era seduto a fianco del ragazzo ed ora lo teneva per le spalle, cercando di farlo adagiare nuovamente sul letto - Stai calmo, stai dicendo cose senza senso -
Daisuke lo guardò incredulo, non poteva credere che suo padre gli stesse mentendo...o forse no? Forse aveva immaginato tutto, forse era solo un incubo...sì un incubo...
Il ragazzo sentì le forze abbandonarlo e così si lasciò andare fra le braccia di Umon, cedendo ad un sonno pesante che era più simile ad uno svenimento.


- Posso? - disse una voce femminile alle spalle di Yumi.
L'uomo si girò e si trovò di fronte una bella ragazza con i capelli a caschetto, grandi occhi bruni, dell'età approssimativa di sua figlia Sayaka.
- Certo, entri pure - rispose lo scienziato incuriosito, la ragazza si avvicinò porgendo la mano
- Io sono Hikaru, Hikaru Makiba, abito qui vicino. Lei è suo padre? - chiese indicando Koji con un cenno del capo
- No, non è mio figlio, anche se in realtà è come se lo fosse. Io sono Gennosuke Yumi e lui è Koji -
- Yumi? Il famoso scienziato? Ma certo! Ho sentito molto parlare di lei, allora lui è Koji Kabuto, il pilota del Mazinger! - esclamò Hikaru stupita - Siete famosi! -
- Beh, non esageriamo... - sorrise imbarazzato Yumi
- Spero tanto che Koji guarisca al più presto! - disse sinceramente la ragazza
- Grazie Hikaru, lo spero anch'io - mormorò Yumi pensieroso.


Daisuke si era finalmente calmato ed ora dormiva profondamente, anche se il suo corpo era vistosamente percorso da brividi causati dalla febbre alta.
Umon era visibilmente preoccupato: il braccio di Daisuke non era mai stato così infiammato e gonfio, e questa era la crisi peggiore che avesse mai avuto finora il giovane. Lo scienziato temette che la situazione stesse degenerando prima del previsto ed espresse i suoi dubbi al dottor Yamamoto.
- Aspettiamo domattina e vediamo se le solite terapie fanno effetto - disse il medico a Umon - Temo che stavolta il ragazzo si sia strapazzato un po' troppo, sottovalutando i sintomi. Dovrà convincerlo a starsene tranquillo per un po' -
Umon annuì
"Troveremo una cura figlio mio, vedrai..." pensò tra sé e sé.


Koji socchiuse appena gli occhi, poi tornò a chiuderli...tenerli aperti era davvero uno sforzo immane. Sentiva le palpebre pesanti come piombo ed una sensazione di fastidio alla gola simile ad un bruciore.
Fece un altro tentativo, cercando di mettere a fuoco quello che lo circondava e pian piano gli oggetti cominciarono a prendere forma. Era steso a letto, in quella che sembrava la stanza di un ospedale e seduto al suo fianco c'era il professor Yumi intento a parlare con una persona, una ragazza per la precisione.
" Sayaka " pensò, ma poi la osservò meglio e si rese conto che non si trattava di lei.
Cercò di dire qualcosa per attirare l'attenzione, ma non riusciva ad articolare le parole, così si accorse di essere collegato ad un respiratore artificiale e di avere un tubo infilato in gola.
Allungò quindi faticosamente il braccio destro fino a sfiorare con la mano il ginocchio dello scienziato, per poi lasciarlo ricadere a penzoloni oltre il bordo del letto.
Gennosuke Yumi si voltò colto di sorpresa ed incrociò lo sguardo interrogativo del giovane.
- Koji! - esclamò con gioia lo scienziato afferrandogli la mano - Come ti senti ragazzo mio? -
Il ragazzo cercò di sorridere, ma il risultato fu più simile ad una smorfia.
" Mi sento come se fossi stato investito da un camion " pensò Koji con una punta d'ironia e si limitò a stringere debolmente la mano al professore.
Ma era stanco, troppo stanco, così chiuse gli occhi e scivolò nuovamente nell'incoscienza.




continua...

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 22:58

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kojimaniaca
view post Posted on 26/11/2007, 14:01     +1   -1




CAPITOLO IX°: " Rivelazioni "


Era tardo pomeriggio quando finalmente Daisuke si svegliò da quel lungo sonno in cui era piombato il giorno prima. Non era più in infermeria, bensì nella propria stanza e per un attimo il ragazzo si sentì disorientato, non riuscendo a rendersi conto se, tutto quello che era successo, fosse accaduto veramente o fosse solo un sogno.
Dopo un attimo di riflessione e vedendo il braccio destro avvolto in una fasciatura, realizzò di non aver immaginato nulla.
In quel momento la porta si aprì delicatamente e Genzo Umon entrò nella stanza, muovendosi con discrezione per non disturbare il ragazzo, ma quando lo vide seduto sul letto rimase piacevolmente sorpreso.
- Padre! - esclamò il giovane vedendolo
- Daisuke! Come va figliolo? - domandò lo scienziato sedendosi a fianco del ragazzo e tastandogli la fronte.
- Sto bene padre - rispose il ragazzo. Era vero, il dolore al braccio si era notevolmente ridotto e non si sentiva più la febbre.
Umon sorrise sollevato - Mi hai fatto prendere un grosso spavento sai? Ma perché non ti sei rivolto subito al dottore quando la cicatrice ha cominciato a darti fastidio? - gli disse in tono di affettuoso rimprovero l'uomo.
" Questo è il momento giusto " pensò Daisuke " Devo dirglielo ora o non ne avrò mai più il coraggio "
- Padre, devo parlarti...si tratta di quel ragazzo...- mormorò serio il giovane abbassando gli occhi
- Intendi dire Koji? - chiese Umon
" Koji? " si domandò meravigliato Daisuke tornando a volgere lo sguardo verso suo padre
- Ieri mattina ti cercavo proprio per dirti che ho scoperto l'identità del nostro ospite - continuò lo scienziato e poi gli spiegò in breve tutte le novità.
Di tutto il discorso fatto in seguito da suo padre, Daisuke recepì fondamentalmente una cosa: il ragazzo che credeva di avere ucciso era vivo. Le altre parole scivolarono via quasi inascoltate, travolte dal profondo senso di sollievo che scese a placare l'animo turbato del giovane.


I giorni che seguirono, furono per Koji un susseguirsi confuso di sonno e di veglia, nei quali vide molte persone avvicendarsi al suo capezzale, chi per attendere alle sue necessità e chi semplicemente per fargli visita.
Fra queste, l'unica di sua conoscenza era il professor Yumi.
Degli altri aveva comunque individuato alcuni personaggi chiave: primo fra tutti il dottore che lo aveva in cura, un uomo gentile sulla sessantina, piuttosto robusto e dagli occhi sorridenti. Poi c'erano i vari infermieri, fra i quali spiccava una donna di mezza età di nome Aika, la sua preferita, in quanto si occupava di lui con una premura quasi materna, sapendo alleviare le sue sofferenze con parole di conforto e battute scherzose.
Comunque, nonostante la presenza del personale medico, Koji aveva intuito di non essere in un ospedale, bensì in una specie di istituto privato diretto da un certo Umon, l'uomo che gli aveva salvato la vita. Quest'ultimo veniva spesso a fargli visita ed il ragazzo ne era felice, perchè in qualche modo gli ricordava suo padre.
Hikaru era un'altra assidua visitatrice, una bella ragazza dalla voce squillante e piena di vita, che si premurava di portargli sempre dei fiori freschi per rallegrare la stanza. Qualche volta era venuta in compagnia di un ragazzino, suo fratello Goro ed altre con un buffo ometto, che aveva presentato come suo padre.
Dambei, così si chiamava quest'ultimo, lo scrutava ogni volta come se fosse una specie di marziano, mettendo Koji un po' in imbarazzo.
E poi c'era lui.
Un ragazzo alto, con capelli lunghi appena sopra le spalle di colore castano scuro, il volto dai lineamenti fini ma decisi e occhi dal taglio molto particolare, di un blu intenso, sottolineati da folte sopracciglia.
Non era mai entrato nella stanza in cui era ricoverato, limitandosi ad osservarlo attraverso la parete a vetri con aria pensierosa. Qualche volta i loro sguardi s'erano incontrati e Koji si era sentito come se la sua anima fosse esaminata e messa a nudo, ma senza tuttavia provare alcun disagio. Quel giovane misterioso lo incuriosiva molto...
A parte tutto questo, Koji aveva mille domande senza risposta che gli frullavano nella mente, domande che non poteva esprimere a parole visto l'impedimento del respiratore artificiale, domande che lo tormentavano costantemente.
Non capiva.
Non capiva quali avvenimenti lo avessero condotto a quella situazione. Perché era lì in mezzo a persone sconosciute e non all'Istituto di Ricerca con i suoi amici? Chi lo aveva ferito? Perché nessuno gli spiegava quello che era accaduto? Cercava di sforzarsi, ma non ricordava nulla, a parte qualche immagine confusa e la spiacevole sensazione di aver perso il controllo delle proprie azioni.


L'enorme nave spaziale a forma di sigaro ruotò lentamente di 90°, posizionandosi cupa e minacciosa nell'orbita terrestre, poi i motori si spensero con un ronzio sommesso.
- Siamo in posizione comandante - disse uno dei membri dell'equipaggio, digitando alcuni dati sul pannello di controllo che aveva di fronte a sé - Copertura anti radar attivata -
Seduto su una poltrona al centro della sala comando della sua astronave, il comandante Barendos annuì soddisfatto, osservando sullo schermo principale il pianeta azzurro.
- Bene! Mettetemi in contatto con la base lunare Skull Moon, voglio parlare con il Generale Gandal -
- Subito signore! -
Dopo pochi istanti il volto contrariato di Gandal apparve sullo schermo principale delle sala comando.
- Gandal! - esclamò in tono ironico il comandante dell'astronave - Noto con piacere che sei molto felice di vedermi! -
- Che ci fai qua Barendos? Nessuno mi ha avvisato del tuo arrivo -
- Sono qui su espresso desiderio di Sua Maestà, vuole sapere come procedono i lavori di costruzione della base lunare - rispose Barendos con un sorriso
- Poteva chiedere direttamente a me - borbottò Gandal tra sé e sé
- Dicevi? - rise Barendos
- Dicevo che Skull Moon è quasi completata, manca poco ormai, ma non capisco perché re Vega ti abbia inviato qui e non non si sia rivolto a me personalmente! -
- Non prendertela Gandal - replicò l'altro fingendo un tono amichevole - Sono qui anche per un altro motivo -
Vedendo l'espressione interrogativa del comandante della base lunare, Barendos continuò il discorso
- Re Vega vuole chi io rilevi il maggior numero d'informazioni possibili su questo pianeta, prima di dare il via al piano d'invasione, inoltre...-
- Cosa? - chiese incuriosito Gandal
- Inoltre sono quasi certo che Duke Fleed si sia rifugiato qui con il Grendizer -
- Duke Fleed? - Gandal era sorpreso - Sei sicuro di quello che dici? -
Sapeva che Barendos stava dando la caccia al giovane principe da quando il pianeta Fleed era stato ridotto ad una landa inospitale dalle armate di Vega, ne aveva fatto una questione personale.
- Tutte le tracce che ho seguito finora conducono qui - replicò Barendos cupamente - Intendo farlo uscire allo scoperto ed eliminarlo una volta per sempre -
- Buona fortuna allora! - disse Gandal sarcastico - Io comunque non mi preoccuperei così tanto, infondo è solo un ragazzo, cosa può fare contro l'esercito di Vega? Secondo me ti brucia il fatto che sia riuscito a fuggire! Il grande Barendos giocato da un moccioso! - continuò lasciandosi andare ad una gran risata
- Sei uno stupido Gandal - mormorò a denti stretti Barendos - Ricorda che il Grendeizer è un'arma molto potente... -
- Per quanto potente non è certo in grado di contrastare le armate di Sua Maestà! - ribatté convinto il comandante della base lunare, chiudendo il collegamento senza tanti complimenti.
Lo sguardo torvo di Barendos fissò lo schermo vuoto ancora per qualche istante.
" Maledetto idiota! " pensò l'alieno fremente di rabbia " Chi ti credi di essere? "
Aveva sempre detestato Gandal, per il suo modo di agire nell'ombra e per gli intrighi di potere in cui era costantemente coinvolto.
Barendos invece, preferiva conquistarsi gli onori sul campo di battaglia e la sua fama di stratega lo precedeva, assieme a quella di comandante spietato e crudele. Lui stesso aveva condotto, con pieno successo, la campagna di conquista del pianeta Fleed, seminando con freddezza distruzione e morte. L'unico neo di tutta quell'operazione, era stata la fuga del principe ereditario con il Grendizer. Quel giovane gli avrebbe creato dei problemi, se lo sentiva. L'odio che aveva letto negli occhi di Duke Fleed di fronte alla propria famiglia sterminata e la furia con cui aveva combattuto fino allo stremo delle forze, era una cosa che non avrebbe mai dimenticato.
Era un avversario pericoloso...non poteva permettersi di lasciarlo in vita.


- Posso lavarmi da solo Aika, davvero! -
- Su su, poche storie giovanotto, ti laverai da solo quando sarai in grado di uscire da quel letto con le tue gambe, per il momento continuerò a pensarci io! - esclamò l'infermiera abbassando il lenzuolo ed aiutando, o meglio costringendo Koji a spogliarsi.
- Tu non capisci, è...è imbarazzante - mormorò il ragazzo in tono supplichevole.
Aika fece finta di sbuffare spazientita: quella scena si ripeteva praticamente ogni mattina, da quando le condizioni del giovane erano migliorate e gli era stato tolto il respiratore.
- Dopo tutto questo tempo dovresti esserci abituato Koji, ho visto più il tuo sedere in queste settimane, che quello di mio marito in due anni! - rise la donna, vedendo il volto del ragazzo avvampare per la vergogna.
- Ammettilo, ti diverte mettermi a disagio - disse Koji con voce rassegnata
- Beh...forse un po' - rispose divertita Aika strizzandogli un occhio ed iniziando a detergerlo da capo a piedi, con una delicatezza tutta professionale.
In poco più di un quarto d'ora il ragazzo si ritrovò lavato, profumato, con un pigiama pulito e la biancheria del letto fresca di bucato.
- Ecco qua, come nuovo! - proclamò la donna soddisfatta - Però manca il tocco finale...- continuò estraendo qualcosa dalla tasca del camice.
Koji guardò l'infermiera con aria interrogativa, cosa aveva in mente?
- Credo che questo sia tuo - disse Aika mettendogli al collo un oggetto d'argento - La catenina era rotta, così l'ho fatta riparare -
Il ragazzo rimase senza parole, osservando stupito quel ciondolo che conosceva fin troppo bene.
- In realtà quel gioiello appartiene a me! - dichiarò una voce familiare dalla soglia della stanza.
Il cuore di Koji ebbe un sussulto.
- Sayaka... - mormorò felice vedendola avanzare.
In quel preciso istante realizzò quanto fosse veramente importante per lui quella ragazza e quanto ne avesse sentito la mancanza in quelle lunghe settimane passate lontano da lei.
- Ciao Koji - disse Sayaka sedendo sul bordo del letto e sforzandosi di sorridere - Ti trovo bene -
" Sei una pessima bugiarda " pensò il giovane avvertendo una certa tensione nella sua voce e rimanendo un po' deluso da quella inaspettata freddezza.
- Davvero mi trovi bene? - esclamò allora il ragazzo con malcelata ironia - Beh sai, qui è come essere in vacanza! Posso dormire quanto mi pare, mangio e bevo a volontà ed il servizio è a dir poco incredibile. Pensa, non devo neppure lavarmi da solo, ci pensano loro! Non manca proprio nulla: c'è la tv, il videoregistratore e pure il lettore dvd! Sono trattato meglio di una star di Hollywood, guarda ho persino le guardie del corpo! - disse indicando i due soldati che stazionavano fuori dalla porta della sua stanza - L'unica cosa che mi lascia un po' perplesso, sono questi due buchi supplementari che mi ritrovo nel petto, anzi quattro, considerando anche i fori d'uscita sulla schiena. Pare che mi abbiano sparato, strano vero? Anche perché io non ricordo proprio niente. In proposito, devo assolutamente menzionarti un divertentissimo gioco ideato dal locale servizio di animazione, si chiama: "facciamo tutti finta di niente e vediamo se Koji indovina da solo quello che è successo", inutile dirti che perdo sempre. E non ti ho ancora parlato di quel tizio che ogni tanto mi spia da quella vetrata, mi fa sentire come un pesce tropicale in un acquario e... -
Una mano gli tappò la bocca per frenare quel fiume di parole sconclusionate
- Ti prego, BASTA! - implorò Sayaka scoppiando a ridere - Mi fai venire il mal di testa -
- ...e comunque fono maledettamente contento di federti - concluse bofonchiando in qualche modo il giovane.
- Hai finito? - chiese lei divertita senza togliere la mano.
Lui fece cenno di sì con il capo.
Sayaka lasciò che le dita scivolassero via dalle labbra di Koji, trasformando il gesto in una specie di carezza
- Sicuro? - il tono della ragazza si era addolcito.
Il giovane annuì nuovamente, con un lampo di allegria nello sguardo.
A quel punto i due ragazzi rimasero a guardarsi in silenzio, permettendo ai loro occhi di esprimere cose troppo complicate da dire con le parole.
Aika si defilò in tutta fretta, sentendosi decisamente di troppo.
- Credevo di averti perso... - sussurrò Sayaka reclinando la testa sul petto del ragazzo e dando sfogo a lacrime silenziose.
Koji non disse nulla, ma le accarezzò dolcemente i capelli, respirandone il profumo e godendo di quell'attimo di serenità che non provava da troppo tempo.


Jun entrò nella stanza di Tetsuya con il vassoio della cena in mano e rimase sorpresa trovando il letto del ragazzo vuoto.
Dopo un attimo di smarrimento lo vide: il giovane stava in piedi vicino alla finestra aperta, osservando il sole che tramontava dietro il Fuji ed era talmente assorto nei propri pensieri da non accorgersi del sopraggiungere della ragazza.
Era caldo e Tetsuya se ne stava lì a torso nudo, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni del pigiama, Jun si soffermò in silenzio ad ammirarne il fisico scultoreo immerso nella luce del crepuscolo.
- Beh? Che succede, ti sei incantata? - Tetsuya s'era girato a guardarla con un sorriso tra l'ironico e il divertito: non gli era sfuggito lo sguardo trasognato della ragazza - Hai intenzione di rimanere lì tutta la sera con quel vassoio in mano? -
Jun trasalì e quasi ne rovesciò il contenuto sul pavimento, mentre un violento rossore saliva ad imporporarle il viso.
- Stupido che sei, mi hai spaventata! - balbettò imbarazzata la ragazza
- Io? Guarda che sei stata tu ad entrare di soppiatto nella mia stanza! - ribatté divertito lui
- Sono venuta a portarti la cena e niente di più! - replicò Jun fingendosi risentita - E poi si può sapere cosa ci fai in piedi? Il dottore ha detto che devi stare a riposo, razza di testone! -
- Non arrabbiarti Jun - le disse Tetsuya tornando serio - Non ce la faccio più a rimanere sdraiato, sono più di tre settimane che me ne sto in quel dannato letto! -
Jun sospirò, ma non disse nulla, posò il vassoio sul comodino ed andò ad affacciarsi alla finestra, appoggiando i gomiti sul davanzale
- E' una serata splendida, non trovi? - disse la ragazza rimirando il cielo rosso fuoco all'orizzonte - Sembra quasi che ci sia un incendio... - ma non finì la frase, perché una mano l'afferrò per la vita costringendola a voltarsi e Jun si ritrovò così fra le braccia di Tetsuya. La ragazza lo guardò stupita incapace di reagire.
- Tetsuya io...-
- Non dire nulla Jun, non dire nulla...- le mormorò lui dolcemente, chinandosi appena per baciarla sulla bocca.
Jun dischiuse le labbra, ricambiandolo con passione ed abbandonandosi felice contro il suo petto.
Stretti uno all'altra, indietreggiarono così fino al letto, dove si lasciarono cadere fra le lenzuola
- Non avevi detto che eri stufo di startene a letto? - sussurrò divertita lei, staccando appena le labbra da quelle di Tetsuya
- Credo che per questa volta darò retta al dottore...- replicò il giovane sfilandole la maglietta.
L'alba del giorno dopo li sorprese abbracciati e nudi.
Jun dormiva accoccolata contro il fianco del ragazzo, con un'espressione beata sul viso. Tetsuya invece era sveglio e fissava meditabondo il soffitto.
Le parole che Kenzo Kabuto gli aveva rivolto mentre era in coma, erano ancora impresse nella sua memoria
" Gli eventi stanno per precipitare Tetsuya. Proteggi tuo fratello, proteggilo con tutte le tue forze, perché lui è la chiave inconsapevole del destino di tutti voi. Avrà bisogno della tua esperienza, del tuo coraggio e della tua determinazione, altrimenti sarà perduto ed in tal caso non ti resterà che una sola cosa da fare..."
Lo scienziato aveva pronunciato queste ultime parole con l'inquietudine negli occhi e Tetsuya aveva sentito un brivido corrergli lungo la schiena, ma poi l'uomo aveva aggiunto anche qualcos'altro
" Posso solo prometterti che non sarai da solo ad affrontare tutto questo. Rimanete uniti e sarete invincibili "
Nel sogno Tetsuya gli aveva fatto un giuramento, un giuramento che avrebbe mantenuto a tutti i costi.
In quel momento Jun si mosse contro di lui con un sospiro, aprendo gli occhi assonnati e stiracchiandosi un po'
- Mmmh...sei già sveglio? -
- Buongiorno dormigliona - le sussurrò lui sfiorandole la fronte con un bacio leggero
- Dormigliona? Ma è appena l'alba... - protestò lei
- Lo so, ma è meglio che te ne torni in camera tua, se non vuoi far sapere a tutto l'Istituto che abbiamo passato la notte assieme -
- Sono stufa di tutti questi sotterfugi - mormorò Jun contrariata
- Lo so, ma questo non è certo il momento opportuno per mettere in piazza la nostra relazione, siamo in guerra, ricordalo - la rimproverò affettuosamente Tetsuya - E adesso vattene, su! -
- Antipatico! - ribatté la ragazza dandogli un bacio veloce sulla guancia, quindi si rivestì ed uscì con cautela dalla stanza del giovane - A più tardi! - aggiunse prima di chiudere la porta dietro di sé.
Tetsuya rimase solo con i suoi pensieri.


Dopo un breve sonno tormentato da incubi inenarrabili, il ragazzo si svegliò in piena notte tremante e madido di sudore, cercando freneticamente il pulsante per accendere la piccola luce sopra il letto. Quel poco di chiarore lo rassicurò un poco.
Koji ora sapeva.
Sapeva cosa aveva fatto. Sapeva cosa era diventato.
Il giorno prima aveva pregato Sayaka di raccontargli la verità ed ora si ritrovava a sopportarne il peso.
- Forse è meglio che ne parli con mio padre... - aveva cercato di prendere tempo la ragazza
- Voglio che me ne parli tu - aveva insistito lui - Ti prego, DEVO sapere! Non accetto più di essere tenuto all'oscuro di tutto! -
Sayaka aveva abbassato gli occhi di fronte al suo sguardo risoluto, ma dopo un momento d'esitazione le parole erano uscite da sé ed il giovane si era ritrovato ad ascoltare incredulo il resoconto delle sue gesta da folle, rimanendone profondamente turbato.
L' infermiere di guardia quella notte, fece capolino dalla porta
- Tutto bene Koji? - chiese
- Volevo solo bere un po' d'acqua - rispose lui prendendo il bicchiere pieno dal ripiano del comodino
- Bene. Se hai bisogno di qualcosa chiama, ok? - sorrise l' infermiere
- Grazie - mormorò Koji fingendo di sorseggiare il liquido.
" Bisogno di qualcosa? " pensò con amarezza il ragazzo " Sì, ho bisogno di una bella camicia di forza "
L'ulteriore batosta era arrivata nel pomeriggio, sotto forma di videocassetta.
Infatti, dopo averci riflettuto un bel po', il professor Yumi si era presentato al suo capezzale lo stesso giorno di Sayaka, ritenendo che fosse arrivato il momento di metterlo al corrente d'ogni cosa. Trovandosi però di fronte al fatto compiuto, non aveva potuto far altro che confermare il racconto di sua figlia.
A quel punto gli aveva mostrato anche la cassetta
- Questa è una registrazione fatta prima del black-out dalle telecamere a circuito chiuso dell'Istituto - aveva detto l'uomo - Vuoi dargli un'occhiata? -
Sayaka, che stava a seduta a fianco del ragazzo tenendogli la mano, era impallidita di colpo
- E' proprio necessario papà? -
- Deve decidere lui -
Koji aveva annuito in silenzio, anche se temeva di sapere già cosa avrebbe visto.
Non avrebbe più scordato quelle immagini, non avrebbe mai più dimenticato quel volto spaventoso, che si era soffermato a guardare intenzionalmente nell'obiettivo della telecamera.
Il suo volto.
Era quasi l'alba ormai ed il giovane se ne stava ancora lì con la luce accesa.
Quasi isolato dal resto del mondo da quel flebile cono di luce, Koji si sentì sopraffatto da un infinito senso di solitudine.



continua...












Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 23:00

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kojimaniaca
view post Posted on 6/3/2008, 19:28     +1   -1




CAPITOLO X°: " Luna rossa "


Alla guida della sua auto, Genzo Umon lanciava di tanto in tanto delle occhiate furtive al taciturno passeggero seduto al suo fianco, il quale osservava il paesaggio scorrere davanti ai suoi occhi, perso in chissà quali pensieri.
Era una bella mattinata di sole e Koji teneva il braccio fuori dal finestrino aperto, lasciando che il vento scivolasse fra le dita della mano aperta, come una specie di fluido invisibile: la sensazione era piacevole, quasi sensuale.
L'autunno era decisamente alle porte e le giornate s'erano visibilmente accorciate. Anche la luce del sole aveva assunto quella particolare sfumatura dorata, che rendeva l'atmosfera più intima e malinconica nello stesso tempo, come se la natura, preparandosi al lungo inverno, sentisse già la nostalgia dell'estate.
Koji sospirò e chiuse gli occhi, ascoltando la musica che arrivava dal lettore cd della vettura: era un pezzo d'opera, un'aria che gli era famigliare, ma di cui non conosceva né l'autore né il titolo, la sua cultura in proposito era piuttosto scarsa. Il testo era in italiano e pur non capendone il senso il ragazzo non riuscì a trattenere un brivido, quando il tenore affrontò con voce limpida quel passaggio: "...No, no, sulla tua bocca lo dirò quando la luce splenderà! Ed il mio bacio scioglierà il silenzio che ti fa mia!..."
- Ti piace? - la voce di Umon lo fece sussultare involontariamente
- Beh...ecco io...non è che me ne intenda molto...però è bella, forse un po triste...- mormorò imbarazzato Koji preso alla sprovvista
- E' un'aria dalla Turandot di Giacomo Puccini - gli spiegò l'uomo con un sorriso - Ma forse preferiresti ascoltare qualcos'altro, se vuoi accendo la radio - continuò poi
- No, no, va bene così, davvero! - s'affrettò a replicare il giovane - Non è così male... -
Umon rise divertito della sua sincerità e Koji ammutolì, rendendosi conto di avere fatto una gaffe
- Siamo quasi arrivati. Sono sicuro che ti troverai bene alla fattoria -
Il giovane guardò verso il punto indicato dallo scienziato: un po' più a valle, fra boschi di betulle, s'intravedeva il tetto di una grande casa.
- Io non so che dire dottor Umon, vi state prendendo tutti troppo disturbo per me, infondo sono poco più che uno sconosciuto per voi e... -
- Basta Koji, ne abbiamo già parlato e ti ho assicurato che i Makiba sono ansiosi di ospitarti a casa loro per il resto della tua convalescenza e comunque fino a quando lo riterrai opportuno. Devi rimetterti in forze, l'aria buona e l'ottima cucina di Hikaru sono quello che ci vuole! - lo interruppe l'uomo col tono di chi non ammetteva obiezioni
- Io invece, ho come l'impressione che il professor Yumi mi voglia tenere alla larga dall'Istituto di Ricerca Fotoatomica - ribattè amaramente il ragazzo - Mi corregga se sbaglio...-
Umon lo fissò serio, staccando per un attimo lo sguardo dalla strada
- Tu vuoi tornarci Koji? - chiese allora, concentrandosi nuovamente sulla guida.
Dopo un attimo di riflessione il ragazzo rispose abbassando il capo
- No...credo di no, almeno per il momento... - mormorò.
Dopo quello che era accaduto non se la sentiva di affrontare Tetsuya, Boss e gli altri, ma in particolare voleva evitare il piccolo Shiro. Non aveva voluto sentirlo nemmeno al telefono, era troppo imbarazzato per riuscire a dirgli qualcosa, qualsiasi cosa. Come poteva spiegarli cosa era successo? Come poteva giustificarsi per aver quasi ucciso Tetsuya, la persona che il bambino considerava come un altro fratello maggiore?
- Dai tempo al tempo ragazzo mio - gli disse Umon come se avesse intuito quello che stava pensando - Vedrai che le cose si sistemeranno, considerala una specie di vacanza! -
Koji annuì, ma con poca convinzione.
Finalmente l'auto varcò la cancellata della fattoria e dopo un breve tratto di strada sterrata, si fermò di fronte alla casa colonica. Sedute in veranda Hikaru e Sayaka li stavano aspettando.


