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KOJIMANIACA's Graphic Novel: Un destino già tracciato

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kojimaniaca
view post Posted on 24/5/2007, 13:52 by: kojimaniaca     +1   -1




CAPITOLO V°: "Le verità nascoste"

Finita la cena, il giovane Daisuke s'era allontanato a piedi dalla fattoria Shirakawa, dirigendosi senza fretta verso la collina, appena oltre il recinto dei cavalli, sulla sommità della quale si stagliava un solitario albero di ciliegio selvatico.
Daisuke amava quel posto, era uno dei suoi preferiti nei dintorni della fattoria, un piccolo angolo tranquillo dove poteva rifugiarsi quando aveva voglia di starsene un po' da solo.
Talvolta portava con sé la chitarra, dalla quale sapeva abilmente trarre melodie dolci e malinconiche allo stesso tempo, ma non quella sera.
Da qualche giorno era preoccupato senza saperne il motivo.
Aveva il presentimento che stesse per accadere qualcosa d'inquietante ed il riaffacciarsi degli incubi sulla sua esistenza passata ne erano la conferma.
Sentiva che la sua nuova vita come Daisuke Umon, stava per subire una brusco cambiamento.
Il giovane raggiunse la cima della collina e si stese sotto l'albero.
Lì nascosto dall'erba alta, con le mani incrociate dietro la nuca, si mise ad osservare il cielo stellato, che quella sera era particolarmente vivido.
Il frinire dei grilli, lo stormire delle fronde ed il fruscio dell'erba accarezzata dal vento, accompagnavano come una colonna sonora quello spettacolo celeste.
Daisuke si ritrovò a pensare con infinita nostalgia al suo luogo d'origine, la patria a cui ormai non poteva più fare ritorno: il pianeta Fleed.
Una lunga e crudele guerra, perpetrata da uno spietato popolo di conquistatori, lo aveva reso inabitabile a causa delle radiazioni letali di vegatron.
Gli invasori giunti dal pianeta Vega non avevano avuto pietà, sterminando indiscriminatamente uomini, donne e persino bambini.
I pochi sopravvissuti erano stati deportati in campi di detenzione e lavoro forzato, dove il loro destino sarebbe stato anche più crudele della morte stessa.
Daisuke aveva assistito impotente all'assassinio di tutta la sua famiglia.
Solo lui si era salvato.
Solo lui era rimasto in vita e libero a testimoniare tutto quell'orrore.
Lui, Duke Fleed, principe ereditario di una casata che ormai non esisteva più, aveva stretto fra le braccia i corpi straziati e quasi irriconoscibili dei suoi cari, credendo di impazzire per il dolore.
Poi era arrivata la rabbia, cieca, assoluta e seppur gravemente ferito, aveva combattuto fino al limite delle proprie forze, prendendo possesso dell'unica arma in grado di contrastare gli invasori: Grendizer.
Ma non era bastato.
Troppo debole per resistere alla furia del nemico era stato costretto a fuggire dal suo pianeta, finendo alla deriva nello spazio.
Era stato un puro caso a condurlo ormai in fin di vita nei pressi la Terra.
Con la forza della disperazione aveva tentato un atterraggio d'emergenza, precipitando però quasi senza controllo in un angolo remoto del Giappone, dove era stato poi salvato da un uomo speciale.
Genzo Umon, direttore del Centro di Ricerche Spaziali del monte Fuji, si era preso cura di lui senza farsi domande, accogliendolo come un figlio e permettendogli in seguito di ricostruirsi un'esistenza serena.
Quel giorno Duke Fleed era morto e Daisuke Umon aveva preso il suo posto.
Il giovane provava una profonda gratitudine per quell'uomo, per quello che ora considerava a tutti gli effetti come suo padre.
Sollevò da terra la schiena, sostenendosi con i gomiti e guardò in basso verso la fattoria.
Genzo Umon era lì, seduto in veranda con il vecchio Dambei, proprietario della tenuta, a parlare del più e del meno al chiarore di una lanterna.
Daisuke li distingueva chiaramente, anche se, a causa della distanza, non poteva udire la loro conversazione.
Un movimento alle loro spalle catturò il suo sguardo.
Dall'interno della casa vide emergere una ragazza con un vassoio in mano, sul quale erano disposti alcuni bicchieri: si trattava di Hikaru, la graziosa figlia di Dambei seguita poco distante dal fratellino Goro.
Daisuke sorrise.
Quella ragazza gli piaceva molto.
Sentiva che si stava affezionando a lei e forse qualcosa di più, ma il suo carattere riservato gli impediva di manifestare tali sentimenti, preferendo coltivarli dentro di sé.
Proprio in quel momento Hikaru sollevò il viso, guardando in direzione della collina.
Anche se non lo vedeva, sapeva che