Lo strano uomo in divisa da nazista percorse a passo deciso il breve tragitto, che dall'hangar sottomarino conduceva agli alloggi della persona che lo stava aspettando.
Era molto tempo che non tornava in quel luogo, esattamente da quando si era allontanato per evitare i continui contrasti con il Barone Ashura, scontri che in più di un'occasione avevano contribuito all'esito negativo delle battaglie contro il Mazinger Z ed il Great Mazinger.
Ma ora era tornato.
Dopo più di un anno di assenza, nel quale s'era impegnato a reperire denaro, armi e uomini utili alla loro causa, poteva finalmente rimettere piede sull'isola.
Era soddisfatto dei risultati raggiunti: aveva infiltrato con successo alcune persone di fiducia nei posti chiave del potere mondiale, organizzando una vasta rete di contatti che coinvolgeva politici corrotti di ogni nazionalità, militari e ricchi industriali senza scrupoli.
I battenti di una grande porta, decorata da lamine in bronzo finemente incise, si spalancarono silenziosamente di fronte a lui ed una maschera di ferro lo introdusse in un lussuoso salotto, dove lo attendeva un uomo seduto in un'ampia poltrona.
- Bentornato Conte Blocken, sono lieto di riaverla finalmente tra le mie fila - lo accolse quest'ultimo, facendogli segno di accomodarsi.
Il Conte accennò un saluto militare battendo i tacchi
- Grazie Dottor Hell, anche per me è un piacere rivederla! - rispose, sedendosi sulla splendida sedia in stile Luigi XIV° che gli era stata indicata.
Un servitore fece rapidamente il suo ingresso nella stanza, recando due calici colmi di vino che posò su un tavolo a fianco dei due uomini, poi si ritirò in un angolo in attesa di nuove istruzioni.
- E' passato parecchio tempo Conte... -
- Lo so e mi spiace non aver potuto essere al vostro fianco nell'ultima battaglia, ma il mio lavoro di intelligence si è rivelato più impegnativo del previsto. Comunque ho raggiunto degli obiettivi importanti - si giustificò Blocken
- Non volevo muoverle un rimprovero, so che ha svolto un lavoro esemplare e glie ne rendo merito - replicò Hell - Temo però, che nemmeno la sua presenza sarebbe stata determinante per le sorti dello scontro... - continuò poi l'uomo esprimendo con lo sguardo tutta la sua rabbia repressa.
Il Conte non replicò, ritenendo superfluo ogni commento in proposito.
- E' dunque così forte questo Mazinkaiser? - provò a chiedere, dopo aver sorseggiato pensieroso dal proprio bicchiere.
Prima di rispondere, il Dottor Hell lo fissò per un attimo con aria imperscrutabile
- Più di quanto immagina Blocken, più di quanto immagina...stia a vedere... - disse poi, premendo alcuni pulsanti sul bracciolo della sua poltrona.
Un pannello scorrevole sulla parete di fronte si aprì, rivelando uno schermo di grandi dimensioni.
Le scene dell'ultimo combattimento fra il Kaiser e l'enorme mostro bio-meccanico con il quale s'era fuso il Barone Ashura, cominciarono a scorrere sul video in tutta la loro crudezza.
Ad un certo punto Blocken balzò incredulo dalla sedia,lasciandosi quasi sfuggire la coppa piena di vino dalla mano
- Che diavolo era quella luce? - esclamò il Conte.
Le immagini drammatiche e allo stesso tempo sbalorditive della fine della battaglia e della morte di Ashura scomparvero improvvisamente dallo schermo, come se qualcosa le avesse interrotte bruscamente.
Blocken tornò a sedersi sbigottito
- Non ho mai visto niente di simile...ha una potenza inaudita - disse infine
- Già, ed io l'ho sottovalutato - mormorò cupamente di rimando Hell - C'è qualcosa in quel robot, qualcosa che sfugge alla mia conoscenza... - continuò come se stesse parlando a sé stesso
- Cosa intende dire Dottor Hell? Di certo ha una capacità combattiva superiore agli altri Mazinger, ma sono sicuro che non è imbattibile, basta solo trovarne il punto debole - dichiarò convinto il Conte
- Non è così facile come sembra Blocken, non sto parlando di semplice tecnologia -
Detto questo, l'anziano scienziato s'alzò in piedi ed attraversò la stanza a passi lenti, fino a fermarsi di fronte ad un'ampia parete trasparente, che permetteva una suggestiva visuale sul fondale marino.
Rimase così per qualche istante, scrutando assorto le profondità color cobalto e pullulanti di vita del Mar Mediterraneo, poi si voltò all'improvviso, fino ad incontrare lo sguardo interrogativo di Blocken.
- Si tratta di quel dannato ragazzo -
- Kabuto? -
- Già, Kabuto... - replicò Hell quasi con impazienza, ma non riuscì a finire il discorso.
Il pavimento cominciò a tremare violentemente, accompagnato da un pauroso boato.
- Il terremoto! - esclamò Blocken scattando in piedi ed andando a ripararsi sotto il tavolo.
Hell dovette appoggiarsi alla parete per mantenersi in equilibrio, ma rimase dov'era, osservando impassibile i vari oggetti che cadevano al suolo ed i mobili che si spostavano. Al centro della sala, uno splendido lampadario in cristallo non resse alle sollecitazioni, staccandosi dal soffitto e finendo rumorosamente in frantumi sul pavimento di marmo. Schegge scintillanti si sparsero dappertutto.
La scossa cessò dopo istanti che parvero eterni ed il Conte scivolò prudentemente fuori dal suo rifugio improvvisato.
La normale illuminazione era stata sostituita dalle luci d'emergenza ed una sirena dal suono acuto squarciava fastidiosamente il silenzio che era seguito al frastuono del sisma.
Il Dottor Hell si fece largo in mezzo al caos che ora regnava nell'ambiente, raggiungendo un pannello sul quale premette alcuni tasti
- Qual'è la situazione? Ci sono danni? - chiese ad un misterioso interlocutore, mentre l'allarme veniva finalmente sospeso
- Stiamo controllando Signore, ma sembra che la struttura abbia retto bene. Fra poco saremo in grado di ripristinare tutti i sistemi - rispose una voce dall'altra parte del microfono - L'unica cosa rilevante da segnalare è un crollo nell'ala nord, ma fortunatamente nessuno è rimasto coinvolto -
In quella zona si stavano eseguendo dei lavori per l'ampliamento della base, per cui Hell non dette eccessivo peso alla cosa.
- Tenetemi informato se ci sono novità - disse allora
- Sissignore - fu la risposta, quindi la comunicazione venne interrotta.
Hell si voltò allora verso Blocken, che si stava spolverando la divisa con una mano
- Tutto bene Conte? -
- Potrebbe andare meglio - grugnì di rimando l'interpellato – E' stata una scossa bella forte... -
Un breve suono simile ad un ronzio lo interruppe, annunciando l'arrivo di una nuova chiamata
- Che succede ancora? - chiese lo scienziato
- Dottor Hell... - disse la voce di prima un po' più titubante
- Ebbene? -
- Abbiamo trovato qualcosa di strano - continuò - Forse dovrebbe venire a vedere con i suoi occhi


- Che ne pensi Tetsuya? - chiese Gennosuke Yumi al giovane, che era appena sceso dal Brain Condor.
Il ragazzo si tolse stancamente il casco, infilandolo sotto il braccio destro. Quella mattina s'era addestrato duramente per diverse ore, per testare alcune modifiche apportate al suo robot dallo staff dell'Istituto ed ora era sfinito.
- Non so esattamente cosa gli avete fatto, ma ho fatto fatica a tenerlo - rispose - E' come se avessi cambiato moto, passando ad una di cilindrata superiore! -
Il professore sorrise della similitudine
- In un certo senso è così Tetsuya, la potenza del Great Mazinger è stata aumentata, sia a livello di energia, che a livello strutturale. In questo senso i dati tecnici del Mazinkaiser ci sono stati molto utili, anche se abbiamo dovuto adattarli un po'... -
- ...così da essere in grado di contrastare il robot di Koji? - terminò la frase Tetsuya, ponendo quella domanda a bruciapelo.
Yumi sussultò impercettibilmente, ma la cosa non sfuggì al giovane, le cui labbra si piegarono in un sorriso beffardo ed amaro allo stesso tempo
- Lei ha paura - mormorò in tono piatto il ragazzo - Lei ha paura di Koji -
L'uomo lo guardò imbarazzato, non sapendo cosa ribattere
- Crede che tenerlo lontano dall'Istituto e dal Mazinkaiser possa servire a qualcosa? - incalzò Tetsuya - Lo sa anche lei che questo periodo di tregua non durerà, Hell è ancora vivo e tornerà ad attaccarci. Dubito che Koji se ne starà con le mani in mano tra vacche e cavalli! -
- Al momento non intendo permettere a Koji di pilotare il Mazinkaiser, non dopo quello che è successo - replicò seccamente il professore - Ho in programma di farlo visitare da uno specialista e poi deciderò il da farsi -
- Uno specialista? - chiese perplesso il giovane - Vuole dire uno strizzacervelli? Non credo che Kabuto apprezzerà la cosa... -
- Uno specialista che valuti le condizioni psico-fisiche di Koji e stabilisca se sia ancora in grado di continuare a combattere - continuò Yumi, sorvolando sul tono ironico usato da Tetsuya
- Mio fratello non è matto! - protestò energicamente una voce alle loro spalle.
Si voltarono entrambi.
Dall'ingresso dell'hangar Shiro li stava fissando, gli occhi colmi di lacrime, i pugni serrati lungo i fianchi ed il corpo tremante per la rabbia
- Mio fratello non è matto! - ribadì, battendo un piede a terra come a sottolineare quell'affermazione
- Shiro, ascolta... - provò a dire Tetsuya, ma il ragazzino scappò via urlando
- Vi odio! VI ODIO! -
- Vado a parlargli - disse dopo un po' Gennosuke Yumi, superato il primo momento d'imbarazzo
- No, lasci fare a me professore - disse il giovane - Parlerò io con Shiro -
Lo cercò per quasi mezz'ora ed infine lo trovò nel posto più ovvio.
Spinse la porta socchiusa ed entrò nella stanza di Koji: seduto sul pavimento, con la schiena appoggiata al letto del fratello c'era il ragazzino, che giocherellava con una palla da baseball, facendola rimbalzare sulla parete di fronte. Tetsuya la intercettò al volo e s'accomodò a fianco del bambino.
Rimasero in silenzio per un bel po'
- Mi manca - disse Shiro ad un certo punto
- Lo so - rispose il giovane
- Anche tu credi che mio fratello sia impazzito? -
- Nessuno sa di preciso cosa sia successo a Koji, ma siamo tutti un po' nervosi per quello che è accaduto, cerca di capire Shiro -
- Ti ha quasi ucciso... - mormorò il ragazzino
- Ehi piccoletto! Guarda che ci vuole ben altro per farmi fuori! - rise Tetsuya cercando di sdrammatizzare - Non sarà certo quel pivello di Koji a togliermi di mezzo! -
- Mio fratello non è un pivello, capito! - scattò Shiro ingaggiando un piccolo incontro di lotta con il giovane, che divertito lo immobilizzò in pochi istanti serrandolo tra le braccia
- Ti arrendi piccoletto? -
Shiro cercò di divincolarsi con tutte le sue forze, ma senza successo, così s'abbandonò ansimante contro il petto di Tetsuya, il quale trasformò la stretta in un abbraccio fraterno
- Appena possibile ti porterò a trovare Koji - gli disse con una gentilezza che stupì lui stesso.
Il bambino lo guardò speranzoso, accennando un sorriso fra le lacrime
- E ti prometto che tutto si risolverà per il meglio Shiro - continuò Tetsuya in tono rassicurante, ma mentre pronunciava quelle parole, si rese conto che forse non avrebbe potuto mantenere fede a quel giuramento.


- Sembra una specie di tunnel sotterraneo - disse Blocken sporgendosi sulla voragine che s'era aperta nel pavimento in seguito al sisma.
Alcune maschere di ferro avevano posto dei potenti riflettori, puntandoli verso l'interno del baratro, riuscendo comunque ad illuminarne solo una piccola parte.
Il Dottor Hell osservò meditabondo quell'angolo di corridoio che si perdeva nelle tenebre del sottosuolo: conosceva fin troppo bene quel posto, lo aveva percorso mille volte in sogno e sapeva già cosa avrebbe trovato in fondo ad esso. Lo colse un vago senso d'inquietudine.
" Ti sto aspettando Hell..." sussurrò la solita voce nelle sua mente.
L'anziano scienziato rabbrividì suo malgrado
- Voglio che l'area sia messa in sicurezza al più presto - ordinò poi in modo perentorio - E quando sarà possibile accedere alla galleria, avvisatemi immediatamente -
- Sissignore! - esclamò una delle maschere di ferro.
Poi, prima di allontanarsi, l'uomo si rivolse al suo braccio destro, congedandolo
- Blocken, al momento non ho più bisogno di lei e poi immagino che sarà stanco per il viaggio. Uno dei miei servitori l'accompagnerà nel suo alloggio -
- La ringrazio Dottor Hell - rispose il Conte, chinando lievemente il capo in un cenno di saluto e rimanendo tuttavia un po' stupito per il tono sbrigativo dello scienziato.
Hell tornò solo e pensieroso nei propri appartamenti.



- Koji, svegliati! - qualcuno scostò la tenda, permettendo alla luce del giorno di far capolino dalla finestra.
Il ragazzo grugnì qualcosa d'incomprensibile, girandosi dall'altra parte e tirandosi le coperte fin sopra alla testa.
- Avanti pigrone! Guarda che ti stanno aspettando tutti per la colazione - lo incalzò Sayaka, scuotendolo per una spalla
- Ancora un minuto mammina...- bofonchiò lui, rannicchiandosi su un fianco
- Spiritoso! Guarda che passo alle maniere forti! - replicò lei cominciando a tirare per il lenzuolo
- Ti avviso, sono nudo! -
Sayaka mollò subito la presa arrossendo fino all'attaccatura dei capelli
- Stai scherzando vero? - domandò la ragazza fingendosi scandalizzata.
Koji abbassò il lenzuolo dal volto, guardandola con un'impagabile faccia da schiaffi
- Fra dieci secondi lo scoprirai di persona.....uno, due, tre....-
- No no! Non ci tengo! - esclamò lei scappando verso la porta della stanza
- ...quattro, cinque, sei, sette.... -
- Ho capito, ho capito, me ne vado, ma sbrigati a scendere! - rise lei chiudendosi l'uscio alle spalle
- ...otto, nove e dieci! - concluse Koji ridendo.
S'alzò velocemente e s'infilò sotto la doccia. Era la prima notte che passava alla fattoria e non voleva certo fare la figura di quello che dorme fino a tardi, ma era davvero stanco. Come sempre più spesso negli ultimi tempi, il suo sonno era tormentato dagli incubi, tanto che preferiva rimanere sveglio il più possibile pur di non dover sognare.
Dieci minuti dopo era pronto, quindi scese al piano terra, dove gli altri lo aspettavano attorno ad una grande tavola apparecchiata per la colazione.
- Buongiorno Koji! - lo salutò con un sorriso Hikaru
- Buongiorno a voi! - rispose Koji - Scusate il ritardo - disse un po' imbarazzato, visto che gli occhi di tutti i presenti erano puntati su di lui. Si sedette a fianco della ragazza e di Sayaka.
Di fronte a lui c'erano il piccolo Goro, Dambei e Daisuke.
- Qui siamo abituati ad alzarci molto presto al mattino - gli disse quest'ultimo senza alzare gli occhi dal proprio piatto.
Koji avvertì una sorta di rimprovero nel tono di voce del figlio del dottor Umon e forse anche una punta di disprezzo.
- Chiedo di nuovo scusa, ma stanotte non ho dormito molto - si sentì in dovere di chiarire il ragazzo - Cercherò di essere più puntuale - disse rivolgendosi direttamente ed intenzionalmente a Daisuke
- Non dargli retta Koji! - intervenne il vecchio Dambei - Qui sei un'ospite e non sei tenuto ad alzarti all'alba come noi -
Daisuke guardò intensamente Koji, che sostenne il suo sguardo con aria di sfida. Il giovane fleediano non poté fare a meno di notare gli occhi cerchiati di scuro e segnati dalla mancanza di sonno del ragazzo che gli stava di fronte
- Sono io che ti chiedo scusa, il mio è stato un commento fuori luogo - disse allora a Koji - Comunque adesso devo andare, ho molto lavoro da fare - continuò poi, alzandosi da tavola e lasciando la stanza senza aggiungere altro.
Koji lo seguì perplesso con lo sguardo. Quel giovane continuava ad essere un mistero per lui ed in quel momento si rese conto anche di un' altra cosa: per tutto il tempo in cui era stato lì, era la prima volta che si rivolgevano la parola.


- Ufo? Che stupidaggini! - fu il commento sarcastico di Tetsuya al notiziario della sera alla tv - Quando non hanno notizie a sufficienza, riempiono lo spazio a loro disposizione con un sacco di idiozie! -
- Eppure sembra che ultimamente siano stati avvistati in più parti del globo, li hanno pure ripresi con una telecamera! - insistette Boss dal divano in cui era sprofondato di fronte al teleschermo, assieme ai suoi due inseparabili amici e Shiro. Seduti al tavolo lì vicino, Tetsuya, Jun e il professor Yumi stavano sorseggiando un caffè.
- Ecco, guarda, adesso fanno vedere il video! - disse ancora Boss, schiacciando sul telecomando per aumentare il volume.
Tutti tacquero, concentrando la loro attenzione sullo schermo della tv.
Non era uno dei soliti video sfocati che generalmente si vedevano in giro sul fenomeno ufo, ma una ripresa bella nitida, fatta casualmente da un turista giapponese in visita a Roma.
Le immagini mostravano cinque ordigni piatti, di forma circolare, che sorvolavano in formazione a V la Città Eterna, compiendo evoluzioni al di fuori di ogni legge conosciuta dell'aerodinamica e sparendo poi improvvisamente alla vista come erano arrivati.
- Non sembra un video fasullo... - provò a dire timidamente Jun
- Già... - replicò Tetsuya.
Adesso era serio e guardò in silenzio Gennosuke Yumi, che senza volere s'era rovesciato addosso la tazzina del caffè.
Nello sguardo dello scienziato, il giovane lesse la sua stessa preoccupazione.


Non poteva crederci.
Non poteva crederci, eppure li aveva visti con i propri occhi.
Erano arrivati fino a lì ed ora stavano adottando la stessa strategia usata su Fleed: quella era la ricognizione prima dell'attacco.
Quando aveva visto le immagini al notiziario, aveva sperato di sbagliarsi, ma purtroppo non era così: quelli erano proprio i minidischi della flotta di Re Vega.
Adducendo ai presenti una scusa qualunque, Daisuke era uscito all'aperto: gli mancava il respiro ed aveva voglia di urlare, ma la voce non usciva, come se qualcosa in gola gli impedisse di farlo.
Rimase per un attimo appoggiato contro uno dei sostegni della veranda, poi cominciò a correre come un pazzo, attraversando in breve tempo il recinto dei cavalli ed inoltrandosi quindi nel bosco di betulle, finché si fermò esausto fra l'erba alta in riva al fiume.
Lì alzò lo sguardo al cielo: una splendida luna piena lo rischiarava, illuminando quasi a giorno il paesaggio. Daisuke sentì il sangue raggelare nelle vene.....una sfumatura rossastra ne velava la superficie, dandole un aspetto spettrale.
Finalmente la voce uscì.
Con i pugni contratti, il giovane urlò tutta la sua angoscia.
Poco dopo una mano si posò sulla sua spalla.
Daisuke si voltò e vide Koji.
Il ragazzo lo aveva seguito.
Incuriosito dall’ atteggiamento misterioso del figlio di Genzo Umon, Koji si era trovato di fronte, non volendo, a quella scena sconcertante, rimanendone molto turbato. D’impulso s’era quindi avvicinato con
il desiderio d’aiutarlo, percependo chiaramente il profondo dolore che si celava in quello sfogo.
Daisuke lo guardò con aria sconvolta
- La luna è rossa - mormorò in un soffio - Ci attaccheranno... - poi cadde privo di sensi fra le braccia del giovane Kabuto.
Koji lo sostenne accompagnandolo a terra ed adagiandolo fra l'erba alta
- Che diavolo sta succedendo? - mormorò sbigottito fra sé e sé.
Poi guardò quella strana luna rosso sangue e non riuscì a trattenere un brivido di paura.


image


continua...

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 23:02

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kojimaniaca
view post Posted on 14/3/2008, 22:56     +1   -1




CAPITOLO XI°: " La porta dell’Inferno "


- Bene Hayashi, allora io vado - disse Genzo Umon al suo assistente di laboratorio - Se ci fossero problemi sai dove trovarmi -
- Stia tranquillo dottore - gli rispose l’uomo con un sorriso - Le auguro una buona serata -
Umon ringraziò, accingendosi a lasciare il Centro Ricerche: quella sera, alla fattoria, Hikaru aveva organizzato una cena di benvenuto per Koji ed ora era proprio lì che si stava recando.
Daisuke si trovava già dai Makiba..
Uscì dall’istituto: era una serata particolarmente limpida e ci sarebbe stato plenilunio.
L’uomo attraversò il parcheggio fino alla sua auto, cercandone contemporaneamente le chiavi nella tasca della giacca
- Ma dove le ho messe? - mormorò contrariato non trovandole.
Provò nell’altra tasca e finalmente le dita sfiorarono la superficie metallica di un portachiavi familiare.
Schiacciò quindi un piccolo pulsante, cui seguì un breve suono ed il lampeggiare delle quattro frecce, ad indicare l’apertura delle portiere.
Prima di sedere al posto di guida, lo scienziato lanciò un’occhiata distratta verso il bosco di abeti dietro l’edificio, ma quello che vide lo lasciò di sasso: tra le cime degli alberi stava sorgendo un’ improbabile luna di colore vermiglio.
Le chiavi gli scivolarono dalla mano, finendo chissà dove sotto la vettura.


- Coraggio, svegliati! - esclamò una voce sopra di lui.
Daisuke riprese conoscenza e socchiuse le palpebre: qualcuno lo stava schiaffeggiando in viso senza tanti complimenti
- Accidenti a te! - continuò quella voce - Non crederai che ti porti in spalla fino alla fattoria? -
Daisuke spalancò gli occhi e vide un’ombra scura, che si stagliava nitida contro il cielo notturno illuminato dalla luna, incombendo su di lui a pochi centimetri di distanza. Preso dal panico, ma muovendosi con la rapidità degna di un felino, urtò con violenza quella figura, scagliandola di lato e balzando quindi in piedi pronto a difendersi.
Si udì un lamento seguito da alcune imprecazioni.
Il giovane si rese conto troppo tardi di aver colpito Koji, che ora se ne stava rannicchiato in mezzo all’erba, piegato in due per il dolore.
- Maledizione! Ma allora ce l’hai proprio con me! Si può sapere che t’ho fatto? - esclamò quest’ultimo quando riuscì di nuovo a proferir parola, mentre con la mano destra si comprimeva il petto all’altezza delle ferite da poco cicatrizzate.
Daisuke s’avvicinò preoccupato
- Mi spiace, non volevo! - disse sinceramente mortificato - Spero di non averti fatto troppo male - aggiunse allungandogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
Era quello che Koji aspettava.
Afferrò la mano del giovane e puntandogli i piedi nello stomaco, lo fece volare sopra di sé.
Daisuke atterrò malamente sulla schiena, mentre Koji s’alzò in piedi tutto soddisfatto
- Adesso siamo pari! - esclamò divertito
- Tu dici? - gli rispose l’altro.
In men che non si dica il giovane fleeediano gli fu addosso, iniziando così una zuffa senza esclusione di colpi, che terminò qualche minuto dopo nelle acque gelide del fiume.
Daisuke si trascinò sfinito fuori dall’acqua, sdraiandosi ansimante sulla riva.
Poco più in là Koji fece la stessa cosa.
- Non male per uno che sviene al chiaro di luna...- dichiarò affannato quest’ultimo
- Non male per uno che era moribondo fino a poco tempo fa... - replicò ironico quell’altro.
Rimasero in silenzio per qualche secondo e poi scoppiarono entrambi in una fragorosa risata.
- Sarà dura spiegare alle ragazze come ci siamo ridotti in questo stato - disse Koji strizzandosi un angolo della maglietta.
Daisuke lo guardò pensieroso
- Koji, ascolta.....forse ti devo delle spiegazioni - provò a dire dopo un attimo di riflessione
- No, aspetta! - lo interruppe quest’ultimo tornato serio - Tu non mi devi proprio niente, mi conosci appena e non sei tenuto a spifferarmi i fatti tuoi. Quando e se lo riterrai opportuno, io sarò lì pronto ad ascoltarti Daisuke - continuò convinto Koji.
- Grazie...- mormorò il giovane fleediano.
Capì che Koji era sincero.
- Non so tu - affermò allegramente quest’ultimo rimettendosi in piedi - Ma io comincio ad avere un certo appetito! -
- Già, la cena! - esclamò a sua volta Daisuke - Hikaru sarà preoccupata -
Koji lo aiutò ad alzarsi e si avviarono fradici e malconci verso casa.
Per tutto il tragitto nessuno dei due disse più una parola, ma entrambi rimasero con la strana consapevolezza, che quella sera era stato piantato il seme di una profonda amicizia.


- Ma dove saranno finiti quei due? La cena è quasi pronta - disse Hikaru in piedi davanti alla finestra, scrutando preoccupata nel buio della campagna
- Koji è sempre il solito perditempo, ma appena torna mi sente! - esclamò inviperita Sayaka , nascondendo però una certa ansia.
Un’auto entrò nel cortile, illuminando con i fari parte della facciata della casa.
- E’ arrivato il dottor Umon! - le interruppe Goro.
Lo scienziato fece il suo ingresso, guardandosi attorno alla ricerca di Daisuke
- Dov’è mio figlio? - chiese dopo aver salutato i presenti.
Hikaru notò che l’uomo era piuttosto teso
- Non lo sappiamo, è uscito circa un’ora fa e non è ancora tornato. Anche Koji è fuori - rispose la ragazza.
In quel preciso momento i due fecero il loro trionfale ingresso nella sala da pranzo.
Le occhiate perplesse con cui vennero accolti, furono molto eloquenti
- Possiamo spiegarvi tutto... - esordì Koji cercando di darsi un contegno, ma gli riuscì difficile con l’acqua che gocciolava dai jeans come se fosse una grondaia bucata e l’evidente livido sotto l’occhio destro.
Daisuke invece non disse nulla, limitandosi a scostare una ciocca di capelli bagnata, che gli si era incollata alla fronte: anche lui non era in condizioni migliori.
Sayaka era allibita
- Hai fatto a pugni con Daisuke...- disse la ragazza guardando Koji con aria di rimprovero
- Sayaka, io... - provò a giustificarsi quest’ultimo
- Beh, veramente temo di essere stato io ad iniziare - intervenne Daisuke lanciando un’occhiata complice a Koji - E poi la cosa ci è un po’ sfuggita di mano...- continuò accennando un sorriso
- Forse è meglio che andiate di sopra a darvi una ripulita - disse a quel punto in tono pratico Hikaru, mentre cercava di trattenere una irrefrenabile voglia di ridere - La cena sarà in tavola fra dieci minuti e non di più -
Koji s’avviò di corsa lungo la scala che portava al primo piano seguito da Daisuke, ma quest’ultimo venne afferrato e trattenuto per il braccio da Genzo Umon
- Ti devo parlare - gli disse sottovoce e con uno sguardo più che significativo
- Non adesso padre - rispose Daisuke con lo stesso tono - Più tardi...ora cerchiamo di goderci questa serata -


- Che strano aspetto ha la luna stasera - mormorò Jun con un brivido - Sembra macchiata di sangue -
Al suo fianco Tetsuya annuì senza dire nulla.
I due giovani erano usciti dall’Istituto per fare due passi ed ora stavano seduti sul bordo della piscina, con i piedi a penzoloni fino a sfiorare l’acqua scura.
Tetsuya non poté fare a meno di pensare che lì sotto si celava il Mazinkaiser dormiente, ne avvertiva la presenza vagamente inquietante e per un attimo immaginò che la mano del robot potesse uscire improvvisamente da quell’oscurità per ghermirlo.....quasi in risposta a quel pensiero, la superficie dell’acqua s’increspò, nonostante non tirasse un alito di vento.
Il ragazzo sussultò involontariamente e cercò di scacciare quell’immagine assurda dalla mente.
Jun sospirò
- Non sei di molte parole - provò a dire la ragazza.
Tetsuya si girò ad osservarla: era bellissima avvolta dal chiarore lunare
- Scusami Jun, ultimamente ho troppi pensieri per la testa -
- Quello l’avevo capito, ma forse ti aiuterebbe parlarne con qualcuno...con me -
Il giovane la guardò profondamente negli occhi prima di prendere una decisione, poi s’alzò in piedi di scatto
- D’accordo...- disse - Ma non qui. Vieni, ho voglia di fare un giro con la moto -
Afferrò la mano della ragazza e si diresse con lei verso il garage sotterraneo dell’edificio.
Poco dopo sfrecciavano lungo la strada che portava in città.
Seduta dietro Tetsuya, Jun lo cingeva per i fianchi inebriata dalla velocità ed allo stesso tempo un po’ impaurita. Quando poi il giovane accelerò ulteriormente, la ragazza lo strinse forte, appoggiandosi alla sua schiena e chiudendo gli occhi.
Un’ora dopo erano seduti uno di fronte all’altra al tavolino di un caffè alla moda del centro, come una coppia di fidanzati qualunque, ma la loro conversazione non era certo quella tipica di due innamorati.
Tetsuya si confidò con la ragazza, parlando ininterrottamente per più di mezz’ora, al termine della quale tacque, sorseggiando con aria cupa la bibita che aveva di fronte.
Jun rimase in silenzio, ma allungò le mani attraverso il tavolo, prendendo teneramente quelle del giovane tra le sue.
Qualunque cosa aveva in serbo il futuro, l’avrebbero affrontata insieme. Ancora una volta.


L’opera di consolidamento del tunnel era terminata ed adesso era possibile accedervi in tutta sicurezza, grazie al lavoro ininterrotto di due squadre di operai, che vi si erano alternati per circa una settimana.
Il Dottor Hell lanciò un’occhiata nervosa alla ripida scaletta metallica che scendeva nell’oscurità di quella voragine nel pavimento e non poté fare a meno di pensare che assomigliava alla bocca famelica di qualche creatura infernale pronta a divorarlo
- Accendete le luci! - ordinò
L’impianto provvisorio d’illuminazione della galleria venne attivato: lo scienziato esitò ancora un attimo, poi iniziò a scendere, seguito a breve distanza da alcune maschere di ferro.
Arrivati in fondo, cominciarono a percorrere in silenzio il lungo corridoio, che era leggermente in discesa, finché ne raggiunsero l’estremità opposta.
Eccolo.
L’enorme portale in legno, che gli era apparso più volte in sogno, era materialmente lì di fronte a lui: Hell trattenne il respiro per l’eccitazione, mentre ne sfiorava incredulo i complicati bassorilievi.
- Avete provato ad aprirlo? - chiese poi rivolto ai suoi uomini
- Sì Dottor Hell, ma senza risultato, abbiamo provato anche con una carica esplosiva - rispose uno di loro - Non l’ha nemmeno intaccato... -
Chissà perché la cosa non meravigliò affatto lo scienziato, che continuò a far scorrere la mano sulla superficie intagliata, finché non arrivò a toccarne il sigillo centrale.
Prima di rendersene conto aveva fatto scattare un meccanismo, tirando verso di sé la stella a quattro punte e ruotandola verso sinistra di 180°.
Due battenti si spalancarono inaspettatamente con un lieve fruscio, rivelando un ambiente completamente al buio: una zaffata d’aria calda li investì in pieno, come se fosse stato aperto lo sportello di un forno.
- Voi due aspettate qui - disse Hell rivolgendosi alle maschere di ferro - Gli altri con me -
Vennero accese alcune torce elettriche ed il piccolo drappello varcò con cautela la soglia, inoltrandosi in quello che sembrava un ampio salone.
Dietro di loro la porta si richiuse da sola con un tonfo sommesso, intrappolandoli all’interno.


- Come sarebbe a dire: sono rimasti chiusi dentro? - esclamò il Conte Blocken
- Ci dispiace signore - cercarono di giustificarsi le due maschere di ferro rimaste di guardia nel tunnel - Non siamo riusciti ad impedirlo, il portale s’è chiuso all’improvviso ed il meccanismo d’apertura s’è bloccato! -
- Maledizione! - imprecò Blocken - Dottor Hell! Dottor Hell, mi risponda! - urlò battendo con un pugno su quella superficie massiccia.
Nessuna risposta.


Qualcosa si stava muovendo.
Qualcosa o qualcuno.
Le maschere di ferro si strinsero attorno al Dottor Hell impugnando le spade e frugando il buio con la luce delle torce
- Chi c’è là? - chiese quest’ultimo cercando di mantenere calmo il tono della voce.
L’unica risposta fu un ringhio sommesso seguito da grida strazianti: una delle torce cadde a terra spegnendosi.
I soldati furono presi dal panico e cominciarono a menare fendenti alla cieca, ma uno dopo l’altro vennero rapidamente eliminati dal misterioso aggressore.
Nel giro di pochi minuti Hell si trovò solo nell’oscurità più assoluta e per la prima volta in vita sua ebbe veramente paura.
La creatura misteriosa gli scivolò alle spalle, ne avvertì l’alito fetido di morte sul collo
- Chi...chi sei? - riuscì a balbettare, incapace di muoversi.
Gli rispose una risatina sommessa, questa volta di fronte a lui
" Benvenuto all’Inferno Hell..." gli sussurrò quella voce che ormai conosceva così bene.
Poi qualcosa gli strisciò addosso e fu come se mille aghi gli trafiggessero il corpo.
Udì urlare, ma gli ci volle un po’ prima di capire che si trattava della sua stessa voce.


Sayaka stava aiutando Hikaru a stendere il bucato dietro la casa, lanciando di tanto in tanto delle occhiate ai due giovani, che stavano ammucchiando del fieno in un angolo riparato del cortile.
Ormai erano lì da oltre una settimana e Koji sembrava essersi ben adattato ai ritmi della fattoria.
Aiutare Daisuke nelle varie incombenze, sembrava avergli ridato un po’ della gioia di vivere di un tempo, ma troppe volte l’aveva sorpreso con lo sguardo cupo e perso nel vuoto.
E poi c’erano quegli incubi.
Ogni notte.
Nella stanza accanto alla sua, lo sentiva agitarsi e lamentarsi nel sonno, invocando spesso suo padre.
Vederlo tutte le mattine, scendere a colazione con il volto segnato dalle occhiaie, la faceva sentire impotente.
" Come posso aiutarti Koji? " pensò, mentre metteva l’ultima molletta ad un lenzuolo.
Il ragazzo interruppe per un attimo il suo lavoro e si voltò a guardarla, come se le avesse letto nel pensiero. Koji la salutò con una mano, gratificandola con un gran sorriso.


- Buttate giù questa dannata porta! - ordinò ormai fuori di sé il Conte Blocken ad alcuni soldati che si stavano alacremente dando da fare per liberare il loro padrone.
Le urla spaventose provenienti dall’altra parte di quel muro di legno, avevano reso tutti molto nervosi ed ansiosi di aprirvi un varco.
Ma non fu necessario.
Improvvisamente si udì una specie di scatto ed il portale si aprì spontaneamente: d’ istinto indietreggiarono tutti quanti in silenzio.
Da un’oscurità quasi palpabile, emerse la figura inconfondibile del Dottor Hell.
Era solo.
L’anziano uomo avanzò con passo sicuro in mezzo ai suoi uomini, fermandosi di fronte a Blocken
- Dottore... - cercò di dire quest’ultimo, ma quando vide meglio in faccia lo scienziato, le parole gli si smorzarono in gola : se il Demonio avesse avuto un volto, sarebbe stato quello che aveva davanti agli occhi.


- Arriva gente! - urlò il vecchio Dambei dall’alto del suo osservatorio.
Hikaru e Sayaka, che stavano rientrando dentro casa con il cesto della biancheria vuoto, si fermarono incuriosite sulla veranda.
Daisuke posò il forcone e guardò verso il viale d’accesso alla fattoria, schermandosi gli occhi con una mano per ripararsi dal sole.
Qualcuno si stava avvicinando a bordo di una moto
- Tetsuya...- mormorò Koji al suo fianco, senza riuscire a dissimulare il disagio che si celava in quell’affermazione.
Con lui c’era anche il piccolo Shiro.




continua...

(eventuali commenti nell'apposito 3d grazie ^_^)

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 23:04

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kojimaniaca
view post Posted on 30/4/2008, 20:48     +1   -1




CAPITOLO XII°: " L’agguato "


Il motociclista terminò la sua corsa nello spiazzo di fronte alla casa, si tolse il casco e alzò una mano in un cenno di saluto
- Tetsuya! - esclamò Sayaka stupita - E c’è anche Shiro -
Il bambino tolse a sua volta il casco e scese dalla moto, correndo impaziente incontro alla ragazza
- Ciao Sayaka! Dov’è Koji? -
- Calma ragazzino! - disse Tetsuya alle sue spalle - Non essere maleducato, prima sarebbe il caso di presentarsi, non
credi? -
- Scusate... - mormorò il bambino mortificato, rivolgendosi ad Hikaru e suo padre, che nel frattempo era sceso dalla torretta - Io sono Shiro Kabuto -
- Ed io sono Tetsuya Tsurugi - si qualificò il giovane - Perdonate questa intrusione, ma il piccoletto era ansioso di rivedere suo fratello -
- Benvenuti! - rispose la ragazza con un sorriso - Sono sicura che Koji ne sarà felice -
- Certo! - intervenne Dambei - E poi io sono famoso per la mia ospitalità, spero che vi tratterrete qualche giorno con noi -
- Grazie davvero signor Makiba, ma stasera preferirei essere di ritorno all’Istituto di Ricerca Fotoatomica - rispose Tetsuya
- Ma...dov’è Kabuto? - chiese poi rivolgendosi a Sayaka.
La ragazza si voltò verso il fienile per chiamarlo, ma non lo vide più, c’era solo Daisuke
- Non capisco - mormorò con disappunto - era lì un attimo fa... -
- Daisuke! - chiamò allora Sayaka - Hai visto Koji? -
Il giovane sospese il suo lavoro e s’avvicinò al gruppetto, dandosi una spolverata agli abiti.
Tetsuya osservò incuriosito quel giovane dall’incedere sicuro e non poté fare a meno di pensare, che c’era un qualcosa di aristocratico in lui
- Sono Daisuke, molto piacere - gli disse porgendogli la mano - Koji è uscito a cavallo, ma non so dove sia andato -
Il pilota del Great Mazinger ricambiò la stretta, sentendosi esaminato in maniera quasi imbarazzante da quegli strani occhi di un blu profondo, poi quelle parole riecheggiarono chiare ed improvvise nella sua mente: " Posso solo prometterti che non sarai da solo ad affrontare tutto questo. Rimanete uniti e sarete invincibili ".


No.
Non ancora.
Non se la sentiva di incontrare Shiro né tanto meno Tetsuya.
Vederli arrivare così, senza alcun preavviso, aveva fatto crollare in pochi istanti, quel poco di serenità riconquistata a fatica in quel lungo periodo di esilio forzato.
Koji attraversò al galoppo un’ampia radura, infilandosi quindi in un viale alberato e fermandosi infine in riva al fiume, in un punto dove la corrente aveva formato una piccola insenatura.
Il ragazzo scese da cavallo, lo legò ad un ramo vicino alla sponda, in modo che potesse abbeverarsi, poi sedette a cavalcioni su un tronco abbattuto.
Rimase lì a lungo, quasi immobile, dibattuto in un marasma di emozioni contrastanti: sensi di colpa, rabbia, paura...
- Maledizione! - esclamò all’improvviso, raccogliendo da terra una pietra e scagliandola lontano con tutte le sue forze.
Il sasso affondò nell’acqua con un tonfo sordo
- Maledizione! MALEDIZIONE! - continuò, imprecando a voce sempre più alta e colpendo ripetutamente il tronco con i pugni serrati.
Le nocche cominciarono a sanguinare, ma lui non se ne accorse nemmeno.
Il cavallo drizzò le orecchie nella sua direzione e scalpitò nervosamente.
Koji respirò a fondo, cercando di ragionare e di calmarsi
- Papà...cosa mi sta succedendo - sussurrò, guardandosi finalmente le mani escoriate.
" Figlio mio......"
Il ragazzo si girò di scatto: aveva avuto come l’impressione, che qualcuno gli sfiorasse una spalla.
Naturalmente non c’era nessuno.
- Il vento, solo il vento...- mormorò tra sé e sé.
Non poteva continuare così.
Dopo aver riflettuto un po’, capì che fuggire non era certo la soluzione ai suoi problemi: decise a malincuore di far ritorno alla fattoria.


- Dottor Hell...-
Il Conte Blocken fece fatica ad articolare le parole, paralizzato com’era dallo sguardo terrificante dell’uomo che aveva di fronte.
Nel frattempo il grande portale si era richiuso silenziosamente tra il sollievo generale.
- Dottor Hell - provò a dire nuovamente - Cosa è successo lì dentro? -
L’anziano scienziato non rispose, ma le sue labbra si piegarono impercettibilmente in un sorriso enigmatico.
Scostò con una mano il Conte e si avviò verso l’uscita del tunnel
- Preparatevi - disse Hell, soffermandosi per un attimo senza voltarsi - E’ arrivato il momento di sferrare il nostro attacco -
Blocken rimase interdetto: quella non era la voce della scienziato.


Erano ormai trascorse alcune ore, quando Koji rientrò finalmente al ranch.
Costeggiò senza fretta il recinto e si diresse al passo verso le stalle.
Una rapida occhiata in giro, gli aveva fatto tirare un involontario sospiro di sollievo: la moto di Tetsuya non si vedeva da nessuna parte.
Il confronto tanto temuto era rimandato, almeno per questa volta...
" Meglio così " pensò e scese stancamente, ma con animo più leggero, dalla sua cavalcatura
- Vieni bello - disse Koji, conducendo l’animale verso il suo box - Sarai affamato -
Mentre accudiva il cavallo, il ragazzo meditò su come giustificare la sua fuga momentanea.
Questa volta Sayaka non sarebbe stata molto comprensiva nei suoi confronti: lo aspettava una strigliata senza precedenti, ma era sempre meglio dell’altra alternativa...
- Bentornato Kabuto! - lo sorprese invece una voce alle sue spalle - Hai finito di giocare a rimpiattino? -
Koji s’irrigidì, trattenendo per un attimo il respiro, poi si voltò lentamente: Tetsuya era di fronte a lui, con le braccia conserte e lo sguardo truce.
Deglutì nervosamente, lasciando cadere una bracciata di fieno, che aveva appena raccolto.
- Volevo ringraziarti per la calorosa accoglienza, che hai riservato a me e a tuo fratello... - gli disse ironicamente Tetsuya, notando il suo disagio
- Non dovevate venire qui - replicò Koji in tono piatto, cercando di scansarlo per guadagnare l’uscita
- Stammi a sentire Kabuto - gli sibilò Tetsuya trattenendolo con la forza per un braccio - Se hai del rancore nei miei confronti, questa è l’occasione per dimostrarlo una volta per tutte! Vuoi prendermi a pugni? Fallo, ma non coinvolgere Shiro nelle tue stronzate, non lo tollero! -
- Toglimi le mani di dosso - minacciò allora Koji cercando di divincolarsi da quella morsa - Non hai alcun diritto di dirmi quello che devo fare -
Tetsuya mollò la presa disgustato
- Credevo che saresti stato felice di rivedere tuo fratello, ma a quanto pare avevo torto...- disse - Comunque hai ragione: sei libero di agire come meglio credi e per quello che mi riguarda, puoi andartene pure al diavolo! -
Koji esitò un attimo
- Allora che aspetti? - incalzò Tetsuya - Torna pure a rintanarti da qualche parte, come il vigliacco che sei! -
Koji trattenne a stento l’impulso di scagliarsi a testa bassa contro il pilota del Great Mazinger
- Tu non capisci - mormorò infine, dopo un minuto di silenzio che parve interminabile - Non puoi capire...-
- Io capisco solo che Shiro ti vuole bene e sente la tua mancanza, razza di stupido, cocciuto e codardo! - gli rispose esasperato l’altro.
Koji scosse il capo.
- Vattene! Non voglio sentire altro - esclamò, indietreggiando verso la porta - Vattene...per favore! -
Aveva paura.
Paura di perdere nuovamente il controllo.
Paura che quella specie di mostro prendesse ancora il sopravvento.
Tetsuya lo guardò dritto negli occhi e comprese
- Mi odi dunque così tanto Kabuto? -
Koji abbassò lo sguardo e s’allontanò senza rispondere.


- Vostra Maestà! - disse Gandal inchinandosi di fronte al suo sovrano - Benvenuto su Skull Moon! -
Una figura imponente, avvolta in un ampio mantello color porpora, avanzò con passo deciso fra due ali di soldati schierati sull’attenti, fino a fermarsi di fronte all’ufficiale.
Alle sue spalle, il portellone dell’immensa astronave con cui era atterrato sulla base lunare, si richiuse lentamente con un lieve scatto metallico.
- Grazie Generale Gandal! - rispose Re Vega - Sono ansioso di vedere il risultato dei vostri sforzi -
- Già, anch’io...- mormorò ironicamente qualcuno dietro il sovrano.
Lo sguardo di Gandal saettò nella direzione dell’uomo che aveva pronunciato quelle parole.
Barendos.
Il Generale non riuscì a trattenere un motto di stizza e la cosa non sfuggì al Re
- Naturalmente mi aspetto un accurato resoconto anche da parte vostra Comandante Barendos - disse allora quest’ultimo - Voglio sapere tutto quello che avete scoperto durante le vostre ricognizioni! -
- Praticamente nulla...- disse sottovoce Gandal, sorridendo beffardo.
Questa volta fu Barendos a fulminarlo con un’occhiata carica d’odio.
- Piantatela voi due! - esclamò spazientito Re Vega - Fra un’ora esatta vi voglio a rapporto nei miei appartamenti -
- Certo Maestà! - disse Gandal chinando il capo insegno d’ obbedienza
- Agli ordini mio Signore! - si aggiunse Barendos, flettendosi su un ginocchio.
Re Vega lasciò l’hangar, accompagnato da alcuni uomini della Guardia Reale.


" Dannato idiota! "
Tetsuya diede gas e la moto acquistò velocità, mentre affrontava il sorpasso di un camion.
Ormai era buio ed il chiarore dei lampioni creava isole di luce sull’asfalto scuro della strada.
Ancora un’ora circa e avrebbero raggiunto l’Istituto di Ricerca.
Dietro di lui Shiro si teneva forte ai suoi fianchi: nello specchietto retrovisore poteva scorgerne lo sguardo avvilito, che la visiera del casco non riusciva a nascondere.
" Questa non te la perdonerò mai Kabuto! "
Tetsuya era furioso.
Furioso ed amareggiato.
Tenendo a freno l’orgoglio, aveva deciso di aspettarlo ancora, di concedergli un’altra opportunità, ma Koji non si era fatto vedere.
Per Shiro era stata una grossa delusione e da quando avevano lasciato la fattoria Shirakawa, si era chiuso in un ostinato mutismo.
" Dannato idiota! "


Lo schiaffo lo raggiunse improvviso in pieno volto non appena varcata la soglia di casa.
Non che s’aspettasse un’accoglienza migliore, ma l’espressione di biasimo, che lesse sul viso di Sayaka, bruciò più delle cinque dita stampate sulla sua guancia.
Senza dire una parola, la ragazza s’allontanò girandogli le spalle, lasciandolo solo con i suoi sensi di colpa.
Koji si ritirò cupamente nella propria stanza al piano di sopra.


Tetsuya non era tranquillo.
La strada si era fatta improvvisamente deserta in entrambe le direzioni ed era l’unico a percorrerla ormai da diversi km.
Il suo sesto senso di combattente gli suggeriva di stare all’erta, ma non riusciva a vedere nulla che potesse giustificare quell’ansia improvvisa.
" Sono solo nervoso per quello che è successo con Kabuto " pensò, mentre inconsciamente teneva d’occhio la fitta vegetazione che costeggiava la carreggiata " E’ tardi, logico che a quest’ora non giri quasi nessuno ".
"Certo...allora perché sei così teso Tsurugi?" gli sussurrò la sua vocina interiore
- Già perché? - mormorò tra i denti il giovane.
Lanciò uno sguardo dietro di sé: Shiro sembrava non essersi accorto di nulla.
Tornò a guardare la strada.
Improvvisamente percepì un repentino movimento alla sua destra: qualcosa di simile ad un grosso felino gli stava per balzare addosso.
Con grande prontezza di riflessi, scartò con la moto verso sinistra evitandone per un soffio l’assalto.
La misteriosa creatura atterrò agilmente sull’asfalto e poi cominciò ad inseguirlo, muovendosi a lunghe falcate.
- REGGITI SHIRO! - urlò Tetsuya accelerando.
Il ragazzino gridò spaventato e si strinse ancora più forte al giovane.
Una rapida occhiata allo specchietto retrovisore, gli fece capire che la situazione si stava complicando: gli inseguitori adesso erano aumentati, poteva vederne gli occhi brillare sinistramente nel buio.
Ne contò almeno una decina.
- Dannazione! - imprecò il giovane.
Erano maledettamente veloci e due di loro gli si affiancarono pericolosamente.
Tetsuya cercò di distanziarli ma con scarso successo, poi l’imprevisto.
Il fanale della motocicletta illuminò improvvisamente la figura di una donna vestita con un lungo abito scarlatto, che se ne stava immobile in mezzo alla strada.
Attorno a lei un nutrito numero di quelle strane creature.
Era troppo tardi per frenare o evitarli: il giovane decise di forzare il blocco.

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Art by Thunder Break/Nivalis70


Dopo una cena stranamente silenziosa e carica d’imbarazzo, Sayaka era uscita di casa per fare due passi e riflettere un po’ su quanto accaduto quel giorno.
Koji era rimasto in camera sua, ma per delicatezza nessuno a tavola aveva fatto commenti in proposito, con suo grande sollievo.
La ragazza guardò in alto: il cielo era incredibilmente limpido e stellato quella sera.
Di ritorno dalla sua passeggiata solitaria, Sayaka sedette ad ammirarlo sugli scalini della veranda, incurante dell’aria decisamente frizzante, che la faceva a tratti rabbrividire.
Si era fatto tardi e la casa adesso era avvolta dal silenzio, segno che i suoi abitanti erano già andati a dormire da un po’, ma lei non aveva sonno.
Il suono malinconico di una chitarra la raggiunse con una folata di vento.
A quanto pare non era l’unica a soffrire d’insonnia quella notte.
Daisuke si era fermato alla fattoria più del solito per terminare un certo lavoro, così aveva deciso di pernottare lì, cosa che aveva fatto già in diverse occasioni.
Sayaka lo immaginò seduto sotto il suo albero preferito, con le dita che scorrevano agili sulle corde dello strumento.
Era uno strano giovane: gentile, riservato, decisamente affascinante e la ragazza si sentiva sempre un po’ a disagio quando ne incontrava lo sguardo, era come se riuscisse a leggerle dentro.
Aveva intuito che Hikaru ne era profondamente innamorata, anche se cercava di non esternarlo, mentre lui, pur ricoprendola di piccole attenzioni, appariva sempre un po’ distaccato, come se volesse evitare di approfondire il loro legame.
Talvolta gli occhi di Daisuke le sembravano velati di una tristezza infinita, come la musica che stava suonando in quel momento.
Sayaka fu pervasa da un’ inspiegabile senso di nostalgia e una lacrima le scivolò inaspettatamente lungo la guancia.
- Freddino stanotte - dichiarò una voce dietro di lei
Prima di voltarsi, la ragazza si asciugò rapidamente il viso
- Koji... -
- Tieni, mettiti questo, stai tremando -
Il giovane si sfilò il giubbotto di jeans, posandoglielo delicatamente sulle spalle, poi s’ accomodò accanto a lei, appoggiando la schiena ad un sostegno della veranda.
La ragazza si strinse con gratitudine in quell’indumento, in effetti era piuttosto intirizzita, ma non disse nulla, riportando la sua attenzione alla volta celeste.
Koji la guardò con tenerezza, trattenendo a stento il desiderio di stringerla in un abbraccio: in cuor suo temeva che lo avrebbe respinto.
L’ amava, ora ne aveva la certezza.
L’amava dalla prima volta che l’aveva vista nella cabina di pilotaggio di Afrodite.
L’amava dalla prima volta in cui le aveva rivolto la parola.
L’amava da sempre ed aveva voglia di gridarlo al mondo intero, ma per assurdo non trovava il coraggio di dirglielo...piuttosto avrebbe affrontato il Dottor Hell in persona.
" Sono proprio uno stupido" pensò sconsolato.
Le note struggenti suonate da Daisuke in lontananza, sottolinearono senza pietà il suo stato d’animo.
- Cosa ci sta succedendo Koji? - mormorò improvvisamente la ragazza, senza guardarlo.
La domanda di Sayaka lo colse alla sprovvista, facendolo trasalire
- Che..che vuoi dire? - balbettò lui
La ragazza sospirò prima di continuare, cercando le parole più adatte
- Voglio dire tra noi...-
Koji cominciò a giocherellare nervosamente con il suo orologio da polso, ma rimase in silenzio.
La ragazza si girò ad osservarlo e s’accorse del suo imbarazzo
- Ho capito, lasciamo perdere...- disse, alzandosi in piedi con aria rassegnata.
La giacca le scivolò giù dalle spalle finendo sui gradini.
Koji l’afferrò per il polso trattenendola
- No! Aspetta ti prego! - esclamò sollevandosi da terra
" Ho paura. Non lasciarmi solo "
Sayaka lo fissò sorpresa
- Koji...cosa? Ko...-
Un bacio inaspettato sulla bocca le impedì di dire altro.
Rimase per un attimo come inebetita, poi reagì in preda alla più totale confusione, divincolandosi e rifilando al giovane un sonoro ceffone.
- E con questo fanno due! - disse Koji con tono desolato, massaggiandosi la guancia indolenzita.
- Non ti permettere mai più! - balbettò lei cercando di ricomporsi, ma poi, dopo un attimo d’esitazione, lo prese per il bavero della maglietta, attirandolo a sé e incollando le labbra a quelle di lui.
Si baciarono a lungo, con dolcezza e quando infine si divisero lo fecero quasi a malincuore
- Tu sei matta...- le sorrise Koji prendendo fiato.
Sayaka rise piano e poi gli sussurrò qualcosa all’orecchio, stringendosi nuovamente al suo petto.
- Scherzi? - esclamò incredulo il giovane
- Non sono mai stata così seria in vita mia - rispose lei accarezzandogli il volto e cercando ancora la sua bocca.
Koji ricambiò, sollevandola contemporaneamente tra le braccia e portandola di sopra nella propria stanza.
Quella notte fecero l’amore per la prima volta, dando finalmente sfogo a quel sentimento che li univa da così tanto tempo, inebriandosi della vicinanza dei loro giovani corpi nudi e donandosi l’uno all’altra senza più alcuna riserva.


Daisuke s’incamminò verso casa con la chitarra a tracolla.
Ormai era notte fonda ed il giovane fleediano sentiva la stanchezza di una giornata di lavoro sulle spalle. L’alba sarebbe arrivata anche troppo presto ed era decisamente il caso andare a letto.
Non che avesse sonno: dormire era diventato un lusso a cui non riusciva più ad abbandonarsi.
Vega avrebbe sferrato il suo attacco molto presto e lui lo sapeva, quella luna color sangue di qualche giorno prima, era un segnale inequivocabile.
- Ne sei sicuro? - gli aveva chiesto il dottor Umon, mentre facevano ritorno al Centro, dopo la cena in onore di Koji
- Purtroppo sì padre - era stata la sua laconica risposta guardando fuori dal finestrino dell’auto
- Cosa intendi fare Daisuke? -
- Non lo so -
E non aveva aggiunto altro.
Arrivato di fronte all’abitazione, alzò d’impulso lo sguardo verso la finestra della stanza di Hikaru.
La ragazza lo stava osservando seminascosta dietro le tende: la vide ritirarsi precipitosamente per non farsi scoprire.
Daisuke fece finta di nulla, ma sorrise compiaciuto tra sé e sé, accingendosi a rientrare in casa.
Quella sera aveva suonato anche per lei.
Sui gradini della veranda giaceva il giubbotto di jeans di Koji: il giovane lo raccolse sovrappensiero e poi si voltò un’ultima volta a guardare verso la campagna immersa nel buio.
Ora gli era tutto chiaro.
Non avrebbe permesso alle truppe di Vega di ridurre la Terra come il suo pianeta natio.
Non avrebbe permesso il ripetersi quella tragedia.
Avrebbe combattuto ancora con il Grendizer, a costo della sua stessa vita.
Per la sua nuova patria.
Per Hikaru.


Koji dormiva profondamente, con la testa abbandonata sul seno di Sayaka.
La ragazza invece vegliava, osservando il torace del ragazzo sollevarsi ed abbassarsi ritmicamente con il respiro.
Era una sensazione rassicurante.
Sayaka lasciò scivolare la mano lungo la schiena del giovane, finché le dita sfiorarono casualmente quelle due cicatrici circolari appena sotto la scapola sinistra.
Rabbrividì.
- Mandalo via! Mandalo viaaaaaaaa, non lasciare che mi prendaaa -
" Non puoi portarmi via ciò che mi appartiene "
- Non te lo lascerò portare via, né ora né mai! -

Koji si agitò un po’ nel sonno.
Sayaka lo strinse forte con fare protettivo
- Nessuno ti porterà via da me Koji, nessuno, te lo prometto - gli sussurrò accarezzandogli i capelli.
Il giovane mosse appena le labbra
- Ti amo - bisbigliò.

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Tetsuya urlò.
Una di quelle creature gli aveva azzannato il braccio sinistro, affondando i lunghi canini appena sotto la spalla.
Riuscì in qualche modo a scrollarselo di dosso e a mantenersi miracolosamente in equilibrio sulla moto in corsa.
Il tentativo di superare il posto di blocco era fallito e non gli era restata altra alternativa che tornare indietro, facendosi largo tra gli assalitori, che da quella parte erano comunque in numero minore
- PRENDETELO! - gridò la misteriosa donna alle sue spalle - NON LASCIATEVELO SFUGGIRE! -
- Maledetti! - esclamò il giovane con rabbia - Non mi avrete così facilmente! -
- TETSUYA HO PAURAAAAAA - strillò Shiro avvinghiato ai suoi fianchi.
Ora la strada davanti a lui era sgombra, ma gli inseguitori non lo mollavano.
A questo punto non aveva altra scelta che di cercare di raggiungere il Centro di Ricerche Spaziali del dottor Umon, era il posto più vicino dove rifugiarsi.
Qualcosa gli sibilò a fianco e subito dopo ci fu una deflagrazione.
Lo spostamento d’aria li scaraventò qualche metro più in là, verso il bordo della carreggiata.
Tetsuya atterrò in malo modo sull’asfalto, mentre Shiro piombò privo di sensi in mezzo a dei cespugli, che lo nascosero alla vista e ne attutirono in qualche maniera la caduta.
Un altro sibilo attraversò l’aria e subito dopo la motocicletta esplose in mille pezzi.
Il giovane s’alzò a fatica da terra, ancora mezzo stordito e sanguinante.
In un attimo si ritrovò circondato e senza via d’uscita.
Con la vista offuscata, fece un ultimo tentativo di difendersi, estraendo la pistola automatica che teneva nascosta sotto la giacca, ma venne immediatamente disarmato e ridotto all’impotenza.
Erano troppi.
In quel momento, si rese conto che i suoi inseguitori erano in realtà dei cyborg, dall’aspetto umano e felino allo stesso tempo.
La donna dall’abito scarlatto gli si avvicinò, osservandolo con aria soddisfatta ed anche un po’ incuriosita.
Il viso era di una bellezza disarmante, ma crudele
- Fine della corsa ragazzo! - gli sibilò divertita, scoppiando in una risata stridula
Poi qualcosa lo colpì alla nuca e mentre sprofondava nell’incoscienza, ebbe la netta impressione che quel volto mutasse sotto i suoi occhi, assumendo sembianze sempre più grottesche.
" Jun..." fu il suo ultimo pensiero.


continua.....

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kojimaniaca
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CAPITOLO XIII°: " Duke Fleed "


- Dannato accendino! -
Dopo aver più volte provato ad azionarlo senza risultato, Harada lo scagliò senza tanti complimenti nella grata di un tombino. Seguì un’ infruttuosa ricerca nelle varie tasche della divisa, nella vana speranza di trovare almeno un cerino.
Si guardò attorno alla ricerca di qualche fortunato possessore della tanto agognata macchinetta, ma naturalmente a quell’ora di notte non c’era nessuno.
Dormivano tutti, a parte la ronda di sorveglianza, che però in quel momento era dalla parte opposta del campo e le sentinelle di guardia al cancello principale.
Rassegnato ripose la sigaretta spenta nel suo pacchetto, tanto ormai il suo alloggio era vicino.
Da qualche tempo, quelle passeggiate notturne erano diventate un’abitudine, lo aiutavano a scaricare il nervosismo.
Le cose non stavano andando come aveva sperato.
Il tempo passava e lui era ancora relegato in quell’angolo impervio della prefettura di Iwate.
Credeva che dopo la faccenda di Kabuto, avrebbe ottenuto un riconoscimento da parte del generale Yoshida, invece nulla, solo un ringraziamento formale.
Niente promozione.
Niente trasferimento al Comando Generale delle Forze Armate
- Ho bisogno della sua esperienza al campo di addestramento - gli aveva ribadito Yoshida alla sua ennesima richiesta di essere sollevato da quell’incarico.
Era stufo di stare in quel posto dimenticato da Dio.
Era stufo di occuparsi ogni giorno di stupide reclute.
Mentre mentalmente inveiva contro il generale, arrivò di fronte all’ingresso del suo alloggio, un edificio basso, simile ad un bungalow, che si trovava nella parte più elevata dell’area militarizzata.
Infilò la chiave nella toppa ed aprì la porta
- Tatsuo Harada? - chiese bruscamente una voce alle sue spalle.
Il tenente si voltò colto di sorpresa e si ritrovò con un mitra puntato al petto.
Nell’oscurità riuscì a distinguere cinque uomini in divisa, con il volto quasi completamente celato da un elmetto.
Quello che gli puntava l’arma gli fece cenno di muoversi
- Entra! -
Harada obbedì senza fiatare, lasciandosi condurre in salotto.
Un uomo, vestito anacronisticamente da ufficiale nazista, sedeva sulla sua poltrona preferita, sorseggiando un brandy
- Si metta comodo tenente - gli disse lo sconosciuto indicandogli una sedia.
Harada sedette senza fare resistenza, cercando di recuperare in qualche modo il suo sangue freddo
- Spero sia di suo gradimento - disse ironicamente, indicando con un cenno del capo il calice di liquore, che l’uomo teneva in mano
- Non c’è male, un’ottima annata - replicò l’altro - Ha gusti raffinati tenente Harada -
- Lei mi conosce, ma io non credo di avere il piacere...-
- Blocken, Conte Blocken - si presentò quest’ultimo - Ho una proposta da farle -
- Vedo che va dritto al sodo....ho altra scelta? - chiese il tenente
- Sì - rispose Blocken lanciandogli un’occhiata beffarda e puntandogli contro una pistola - Morire...-
Come a ribadire quell’affermazione, la fredda canna di un mitra gli sfiorò la nuca
- Capisco...- disse Harada rimanendo impassibile - A questo punto preferirei conoscere i vantaggi di un eventuale accordo -
- Vedo che è una persona ragionevole tenente e soprattutto pratica - esclamò ridendo il Conte - Diciamo che la sua collaborazione mi è preziosa e le da il diritto di ottenere tre cose a cui lei tiene in modo particolare -
- Sarebbero? -
- Potere e denaro innanzitutto...- rispose Blocken
- Queste sono due cose - disse il tenente senza scomporsi - Qual’è la terza? -
- Tetsuya Tsurugi -
Harada sfilò il pacchetto di sigarette dalla tasca interna della giacca, ne estrasse lentamente una e poi fissò il Conte dritto negli occhi, sfoderando un sorriso tagliente come la lama di un rasoio affilato
- Ha da accendere Blocken? -


" Fa che non mi trovino " pregò mentalmente " Fa che non mi trovino..."
Era sfinito.
Sfinito e terrorizzato.
Ombre furtive strisciarono rapide sotto l’albero sul quale s’era rifugiato, senza accorgersi della sua presenza.
Shiro trattenne il respiro, rannicchiandosi il più possibile contro il tronco e spiando attraverso le fronde i suoi inseguitori, che si muovevano silenziosamente nell’oscurità del sottobosco.
Con suo grande sollievo procedettero oltre, allontanandosi velocemente.
Si rilassò un attimo e ripensò a quello che era successo.
Ancora intontito dall’esplosione e nascosto dai cespugli in cui era caduto, il ragazzino aveva assistito impotente al sequestro di Tetsuya
- Che ne facciamo del moccioso? - aveva domandato uno degli assalitori, mentre il pilota del Great Mazinger veniva caricato di peso su un furgone
- Uccidetelo - aveva ordinato la donna vestita di rosso - Non mi serve -
Shiro a quel punto era fuggito in preda al panico.
Si era inoltrato nella boscaglia e quando poi la stanchezza aveva preso il sopravvento, aveva cercato riparo su quella pianta.
Un lieve rumore sotto di lui lo fece sussultare.
Con prudenza scostò le foglie per poter osservare meglio: due occhi rossastri scintillarono nel buio, guardando nella sua direzione.
Shiro soffocò a stento l’urlo che gli stava salendo alla gola.
La creatura sostò quindi ai piedi dell’albero, scrutando attorno a sé per istanti che parvero interminabili, poi proseguì la sua caccia, raggiungendo i compagni.
Non lo aveva visto.
Dando sfogo alla tensione accumulata, il ragazzino cominciò a singhiozzare piano, finché s’ addormentò, vinto dalla spossatezza.


- Maledetta! Chi sei? Che ne hai fatto di Shiro? -
Tetsuya cercò di divincolarsi con tutte le sue forze, imprecando e lanciando minacce contro i suoi sequestratori.
Era immobilizzato su una barella, con gli arti bloccati da cinghie di cuoio.
La donna rise sommessamente, osservando divertita gli sforzi del giovane per liberarsi, ma non rispose
- Tiratelo su - disse invece, facendo cenno ai suoi scagnozzi - Rilassati ragazzo, sarà meno doloroso - mormorò sfiorandogli le labbra con un dito.
Uno dei cyborg afferrò Tetsuya per i capelli, piegandogli a forza il capo verso il torace, mentre un altro cominciò ad armeggiare con qualcosa alle sue spalle
- Cosa volete farmi? COS... - una fitta improvvisa alla base del collo gli fece morire le parole in gola, poi un dolore assurdo gli esplose nel cranio.
Tetsuya urlò e piombò nel buio.


Seduta sul bordo del letto, Jun armeggiò con il cellulare, indecisa sul da farsi.
Era un po’ preoccupata.
Si era fatto davvero tardi, ma Tetsuya e Shiro non erano ancora rientrati all’Istituto
" Probabilmente hanno deciso di fermarsi alla fattoria per la notte" pensò.
Di certo era la cosa più logica, del resto Shiro non vedeva Koji da molto tempo, ma chissà perché questa motivazione non la tranquillizzava affatto.
Non capiva perché Tetsuya non si fosse messo in contatto con lei per avvisarla, poi però, ricordò l’avversione del giovane per i telefonini e la sua proverbiale incapacità nel scrivere "stupidi messaggini", come li definiva lui.
Jun sorrise, ripensando al giorno in cui gli aveva regalato quell’oggetto
- Così saprò sempre come rintracciarti... - aveva sussurrato lei ammiccando.
Tetsuya non aveva commentato, limitandosi a grugnire un - Grazie...- ma la sua espressione contrariata era stata più che eloquente.
" Ok, a costo di fare la figura della sciocca sentimentale, adesso lo chiamo! " decise Jun.
Il cellulare del giovane naturalmente era spento.
- Sei uno stupido Tsurugi! - mormorò risentita, nonostante se lo aspettasse.
" Lo chiamerò domattina " decise allora con un sospiro rassegnato e si sdraiò per dormire.
L’ansia però, non l’abbandonò per il resto della nottata.


Aveva dormito per un tempo indefinito e quando si era svegliato era ancora notte.
Shiro rimase in ascolto per un bel po’ ed infine, rassicurato dal silenzio che regnava lì attorno, decise di scendere prudentemente dal suo nascondiglio.
Era tutto indolenzito e aveva freddo, ma s’incamminò comunque nella direzione in cui gli sembrava ci fosse la strada.
Doveva assolutamente chiedere aiuto a qualcuno.
Dopo aver girato a vuoto per un paio d’ore però, capì di essersi perso.
Ormai stava procedendo per forza d’inerzia, spinto più dalla disperazione che da una volontà vera e propria.
Si fermò un attimo per riposare e guardò verso l’alto: fra le cime degli alberi s’intravedeva un angolo di cielo stellato.
Stava schiarendo, l’alba era vicina.
Questa cosa gli ridiede un po’ di fiducia.
Riprese a camminare, finché sbucò inaspettatamente in un’ampia radura, che declinava dolcemente verso quella che sembrava una fattoria.
Piangendo e ridendo allo stesso tempo per il sollievo, il ragazzino iniziò a correre, incurante dell’erba alta che gli sferzava gambe e braccia, ma all’improvviso andò a cozzare contro qualcosa, ruzzolando a terra in malo modo.
Sollevandosi faticosamente sui gomiti, cercò di capire contro cosa aveva urtato: un’ombra imponente gli si parò davanti, incombendo sopra di lui.
Shiro mugolò terrorizzato e un rivolo caldo gli bagnò i calzoni
- Che ci fai qui piccolo? - esclamò stupita una sgraziata voce di donna.
- Per favore...non...non farmi del male - balbettò Shiro - Ti...prego...- poi crollò privo di sensi.


Quando Koji aprì gli occhi, stava albeggiando.
La prima cosa che vide, fu il viso di Sayaka addormentata a pochi centimetri dal suo.
Un lieve sorriso le aleggiava sulle labbra.
Il giovane rimase a contemplarla per alcuni minuti, cercando d’imprimersi nella mente la dolcezza e l’atmosfera di quel momento.
Non gli sembrava vero: per la prima volta dopo molto tempo, era riuscito a dormire senza avere incubi ed ora si sentiva in forma come non mai.
- Sono così interessante? -
Attraverso le palpebre socchiuse, Sayaka lo stava sbirciando con aria divertita
- Allora sei sveglia, razza d’imbrogliona! - esclamò sorpreso lui - Da quanto tempo stavi fingendo? -
- Abbastanza...- rispose lei ridacchiando
- Abbastanza per cosa? Adesso ti sistemo io! - disse Koji afferrandola per la vita.
Ne seguì una breve scaramuccia fra il groviglio delle lenzuola, accompagnata da risatine e piccole grida soffocate
- Così corriamo il rischio di svegliare tutta la casa! - si preoccupò Sayaka, ponendo fine alla mischia con una cuscinata ben assestata.
Koji buttò da una parte il cuscino
- Pazienza...poi a colazione sarai tu a dare le spiegazioni del caso - sogghignò il giovane
- Quando fai così ti odio! -
- Non è vero, sei pazza di me -
- Sei il solito presuntuoso -
- E tu la solita attaccabrighe -
- Ok, adesso basta! - esclamò lei un po’ risentita
- Basta lo dico io! - ribatté lui
Una seconda cuscinata lo raggiunse implacabile
- Dicevi? -
Con una mossa repentina, Koji la bloccò sotto di sé, tenendola per i polsi
- Dicevo che adesso hai finito le munizioni e non mi puoi più sfuggire - le disse sorridendo
- E chi ti dice che voglio fuggire? - mormorò maliziosamente la ragazza
Le loro labbra si cercarono nuovamente, sfiorandosi con delicatezza
- Ora devo andare...- sussurrò dispiaciuto il giovane, indugiando su di lei ancora per qualche istante
- Daisuke sarà già al lavoro, non voglio farlo aspettare -
- Ma è presto! E poi non sei obbligato ad aiutare Daisuke - protestò lei un po’ contrariata, mentre Koji si vestiva rapidamente
- Lo so, ma ci tengo! - replicò lui strizzandole un occhio e sedendosi sul bordo del letto per allacciarsi le scarpe.
Sayaka si mise su un fianco e rimase ad osservarlo con aria pensierosa
- Koji...- disse ad un certo punto
- Dimmi - rispose lui senza alzare lo sguardo da quello che stava facendo
- Come intendi comportarti con Shiro? -
Koji si voltò a guardarla negli occhi
- Più tardi lo chiamerò al telefono e cercherò di parlargli - le rispose dopo un attimo d’esitazione - Poi chiederò scusa anche a Tetsuya...-
Sayaka gli scivolò vicino, cingendolo in un abbraccio
- Me lo prometti? -
- Te lo prometto - replicò Koji allungandole una carezza sul viso - Adesso però torna a dormire - le sussurrò - Ci vediamo più tardi a colazione -


Daisuke versò il latte appena munto in un recipiente più grande, lanciando contemporaneamente un’occhiata incuriosita a Koji, che dall’altra parte della stalla stava finendo di riempire le mangiatoie, canticchiando tra sé e sé
- Siamo piuttosto allegri stamattina -
- Scusa, hai detto qualcosa? - chiese Koji girandosi a guardarlo con aria interrogativa - Ero distratto...-
- Dicevo, che oggi mi sembri particolarmente di buonumore - gli rispose Daisuke sorridendo divertito e con l’aria di chi la sa lunga.
Koji avvampò
- Beh ecco...io...non saprei cosa dirti...- farfugliò , annaspando disperatamente alla ricerca di un qualsiasi appiglio verbale e maledicendo mentalmente il rossore che gli stava imporporando il volto.
Daisuke decise di cambiare discretamente discorso
- Qui abbiamo finito. Direi che a questo punto ci siamo meritati un’abbondante colazione -
- Questo si chiama parlare! - esclamò Koji, visibilmente sollevato dall’insperato cambio di rotta della conversazione - Ho una fame da lupo! -
Qualche minuto dopo camminavano verso casa, chiacchierando allegramente del più e del meno
- Senti Koji - disse ad un certo punto il figlio del dottor Umon - Avrei bisogno di parlarti di una cosa piuttosto seria, ma mi devi giurare che non ne parlerai con nessuno -
Il tono di voce si era fatto improvvisamente cupo.
Il giovane Kabuto lo guardò perplesso, sorpreso da quel repentino cambio di umore
- Così mi preoccupi Daisuke...cosa devi dirmi? - gli chiese, cercando di non dare retta a quel vago senso d’inquietudine, che gli stava salendo dalla bocca dello stomaco
- Non ora...stasera - mormorò l’altro - Vorrei che tu mi accompagnassi al Centro di Ricerca, ti devo mostrare qualcosa -
Koji annuì in silenzio, ma non era sicuro di voler sapere quello che doveva dirgli l’amico.
Delle voci concitate attirarono improvvisamente la loro attenzione.
Di fronte all’ingresso dell’abitazione c’erano Sayaka, Hikaru e il vecchio Dambei, che parlavano animatamente con una donna piuttosto grassa
- Che ci fa qui la madre di Banta a quest’ora del mattino? - si chiese Daisuke incuriosito
- Chi? - domandò Koji
- La signora Harano - gli spiegò l’altro - E’ una nostra vicina, possiede una fattoria ad un paio di miglia da qui -
Mentre si avvicinavano, videro che la donna teneva fra le braccia un bambino avvolto in una coperta.
Quando lo riconobbe, Koji impallidì
- SHIRO! - urlò correndogli precipitosamente incontro.


- Siete solo degli incapaci! - esclamò la donna vestita di rosso, rivolgendosi con rabbia ai suoi uomini.
Un raggio accecante scaturì dal lungo bastone nodoso che teneva stretto in una mano.
Due dei cyborg piombarono a terra esanimi e senza un lamento.
- Ci perdoni Marchesa Yanus - dissero gli altri tenendosi a debita distanza - Non riusciamo a capire come possa esserci sfuggito -
La donna li fulminò con uno sguardo
- Non voglio sentire scuse, dovevate eliminare il moccioso e non lo avete fatto! -
- Ha ragione Marchesa, ma abbiamo comunque il ragazzo...- provò a giustificarsi uno di loro.
Yanus guardò verso il furgone nero, che stava nascosto in mezzo alla vegetazione a lato della strada.
Era vero.
Avevano catturato Tsurugi e quello era lo scopo fondamentale dell’agguato: il bambino non era così importante.
" Complimenti Yanus, ottimo lavoro " le confermò telepaticamente una voce " Ora sa cosa deve fare, vero? "
" Lo so mio Signore " rispose lei allo stesso modo " Si fidi di me, non la deluderò "


Tetsuya socchiuse appena gli occhi per potersi rendere conto della situazione.
Aveva ripreso conoscenza già da un po’, ma l’istinto gli suggeriva di fingere di essere ancora privo di sensi.
La testa gli pulsava dolorosamente in mezzo alla fronte ed il braccio ferito era tutto intorpidito.
Il giovane cercò di muovere un po’ le dita della mano e sbirciò nelle stesso tempo verso i piedi del lettino sul quale era legato.
Un cyborg armato di una specie di fucile, lo sorvegliava dal fondo del furgone dov’era tenuto prigioniero, ma a dire il vero sembrava più interessato a quello che accadeva fuori, limitandosi a lanciargli un’occhiata distratta di tanto in tanto.
Dall’esterno infatti, giungeva l’eco di una discussione piuttosto accesa e Tetsuya riconobbe la voce della misteriosa donna dall’abito scarlatto.
Uno solo.
Poteva farcela.
Dopo aver armeggiato silenziosamente per un bel po’, riuscì ad allentare la cinghia che gli bloccava il polso destro, tanto da poterlo sfilare abbastanza agevolmente: il braccio era praticamente libero.
Non restava che attirare l’attenzione del suo carceriere.


- Lo hanno portato via...hanno portato via Tetsuya...- continuava a ripetere ossessivamente il ragazzino fra le braccia del fratello, che lo stava trasportando dentro casa
- Fallo stendere qui Koji - disse Hikaru indicando il divano
- Volevano uccidermi...volevano...Tetsuya...hanno preso Tetsuya...-
- Calmati Shiro, ora sei al sicuro - cercò di tranquillizzarlo Koji adagiandolo fra i cuscini - Bevi questo, coraggio - gli disse poi, sollevandogli delicatamente la testa e facendogli sorseggiare del the caldo, che gli aveva portato Dambei dalla cucina.
Dopo aver bevuto, il ragazzino sembrò quietarsi un po’
- Cosa è successo a Tetsuya? - provò a chiedergli Sayaka
- Lo hanno preso - mormorò Shiro - Ci hanno inseguiti...la moto è esplosa...hanno caricato Tetsuya su un furgone, un furgone nero e poi io sono...io...-
- Chi ha preso Tetsuya? - cercò di insistere Koji
- Una donna...una donna con un lungo vestito rosso...- biascicò Shiro, prima di sprofondare in un sonno profondo.
Daisuke gli tastò la fronte
- Ha la febbre - disse - Forse è meglio che lo veda un medico -
Koji balzò in piedi deciso
- Per favore Sayaka, pensa tu a Shiro, te lo affido...-
- Che vuoi fare Koji? - chiese quest’ultima visibilmente preoccupata
- Vado a cercare Tetsuya! - rispose lui mentre usciva di corsa dalla stanza.
Daisuke lo seguì senza dire una parola.
- Koji! Aspetta! - chiamò a gran voce la ragazza
- Daisuke! - gli fece eco Hikaru.
Troppo tardi.
Poco dopo udirono una sgommata sul ghiaino del cortile e il rumore del motore della jeep che si allontanava.


" Meno uno" pensò Tetsuya, mollando la presa attorno al collo del suo guardiano e lasciandolo scivolare a terra inerte.
Era stato più facile del previsto, ma adesso doveva preoccuparsi di quelli che stavano fuori.
Si liberò dal resto delle cinghie che lo tenevano prigioniero e si avvicinò allo sportello del furgone, socchiudendolo senza far rumore, per poter spiare con cautela all’esterno.
Alcuni metri più in là vide la donna dall’abito rosso: gli girava le spalle e stava parlando con alcuni dei suoi uomini.
Tetsuya ne contò sette, ma dovevano essercene degli altri al di fuori dalla sua visuale.
Si rese conto di non poter affrontarli tutti da solo, tanto più che si sentiva ancora piuttosto stordito e la ferita al braccio sinistro, oltre a sanguinare abbondantemente, gli impediva di muoverlo come voleva.
L’unica soluzione era impossessarsi del furgone ed allontanarsi il più possibile da lì.
Tamponò l’emorragia con la bandana che teneva sempre al collo, aiutandosi con i denti per stringere bene quella fasciatura improvvisata, poi recuperò il fucile, la sua pistola e si preparò alla sortita.
Sgusciò fuori dal furgone senza essere visto e raggiunse velocemente il posto di guida, mettendosi al volante.
Un tonfo improvviso lo fece sussultare.
Un gatto nero era balzato sul cofano e lo stava fissando in maniera quasi ipnotica attraverso il parabrezza
- Vattene via bestiaccia! - mormorò il giovane vagamente a disagio.
Il felino gli soffiò contro drizzando il pelo, poi si dileguò rapidamente com’era apparso.
Tetsuya accese il motore e partì a razzo con la retromarcia inserita, sollevando una nuvola di polvere.
Il rumore della sgommata, si mescolò ad urla concitate e colpi di arma da fuoco.
Un attimo dopo viaggiava a tutta velocità lungo la strada che conduceva al Centro di Ricerche Spaziali del dottor Umon.


Koji guidava in silenzio, con lo sguardo cupo concentrato sulla carreggiata, le labbra serrate e le mani strette convulsamente attorno al volante.
La strada era stranamente deserta.
Avevano lasciato la fattoria da circa mezz’ora ed il luogo dell’agguato non doveva essere lontano.
Forse lì avrebbero trovato qualche indizio per rintracciare Tetsuya.
- Perché sei venuto Daisuke? - chiese ad un certo punto Koji al giovane seduto al suo fianco - Non è una faccenda che ti riguarda -
- Ora lo è - rispose l’altro
Il giovane Kabuto si voltò ad osservarlo sconcertato, ammutolendo di fronte allo sguardo determinato dell’amico
- ATTENTO KOJI! - esclamò ad un tratto quest’ultimo.
Koji sterzò all’improvviso, schivando miracolosamente un furgone nero che procedeva in direzione opposta a velocità sostenuta
- Ma quello...quello era Tetsuya! - esclamò incredulo il ragazzo guardando nello specchietto retrovisore
- Già - dichiarò a sua volta Daisuke - E quelli non credo siano amici suoi...- continuò indicando di fronte a sé.
Koji tornò a guardare avanti: alcune strane creature gli stavano correndo incontro.
Sfrecciando rapidissime a fianco della jeep e proseguirono sulle tracce del furgone, ignorandoli completamente.
Il giovane fece una spericolata inversione di marcia, mettendosi a sua volta all’inseguimento di Tetsuya.


- Kabuto! - esclamò sorpreso Tetsuya incrociando la jeep con a bordo i due giovani e suonando il clacson per farsi riconoscere.
Koji lo aveva visto ed ora, dopo aver cambiato bruscamente direzione, stava cercando di raggiungerlo.
Un grosso felino dal pelo candido si parò inaspettatamente in mezzo alla carreggiata, incurante del furgone che gli stava per piombare addosso.
Sotto lo sguardo attonito di Tetsuya cominciò a mutare forma, prendendo le sembianze di una giovane donna dai lunghissimi capelli biondi.
Era completamente nuda.
- Cos...? - il pilota del Great Mazinger non riuscì a terminare la frase.
La chioma della fanciulla cominciò ad ondeggiare e sollevarsi come se avesse vita propria, facendola assomigliare ad una novella Medusa.
Ciocche di capelli dorati scattarono in avanti come tante lame affilate ed il parabrezza del furgone esplose in una miriade di schegge scintillanti.
Investito in pieno dall’implosione del vetro, Tetsuya perse il controllo del mezzo sul quale viaggiava, uscendo fuori strada e finendo la sua corsa contro un grosso albero.
Il motore prese fuoco.


- Dannazione! - imprecò Koji dopo aver assistito in lontananza all’incidente - Tetsuyaaaa! -
Spinse sull’acceleratore investendo senza tanti complimenti uno dei cyborg
- Toglietevi di mezzo maledetti! -
Uno degli altri inseguitori smise di rincorrere il furgone, voltandosi minaccioso verso la jeep e scagliandosi sui due occupanti.
Daisuke si alzò dal sedile, intercettandolo al volo e scaraventandolo violentemente sull’asfalto dietro di loro
- Koji! - esclamò a quel punto - Pensa tu a Tetsuya, di questi me ne occupo io! -
Koji non riuscì nemmeno a replicare, che il figlio del professor Umon era già balzato giù dal mezzo in corsa.
Un minuto dopo era circondato dagli inseguitori ed il ragazzo lo perse di vista
- COSA HAI INTENZIONE DI FARE DAISUKE? - gridò esterrefatto il giovane - SEI IMPAZZITO? -
Fece per tornare indietro, ma poi si rese conto che il furgone stava per essere avvolto completamente dalle fiamme e Tetsuya era ancora lì dentro.
Bloccò la jeep a qualche metro di distanza, prese il piccolo estintore che c’era dietro il sedile e corse verso il mezzo che bruciava.
Riuscì ad avvicinarsi nonostante il calore insopportabile e vide Tetsuya accasciato sul volante
Lo chiamò, ma senza ottenere risposta.
Con l’aiuto dell’estintore si fece largo tra le fiamme ed estrasse a fatica il giovane privo di conoscenza, trascinandolo a distanza di sicurezza
- Accidenti quanto pesi, razza di bestione! - borbottò Koji, piombando sfinito in mezzo alle sterpaglie, schiacciato da quel quel fardello
- Sei tu che sei una pappamolla Kabuto... - replicò Tetsuya con un filo di voce, riprendendo i sensi
- Bella riconoscenza, stavi per finire arrosto! - ribatté il giovane, non riuscendo però a nascondere un certo sollievo nel tono della voce.
Tetsuya non rispose, alle prese con accesso di tosse convulsa, causata dal fumo inalato, che gli provocò dolori lancinanti a tutto il torace
- Tutto bene? - chiese Koji sinceramente preoccupato.
Per tutta risposta, l’altro si girò su un fianco in preda ai conati di vomito
- Salve ragazzi...- sussurrò una voce metallica alle loro spalle - ...e addio! -
Un sibilo attraversò l’aria e Koji d’istinto si gettò di lato, spingendo contemporaneamente Tetsuya dalla parte opposta.
I fili dorati di una lunga capigliatura bionda, sferzarono il terreno fra i due giovani come una frusta, sollevando in un turbine foglie secche e rami spezzati.
Koji si alzò in piedi e guardò allibito quella ragazza priva di vestiti, i cui capelli si agitavano come serpenti pronti ad attaccare.
Sul volto di una perfezione assoluta, aleggiava un sorriso beffardo
- Vorrà dire che tu sarai il primo e poi finirò di occuparmi del tuo amico - gli mormorò con quella strana voce, che aveva un non so che di sensuale e letale allo stesso tempo.
Il giovane indietreggiò cercando di prendere tempo.
Lanciò un’occhiata verso Tetsuya, che giaceva un po’ più in là nuovamente svenuto: dai suoi jeans spuntava l’impugnatura di una pistola.
Scartò agilmente di lato, gettandosi a terra e riuscendo ad afferrare l’arma, ma qualcosa lo colpì facendogliela cadere dalla mano, che iniziò a sanguinare copiosamentemente.
Koji si sollevò sulle ginocchia, stringendosi l’arto ferito al petto
- Sciocco umano! Cosa credevi di fare? - rise la fanciulla
- Maledetta strega...- ringhiò, mentre sentiva una rabbia incontenibile montargli dentro.
Stava succedendo.
Stava succedendo di nuovo.
Koji cercò disperatamente di controllarsi
- No..no..- balbettò, fremendo dalla testa ai piedi
- MUORI ! - urlò la donna, mentre i suoi capelli iniziavano a vorticare in direzione del giovane.
Improvvisamente un raggio luminoso di colore blu la colpì alla schiena: con un grido straziante, la creatura si dissolse nel nulla.
Un uomo avanzò con un’arma in pugno.
Indossava una strana tuta con delle ali disegnate sul petto ed il volto era celato da una specie di elmo.
Koji si rimise in piedi, preparandosi ad affrontare il nuovo venuto.
Era riuscito a domare in qualche modo quel mostro che portava dentro di sé, ma ora era stremato, come se le sue energie fossero state risucchiate completamente.
Le gambe cedettero e si ritrovò seduto a terra.
Lo sconosciuto si avvicinò e gli si inginocchiò accanto
- Stai bene Koji? - disse sollevando la visiera e rivelando così la sua identità
- Da...Daisuke? -
Il giovane fleediano annuì, sorridendo di fronte all’espressione sbalordita dell’amico
- Sì, sono io Koji - rispose - Ma il mio vero nome è Duke Fleed -


continua...

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CAPITOLO XIV°: " Grendizer "


Gennosuke Yumi si era alzato molto presto quella mattina e dopo una frugale colazione, consumata in fretta nel proprio studio, si era messo a consultare alcuni dati sul suo pc portatile.
I file riguardavano le analisi effettuate fino a quel momento sul Mazinkaiser.
Scorse velocemente alcune pagine, sorseggiando pensieroso una tazza di caffè, fino a trovare la schermata che lo interessava.
L’immagine mostrava in sezione il possente robot, visto frontalmente e lateralmente.
Lo scienziato ne percorse con lo sguardo tutti i complicati meccanismi interni, soffermandosi infine sul torace dell’automa.
Eccola.
Yumi si chinò in avanti sulla scrivania, avvicinandosi allo schermo e trattenendo involontariamente il respiro.
Agendo con lo zoom, mise a fuoco una massa informe e scura delle dimensioni di un uomo, che si trovava al centro del petto del robot, in coincidenza del sigillo dal quale usciva la Kaiserblade.
L’aveva battezzata la " Zona d’Ombra".
Non aveva peso, non aveva sostanza e non aveva uno scopo apparente, era lì e basta, a dispetto di ogni tipo d’indagine messa in atto dalla sua equipe.
L’unico elemento di una certa rilevanza e decisamente inquietante, era stato rilevato durante una ripresa ai raggi x: quella "cosa" pulsava impercettibilmente.
Lo scienziato spense il computer e tornò ad appoggiarsi meditabondo allo schienale della poltrona in pelle sulla quale era seduto.
Koji e Mazinkaiser.
La Zona d’Ombra sembrava essere apparsa in concomitanza alla crisi di follia del ragazzo, ma forse non l’avevano mai notata prima ed in realtà era sempre stata lì, sotto i loro occhi.
L’uomo non sapeva cosa pensare, nessuna ipotesi scientifica gli sembrava plausibile per giustificare gli ultimi avvenimenti.
Questa faccenda rischiava di sconfinare in qualcosa di metafisico, che andava oltre la sua conoscenza.
Il professor Yumi s’alzò dalla sedia, prese la tazza del caffè in una mano ed uscì dalla stanza.
Qualche minuto dopo se ne stava nell’hangar del Kaiser, affacciato ad un loggiato, che percorreva tutto il perimetro dell’ambiente, all’altezza della testa del robot.
Appoggiato con i gomiti alla balaustra s’accese una sigaretta e finì di bere il suo caffè, usando poi la tazza vuota per buttare la cenere.
Se Sayaka lo avesse visto fare una cosa del genere, si sarebbe sicuramente infuriata:
- Papà! Esistono i posacenere per queste cose! E poi stai fumando troppo! - gli avrebbe detto senza mezzi termini, assumendo quella particolare espressione da mammina, che rimprovera un figlio indisciplinato.
Lo scienziato sorrise a quel pensiero e nello stesso tempo provò un po’ di nostalgia per l’assenza di quella figlia così esuberante.
Ormai era più di un mese che non la vedeva.
La ragazza aveva scelto di stare con Koji e l’uomo sapeva che nulla le avrebbe fatto cambiare idea in proposito: quando voleva era più caparbia di un mulo.
Tuttavia doveva parlarle.
Aveva intuito, che il legame affettivo fra i due giovani si era ulteriormente approfondito, soprattutto nell’ultimo periodo, ma non ne era contento, nonostante considerasse Koji come un figlio.
Non sapeva cosa le avrebbe detto di preciso, questo genere di discorsi non erano certo il suo forte, ma l’avrebbe senz’altro invitata alla prudenza, vista la piega preoccupante che avevano preso di recente gli eventi.
- Mi odierà per questo - mormorò sottovoce.
Quasi a sottolineare quel pensiero, gli occhi del Mazinkaiser s’illuminarono improvvisamente di fronte a lui.
Un bagliore sinistro baluginò per qualche istante sul volto attonito dello scienziato, squarciando la penombra che regnava nel vasto ambiente e poi disparve.
La tazza scivolò dalla mano dell’uomo, finendo in frantumi molti metri più sotto e l’eco dello schianto rimbalzò più volte sulle pareti metalliche dell’hangar.


- Sto bene Jun, non ti preoccupare... -
Koji entrò in infermeria mentre Tetsuya parlava al cellulare e si fermò discretamente sulla soglia
- Ti dico che sto bene...no...ascolta...non serve che vieni qui... - continuò il giovane, mentre Aika finiva di medicargli il braccio - Lo so...anch’io... - concluse poi addolcendo involontariamente il tono di voce, lanciando nel contempo un’occhiata minacciosa a Koji, che cercava di fare l’indifferente, osservando con grande interesse l’armadietto dei medicinali.
Tetsuya chiuse la comunicazione
- Non fare commenti Kabuto...- mormorò poi
- Non mi permetterei mai...- rispose quest’ultimo sogghignando - Ah....l’amore... -
Lo sguardo torvo di Tetsuya gli fece capire che era meglio non tirare troppo la corda in proposito
- Come sta il nostro paziente Aika? - chiese allora all’infermiera avvicinandosi
- Paziente? Questo giovanotto è tutt’altro che paziente! - sbuffò lei - Non ho mai conosciuto un degente più indisciplinato di lui! A parte te forse -
- Come ve lo devo dire che sto bene? - provò a protestare Tetsuya alzandosi dal letto sul quale era sdraiato e cercando i propri vestiti.
Una fitta al torace e una vertigine improvvisa lo fece desistere immediatamente.
Koji fu lesto a sostenerlo, aiutandolo nuovamente a stendersi
- Forse è meglio che ti rimetti giù - provò a suggerirgli
- Su questo non c’è dubbio signor Tsurugi! - sottolineò l’infermiera, mentre gli tastava il polso - Il dottore la vuole tenere sotto osservazione per almeno un paio di giorni ed inoltre le ha prescritto assoluto riposo! -
Tetsuya fece un flebile tentativo di replica, ma un’occhiata severa della donna lo fece ammutolire.
Koji rise di gusto
- E’ inutile Tetsuya, con lei non riuscirai mai a spuntarla! -
- Vedi di non fare tanto lo spiritoso giovanotto - lo rimproverò l’infermiera - Più tardi aspetto anche te per cambiare quelle medicazioni -
Koji si guardò le mani fasciate: tirando fuori Tetsuya dal furgone in fiamme, si era procurato delle ustioni e dove era stato ferito dalla donna androide, aveva anche qualche punto di sutura
- D’accordo mammina, ma non ti arrabbiare - le disse allora il giovane scoccandole un bacio affettuoso sulla guancia - Ora però dovrei parlare con Tetsuya... -
- Ho capito, ho capito - disse Aika arrossendo come una ragazzina - Vi lascio soli, ma non lo stancare troppo, capito Koji? -
- Promesso! - rispose lui, mentre l’infermiera usciva dalla stanza
- Adesso te la fai con le donne di mezz’età Kabuto? - ironizzò dopo un po’ Tetsuya, facendo appello alla sua consueta ruvidezza.
In quel momento, l’idea di una conversazione privata con Koji, lo faceva sentire decisamente a disagio.
Quest’ultimo non replicò, limitandosi a prendere una sedia ed accomodandosi a fianco del letto.
- Che mi dici di Shiro? - chiese allora Tetsuya per rompere quel silenzio imbarazzante
- Sta bene e ha chiesto di te - rispose Koji - Ha passato brutti momenti ed è un po’ provato, ma niente di grave per fortuna -
- Bene...-
- Già...-
Di nuovo silenzio
- Ok - sbottò infine Tetsuya, spazientito da quella specie di rimpiattino verbale - Mettiamo le carte in tavola. Cosa vuoi Kabuto? - chiese - Se ti aspetti un ringraziamento per avermi salvato, ti sbagli di grosso, me la sarei comunque cavata benissimo da solo! - sapeva che non era vero, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a Koji, nemmeno sotto tortura
- Non è la tua riconoscenza che voglio - replicò l’altro guardandolo negli occhi con un’espressione di amara ironia - Ma una promessa -
- Che genere di promessa? -
- Se dovesse succedermi qualcosa...sì...insomma...mi prometti che ti prenderai cura di Shiro? -
Il pilota del Great Mazinger aggrottò le sopracciglia in un moto di stupore
- Perché mi chiedi questo Kabuto? -
- Devi solo dire sì o no - incalzò il giovane
- Che razza di discorsi...Shiro è come un fratello per me! -
- E’ tutto quello che volevo sapere - sorrise Koji alzandosi dalla sedia ed avviandosi verso l’uscita dell’infermeria, ma arrivato sulla soglia gli rivolse nuovamente la parola
- A proposito...io non ti odio Tetsuya - mormorò aprendo la porta - Io t’invidio -
- Come sarebbe a dire? Tu...tu invidi me? - balbettò Tetsuya sbigottito - Aspetta maledizione! Dove vai? Torna qui! Kabuto! -
Koji si chiuse la porta alle spalle.


Re Vega sganciò la fibbia del mantello, gettandolo distrattamente da una parte, quindi s’accomodò in un’ampia poltrona di fronte ad una vetrata panoramica, che consentiva di vedere all’esterno della base Skull Moon.
Una donna piuttosto anziana gli si avvicinò quasi immediatamente, porgendogli una coppa colma di un liquore dal colore verde smeraldo ed inchinandosi in attesa di ulteriori ordini
- Le serve qualcos’altro Vostra Maestà? - chiese umilmente
- No Kyara - rispose il sovrano guardando quasi con affetto quella vecchia, che lo serviva ormai da tempo immemorabile - Non ho bisogno di nulla, vai pure a riposare -
- Grazie Maestà, le auguro la buonanotte - lo salutò lei, raccogliendo il mantello da terra ed abbassando le luci prima di uscire dalla stanza
Il Re rimase solo nella semioscurità
- Attivare lo schermo - ordinò, agendo sui comandi vocali del computer principale.
Subito, un ampio display scese a prendere il posto della vetrata.
Il cielo nero ed i crateri della superficie lunare furono sostituiti dall’immagine di quell’incredibile pianeta azzurro.
La Terra.
Provò una sorta di commozione nel vedere quella sorta di gemma che brillava nell’oscurità dello spazio, l’emozione che si prova tornando a casa dopo molto tempo.
La Terra.
Finalmente.
"E’ splendida non trovi?" disse una voce, insinuandosi improvvisa nei suoi pensieri.
La Voce
- Sì...bellissima...- mormorò il sovrano colto di sorpresa, ma nemmeno troppo.
La mano che reggeva il calice, tremò impercettibilmente
" Ti sto aspettando... " continuò la Voce.
Il medaglione che il re portava al collo, infilato in una lunga catena che gli ricadeva sul petto, iniziò ad emanare uno strana luminescenza dorata.
Lo afferrò, stringendolo per un attimo nel palmo della mano, poi rimase a guardarlo affascinato, come la prima volta che ne era entrato in possesso.

Era solo un bambino allora, l’unico figlio del sovrano di Vega, l’erede al trono.
Per lui non c’erano stati svaghi, ma solo disciplina ferrea.
Mentre i suoi coetanei pensavano a giocare, lui passava il suo tempo studiando l’arte della guerra, la strategia e tutto quello che, secondo suo padre, doveva renderlo un grande guerriero ed un Re degno di tale nome.
Non aveva amici e non poteva vedere sua madre se non da lontano, ma nonostante questo aveva imparato a non sentirsi solo.
Sentimenti come l’amicizia o l’amore erano considerati solo debolezze da parte di suo padre
- La debolezza ti uccide! - continuava a ripetergli ad ogni occasione - La debolezza è per le femmine e per i vigliacchi! -
A metà della stagione fredda, la Regina era morta in circostanze misteriose: i servitori l’avevano trovata nel suo letto con gli occhi sbarrati e le labbra violacee.
Qualcuno aveva parlato di veleno.
Alle sue esequie non gli era stato concesso di versare nemmeno una lacrima.
Quel giorno il giovane principe si era reso conto di quanto gli fosse mancato l’affetto di sua madre e di quanto odiasse suo padre.
Il sospetto che l’avesse uccisa lui non lo abbandonò mai.
Dopo quell’evento aveva preso l’abitudine di fuggire al controllo dei suoi precettori, passando quelle ore di libertà ad esplorare i vasti dintorni del palazzo reale.
Durante una di queste perlustrazioni, nel folto di un bosco, aveva scovato l’ingresso di una grotta, parzialmente celata da folti rampicanti irti di spine.
Facendosi strada a fatica con l’aiuto di un pugnale, era riuscito ad entrare ed aveva scoperto che si trattava di una specie di piccolo tempio abbandonato, nel mezzo del quale spiccava un altare circolare in pietra nera, il cui basamento era ricoperto da strani bassorilievi.
Era lì che la Voce si era fatta sentire per la prima volta
" Benvenuto...ti stavo aspettando..." aveva sussurrato nella sua testa
- Chi...chi sei? - aveva chiesto indietreggiando spaventato
" Non aver paura, sono un amico e per dimostrartelo ti farò un regalo..."
- Che genere di regalo? - aveva mormorato un po’ titubante: quella voce era molto suadente
" Avvicinati all’altare e vedrai..."
Accostandosi con prudenza, tenendo il pugnale puntato davanti a sé, lo aveva visto: al centro di quella superficie marmorea brillava un medaglione d’oro
" Prendilo...è tuo "
Dopo una breve incertezza, lo aveva preso fra le mani e rimirato a lungo, sfiorandolo con la punta delle dita.
Era un cerchio con all’interno una stella, una stella a quattro punte.
Ancora non lo sapeva, ma quella stella sarebbe diventata il simbolo del suo potere, l’emblema dell’Impero di Vega.
Un’altra cosa non sapeva: la Voce l’avrebbe accompagnato per il resto dei suoi giorni, aiutandolo, o meglio spingendolo a diventare quello che era adesso.

Re Vega terminò il suo liquore in un unico sorso, tornando a posare lo sguardo sul Pianeta Azzurro , che campeggiava in mezzo allo schermo.
Presto anche la Terra sarebbe diventata parte del suo dominio e lì avrebbe trovato quelle risposte che cercava da sempre.
La Voce lo aveva condotto fin lì e finalmente ne avrebbe scoperto la ragione
" Capirai....." lo rassicurò la Voce " Però non sarà facile... lui è qui. Lo sai vero? "
- Grendizer non sarà un problema, come non lo è stato su Fleed! - esclamò con rabbia il sovrano, scagliando la coppa vuota sul pavimento.
Invece era stato un problema, altro che! Un grosso problema.
Barendos se l’era lasciato sfuggire, ma non sarebbe accaduto di nuovo
" Non lo sottovalutare...stavolta Duke Fleed avrà dei potenti alleati "
- Nessuno può contrastare le mie armate! - dichiarò con convinzione il Re.
La Voce sghignazzò divertita
" Credi? Ci sono in gioco forze che non puoi nemmeno immaginare...ma presto avrai anche tu un alleato "
- Io non ho bisogno di alleati! -
" TU FARAI QUELLO CHE TI DICO! " gli sibilò la Voce.
Re Vega non replicò.


Seduto al tavolo del suo salottino privato, Genzo Umon versò del the per sé e per suo figlio, che se ne stava in piedi affacciato alla finestra, seguendo assorto il volo di un falco.
Il rapace volteggiò a lungo in ampi cerchi sopra il bosco che circondava il Centro, poi calò improvvisamente in picchiata, sparendo alla vista.
Daisuke lo vide riemergere alcuni istanti dopo dalla vegetazione ed allontanarsi rapidamente, reggendo qualcosa fra gli artigli
- Daisuke? -
Il giovane trasalì involontariamente
- Dimmi padre -
- Sei proprio certo di voler raccontare tutto a Koji? -
- Lo sono - rispose lui convinto - Del resto avevo già preso la mia decisione in proposito e poi a questo punto temo di non avere altra scelta -
Lo scienziato annuì in silenzio: confidava del giudizio di suo figlio e se riteneva che il giovane Kabuto potesse essere messo a conoscenza della sua origine extraterrestre, era d’accordo con lui
- E Tsurugi? - chiese allora l’uomo - Sei sicuro che non ti abbia visto? -
- Era privo di sensi - rispose il giovane, andando a sedersi di fronte a suo padre - Non si è accorto di nulla -
- Meglio così - dichiarò sollevato Umon - Meno gente è a conoscenza della cosa e meglio è -
In quel momento qualcuno bussò alla porta
- Eccolo! Fallo entrare Daisuke -


- Tetsuyaaaaaaaaaaa! -
Shiro entrò di corsa in infermeria, accompagnato da Sayaka e piombò felice sul letto del giovane
- Piano...piano piccoletto...così mi fai male... - cercò di frenarlo il pilota del Great Mazinger, mentre le sue costole protestavano vibratamente sotto l’impeto affettuoso del bambino
- Come ti senti Tetsuya? - s’informò Sayaka avvicinandosi al letto
- Direi che "frullato" renda bene l’idea - rispose lui sfoderando un sorrisetto ironico - Ma immagino che poteva andarmi peggio -
- Koji mi ha raccontato quello che è successo - mormorò la ragazza - Sei stato fortunato... -
- Diciamo pure così - replicò seccamente il giovane, immaginando già il genere di versione fornita da Kabuto su quanto accaduto - Adesso il tuo Koji può vantarsi di avermi salvato la vita -
Sayaka non replicò, ma gli lanciò un’occhiata velata di rimprovero
- Si tratta ancora del Dottor Hell vero? - intervenne Shiro
- Temo di sì piccoletto - gli rispose Tetsuya arruffandogli i capelli con un gesto fraterno - Quella donna con il vestito rosso doveva essere un suo nuovo emissario -
- Una donna? - chiese Sayaka incuriosita
- Sì - confermò il giovane - Ho sentito che la chiamavano Marchesa Yanus -
Una fitta improvvisa in mezzo agli occhi, gli strappò una smorfia di dolore
- Tutto ok? - s’informò la ragazza preoccupata
- Non è nulla...solo un po’ di emicrania - rispose il giovane massaggiandosi la fronte con una mano
- Vado a chiamare il medico -
- No! - la bloccò Tetsuya - Non serve, è solo un po’ di stanchezza, dopo una bella dormita tornerò come nuovo -
- Coraggio Shiro, andiamo! - disse allora la ragazza - Tetsuya deve riposare adesso! -
Il ragazzino annuì e s’avviò a malincuore verso la porta della stanza
- A più tardi Tetsuya - lo salutò prima di uscire.
Quest’ultimo rispose con un cenno della mano.
La ragazza fece per seguirlo
- Aspetta Sayaka - la richiamò il giovane - Io...io volevo chiederti scusa per il commento di prima...se non era per Koji a quest’ora... -
Sayaka lo guardò stupita: Tetsuya Tsurugi che chiedeva scusa era davvero un evento raro
- Naturalmente...- continuò il giovane
- Naturalmente questa conversazione sarà il nostro piccolo segreto - terminò per lui la ragazza con un sorriso
- Sì ecco...era più o meno quello che intendevo dire - grugnì Tetsuya.
A quel punto Sayaka fece una cosa inaspettata: tornò verso il letto e si chinò verso di lui, sfiorandogli la guancia con un bacio leggero
- Lo sai Tetsuya? Infondo tu e Koji non siete poi così diversi - sussurrò divertita di fronte all’improvviso imbarazzo del giovane - Di certo siete entrambi ostinati come muli e troppo orgogliosi per ammettere che vi volete bene come fratelli, ma io sono certa che quando ce ne sarà bisogno, anche tu sarai lì per aiutarlo -
Tetsuya guardò meravigliato la ragazza: l’aveva sempre considerata un po’ sciocca ed infantile, ma ora, per la prima volta, gli appariva sotto una luce diversa.
- Koji avrà bisogno anche di tutto il tuo sostegno Sayaka - le disse scrutandola in viso.
Il tono era grave, ma gentile
- Lo so - annuì lei con gli occhi improvvisamente lucidi - Ma io...io ho paura Tetsuya... -
Il giovane le strinse una mano, ma non seppe cosa rispondere.


Il ragazzo esitò qualche istante prima di bussare.
Era piuttosto teso, ma nello stesso tempo dannatamente curioso di sapere quello che doveva dirgli Daisuke.
Fu proprio lui ad aprirgli la porta
- Accomodati pure Koji - lo invitò il dottor Umon
- Grazie...-
Lo scienziato non poté fare a meno di notare il suo nervosismo
- Le tue mani? - gli chiese allora per alleviare un po’ la tensione
- Niente di grave, guariranno presto -
- Tetsuya? -
- Sta già facendo arrabbiare Aika - sorrise Koji - Presto sarà di nuovo in forma -
- Mi fa piacere - dichiarò l’uomo - Fortunatamente non è successo nulla di grave -
- Già...però resta il fatto che il Dottor Hell sia tornato a farsi vivo - mormorò Koji rabbuiandosi in volto - A volte mi domando se questa guerra avrà mai fine -
- Temo che fra breve avremo un’altra grave minaccia da affrontare - intervenne Daisuke alle sue spalle.
Koji si voltò a guardarlo con aria interrogativa
- Che intendi dire? - gli chiese
- Coraggio Daisuke - disse Umon alzandosi e posandogli una mano sulla spalla - Racconta -
- Prima credo sia meglio che Koji veda Grendizer - rispose il giovane fleediano - Così mi sarà più facile spiegargli la situazione -
- Hai ragione figliolo - annuì suo padre - Vieni con noi Koji - disse poi rivolgendosi al ragazzo
- Grendizer? - domandò quest’ultimo, accodandosi ai due che erano usciti dalla stanza e si erano avviati lungo il corridoio - Cos’è Grendizer? -
- Presto avrai le risposte che cerchi Koji - gli rispose Daisuke.
Il ragazzo seguì Umon e suo figlio senza più fiatare.


Rimasto solo Tetsuya si massaggiò stancamente le tempie.
Il dolore alla testa era più forte di quanto avesse voluto ammettere con Sayaka, tanto che adesso gli dava fastidio persino la luce.
Semiseduto nel letto, appoggiò la testa al cuscino e provò a chiudere gli occhi, nella speranza di trovare un po’ di sollievo.
Pensò che probabilmente, era la conseguenza del colpo ricevuto alla nuca quando era stato catturato, oppure dello schianto col furgone.
A dire il vero, aveva le idee piuttosto confuse su quanto accaduto dopo l’agguato: ricordava solo il suo risveglio legato al lettino e la successiva fuga
"Rilassati ragazzo...sarà meno doloroso..."
La voce beffarda della donna dall’abito rosso s’insinuò per un istante nei suoi pensieri, ma fu subito cancellata dall’ennesima fitta in mezzo alla fronte.
Stavolta fu così violenta da fargli lacrimare gli occhi.
Tetsuya respirò a fondo, finché la sentì diminuire d’intensità e poi si ritrovò ad osservare incuriosito una piccola chiazza vermiglia, che andava allargandosi sul suo lenzuolo
- Ma...che diavolo...? -
Un’altra macchiolina perfettamente circolare apparve vicino alla prima, seguita rapidamente da altre tre.
Il giovane si portò istintivamente una mano al volto e la ritirò bagnata del sangue che colava a fiotti dal suo naso.


- Questo...questo è il Grendizer? - balbettò Koji guardando verso l’alto.
Quella cosa incombeva su di lui in tutta la sua imponenza, da una piattaforma alta una decina di metri.
Era un’astronave a forma di disco, come quelle che si vedevano nei film di fantascienza, solo che questa era maledettamente reale.
Il ragazzo giudicò dovesse avere un diametro approssimativo di circa trenta metri, senza contare le due sporgenze laterali, che probabilmente servivano a rendere stabile l’oggetto in volo.
Sul retro intravide due coppie di reattori, ma quello che attirò di più la sua attenzione fu quella strana effige nella parte anteriore: sporgeva appena dal resto della struttura e sembrava una testa.
Guardando meglio, gli sembrò di notare anche due braccia che aderivano alle fiancate del disco
- E’...è enorme... - fu la cosa più intelligente che riuscì a dire non appena si fu ripreso dallo stupore
- E’ Grendizer - replicò semplicemente Daisuke - E’ grazie a lui che sono arrivato sulla Terra -
- Cosa? Arrivato sulla Terra...da dove? -
- Dal mio pianeta, da Fleed -
Kabuto guardò allibito Daisuke: che fosse uno strano giovane lo aveva sempre pensato, ma questo era decisamente troppo.
Inconsciamente cominciò ad indietreggiare verso il Grendizer
- FERMO KOJI! NON TI AVVICINARE! -
- Cos...? - il ragazzo si voltò appena verso l’astronave per capire cosa stesse succedendo, ma Daisuke fu più veloce di lui, afferrandolo bruscamente per la vita e trascinandolo a terra, lontano dalla piattaforma.
Appena in tempo: una potente scarica elettrica s’abbatté improvvisa dove un attimo prima si trovava Koji
- Tutto bene ragazzi? - esclamò preoccupato il dottor Umon, avvicinandosi ai due stesi sul pavimento
- Tutto a posto padre - rispose Daisuke rialzandosi prontamente in piedi
- Anch’io...a posto...credo...- farfugliò Koji sollevandosi sui gomiti ed afferrando la mano che il suo amico gli porgeva
- Hai rischiato grosso Koji, quella scarica poteva ucciderti - gli mormorò quest’ultimo aiutandolo ad alzarsi - Grendizer è protetto da un sofisticato sistema difensivo, solo io posso avvicinarmi -
Koji scrutò attentamente il volto del giovane fleediano, alla ricerca di qualcosa che potesse tradire le sue origini extraterrestri, ma vide solo una grande umanità
- Ma tu...tu chi diavolo sei? - mormorò ad un certo punto - Una specie di alieno? -
Duke Fleed sorrise ed iniziò a raccontare.


- Mi spiace Aika, ho combinato un disastro - si scusò Tetsuya seduto su una sedia, mentre l’infermiera provvedeva a mettere delle lenzuola pulite al letto
- Tranquillo giovanotto - sorrise l’infermiera - Sono cose che succedono -
In quel momento entrò il dottor Yamamoto
- Come va Tetsuya? Ti è passata l’emicrania? -
- Aika mi ha dato qualcosa ed ora si sta attenuando, grazie -
- Bene, sono contento che quello che ti ho prescritto stia facendo effetto - disse il medico - Ho qui i risultati della TAC fatta stamattina - continuò poi
- Allora? - chiese il giovane
- Direi che è tutto a posto, non ho riscontrato nulla di anormale -
- E quell’emorragia dal naso? -
- Solo uno sbalzo repentino della pressione - rispose l’uomo - Probabilmente nei prossimi giorni soffrirai ancora di mal di testa e potresti avere altri episodi simili, in tal caso basterà prendere una delle pastiglie che ti ha dato Aika -
- Capisco...- annuì Tetsuya
- Naturalmente dovrai stare a riposo per un po’ - aggiunse il medico
- Di questo me ne occupo io dottore! - esclamò Aika - Coraggio giovanotto, fila a letto! -
- Ne sono certo - rise Yamamoto.
Tetsuya decise di essere troppo stanco per replicare, così tornò a sdraiarsi.
Poco dopo dormiva profondamente.


Il Conte Blocken percorse il corridoio sotterraneo con una certa inquietudine: odiava quel posto, gli metteva i brividi, ma ormai il Dottor Hell trascorreva la maggior parte del suo tempo là sotto, dietro quel dannato portale e per poterlo vedere doveva scendere per forza in quell’antro.
Gli enormi battenti il legno intarsiato si aprirono al suo cospetto quasi fossero animati da volontà propria e dopo un attimo d’indugio l’uomo entrò
- Sono qui Dottor Hell! -
La sua voce rimbalzò sinistramente sulle pareti e le volte dell’immensa sala, tanto che negli ultimi strascichi dell’eco, assomigliò vagamente ad una risata stridula.
L’uomo scacciò immediatamente quell’idea assurda dalla mente
- Dottor Hell! - chiamò di nuovo, senza riuscire a celare il suo nervosismo
- L’ho sentita Blocken - rispose una ben nota voce di fronte a lui, nel punto in cui c’era una specie di trono di pietra - Venga avanti -
Il Conte attraversò di buon passo il vasto ambiente, illuminato in modo soffuso da un’ignota fonte luminosa, osservando con curiosità sette enormi statue vagamente antropomorfe, che facevano da ala a quella seduta sul trono.
Quest’ultima era leggermente più grande delle altre, con l’aspetto di un antico guerriero in armatura e teneva fra le mani uno spadone puntato verso terra.
Il volto era terrificante.
Blocken distolse subito lo sguardo un po’ intimorito, poi girò attorno al trono e si ritrovò davanti ad un piccolo ingresso, che era più simile ad una fessura nella roccia, ma che dava accesso ad un’altra sala più piccola.
Per entrare dovette chinarsi.
Questa stanza era decisamente molto più piccola dell’altra, quasi claustrofobica e nel mezzo c’era una specie d’altare decorato da bassorilievi, simili a quelli che stavano sul portale.
Le pareti erano ricoperte di affreschi, in parte danneggiati dall’umidità e il Dottor Hell ne stava osservando attentamente uno, sfiorando con le mani le astruse iscrizioni che lo accompagnavano ed annuendo compiaciuto come se ne comprendesse il significato
- Guardi qui Blocken, guardi! - esclamò l’anziano scienziato in preda ad una specie di frenesia - Manca parte del testo, ma la Profezia parla comunque chiaro! -
- Quale profezia? -
Hell sembrò non ascoltarlo, continuando a parlare tra sé e sé come in un delirio
- Il Generale Nero...i suoi Sette Eserciti...sì...è tutto chiaro...il Re dello Spazio...l’Imperatore delle tenebre...ed infine l’Eletto ed i suoi Cavalieri...è tutto scritto qui...l’Eletto dominerà l’Universo -
- Dottor Hell...io non capisco - mormorò Blocken - Chi è l’Eletto? -
Lo scienziato si voltò lentamente verso di lui, mostrandogli un volto più incavato del solito ed uno sguardo allucinato
- Non capisce Blocken? IO sono l’Eletto... -

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 23:10

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kojimaniaca
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CAPITOLO XV°: " La minaccia dallo spazio "


Finalmente suo fratello si era addormentato.
Koji scostò le coperte e scivolò con cautela fuori dal letto, cercando di non svegliarlo, poi s’infilò la giacca del pigiama e si avviò silenziosamente verso la porta della stanza
- Dove vai? - mormorò piano Shiro
Il giovane sussultò come un ladro colto in flagrante e rimase immobile con la mano sulla maniglia , trattenendo per un attimo il respiro
" Beccato..." pensò con disappunto.
Il tentativo di svignarsela senza fare rumore, era fallito miseramente.
Il ragazzino invece, borbottò ancora qualcosa nel sonno e poi si girò dall’altra parte, tirandosi il lenzuolo fin sopra la testa.
Koji tirò un sospiro di sollievo ed uscì nel corridoio privo di illuminazione, chiudendo la porta dietro di sé.
Tenendo come riferimento la parete, proseguì a tastoni verso la stanza di Sayaka, con la speranza di trovarla ancora sveglia e passare con lei il resto della nottata.
Sentiva il bisogno di starle vicino, di tenerla fra le braccia e dimenticare almeno per un po’ l’angoscia che lo attanagliava.
Gli avvenimenti della giornata avevano contribuito ad aumentare in modo esponenziale la sua preoccupazione: l’agguato a Tetsuya e quindi la conferma che il Dottor Hell era ancora vivo; le incredibili rivelazioni di Daisuke e la prospettiva di un’imminente invasione aliena...ce n’era abbastanza per garantirgli parecchie notti insonni.
Ma ciò che lo tormentava di più, era il pensiero di quella cosa che continuava a covare dentro di lui.
Durante l’attacco della donna cyborg, aveva rischiato di esserne nuovamente sopraffatto e solo con un enorme sforzo di volontà era riuscito a ricacciarla indietro, uscendone però esausto.
Se non fosse stato per l’intervento di Daisuke, probabilmente sarebbe stato ucciso assieme a Tetsuya dal biondo sicario di Hell.
Però...e se fosse accaduto mentre era impegnato in un combattimento a bordo del Mazinkaiser?
Sarebbe stato in grado di dominarsi? Oppure si sarebbe trasformato in un demone distruttore, più terribile di quelli che aveva affrontato finora?
La possibilità di una tale evenienza lo fece rabbrividire.
- No! - esclamò sottovoce stringendo i pugni e scuotendo il capo - Non permetterò che accada! Riuscirò controllarmi! - continuò con convinzione, arrivando davanti alla porta della stanza della ragazza e bussando leggermente
- Sì..posso farcela! - sorrise il giovane, ritrovando un po’ della sua consueta spavalderia - Saprò affrontare anche questa situazione! -
" Ne sei sicuro? " sussurrò ironicamente una voce alle sue spalle.
Una sensazione di gelo alla nuca lo fece voltare di scatto
- Chi...chi c’è? - esclamò sorpreso, scrutando attentamente e freneticamente nel buio – Sei tu Shiro? Guarda che non è affatto divertente...-
Nessuno.
Rimase in ascolto, cercando di cogliere un qualsiasi rumore, un movimento sospetto...niente.
Koji respirò a fondo, cercando di placare i battiti accelerati del cuore
" Sto cominciando a dare i numeri " pensò, dandosi mentalmente dell’idiota " Adesso ho pure le allucinazioni "
Per tutta risposta una risatina sgradevole echeggiò sommessamente nel silenzio, raggelandogli il sangue nelle vene.
Qualcosa di non ben definito scivolò verso di lui dal fondo del corridoio, facendosi largo fra le ombre della notte.
Decisamente non era suo fratello.
Il ragazzo annaspò all’indietro in preda al panico e s’appoggiò alla porta, che aprendosi inaspettatamente, gli fece perdere l’equilibrio
- Koji! - esclamò spaventata Sayaka, accendendo la luce e guardando il ragazzo che era piombato di schiena sul pavimento della sua camera, trascinando con sé un appendiabiti a cui aveva cercato inutilmente di aggrapparsi
- Sa..Sayaka....- balbettò lui con voce strozzata, sollevandosi sui gomiti e fissando incredulo quel rettangolo spalancato sull’oscurità del corridoio
- Che succede?...Mio Dio...sembra che tu abbia visto un fantasma! - continuò preoccupata la ragazza, osservando prima la porta aperta e poi lo sguardo sgomento del giovane.
Koji non rispose, incapace di articolare alcun suono coerente.
Pensò che forse aveva scorto qualcosa di peggio di un fantasma.


- Sarà contento tenente, finalmente ha ottenuto quel trasferimento a cui teneva tanto -
- Lo sono generale - sorrise Harada, alzandosi dalla sedia sulla quale era stato fatto accomodare circa mezz'ora prima
- Non potevo sperare di meglio -
Quella mattina s'era svegliato di pessimo umore a causa di una fastidiosa emicrania, ma le cose stavano decisamente migliorando.
Hiro Yoshida lo scrutò attentamente da dietro la sua scrivania: perché aveva l'impressione che quel sorriso nascondesse qualcosa di più di una semplice soddisfazione?
- Certo non è esattamente quello che aveva richiesto, ma sono sicuro che occuparsi della sicurezza dell'Istituto di Ricerca Fotoatomica, le darà le gratificazioni che cerca - continuò il generale, cercando invano di capire cosa pensasse quell'uomo dalla faccia di pietra - Non nego però, che all'inizio ho avuto qualche perplessità in proposito, ma a quanto pare lei ha conoscenze molto influenti Harada... -
" Non immagini quanto, maledetto bastardo " pensò l' ufficiale continuando a sorridere " Non immagini quanto..."
- Sarò all'altezza di quest'incarico signore – disse poi senza cambiare espressione e cercando di glissare sulle ultime battute del suo superiore, il cui tono ironico non gli era certo sfuggito - Stia tranquillo! -
Il generale annuì poco convinto.
Di certo Harada s'era sempre dimostrato un ottimo ufficiale, ligio al dovere e con uno stato di servizio senza una pecca, ma giravano strane voci sul suo conto, voci che parlavano di soprusi e metodi poco ortodossi usati con i suoi sottoposti.
Quelle indiscrezioni però non avevano mai trovato una conferma.
Yoshida quindi non aveva alcun motivo valido per opporsi a quel trasferimento
- Bene - replicò allora con un sospiro - Allora contatterò al più presto il professor Yumi per metterlo al corrente del suo arrivo entro questa settimana, nel frattempo avrà la possibilità di scegliere i venti uomini che faranno parte di questa squadra speciale -
- Sissignore -
- Inutile dirle che sarà a completa disposizione di Gennosuke Yumi ed ogni decisione farà capo a lui, chiaro tenente? -
- Chiarissimo -
Seguirono i convenevoli di rito e Tatsuo Harada si congedò dal generale.
Cinque minuti dopo usciva dal Comando Generale delle Forze Armate Internazionali e s'apprestava a salire sulla sua auto, alla guida della quale lo attendeva il sergente Morita
- Dalla sua espressione direi che ha ricevuto belle notizie tenente! - esordì quest'ultimo, scendendo dal mezzo e correndo ad aprire la portiera dalla parte del passeggero.
Harada si tolse il berretto afferrandolo per la visiera e si accomodò sul sedile, lanciando un' ultima occhiata alla facciata dell'edificio di forma esagonale che aveva appena lasciato: il sole di quella limpidissima mattinata di tardo autunno, si rifletteva a specchio sulle sue ampie finestre, facendolo assomigliare ad un grosso diamante
- Ottime notizie sergente, ottime notizie...- rispose Harada prendendo una sigaretta ed infilandosela tra le labbra piegate in un enigmatico sorriso.
Mentre l'accendeva ed aspirava la prima boccata di fumo, pensò che infondo quella giornata non era iniziata poi così male.


- Prendine ancora Tetsuya, non fare complimenti! - disse Hikaru porgendo all'ospite un'altra fetta di torta al cioccolato
- Grazie signorina Makiba, ma in questo momento non riuscirei a mandare giù nemmeno un boccone - rispose il giovane, cercando di declinare il più gentilmente l'offerta.
Aveva mangiato decisamente troppo.
- Signorina Makiba? Ti prego Tetsuya, dammi pure del tu! - si schermì la ragazza
- D'accordo..Hikaru - mormorò lui un po' imbarazzato.
Conosceva quella famiglia solo da qualche giorno e già lo trattavano come uno di casa...non era abituato a tanta ospitalità
- Spero che la cena sia stata di tuo gradimento - indagò timidamente la ragazza
- Era tutto eccezionalmente buono sign...Hikaru , sei davvero una cuoca straordinaria -
- Davvero un'ottima cena Hikaru - intervenne Daisuke dall'altra parte della tavolata - Stasera hai superato te stessa! -
- Sono d'accordo, l'uomo che ti prenderà in moglie sarà davvero fortunato - aggiunse Genzo Umon seduto al suo fianco
A quest'ultimo complimento la ragazza arrossì vistosamente e lanciò un'occhiata fugace verso Daisuke
- Il primo che osa avvicinarsi a mia figlia dovrà fare i conti con me! - sbraitò a quel punto Dambei, alzandosi di scatto dalla sedia e vacillando pericolosamente - Guai a chi tocca la mia bambina! - il volto paonazzo indicava senza ombra di dubbio, che l'uomo era decisamente alticcio
- PAPA'! - sibilò Hikaru.
Sotto lo sguardo minaccioso della figlia, l'ometto ammutolì e tornò a sedersi: era ancora abbastanza sobrio per rendersi conto, che quel tono di voce non prometteva niente di buono
- Se continui così papà, la nostra Hikaru rimarrà zitella - esclamò Goro divertito, mentre divideva con Shiro l'ultima fetta di torta
- GORO! -
Il ragazzino s'affrettò ad abbassare la testa sul suo piatto, infilandosi in bocca un enorme pezzo di dolce .
Far arrabbiare sua sorella non era certo una cosa salutare, c'era il rischio di ritrovarsi a lavare piatti per una settimana
- E comunque dovreste fare i complimenti anche a Sayaka, la torta l'ha fatta lei! - continuò Hikaru
- Per così poco...- arrossì quest'ultima - Hai cucinato tutto tu! -
- In ogni caso propongo un brindisi alle nostre cuoche provette! - intervenne di nuovo Dambei, versandosi dell'altro sakè - Anche se mi sembra che qualcuno non abbia apprezzato molto...- concluse, lanciando un'occhiata in tralice verso Koji.
Tutti si voltarono verso il giovane, che sedeva silenzioso in fondo alla tavolata, fissando come ipnotizzato le fiamme che ardevano nel caminetto acceso in un angolo della sala
- E' vero Koji, non hai mangiato praticamente nulla - osservò dispiaciuta Hikaru.
Silenzio.
Sayaka toccò gentilmente una spalla del giovane
- Koji...- chiamò piano
- Cosa? - esclamò il ragazzo sussultando vistosamente ed uscendo di colpo da quella specie di trance.
Si guardò attorno un po' stupito, rendendosi conto solo in quel momento, di essere al centro dell'attenzione di tutti i presenti
- Che c'è? - chiese titubante e sentendosi decisamente a disagio - Mi sono macchiato da qualche parte? -
- Cos'hai Koji? - provò ad indagare Daisuke - Non hai quasi toccato cibo e non hai detto una parola per tutta la serata -
- Io veramente...-
- Non starai ancora pensando a quello che è successo l'altra notte spero! - s'informò senza tanti complimenti il vecchio Dambei
- Perché? Cosa è successo? - chiese Umon incuriosito
- Koji ha visto un fantasma! - esclamò tutto eccitato Goro - Un fantasma vero! -
- Che sciocchezze! - intervenne in tono pratico Hikaru - Piantala con questa storia del fantasma! Si è trattato semplicemente di suggestione. Questa è una vecchia casa e di notte si sentono i rumori più strani, il buio e l'immaginazione hanno fatto tutto il resto. Gli spettri non esistono Goro! - concluse con l'intenzione di mettere fine a quella discussione, anche perché da un paio di giorni, suo fratello e Shiro non parlavano d'altro.
Non voleva che i due ragazzini si mettessero in testa chissà quali fantasie
- Un momento! - replicò risentito Koji - Io non ho mai parlato di fantasmi o simili...ma c'era qualcuno in quel corridoio, ne sono sicuro! -
- Forse eri ancora un po' teso per l'agguato a Tetsuya...- provò a suggerire Sayaka, cercando la sua mano sotto il tavolo, ma l'occhiata delusa con cui la fulminò il giovane, la fece desistere immediatamente. "Nemmeno tu mi credi": questo diceva quello sguardo.
Il giovane serrò i denti, ripensando con disagio al trambusto che si era creato quella notte a causa sua.
Si erano svegliati tutti e la casa era stata perlustrata da cima a fondo, stanza per stanza.
Le ricerche di un eventuale estraneo si erano estese anche nei dintorni dell'abitazione e nelle stalle, ma senza alcun esito.
Koji si era sentito un perfetto idiota.
- Scusate...- mormorò quindi in tono piatto il giovane, alzandosi da tavola - Non mi sento troppo bene, ho bisogno di prendere un po' d'aria -
- Aspetta, vengo con te! - esclamò Sayaka afferrandogli una mano
- Da solo - replicò lui gentilmente, ma con fermezza, liberandosi dalla presa
- Koji...se ho detto qualcosa che ti ha offeso...- provò a dire Hikaru
- Ho solo voglia di fare due passi, tutto qui - rispose lui, afferrando bruscamente la sua giacca che stava su una sedia lì vicino ed avviandosi deciso verso la porta.
La sua uscita fu accompagnata da un'imbarazzato silenzio
- Credo che andrò anch'io a sgranchirmi le gambe - disse a quel punto Tetsuya, alzandosi ed appoggiando il tovagliolo sulla tavola.
Sayaka lo squadrò preoccupata
- Stai tranquilla - la rassicurò il giovane con un sorriso a fior di labbra - Te lo riporto tutto intero -


- E se Duke Fleed non si fosse rifugiato su questo pianeta?- azzardò Gandal lanciando un'occhiata al suo sovrano, che stava prendendo visione di alcuni dati sul computer - Per quello che ne sappiamo potrebbe essere morto e disperso da qualche parte della galassia con il Grendizer... -
Re Vega finse di non sentire, concentrandosi su quello che stava facendo: lui sapeva perfettamente che il giovane principe era sulla Terra, la Voce era stata chiara in proposito, ma questo non poteva certo dirlo al suo sottoposto.
Il problema era che non sapeva dove si trovasse esattamente.
Su questo punto la Voce non si era pronunciata
- Quell'inetto di Barendos non ha trovato alcun indizio utile in proposito - insistette il Generale - Io penso che abbiamo aspettato abbastanza! -
- Con questo cosa vuole dire Gandal? - replicò seccato il sovrano, fulminandolo con un'occhiata
- Io..io - balbettò quest'ultimo, indietreggiando istintivamente di qualche passo
- Già, perché non lo spieghi anche a me Gandal? - intervenne da dietro la voce famigliare del Comandante Barendos - Sono proprio curioso - continuò, avanzando deciso verso di loro
- Non ti hanno insegnato a bussare? - replicò il Generale guardandolo con evidente disprezzo - Questa era una conversazione privata...-
- Per poter sparlare tranquillamente alle mie spalle? - rispose Barendos con un sorriso ironico - E comunque sappi che sono stato convocato da Sua Maestà! -
- Sto aspettando Gandal - continuò Re Vega fissandolo con severità.
Il Generale deglutì, abbassando il capo e cercando di recuperare un po' di sicurezza.
Quando sollevò di nuovo la testa, i lineamenti del volto avevano preso sembianze prettamente femminili
- Quello che voglio dire è che abbiamo perso abbastanza tempo! - esclamò con enfasi una voce di donna - Dobbiamo attaccare subito, le stupide armi dei terrestri non sono in grado di contrastare i nostri mostri combattenti! -
- Ma Grendizer sì! - ribatté Barendos
- Non ci sono prove che Duke Fleed sia vivo! - replicò Lady Gandal - E comunque, se così fosse, quale sistema migliore per stanarlo, se non un attacco in piena regola? -
- Non si può iniziare un piano d'invasione senza aver valutato tutti i rischi -
- Ma di quali rischi vai blaterando? -
- Sto parlando di questo - rispose Barendos, inserendo alcuni dati nel computer principale.
Alcune immagini raccolte da un satellite spia, scorsero su un grande schermo davanti a loro
- Sembrerebbe un robot da combattimento... - mormorò sorpreso Re Vega, osservando con molto interesse il Great Mazinger ripreso durante un addestramento - Ce ne sono altri? -
- Questo non sono riuscito ancora a scoprirlo mio Signore - rispose sinceramente Barendos - Ma penso che potrebbe avere a che fare con Grendizer -
Gandal, che nel frattempo era tornato alle sue sembianze maschili, preferì non dire nulla
- Potrebbe...- annuì il sovrano - Voi cosa ne pensate Gandal? -
- Penso che al punto in cui siamo, non possiamo escludere alcuna ipotesi - si pronunciò quest'ultimo dopo un attimo di riflessione.
Re Vega lo scrutò un po' sospettoso per quella improvvisa mansuetudine, poi attivò con un gesto un' altro schermo più piccolo alla sua sinistra
- Zuril! - chiamò.
Dopo alcuni istanti, l'immagine del Ministro della Scienza prese forma sul video
- Eccomi mio Sire -
- A che punto siamo con il mostro spaziale? -
- Giru Giru è quasi completato -
- Bene, avvisatemi non appena sarà operativo -
- Sarà fatto Maestà - lo rassicurò Zuril chiudendo il collegamento.
Il sovrano si voltò quindi verso Gandal e Barendos
- Andate anche voi e tenetevi pronti -
I due s'inchinarono e lasciarono la sala.
Re Vega rimase ad osservare pensieroso un fermo immagine del Great Mazinger
..." Non lo sottovalutare...stavolta Duke Fleed avrà dei potenti alleati "...


- Che fai? Mi segui? - chiese Koji senza nemmeno voltarsi.
Tetsuya sorrise tra sé e sé, e raggiunse il giovane che stava ritto sulla riva del fiume, osservandone il vorticare della corrente: le ultime piogge lo avevano ingrossato vistosamente, e nel buio, lo scrosciare impetuoso delle acque, riempiva l'aria di un suono cupo e vagamente minaccioso.
- Chi, io? Perché mai avrei dovuto seguirti? Volevo solo fare una passeggiata - si giustificò il pilota del Great Mazinger sedendosi su un grosso masso lì vicino - Temo di aver un po' esagerato a cena... -
Koji lo squadrò poco convinto
- Ti ha mandato Sayaka vero? - insistette allora, palesemente infastidito dalla sua presenza - Guarda che non era necessario, non ho bisogno della balia -
- Detto da uno che vede i fantasmi suona piuttosto ridicolo...- commentò sarcasticamente Tetsuya.
Una mano lo afferrò senza tanti complimenti per il bavero della giacca impedendogli di terminare la frase.
Tetsuya vide il destro di Koji partire repentino in direzione del suo volto e chiuse gli occhi in attesa dell'impatto con la propria mascella...
Niente.
Anche la presa sotto il suo mento andò allentandosi.
Riaprì gli occhi.
- Ma che sto facendo? - mormorò Koji allontanandosi di qualche passo e guardandosi le mani, come se si trattasse di parti estranee al suo corpo - Che sto facendo? -
Tetsuya s'aggiustò tranquillamente il colletto del giubbotto
- Piuttosto nervosetto Kabuto, eh? -
- Io...io...scusami Tetsuya... -
- Non preoccuparti Kabuto, credo di capire come ti senti - gli rispose quest'ultimo - E comunque sono io che devo scusarmi, ho fatto una battuta infelice -
Koji lo guardò sbalordito
- Sei sicuro di star bene Tetsuya? - chiese, fingendo un tono preoccupato - L'altro giorno devi aver respirato decisamente troppo fumo... -
Tetsuya scoppiò in una fragorosa risata
- Touché! - esclamò dopo un po' il pilota del Great Mazinger riprendendo fiato - Questa me la sono davvero cercata -
Koji accennò suo malgrado un sorriso, ma poi calò un minuto d'imbarazzato silenzio, durante il quale il frastuono del fiume dominò incontrastato.
- Senti Kabuto... - disse ad un certo punto Tetsuya tornato serio - Volevo proseguire con un certo discorso -
- Quale discorso? -
- Quello su Shiro...sul fatto che dovrei prendermi cura di lui... - rispose guardandolo dritto negli occhi.
Koji sospirò e poi sedette stancamente sul masso a fianco del giovane, fissando un punto indefinito fra i ciottoli della riva.
Faceva piuttosto freddo ed il loro respiro si condensava in piccole nuvole di vapore, che la luce di una pallida luna metteva ogni volta in evidenza
- C'è mai stato un momento in cui hai creduto di impazzire? - chiese di punto in bianco il giovane Kabuto.
Tetsuya ripensò involontariamente alla tragica scomparsa dell'unica figura paterna che avesse mai conosciuto in vita sua: lo sconforto ed il rimorso provati allora, avevano rischiato di condurlo alla follia, un baratro dal quale solo l'affetto di Jun era riuscito a strapparlo.
Annuì senza dire nulla
- Ho paura Tetsuya...- mormorò allora Koji, cercando di controllare il tremito nella voce - ...una paura fottuta -


- Se vuoi finisco io... - disse Hikaru a Sayaka, che stava lavando i piatti della cena, mentre lei li asciugava con un panno pulito - ...così puoi andare a cercare Koji -
Non le erano sfuggite le occhiate furtive che la ragazza lanciava di tanto in tanto fuori dalla finestra: la sua preoccupazione era evidente.
Sayaka scosse la testa
- Ha detto che vuole restare solo...- disse passando all'amica un altro bicchiere appena risciacquato - Lo aspetterò qui -
Hikaru la guardò un po' perplessa
- Piuttosto...- continuò Sayaka - Perché non te ne vai di là con gli altri Hikaru? Hai lavorato già così tanto per preparare questa cena, lascia almeno che mi occupi io di rassettare la cucina -
Dal salotto arrivava la voce sguaiata di un ormai ubriaco Dambei che raccontava le sue imprese giovanili nel Texas, quando lavorava in un ranch come mandriano.
Hikaru sapeva quelle storie a memoria, come del resto tutti quelli che conoscevano il vecchio ed infatti poco dopo la voce del piccolo Goro supplicò suo padre di smetterla.
Seguì l'immancabile tiritera sull'ingratitudine dei figli e poi, grazie al cielo, il suono di una chitarra s'insinuò dolcemente nella discussione, finché tutti tacquero, rimanendo in ascolto.
La voce calda e baritonale di Daisuke intonò una romantica ballata country, che parlava di una bella ragazza dagli occhi bruni: Hikaru arrossì senza controllo
- Che aspetti? - le sorrise Sayaka strizzandole un occhio e scacciandola con un gesto della mano - Vai! Vai! -
Hikaru esitò un attimo, ma poi annuì ed appoggiò lo straccio sul lavello
- Grazie Sayaka - le disse, ravvivandosi i capelli con le dita e dirigendosi verso la porta della cucina
- Aspetta Hikaru! - esclamò l'altra - Il grembiule! -
- Ops...già, che sbadata! -
Il grembiule volò su una sedia
- Ancora una cosa...- disse la figlia del professor Yumi, osservando Hikaru con aria critica
- Che c'è? -
- Non va per niente bene, sembri una suora! - esclamò Sayaka avvicinandosi all'amica e slacciandole un paio di bottoni della camicetta, in modo da accentuare maliziosamente la scollatura
- Ma...Sayaka...io...-
- Poche storie! Così sei perfetta ed adesso sbrigati a raggiungere il tuo principe azzurro! - concluse l'altra ridendo compiaciuta.
Hikaru le lanciò un sorriso complice ed uscì dalla cucina quasi danzando.
Sayaka tornò verso il lavandino e prima di iniziare a detergere l'ennesima stoviglia, rivolse uno sguardo pensieroso verso la finestra.


- Che strano...-
Hayashi scrutò perplesso lo schermo del radar: un segnale anomalo s'era acceso per alcuni secondi, per poi sparire altrettanto velocemente
- Cosa c'è di strano? - chiese Yamada stiracchiandosi sulla poltrona della sua postazione di controllo e lanciando un'occhiata annoiata al collega
- Il radar ha rilevato qualcosa - rispose Hayashi
- Davvero? E di che si tratta? - chiese incuriosito l'altro
- Non saprei, la traccia è apparsa solo per qualche istante -
- Un meteorite? -
- Forse...ma...no...eccola di nuovo..anzi...eccole! - esclamò eccitato l'assistente del dottor Umon
- Fa vedere! - disse Yamada avvicinandosi.
Stavolta le tracce erano più di una e si muovevano in formazione dirigendosi verso sud-est rispetto alla loro posizione: i due operatori ne contarono almeno una decina.
- Non sono aerei...troppo veloci - mormorò preoccupato Hayashi
- Tu pensi che...? - chiese titubante Yamada, sistemandosi con mano tremante gli occhiali, che gli stavano scivolando dal naso a causa del sudore
- Penso che sia meglio avvertire il dottor Umon - lo interruppe Hayashi fissando turbato quei puntini luminosi.


- Coraggio, alzati! - disse Tetsuya togliendosi il giubbotto ed appoggiandolo sul masso sul quale era seduto fino a poco prima
- Che...che vuoi fare? - chiese Koji sulla difensiva
- Non c'è niente di meglio di un po' di boxe per scaricare i nervi - rispose il giovane tirando qualche gancio all'aria per riscaldarsi
- Stai scherzando vero? -
- Ti sembra che stia scherzando? - rispose imperturbabile l'altro
- Non farò a pugni con te Tetsuya - dichiarò deciso Koji alzandosi in piedi.
Una mano sul petto gli impedì di allontanarsi
- Dove credi di andare? -
- A casa, non ho nessuna intenzione di battermi - insistette Koji, ma uno spintone lo rimise a sedere senza tanti complimenti
- Non preoccuparti Kabuto, ho promesso a Sayaka che avrei risparmiato il tuo bel faccino - sogghignò Tetsuya - Vedrai, non ti farò troppo male -
- Piantala! - sibilò a quel punto Koji visibilmente irritato - Non provocarmi...-
- Altrimenti? -
- Altrimenti sarò io a cambiarti i connotati -
- Davvero? - rise Tetsuya - Scommetto che riesco a tenerti testa per più di dieci minuti, senza che tu riesca nemmeno a sfiorarmi -
- La vedremo...- mormorò Koji sfilando a sua volta la giacca e preparandosi ad affrontare l'avversario.
- Si dia inizio alle danze allora - sorrise compiaciuto Tetsuya mettendosi in guardia.


- Stanotte verrà la neve - disse Daisuke scostando la tenda e scrutando il cielo attraverso i vetri della finestra
- Dici? - chiese Hikaru avvicinandosi al giovane ed appoggiando i gomiti sul davanzale - Strano, non c'è una nuvola in cielo -
- Guarda quell'alone attorno alla luna - insistette Daisuke, chinandosi su di lei per osservare meglio
- Nevicherà presto, vedrai -
La ragazza non disse nulla, limitandosi ad annuire.
I loro volti erano così vicini che quasi si toccavano ed Hikaru poteva sentire i capelli del giovane sfiorarle la guancia
" Profuma di buono " pensò la ragazza voltandosi appena per osservarne il profilo, mentre Daisuke continuava a parlare con lo sguardo rivolto all'esterno " Sarebbe bello se adesso si girasse a baciarmi..."
Hikaru chiuse gli occhi " Sì...sarebbe fantastico..."
- Ma tu non mi ascolti! - esclamò il giovane con gran disappunto
- Cosa? - sussultò lei, tornando bruscamente alla realtà - Ce...certo che ascoltavo! - balbettò imbarazzata
- Hai detto che stanotte verrà la neve -
Due incredibili occhi blu la fissarono perplessi
- Veramente stavo dicendo, che forse dovrei andare a vedere che fine hanno fatto Koji e Tetsuya...-
" Stupida..stupida " pensò la ragazza, dandosi mentalmente una manata sulla fronte
- Si può sapere cosa state confabulando voi due lì nell'angolo? - gracchiò la voce di Dambei alle loro spalle
- Non mi piace quando state così appiccicati, CHIARO? -
Il vecchio era seduto al tavolo, impegnato in una partita a carte con Umon, Goro e Shiro.
" Siamo alle solite! " pensò Hikaru rivolgendo gli occhi al cielo e mordendosi la lingua per non rispondere male a suo padre
- Stavo dicendo ad Hikaru che stanotte cambierà il tempo - disse semplicemente Daisuke - C'è aria di neve -
- Ma che sciocchezze vai dicendo! - sbraitò il vecchio Makiba - Il meteo non ha previsto alcuna nevicata per almeno un paio di settimane! -
Daisuke non replicò, limitandosi a sorridere: sapeva che era meglio non contraddire Dambei, soprattutto quando aveva qualche bicchierino di troppo in corpo
- Insomma papà! - intervenne sbuffando Goro - Non ti distrarre! Guarda che tocca a te pescare la prossima carta! -
- Calma, calma! - ribatté lui - Ho bisogno di concentrazione! -
- Ma quale concentrazione! Devi solo pescare una carta dal mazzo papà! - replicò esasperato il ragazzino.
Seguì un acceso battibecco, durante il quale Hikaru fece scivolare la sua mano in quella di Daisuke
- Svignamocela! - sussurrò lei - Questo è il momento buono -
Il giovane la seguì senza obiettare.
Cinque minuti dopo camminavano fianco a fianco lungo il recinto dei cavalli
- Mio padre sa essere davvero insopportabile quando ci si mette! -
- Non essere così dura con lui, è solo molto protettivo nei tuoi confronti - provò a giustificarlo Daisuke
- Protettivo? Geloso vorrai dire! Si comporta come se fossi ancora una bambina! - ribatté lei gesticolando furiosa.
Daisuke rise di cuore
- Ecco vedi? Anche tu non mi prendi sul serio! - esclamò un po' risentita la ragazza
- Io ti prendo molto sul serio invece...- le disse lui, guardandola negli occhi con un'espressione indecifrabile.
Hikaru sorpresa mise un piede in fallo.
Daisuke fu lesto a sostenerla per impedirle di cadere.
Un attimo dopo la stringeva a sé, baciandola teneramente.


- Professor Yumi! -
- Che succede Sewashi? - chiese l'uomo entrando di corsa in sala controllo ed avvicinandosi al suo assistente.
L'allarme generale era scattato all'improvviso in tarda serata, distogliendolo dal libro che stava tranquillamente leggendo sdraiato sul suo letto
- Oggetti volanti non identificati in rapido avvicinamento da ovest professore! - spiegò uno degli addetti al radar - Ecco le coordinate esatte -
Lo scienziato controllò perplesso i dati forniti dal computer principale: sicuramente non erano i soliti mostri bio-meccanici del Dottor Hell, troppo piccoli e veloci, ma al momento non poteva escludere alcuna ipotesi
- Qualche problema? - chiese una voce alla loro spalle.
Harada avanzò deciso verso il centro della sala: il tenente s'era insediato con tutti i suoi uomini ormai da tre giorni, prendendo servizio presso l'Istituto
- Forse sì - mormorò Yumi preoccupato, continuando a guardare lo schermo - Dovè Jun? - chiese poi a Sewashi
- Eccomi professore! - esclamò in quel momento la ragazza, facendo il suo ingresso nella stanza.
Jun indossava la sua tuta da combattimento.
Yumi annuì
- Contattate Tetsuya e teniamoci pronti ad ogni evenienza - ordinò allora lo scienziato, accomodandosi nella sua postazione - Stiamo a vedere cosa succede -
- Professor Yumi! - chiamò improvvisamente l'operatore alle comunicazioni - Una chiamata urgente dal Centro di Ricerche Spaziali! -
- Passamela - mormorò l'uomo senza staccare gli occhi dal monitor.


- Che c'è? Sei già stanco? -
Koji, senza fiato e piegato in due per il dolore, non rispose.
L'ultimo pugno di Tetsuya lo aveva raggiunto inesorabile alla bocca dello stomaco ed adesso sentiva l'impellente bisogno di vomitare, cosa che infatti fece poco dopo, trascinandosi carponi verso un albero lì vicino.
Era a pezzi, ma per lo meno Tetsuya era stato di parola...gli aveva risparmiato il volto
" Un vero gentiluomo... " pensò, squassato dagli ultimi conati.
Chissà perché questa cosa gli sembrò particolarmente divertente, tanto da scatenargli un'irrefrenabile ilarità e così Koji s'abbandonò supino fra i ciottoli, ridendo istericamente fino alle lacrime.
Tetsuya lo guardò sorpreso
- Sei impazzito Kabuto? -
A quelle parole Koji rise ancora più forte ed il cipiglio perplesso di Tetsuya fu il colpo di grazia a quel poco di autocontrollo che gli era rimasto.
Il pilota del Great Mazinger scosse sorridendo la testa, poi si lasciò andare faticosamente a fianco di Koji, massaggiandosi la mascella indolenzita e cercando di non dare retta alle proteste che arrivavano da parti insospettabili del suo corpo.
Non era andata proprio come aveva previsto: Kabuto si era difeso piuttosto bene e Tetsuya aveva dovuto impegnarsi parecchio per mandarlo al tappeto
- Sei a pezzi anche tu eh? - chiese Koji fra uno scoppio di risa e l'altro - Cominci ad invecchiare Tsurugi -
- Sarò sempre abbastanza in forma per darti una lezione Kabuto - replicò ironico l'altro - Comunque è stata una bella scazzottata -
Koji annuì, asciugandosi gli occhi e cercando di recuperare un po' di serietà
- Grazie...- mormorò poi sinceramente - Mi sento meglio...se così si può dire -
Tetsuya sbuffò divertito
- Quando vuoi Kabuto - rispose con un ghigno - Sempre a tua disposizione -
Tacquero per un po', seguendo ognuno il filo dei propri pensieri
- Kabuto - disse Tetsuya ad un certo punto
- ...mmmh? -
- L'altro giorno hai detto che m'invidi...posso saperne il motivo? -
Un sorriso malinconico aleggiò per qualche istante sulle labbra di Koji
- T'invidio per tutto il tempo che hai potuto trascorrere con nostro padre - rispose dopo un attimo di riflessione - T'invidio per quello che hai rappresentato per lui -
Tetsuya lo fissò stupito: aveva detto "nostro" padre
- Tu puoi ritenerti fortunato, hai avuto l'opportunità di conoscerlo bene - continuò Koji - Per me non è stato così...ero ancora un bambino quando ho creduto di aver perso entrambi i genitori e mio fratello era appena nato... -
- Questo lo so Kabuto...- provò a dire l'altro
- Allora saprai anche che, mentre papà si prendeva cura di te e di Jun, io e Shiro siamo cresciuti praticamente come due orfani! - lo interruppe bruscamente Koji, alzando involontariamente il tono della voce - Proprio quando avevamo più bisogno di un padre, lui non c'era, capisci Tetsuya? Non c'era! -
Tetsuya percepì una profonda sofferenza in quello sfogo imprevisto e forse anche un rancore mai sviscerato pienamente
- Mi spiace Kabuto...non avevo mai pensato alla situazione in questi termini -
- Non devi dispiacerti, non è colpa tua - rispose Koji con un sospiro - E comunque ormai non ha più importanza -
- Ne ha per me Kabuto! - esclamò inaspettatamente Tetsuya - Tu, Shiro e Jun siete la mia unica famiglia... per quanto mi riguarda potrai sempre contare sulla mia amicizia - continuò il giovane porgendogli la destra
Koji lo guardò piacevolmente sorpreso
- Questo vale anche per me Tetsuya! - esclamò il ragazzo dopo un attimo d'esitazione e stringendo con slancio quella mano che gli veniva tesa.
In quel momento ebbero entrambi la certezza, che lassù da qualche parte Kenzo Kabuto stesse sorridendo.


- Scusami Hikaru...io...io mi sono lasciato trasportare - balbettò Daisuke staccandosi rapidamente da lei.
La ragazza posò la mano sulle labbra del giovane per zittirlo
- Per favore Daisuke, non rovinare tutto - mormorò - Ho desiderato questo momento dalla prima volta che ti ho visto...non rovinare tutto-
- Non fraintendermi Hikaru - cercò di chiarire il giovane - Anch'io lo desideravo da molto tempo -
- Davvero? - chiese lei con malcelata ironia - Allora perché ti giustifichi? -
Lui la guardò dritto negli occhi
- Perché non so se potrò mai ricambiare i sentimenti che tu provi per me Hikaru -
Una folata di vento gelido scompigliò improvvisamente i loro capelli.
Hikaru abbassò lo sguardo imbarazzata
- Spero che adesso mi risparmierai il solito discorsetto di circostanza - disse la ragazza in tono piatto
- Che discorsetto? -
- Quello che dice: per me sei solo un'amica - continuò lei amaramente - Non lo sopporterei...-
Daisuke le scostò gentilmente una ciocca bruna dal viso
- Guardami Hikaru - le disse dolcemente
Seppur riluttante, la ragazza tornò ad incrociare lo sguardo del giovane
- Sono innamorato di te - mormorò semplicemente stringendola al petto - Mi credi? -
- Allora qual'è il problema Daisuke? - sussurrò la ragazza abbandonandosi trepidante fra le sue braccia
- Non capisco...-
- Ci sono troppe cose che non conosci sul mio passato - sospirò il giovane fleediano - Cose che al momento non posso rivelarti -
- Perché? - insistette lei - Perché? -
Ma il giovane non rispose: qualcosa in alto aveva attirato la sua attenzione
Hikaru seguì la direzione dello sguardo di Daisuke e così vide anche lei quello che stava fissando con tanto interesse: uno stormo di strani oggetti luminescenti stava compiendo delle incredibili evoluzioni sopra di loro.
- Mio Dio e quelli cosa sono? - chiese un po' spaventata la ragazza, osservandoli mentre sparivano rapidamente verso l'orizzonte.
Silenzio.
Si girò a cercare Daisuke, ma il giovane era sparito.


Qualcosa vibrò improvvisamente nella tasca interna della sua giacca.
Umon ne estrasse il cellulare e dopo una rapida occhiata al display rispose alla chiamata
- Dimmi Hayashi - disse allontanandosi dal tavolo da gioco e rivolgendo ai presenti un cenno di scusa
- Cosa? - esclamò preoccupato dopo un breve ascolto - Ne sei sicuro? -
Dambei distolse per un attimo lo sguardo dalle carte che teneva in mano ed osservò incuriosito lo scienziato
- D'accordo vengo subito! - concluse poi sbrigativamente Umon, chiudendo la comunicazione
- Qualcosa non va? - chiese il vecchio Makiba
- Devo tornare al Centro - rispose evasivamente lo scienziato, indossando rapidamente il suo cappotto e cercando le chiavi dell'auto - Scusatemi! -


- E quelli che diavolo sono? - esclamò improvvisamente Tetsuya, indicando qualcosa in alto.
Koji impallidì e balzò in piedi per seguir meglio la traiettoria di alcuni oggetti molto luminosi, che volavano in direzione del Fuji.
Di certo non erano aerei: troppo veloci
- Guai - mormorò Koji, mentre un presentimento si faceva largo nei suoi pensieri - Guai grossi -
- Che vuoi dire Kabuto? -
Koji però stava già correndo in direzione della fattoria
- Non ho tempo per spiegarti adesso! - gli urlò - Vieni! Dobbiamo tornare! -
Tetsuya lo seguì senza farsi più domande.


Fu con grande sollievo che Sayaka vide tornare Koji e Tetsuya.
Dopo aver finito di sistemare la cucina, Sayaka era salita in camera sua e senza accendere la luce, si era seduta vicino alla finestra, sbirciando di tanto in tanto all'esterno, in attesa dei due giovani
" Eccoli! " pensò, scostando appena la tenda per osservare meglio " Finalmente! "
All'improvviso un trillo sommesso alle sue spalle, la fece sussultare.
La ragazza afferrò al volo il cellulare che teneva sul comodino e controllò chi la stava chiamando: era suo padre.


- Daisuke! - chiamò trafelato Koji, piombando nel cortile di casa assieme a Tetsuya.
Il giovane era davanti all'ingresso e parlava concitatamente a bassa voce con suo padre
- Cercavo proprio voi ragazzi - disse Umon voltandosi verso di loro - Mi hanno telefonato dal Centro e sembra che alcuni oggetti volanti non identificati si stiano dirigendo verso il monte Fuji -
- Li abbiamo visti anche noi! - esclamò Tetsuya - Erano molto veloci! -
- Non è tutto - continuò l'uomo - Hayashi ha cercato di avvisare anche il professor Yumi, ma la comunicazione si è interrotta quasi subito ed in maniera piuttosto brusca -
- Interrotta? - chiese preoccupato Koji - Che sia successo qualcosa di grave? -
- Kabuto - disse Tetsuya allarmato - Forse sarebbe meglio rientrare all'Istituto -
Il ragazzo annuì, lanciando contemporaneamente un'occhiata a Daisuke
" Sono loro vero? " avrebbe voluto chiedergli " Sono i veghiani "
Lo sguardo con cui lo ricambiò il giovane fleediano fu più che eloquente
- Può prestarci l'elicottero del Centro dottore? - chiese a quel punto in tono pratico Koji
- Certo! - rispose lo scienziato - Salite in auto, vi accompagno! -
- Aspettatemi! - chiamò a gran voce Sayaka uscendo di casa in quel momento - Vengo con voi! -
- Non se ne parla nemmeno! - la bloccò Koji - Tu rimani qui! -
- Ho appena sentito papà - esclamò concitata la ragazza, cercando di divincolarsi dalle braccia del giovane
- L'Istituto è sotto attacco! -
- Sotto attacco dici? Maledizione! - imprecò Koji - Speriamo di arrivare in tempo! -
- Vuoi spicciarti Kabuto? - urlò Tetsuya spazientito
- Arrivo! - rispose Koji, sollevando Sayaka di peso e depositandola senza tanti complimenti sulla veranda
- Tu rimani qui, punto e basta! - le intimò.
La ragazza fece per replicare, ma Koji era già a bordo dell'automobile, dove Daisuke attendeva con il motore acceso.
Il mezzo partì in una nuvola di polvere
- Koji Kabuto ti odio! - gli urlò Sayaka furiosa e poi entrò di corsa in casa.
Poco dopo ne usciva con addosso la tuta da motociclista ed il suo casco sotto il braccio, diretta verso la rimessa dove teneva parcheggiata la moto.
Qualche istante più tardi viaggiava a tutta velocità verso l'Istituto di Ricerca Fotoatomica.


L'auto di Umon guidata da Daisuke, le sfrecciò accanto mentre stava rientrando alla fattoria, abbagliandola per un attimo con i fari.
A bordo le sembrò di vedere anche Koji e Tetsuya.
Hikaru accennò un timido saluto con la mano, ma la macchina proseguì senza rallentare.
La ragazza rimase ad osservare pensierosa i fanalini di coda che sparivano nel buio
" Ma che sta succedendo? " pensò, colta da un senso di vaga inquietudine.
Quando più tardi vide Sayaka uscire da dietro il fienile in sella alla sua moto ed allontanarsi in tutta fretta, capì che stava accadendo qualcosa di grave.


- Mi lasci uscire con Venus professore, la prego! - protestò Jun
Un bagliore accecante, seguito da un boato, le fecero morire le parole in gola, mentre l'intero Istituto veniva scosso fino alle fondamenta dall'ennesimo attacco dei minidischi di Vega.
Yumi strinse nervosamente i braccioli della poltrona su cui era seduto, ma non rispose.
Non se la sentiva di esporre la ragazza a rischi inutili, almeno finché non gli fosse stata più chiara l'origine di quei dischi volanti.
Nonostante le dimensioni ridotte, sembravano dotati di una potenza di fuoco non indifferente e con la prima bordata erano riusciti ad interrompere ogni tipo di comunicazione con l'esterno: l'Istituto era isolato.
Yumi era riuscito a malapena ad avvisare la figlia con il cellulare
- Aspettiamo Tetsuya - disse lo scienziato - Intanto confidiamo nella resistenza della barriera -
- Siete sicuro che riuscirà ad arrivare? - chiese Harada alle sue spalle - Sarà difficile che riesca ad accedere all'Istituto sotto il fuoco nemico -
Il tenente appariva impassibile, quasi indifferente a quello che stava accadendo
- Faremo in modo da dargli tutta la copertura possibile - replicò lo scienziato - L'Istituto è dotato di un ottimo impianto difensivo -
- Professore, siamo riusciti a ripristinare temporaneamente parte delle comunicazioni! - intervenne a quel punto Nossori - C'è una chiamata da parte di Genzo Umon -
L'immagine dello scienziato apparve sullo schermo principale della sala controllo
- Professor Yumi! - esclamò sollevato quest'ultimo - Grazie a Dio state bene! -
- Per il momento sì, ma non so quanto riusciremo a resistere ancora -
- Tenete duro! - replicò Umon - Koji e Tetsuya stanno arrivando a bordo di un elicottero, dovrebbero essere lì a momenti -
" Koji? "
Yumi non aveva pensato all'eventualità che il ragazzo potesse tornare assieme a Tetsuya, ma del resto doveva aspettarselo.
Presto avrebbe dovuto adempiere ad una spiacevole incombenza


- Qui Koji! Rispondete Istituto di Ricerca! - una serie di scariche elettrostatiche furono l'unica risposta al suo appello - Mi sentite? Qui Koji, rispondete per favore! -
- Ancora niente? - chiese Tetsuya, impegnato a pilotare l'elicottero
- No purtroppo - rispose il ragazzo - Speriamo che non sia troppo tardi -
- Non dirlo nemmeno per scherzo Kabuto! - esclamò Tetsuya - Arriveremo in tempo, vedrai! -
- Lo spero - replicò Koji - Ma non puoi farlo volare più veloce questo coso? -
- Sono già al massimo e comunque ci siamo quasi! - disse l'altro facendo un cenno col capo
Koji guardò nella direzione indicata da Tetsuya: stavano sorvolando a bassa quota un fitto bosco di abeti e la sommità dell'Istituto cominciava ad apparire fra le cime degli alberi.
La barriera era innalzata e la flotta nemica stava sottoponendo l'edificio ad un furioso attacco incrociato.


- Perché quel robot non esce? - si chiese perplesso Barendos, osservando su uno schermo i minidischi in azione - Perché non contrattaccano? -
Seduto sulla sua poltrona, Re Vega non rispose, limitandosi a tamburellare con le dita sul tavolo che gli stava di fronte.
Barendos si voltò verso il sovrano: al suo fianco il Ministro Zuril stava controllando i dati trasmessi da una delle navicelle.
Gandal invece, se ne stava seduto in disparte, sorseggiando impassibile del liquore color rubino
- Abbiamo individuato il punto debole di quella barriera difensiva - intervenne Zuril - Fra poco saremo in grado di neutralizzarla! - continuò con aria soddisfatta
- Cosa aspettiamo a far intervenire il mostro spaziale? - chiese a quel punto Gandal.
Barendos lo guardò stupito: per la prima volta la pensavano alla stessa maniera
- Non ancora - mormorò Re vega - Non ancora -


- Dottor Hell! Dottor Hell! - chiamò a gran voce Blocken, fermandosi al centro dell'enorme sala sotterranea e percorrendola con lo sguardo alla ricerca dell'anziano scienziato.
Ci mise un bel po' ad individuarlo in quella semioscurità, ma infine lo vide.
L'uomo stava seduto su uno scranno in pietra, ai piedi della statua più grande ed accarezzava un gatto nero, che gli stava acciambellato in grembo.
Il volto era in ombra e il Conte non riusciva a scorgerne gli occhi, talmente infossati nel volto scarno, da apparire come due orbite vuote.
Lo scienziato sembrò non accorgersi del suo arrivo
- Dottor Hell...- provò ad insistere Blocken
- Cosa vuole Conte? - chiese Hell muovendo appena le labbra.
Blocken rabbrividì al suono di quella voce, ma cercò comunque di darsi un contegno
- Sta succedendo qualcosa d'importante! - disse il Conte eccitato - L'Istituto di Ricerca del professor Yumi è stato attaccato da alcuni ufo! -
Hell accennò una specie di ghigno.
Il felino s' alzò, stiracchiandosi pigramente e saltando giù dalle sue ginocchia.
Blocken lo vide allontanarsi dietro la statua, dove gli parve di notare un lieve movimento ed un fruscio di seta rossa
- E' venuto fin qua solo per dirmi questa cosa Blocken? - mormorò Hell, richiamando di nuovo la sua attenzione
- Ma...come? - balbettò incredulo il Conte - Non le importa di quello che le sto dicendo? -
- Si rilassi Blocken - replicò l'anziano scienziato - So già tutto -


- Come diavolo facciamo ad avvicinarci? - domandò Koji - Quelli ci fanno fuori non appena siamo a tiro! -
- Già - mormorò Tetsuya - Siamo un bersaglio troppo facile, ci vorrebbe un diversivo -
- Hai già qualche idea? -
- Una ne avrei Kabuto, ma non credo che ti piacerà -
Koji sfoderò un sorrisetto ironico
- Abbiamo scelta? -
Tetsuya scosse la testa in segno di diniego
- Appunto...- concluse il giovane Kabuto.


- Professor Yumi, un velivolo si sta avvicinando da nord-ovest! - avvertì Mori Mori dalla postazione radar
- Sembrerebbe un elicottero -
- Devono essere Tetsuya e Koji - esclamò lo scienziato alzandosi di scatto dalla poltrona - Preparatevi ad abbassare la barriera ed a rispondere al fuoco con tutte le armi disponibili -
- Cannoni laser pronti professore! - rispose uno degli assistenti di laboratorio
- Jun! - disse poi lo scienziato rivolgendosi alla ragazza - Esci con Venus e fai il possibile per coprire i ragazzi -
- Ci conti professore! - esclamò lei, avviandosi verso l'uscita della sala controllo
- Jun! - la richiamò l'uomo
- Sì? -
- Stai attenta -


- Sei pronto Kabuto? -
- Sì! - rispose Koji, sistemandosi il paracadute d'emergenza sulle spalle
- Bene! Quando te lo dico lanciati! Ok? -
- D'accordo! - annuì il ragazzo.
Tetsuya s'alzò di quota e puntò diritto verso l'Istituto, inserendo il pilota automatico.
Alcuni ufo si staccarono dal gruppo, con l'intenzione di intercettarli
- Ci hanno visto! - esclamò preoccupato Koji
- Ancora un po'...ancora un po'...- mormorò Tetsuya con i nervi tesi - ORA! -
I due giovani si gettarono nel vuoto ed il velivolo proseguì il suo volo verso i minidischi.
Qualche istante dopo esplodeva in mille pezzi, distrutto dal fuoco nemico.
Koji piombò in malo modo in mezzo a dei cespugli, mentre Tetsuya se la cavò un po' meglio, atterrando pesantemente un po' più in là, su un mucchio di foglie secche accumulate dal vento.
Del resto, il lancio non era stato abbastanza lungo, per permettere ai due giovani un maggior controllo della vela
- Tutto bene Kabuto? - chiese Tetsuya alzandosi in piedi e liberandosi velocemente dal paracadute.
Le imprecazioni che gli arrivarono in risposta furono piuttosto eloquenti.
Poco dopo Koji era comunque al suo fianco
- Abbiamo un centinaio di metri da percorrere su un terreno scoperto - disse Tetsuya, osservando pensieroso il tragitto da lì all'Istituto - Non sarà facile -
- Non sarà facile...a meno che qualche angelo custode non ci dia una mano - sorrise Koji indicando davanti a sé.
La barriera era stata disattivata e Venus era apparsa sul campo di battaglia, riuscendo ad eliminare un paio di minidischi con l'ausilio del Koushiryoku Beam
- E brava la mia Jun! - esclamò soddisfatto Tetsuya - Forza Kabuto, sbrighiamoci! -


- Inviate immediatamente Giru Giru - mormorò Re Vega senza staccare gli occhi dallo schermo principale
- E mandate in appoggio un'altra squadriglia di minidischi -
- Subito vostra Maestà! - esclamò Zuril, trasmettendo l'ordine all'astronave madre, che sostava appena fuori dall'atmosfera terrestre.


Quando vide i due giovani gettarsi con il paracadute,Yumi tirò un sospiro di sollievo
- Fate fuoco con tutte le armi a disposizione! - ordinò - Dobbiamo coprire Koji e Tetsuya -
- Professore - lo interruppe all'improvviso l'operatore radar - Abbiamo un problema...-
- Che genere di problema? -
- Qualcosa si sta avvicinando - rispose l'uomo - Qualcosa di grosso -
- Fa vedere! - disse lo scienziato controllando lo schermo.
Il radar segnalava un oggetto di grandi dimensioni, circondato da una ventina di velivoli più piccoli, che si stava dirigendo verso di loro dall'orbita terrestre.
Adesso ne era sicuro: la nuova minaccia arrivava dallo spazio e non si trattava sicuramente del Dottor Hell.
Gli avvistamenti sempre più numerosi di ufo, verificatisi qualche tempo prima in tutte le parti del mondo, assumevano ora un nuovo significato: spionaggio.
Yumi si voltò a guardare i suoi collaboratori, tutti gli sguardi erano puntati su di lui, in un silenzio carico d'attesa
- Prepariamoci al peggio - mormorò lo scienziato.
Harada sedette tranquillamente in un angolo e s'accese una sigaretta.


- Ci siamo quasi! - urlò Tetsuya per sovrastare il frastuono del bombardamento.
I due giovani avevano ormai raggiunto il perimetro esterno delle mura di recinzione che circondavano l'Istituto, così ne approfittarono per sostare qualche istante e riprendere fiato.
L'aria era quasi irrespirabile a causa del fumo e del calore dei numerosi incendi divampati nella zona dell'attacco, ma questo non impedì loro di proseguire attraverso una falla nel muro, facendosi largo fra le macerie
- Tetsuya! - esclamò ad un certo punto Koji - Guarda là! -
Un minidisco li aveva notati e stava puntando minaccioso su di loro
- Separiamoci! - disse Tetsuya - E' l'unica soluzione! -
- Va bene - rispose l'altro senza fermarsi - In bocca al lupo! -
Il velivolo nemico esitò un attimo, poi deviò rapidamente dirigendosi sul pilota del Great Mazinger, che resosi conto della situazione, cercò di correre il più velocemente possibile, proseguendo a zig zag, in modo da non offrire un facile bersaglio.
Un raggio emesso dalla navicella colpì il terreno a pochi metri da lui, sollevando una massa di detriti che gli piovve addosso scaraventandolo a terra semistordito.
L'ufo atterrò a breve distanza con un lieve ronzio e ne scesero due umanoidi di alta statura, che imbracciavano delle strane armi simili a fucili.
Uno degli alieni s'avvicinò al giovane, che giaceva supino in mezzo alla polvere e provò a toccarlo prudentemente con la punta del piede.
Non ottenendo alcuna reazione si chinò su di lui.
Tetsuya lo afferrò all'improvviso per una caviglia e lo trascinò a terra, strappandogli dalle mani l'arma e usandone il calcio per metterlo fuori combattimento, ma poco dopo si ritrovò con il fucile dell'altro umanoide puntato in mezzo alla fronte
- Buttalo! - gli ordinò con una strana voce metallica e mono tono.
Il giovane ubbidì, scagliando il fucile qualche metro più in là
" Maledizione! " pensò, alzandosi lentamente in piedi e cercando freneticamente un modo per cavarsela da quella situazione.
Un ombra si avvicinò silenziosa e non vista alle spalle dell'alieno
- Non ti muovere! - esclamò quest'ultimo, vedendo Tetsuya sollevarsi da terra - Rimani dove sei! -
Il giovane lo guardò impassibile e dopo aver lanciato un'occhiata furtiva dietro l'umanoide, sfoderò un gran sorriso.
In quel momento, Koji piombò fulmineo sul soldato di Vega, atterrandolo ed ingaggiando con quest'ultimo un furioso corpo a corpo.
Tetsuya si precipitò a raccogliere il fucile dell'altro umanoide
- Spostati Kabuto! - urlò
Koji si divincolò gettandosi di lato.
Un raggio accecante scaturì dall'arma, colpendo a morte l'alieno, che rimase esanime a terra.
- Ma non dovevamo separarci? - chiese ironico Tetsuya, tendendo una mano a Koji per aiutarlo a rialzarsi
- Sai com'è - replicò con lo stesso tono quest'ultimo - Cominciavo già a sentire la tua mancanza -
- Immagino...- rispose sarcastico Tetsuya dandogli una manata fra le scapole - Non perdiamo tempo Kabuto, andiamo! -
I due giovani ripresero la loro corsa verso l'edificio.


- Dottor Umon, altri oggetti non identificati si stanno dirigendo verso l'Istituto di Ricerca Fotoatomica -
avvisò Hayashi inquadrandoli sullo schermo principale
- Quello è un mostro spaziale! - sussultò Daisuke stringendo i pugni - Devo intervenire subito con il Grendizer! -
- Aspetta figliolo, non essere precipitoso - gli disse lo scienziato posandogli una mano sulla spalla - Lascia che se ne occupino Koji e Tetsuya -
- Ma padre...-
- Capisco quello che provi Daisuke, ma se tu ora uscissi con Grendizer, riveleresti a Vega la tua presenza sulla Terra - cercò di dissuaderlo Umon - Aspettiamo e vediamo cosa succede, sono sicuro che quei due ragazzi sapranno cavarsela egregiamente -
- Lo spero padre, lo spero...- mormorò dubbioso il giovane fleediano.


- Tetsuya e Koji sono riusciti ad entrare nell'Istituto - esclamò felice Mori Mori - Sono salvi! -
- Grazie al cielo! - esclamò Yumi - Avvisate Jun ed alzate nuovamente la barriera -
Lo scienziato lasciò la sala controllo e si diresse verso l'hangar del Mazinkaiser, seguito qualche minuto dopo dal tenente Harada.


- Ci vediamo là fuori Kabuto! - lo salutò Tetsuya, infilandosi il casco e dirigendosi verso il tunnel d'accesso al Brain Condor.
Koji ricambiò il saluto, proseguendo di corsa lungo il corridoio che lo avrebbe condotto al Kaiserpilder, finendo di allacciarsi il corpetto della tuta da combattimento.
Qualche istante dopo era di fronte alla porta d'ingresso dell'hangar
- Identificarsi prego - proclamò una voce femminile computerizzata
- Koji Kabuto - disse il ragazzo
- Riconoscimento vocale eseguito - rispose la voce dopo qualche istante - Accesso negato -
- Cosa? - esclamò interdetto il giovane - Come sarebbe a dire accesso negato? -
- Mi dispiace Koji - disse una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò: Gennosuke Yumi gli stava di fronte, con un'espressione del volto indecifrabile
- Che significa tutto questo professore? - chiese allibito - E' uno scherzo vero? -
- Nessuno scherzo Koji - rispose serio l'uomo - Non intendo permetterti di pilotare il Mazinkaiser -
- Ma questo è assurdo! - insistette il ragazzo - Siamo attaccati, io DEVO uscire! -
- Se ne occuperà Tetsuya - continuò lo scienziato senza scomporsi - Dopo quello che ti è successo, ritengo che non sussistano le condizioni psico-fisiche per consentirti di affrontare un combattimento -
- Lei...lei non può farmi questo - balbettò Koji scuotendo la testa incredulo, poi preso da un impeto di rabbia estrasse la pistola a raggi dalla fondina, puntandola sullo scienziato
- Koji! - esclamò Yumi - Non fare sciocchezze! -
- Apra questa dannata porta professore - mormorò il ragazzo con voce cupa ed una luce pericolosa negli occhi - La apra! -
- No! - replicò deciso lo scienziato - Cerca di capire figliolo, non posso -
Koji lo guardò e poi abbassò il braccio sconvolto
- Ma cosa sto facendo? - sussurrò fissando inebetito la pistola - Mi perdoni professore..io...io...-
- Getta quell'arma Kabuto! - urlò perentoria una voce alla sua destra.
Koji si voltò e si ritrovò cinque uomini armati di mitra che lo tenevano sotto tiro.
Uno lo conosceva bene: era il tenente Harada
- Siamo dunque a questo punto? - chiese Koji costernato
- Tenente, faccia abbassare immediatamente le armi ai suoi soldati! - intervenne Yumi - Tutto questo non è necessario! -
- Lo farò non appena Kabuto avrà consegnato la sua - replicò l'ufficiale.
Koji lasciò cadere a terra la sua pistola e in un attimo fu circondato ed immobilizzato senza tanti complimenti dagli uomini del tenente.
Harada raccolse l'arma e gli si avvicinò soddisfatto
- Bravo bambino - gli sussurrò in un orecchio - Bravo, bravo bambino...-
A quelle parole il ragazzo montò su tutte le furie.
In un attimo riuscì a liberarsi dalla presa dei soldati, atterrandone due con una mossa di judo, poi si scagliò verso il tenente afferrandolo per il bavero della giacca e sbattendolo contro una parete, ma gli altri due militari gli furono subito addosso.
Una scarica elettrica gli attraversò improvvisa e dolorosa tutto il corpo, lasciandolo boccheggiante sul pavimento.
Prima di svenire vide solo il sorriso beffardo di Harada e lo strano oggetto che teneva nella mano destra.

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( eventuali commenti nell'apposito topic grazie! :innocent.gif: http://gonagai.forumfree.net/?t=20004611
)

Edited by kojimaniaca - 15/11/2009, 21:21

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Un_destino_gi__tracciato_cap._XV.pdf ( Number of downloads: 15 )

 
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kojimaniaca
view post Posted on 13/8/2009, 14:06     +1   -1




CAPITOLO XVI°: " Sotto attacco "


- FINGER MISSILE! - urlò Jun.
Una raffica di piccoli missili colpì abbattendolo uno dei minidischi, che si schiantò al suolo esplodendo quasi istantaneamente.
" E tre! " esultò fra sé e sé la ragazza, ma due scariche di raggi vegatron la sorpresero all'improvviso alle spalle, facendola gridare di dolore.
Venus vacillò per qualche istante, riuscendo tuttavia a non perdere l'equilibrio; rispose prontamente con un'altra bordata di missili, che però non andarono a segno.
Jun respirò a fondo per riprendersi dallo shock, e per calmare la violenta nausea che la stava assalendo.
Quegli ufo erano sorprendentemente agili, ed il suo robot faticava a respingerne gli attacchi, ma doveva tenere duro, almeno finché Tetsuya e Koji non fossero riusciti a mettersi in salvo nell'Istituto.
Era preoccupata: aveva perso di vista i due giovani già da un po', a causa del buio e della pesante cappa di fumo stagnante sul terreno, che nemmeno i potenti riflettori posti sulla sommità dell'edificio riuscivano a penetrare.
Pregò mentalmente per la loro incolumità.
La luce rossastra proveniente dai roghi, si rifletteva sinistra sul lucido metallo dei minidischi, che le sfrecciavano attorno senza darle tregua, rendendoli simili a dardi infuocati.
Jun era confusa, e cominciava a dare segni di cedimento.
Il nemico si concentrò ancora di più su di lei, dimenticando per qualche istante l'Istituto di Ricerca che, protetto nuovamente dalla barriera, continuava a resistere.
" Buon segno " pensò " I ragazzi devono essere riusciti ad entrare ".
La conferma le arrivò tramite un breve comunicato dalla sala controllo, e la ragazza tirò un sospiro di sollievo.
- Cerca di resistere ancora un po' Jun! - la incitò Mori Mori - Coraggio! -
- Ci provo! - rispose lei - Ma comincio ad essere in difficoltà, sono troppo veloci! -
Venus infatti, colpita a più riprese, piombò sulle ginocchia, incapace di reagire in alcun modo.
Jun cercò di mantenere le braccia del robot incrociate sopra alla testa, per proteggere in qualche modo la cabina di pilotaggio.
La ragazza urlò, non riuscendo più a sopportare gli spasmi che le giungevano ormai da tutto il corpo, ed un nome le uscì come un'invocazione:
- TETSUYAAAAAAAAAA -
- THUNDER BREAK! - le rispose una voce familiare.
La scarica di un fulmine s'abbatté implacabile sul nemico, ed uno dei minidischi, colpito in pieno, si disintegrò nell'aria.
Un altro, preso di striscio, precipitò senza più controllo, finendo lontano in mezzo al bosco, in un crepitare di piante abbattute.
Jun guardò con sollievo quella figura imponente, che si stagliava in modo netto contro la luce dei riflettori.
Gli ufo superstiti si dileguarono in tutta fretta, dirigendosi verso l'alto.
- SCRAMBLE DASH! -
Le ali del Great Mazinger si aprirono, ed il robot si lanciò all'inseguimento del nemico.


Koji spalancò gli occhi, e balzò a sedere sul lettino dell'infermeria, guardandosi attorno un po' confuso.
- Do..dove sono? - mormorò passandosi una mano sulla fronte sudata.
Poi ricordò improvvisamente quello che era successo fuori dall'hangar del Mazinkaiser.
Aveva ancora addosso la sua tuta da combattimento, che qualcuno gli aveva slacciato per denudargli il petto ed applicargli alcuni elettrodi, collegati ad una macchina per monitorare il battito cardiaco.
Il ragazzo se li strappò rabbiosamente di dosso.
- Kabuto... - esclamò titubante una voce al suo fianco - Finalmente ti sei ripreso -
Koji si voltò di scatto.
- Boss! - esclamò piacevolmente sorpreso, trovandosi di fronte il suo corpulento amico ed i suoi inseparabili compagni
- Nuke! Mucha! Ci siete anche voi! Quanto tempo! -
Ma non riuscì a dire altro, travolto da un imbarazzante abbraccio collettivo e da una valanga di parole sconclusionate.
- Ragazzi...piano...ragazzi - balbettò il giovane - Così mi soffocate...fate piano...RAGAZZI... - esclamò ad un certo punto, cercando di sovrastare le voci degli altri - ...BASTA! -
Boss e soci si staccarono da lui, osservandolo in silenzio con un'espressione esageratamente contrita.
Guardando quelle facce avvilite, Koji non poté fare a meno di sorridere, scuotendo la testa divertito.
- Anch'io ho sentito la vostra mancanza amici miei - disse allora sinceramente - Credetemi -
- Kabuto...- provò a dire Boss, cercando le parole più adatte.
- Mi dispiace per quello che ti ho fatto - lo interruppe però Koji, abbassando vergognosamente lo sguardo
- Sayaka mi ha raccontato tutto quello che è successo...mi dispiace -
Boss gli posò una mano sulla spalla.
- Bentornato Kabuto! - disse senza aggiungere altro.
- Bentornato! - gli fecero eco Mucha e Nuke.
In quel momento una forte esplosione fece rimbombare tutta la stanza, ed alcune boccette tintinnarono pericolosamente nell'armadietto dei medicinali: fuori dall'Istituto l'attacco continuava furiosamente.
Koji s'alzò rapidamente dal letto e corse alla finestra.
- Quanto tempo sono rimasto svenuto? - chiese scrutando ansioso all'esterno, ma senza riuscire a vedere nulla , se non il fumo ed il bagliore delle esplosioni.
- Poco più di mezz'ora - rispose Boss.
- Devo assolutamente parlare con il professore! - esclamò Koji, dirigendosi deciso verso la porta dell'ambulatorio.
- Aspetta Kabuto - provò a fermarlo Boss - Non puoi...-
Koji uscì nel corridoio, ma venne bloccato immediatamente da due militari, che stazionavano davanti alla soglia.
-...lasciare l'infermeria - concluse laconico l'amico.
Il giovane Kabuto portò istintivamente la mano destra alla fondina, ma la trovò vuota.
- Lei non è autorizzato ad uscire da questa stanza - dichiarò uno dei soldati, un sergente per la precisione
- La prego di rientrare senza creare problemi -
- Altrimenti? - chiese in tono amaramente ironico Koji - Cosa volete fare? Uccidermi? -
- Kabuto...non fare cose avventate... - balbettò Boss alle sue spalle, preoccupato della piega che stava prendendo la situazione.
- Fossi in lei darei ascolto al suo amico - continuò l'uomo senza scomporsi.
- Stia a sentire sergente...Morita? - chiese Koji, leggendo il cognome del militare stampato sul davanti della mimetica, e cercando di esprimersi con un tono ragionevole - Pretendo di parlare con il professor Yumi! Non avete alcun diritto di tenermi segregato qui dentro! -
L'uomo tacque, osservandolo pensieroso.
Il neon sopra alla loro testa lampeggiò per qualche istante, si spense, e poi si riaccese con qualche incertezza.
Koji si mosse verso il militare.
- Fermo! - intimò il sergente puntandogli la pistola d'ordinanza, ed indietreggiando involontariamente di qualche passo.
- Ho intenzione di andare in sala controllo, che le piaccia o no - mormorò tranquillo il giovane continuando ad avanzare - Se vuole fermarmi, dovrà premere quel grilletto -
Il sergente Morita sostenne per qualche istante lo sguardo deciso del ragazzo, poi si scostò per lasciarlo passare.


Superata una curva, l'Istituto di Ricerca le apparve finalmente in lontananza; Sayaka accostò sul ciglio della strada, scendendo dalla motocicletta e sfilandosi il casco.
- O mio Dio...- mormorò scioccata.
La scena che aveva di fronte aveva dell'apocalittico: l'edificio era illuminato a giorno dai riflettori, e tutt'attorno ardevano diversi incendi, dai quali s'innalzava una densa coltre di fumo.
In mezzo a quell'inferno s'ergeva l'esile figura di Venus, bersagliata senza pietà dai raggi emessi da alcuni oggetti volanti.
- Jun! - esclamò preoccupata la ragazza.
L'amica era evidentemente in difficoltà.
- Resisti Jun! Vengo ad aiutarti! - esclamò la ragazza, tornando in sella ed avviando il motore.
Poco dopo la moto volava nuovamente sull'asfalto.
Mentre accelerava per affrontare un rettilineo, Sayaka si chiese che fine avessero fatto Koji e Tetsuya.


- Eccolo! - esclamò Barendos.
Re Vega si chinò in avanti per osservare meglio lo schermo: il robot terrestre era uscito finalmente allo scoperto, ed aveva abbattuto in pochi istanti due minidischi, lanciandosi subito dopo all'inseguimento dei superstiti in fuga.
- Non mi sembra un granché...- provò a dire Gandal, osservando con una smorfia di sufficienza il robot terrestre, ma un'occhiata in tralice del suo sovrano lo zittì all'istante.
- Lei cosa ne pensa Zuril? - chiese il re, tornando a concentrarsi sulle immagini che scorrevano sul video.
- Per ora non posso pronunciarmi Sire, i dati rilevati fino ad ora sono ancora insufficienti - rispose il Ministro senza staccare lo sguardo dal monitor - Di certo non lo sottovaluterei - continuò, consultando rapidamente le poche informazioni inviate dai due minidischi abbattuti - Sembra dotato di una notevole capacità offensiva -
- Staremo a vedere - mormorò il sovrano pensieroso, tamburellando nervosamente con le dita della mano sul bracciolo della poltrona - Staremo a vedere...-
Re Vega aveva uno spiacevole presentimento.


- Mi sono limitato a fare il mio dovere - disse con freddezza Harada, rispondendo alle rimostranze di un irritato professor Yumi - In quel momento Kabuto stava attentando alla vostra e nostra sicurezza, ho solo eseguito quello che mi è stato ordinato di fare -
- Ma non era necessario tramortirlo a quel modo! - insistette lo scienziato battendo rabbiosamente un pugno sulla consolle che aveva di fronte.
Sewashi, che era seduto lì vicino, sussultò involontariamente.
Tra il personale presente non volava una mosca: l'attenzione di tutti era rivolta ai due uomini che discutevano animatamente in mezzo alla sala controllo.
Qualcuno tossicchiò imbarazzato.
Dall'esterno giungeva quasi per contrasto il frastuono della battaglia.
- Kabuto è pericoloso - insistette Harada senza scomporsi - Voi tutti siete testimoni di quello che potrebbe accadere se il ragazzo perdesse il controllo delle proprie azioni...è questo che volete? -
- Koji è sotto la mia responsabilità - replicò Yumi, sforzandosi di mantenere calmo il tono della voce - E le ricordo che, finché rimarrà presso questo laboratorio, lei è tenuto a sottostare alle mie direttive...non tollererò altre iniziative di questo genere, che sa ben chiaro tenente -
Mori Mori trattenne a stento l'impulso di applaudire: non sopportava quel militare prepotente.
Harada annuì, cercando di mostrare indifferenza, ma dentro di sé ribolliva di rabbia: era chiaro che Yumi intendeva rivolgersi al generale Yoshida.
Doveva essere più prudente, non poteva permettersi di farsi sollevare da quell'incarico.
- Come vuole lei Yumi - replicò quindi in tono piatto - Mi rimetto alle sue decis...-
Una mano lo afferrò improvvisamente per una spalla, obbligandolo a voltarsi.
- No! - urlò Yumi.
Troppo tardi.
Un attimo dopo Harada era a terra, raggiunto da un pugno in pieno volto.
- Questo è il mio ringraziamento per lo scherzetto di prima - dichiarò Koji, chinandosi appena sul militare.
- Che fai Koji? Sei impazzito? Ti sembra questo il momento per attaccare briga? - esclamò Yumi, afferrando bruscamente il ragazzo per un braccio.
- Non ho certo iniziato io! - ribatté seccato il ragazzo, divincolandosi dalla presa.
Gennosuke Yumi evitò di replicare, e si limitò ad allungare una mano al tenente.
- Tutto bene Harada? - chiese.
L'uomo gli lanciò un'occhiata gelida, e poi s'alzò dal pavimento, rifiutando ogni aiuto.
Diede una spolverata alla giacca della divisa, s'aggiustò la cravatta, e poi si toccò il labbro inferiore: sotto le dita percepì una dolorosa tumefazione, dalla quale usciva un filo di sangue.
- Dovrebbe metterci del ghiaccio tenente... - intervenne Mori Mori in tono velatamente canzonatorio.
- Sì sì, del ghiaccio - aggiunse Sewashi annuendo.
Harada finse di non sentire, e s'avvicinò al giovane Kabuto.
- Diciamo che con questa andiamo pari... - mormorò il tenente con un'espressione indecifrabile, guardandolo diritto negli occhi.
- Diciamo pure così - replicò ironico Koji, sostenendo senza batter ciglio lo sguardo dell'uomo che gli stava di fronte - Ma se fossi in lei non ci riproverei...-
- E' una minaccia? - chiese Harada in tono decisamente ostile.
- No - rispose imperturbabile il giovane - E' una promessa -
In quell'istante, la voce dell'operatore addetto al radar risuonò improvvisa e provvidenziale.
- Professor Yumi! - chiamò preoccupato l'uomo - Venga a vedere! -
- Che succede ancora? - chiese lo scienziato, precipitandosi verso lo schermo.
- Ci sono degli altri oggetti non identificati in avvicinamento - rispose l'addetto - Saranno almeno una trentina -
Lo scienziato osservò pensieroso il monitor: era senz'altro un altro stormo di ufo come quelli che stavano tenendo sotto attacco l'Istituto, ma stavolta la flotta era al seguito di un oggetto di grosse dimensioni.


Il velivolo in avaria sorvolò la strada a pochi metri d'altezza, piombando poco dopo in mezzo alla vegetazione, e lasciando dietro si sé una scia infuocata.
Sayaka bloccò la moto in mezzo alla carreggiata, dopo aver leggermente sbandato a causa dello spostamento d'aria, e lo seguì con lo sguardo finché disparve fra gli alberi.
Il rumore dello schianto risuonò cupamente attraverso il terreno.
Il bagliore di un incendio si fece strada fra l'intrico dei rami, ed una colonna di fumo nero s'innalzò verso il cielo notturno.
D'istinto la ragazza tornò a guardare verso l'Istituto: l'edificio le stava ormai di fronte, a circa un miglio di distanza.
Mancava poco ormai.
Proprio in quel momento vide il Great Mazinger alzarsi in volo e lanciarsi all'inseguimento del nemico, scomparendo in pochi istanti nella cappa caliginosa, che stagnava opprimente sull'area dello scontro.
- Tetsuya! - esultò la ragazza, ma all'improvviso fu assalita da un dubbio angosciante: dov'era Koji?
Del Mazinkaiser infatti non v'era alcuna traccia.
Attese speranzosa ancora per qualche istante, scrutando ansiosa in direzione dell'hangar, celato sotto la piscina del laboratorio.
Niente.
Con mano tremante azionò la ricetrasmittente installata sulla sua motocicletta.
- Qui Sayaka - chiamò, sforzandosi di mantenere la calma - Rispondete Istituto di Ricerca -
Alcune scariche elettrostatiche furono l'unica risposta al suo appello, poi il silenzio.
Una folata di vento gelido le sferzò il viso, sibilando sotto la visiera del casco, ed alcuni fiocchi di neve turbinarono di fronte a lei, illuminati dai fari della moto.
- Qui Sayaka - ripeté, deglutendo nervosamente e con un lieve tremito nella voce - Mi senti papà? -
Ancora nulla.
Un movimento furtivo alle sue spalle passò inosservato.
Sayaka fece un ennesimo tentativo, e stavolta finalmente qualcuno rispose.


- Non crederete di svignarvela così? - sibilò tra i denti Tetsuya - Siete veloci, ma non abbastanza - continuò, azionando nuovamente il Thunder Break.
Per il più vicino dei minidischi non ci fu scampo, gli altri quattro ruppero la formazione, dividendosi ed infilandosi in una spessa coltre di nubi.
Il Great Mazinger li seguì senza esitare, sbucando qualche istante dopo molti metri più in alto, in un cielo terso e stellato.
Del nemico nessuna traccia.
Il giovane controllò perplesso il radar: quello che vide lo lasciò senza fiato.
- Porc... - esclamò allibito.
- Attento Tetsuya! - lo avvisò in quel preciso istante la voce allarmata del professor Yumi - Si sta avvicinando un'altra grossa formazione nemica! -
- Ho visto - mormorò cupamente il giovane, stringendo forte la cloche - Ho visto...-


- Mi lasci andare professore! - esclamò Koji cercando lo sguardo dello scienziato - Sono troppi, anche per uno come Tetsuya -
Yumi lanciò un'occhiata pensierosa al ragazzo, e poi tornò a fissare in silenzio lo schermo del radar.
- Dannazione! - imprecò esasperato il giovane - Il mio posto è là fuori! Cosa devo fare per convincerla? -
- Si può sapere che diavolo succede Kabuto? - chiese a quel punto il pilota del Great Mazinger - Che cosa ci fai ancora lì? Hai intenzione di uscire a combattere, oppure devo fare tutto da solo? -
Koji strinse con rabbia i pugni, ma non rispose.
- Professore...- provò ad intervenire Mori Mori - Lo faccia uscire con il Kaiser, la prego...io mi fido di Koji -
- Anch'io ho fiducia nel ragazzo! - esclamò Nossori, mentre Sewashi al suo fianco annuiva vigorosamente.
- Mi dia il permesso di andare professor Yumi, la prego! - insistette Koji - Le dimostrerò che sono ancora in grado di combattere! -
Lo scienziato diede un'altra occhiata al radar, e poi sospirò rassegnato.
- D'accordo - mormorò - Vai pure Koji -
- Grazie! - esultò il ragazzo - Non se ne pentirà! -
- Cosa? - si intromise Harada rivolgendosi a Gennosuke Yumi - Non vorrà consentire a questo psicolabile di salire su quel robot vero? - chiese, indicando Koji con uno sprezzante cenno del capo.
- Psicolabile a chi? - ringhiò il giovane, facendo il gesto di scagliarsi verso il tenente - Maledetto bast... -
Qualcuno però lo trattenne, afferrandolo prontamente per un braccio: era Mori Mori.
- Lascia perdere Koji, così fai solo il suo gioco - gli sussurrò l'uomo in tono gentile.
In quel momento nella sala risuonò una voce famigliare.
- Papà...mi senti? - chiese - Mi sentite? -
- Ma...questa...- mormorò sorpreso il giovane Kabuto - Questa è... -
- C'è qualcuno in ascolto? - continuò la voce, resa incerta da una ricezione disturbata.
- Sayaka! - esclamò il ragazzo - Sei tu Sayaka? -
- Koji! - rispose felice la ragazza - Allora stai bene! Quando ho visto uscire solo Tetsuya con il Great Mazinger, ho pensato che ti fosse successo qualcosa! -
- Quando hai visto cosa? Ma...ma dove sei? - chiese perplesso il giovane.
- Sto arrivando, sono circa ad un miglio dall'Istituto -
- Che cosa? Razza d'incosciente! - l'apostrofò Koji senza tanti complimenti - Torna immediatamente indietro, è pericoloso venire qui! -
- Non ci penso nemmeno! Non ti libererai così facilmente di me Koji Kabuto! -
- Maledizione, vuoi farti ammazzare? - urlò il giovane - Non essere testarda come tuo solito! -
- Koji ha ragione - intervenne Gennosuke Yumi - Ti proibisco di avvicinarti all'Istituto! -
- Ma papà... -
- Niente ma! Voglio che ti allontani immediatamente! -
La ragazza non rispose.
- Mi hai sentito Sayaka? - chiese l'uomo aggrottando le sopracciglia.
- Sayaka! - chiamò preoccupato il giovane Kabuto - Sayaka! Rispondimi Sayaka! -
In quel momento udirono un urlo soffocato, poi più nulla.
Koji si precipitò fuori dalla sala controllo.


Quando se ne era accorta, era già troppo tardi.
L'umanoide le era arrivato alle spalle silenzioso come un gatto, afferrandola brutalmente fra le braccia e tappandole contemporaneamente la bocca.
Sayaka lottò con tutte le sue forze per liberarsi da quella presa d'acciaio, scalciando e cercando di mordere la mano che le impediva di urlare, ma inutilmente.
Un altro di quegli esseri sbucò dal folto della vegetazione, dal luogo in cui era precipitato il minidisco, avvicinandosi zoppicando: doveva essere rimasto ferito nello schianto del mezzo, pensò la ragazza, ma non ebbe tempo per altre supposizioni.
L'alieno le si avvicinò con un piccolo oggetto luminescente in mano, posizionandoglielo con attenzione in mezzo alla fronte.
Sayaka percepì un dolore acuto fra le sopracciglia, poi avvertì uno strano formicolio salirle lungo la spina dorsale, ed all'improvviso perse completamente le forze.
Scivolò a terra come una bambola di pezza, incapace di muovere un muscolo.
Le due creature si chinarono incuriosite su di lei, fissandola con quelle fessure nere che avevano al posto degli occhi, e parlando fra di loro in una lingua sconosciuta.
Terrorizzata, Sayaka cercò disperatamente di non perdere conoscenza, aggrappandosi a quella voce che la chiamava attraverso la ricetrasmittente della motocicletta, e che le arrivava sempre più distorta.
- Ko.....ji - sussurrò, poi piombò nel buio.


Non appena furono ad una distanza ravvicinata, i minidischi, a seguito di un disco molto più grande, cominciarono a fare fuoco sul Great Mazinger, che in un batter d'occhio si ritrovò circondato e sotto un feroce tiro incrociato.
- Dannati moscerini! - esclamò Tetsuya, spazzandone via alcuni con il Breast Burn - Toglietevi di mezzo! -
Le navicelle aliene si dispersero per qualche istante, allontanandosi in varie direzioni, tornando poi alla carica, e continuando a bersagliare il robot terrestre.
Non erano abbastanza potenti per creare grossi problemi, ma erano decisamente troppi, ed evitare di essere colpiti era praticamente impossibile.
Il pilota del Great Mazinger cominciava a sentire tutte le membra intorpidite, ma la cosa che lo inquietava di più era l'astronave più grande, che stazionava sopra di loro, immobile e silenziosa nel cielo notturno, come se fosse in attesa di qualche cosa.
- THUNDER BREAK! - urlò, azionando l'arma e facendo strage fra il nemico.
- KOUSHIRYOKU BEAM! - gli fece eco una voce conosciuta.
Altri minidischi esplosero alle spalle del Great Mazinger.
- Jun! - esclamò piacevolmente sorpreso Tetsuya, mentre Venus s' affiancava al suo robot - Sono felice di vederti! -
- Ho visto che eri in difficoltà, e sono venuta a darti una mano - lo stuzzicò lei.
- In difficoltà? Scherzi? Mi stavo solo scaldando - ribattè lui.
- ATTENTO! - gridò in quel preciso momento la ragazza.
- Cos... -
Il disco più grande aveva iniziato a vorticare rapidamente su se stesso, e si era scagliato improvvisamente sul Great Mazinger, urtandolo violentemente e scaraventandolo molti metri più in basso.
Grazie alla sua abilità di pilota, il giovane riuscì a recuperare velocemente l'assetto di volo, tornando a prendere quota e dirigendosi verso l'ufo, che nel frattempo si era nuovamente fermato, continuando a ruotare sul suo asse.
- Tetsuya! tutto bene? - chiese Jun preoccupata, mentre cercava di tenere a bada i minidischi, ma il giovane non le rispose.
- Vuoi giocare maledetto? - esclamò invece il pilota del Great Mazinger rivolto al nemico - E allora giochiamo...ATOMIC PUNCH! -
I pugni del robot colpirono in rapida sequenza il disco volante nella parte inferiore, ma senza procurargli alcun danno visibile.
Il volto di Tetsuya s'increspò in una smorfia di disappunto.
- Sei un osso duro eh? - mormorò tra sé e sé - Vediamo se questo ti piace... -
Il Great Mazinger si fermò a poca distanza dall'ufo, scaricandogli addosso tutta la potenza del Thunder Break.
Il disco accusò il colpo e vacillò per qualche istante, poi cominciò a cadere, apparentemente fuori controllo, verso il robot terrestre.
Tetsuya si preparò a colpirlo un'altra volta, ma accadde qualcosa d'imprevisto: una fessura si aprì lungo tutta la circonferenza del disco, lasciando intravedere uno strano scintillio.
- Che diavolo succede ades...-
Una testa mostruosa fece capolino azzannando il collo del Great Mazinger, e quattro zampe fuoriuscirono dall'ufo, come se si trattasse del guscio di una tartaruga, agganciando il robot di Tetsuya con dei lunghi artigli.
Così avvinghiati cominciarono a precipitare inesorabilmente verso il suolo.


continua...

Edited by kojimaniaca - 23/1/2010, 23:10

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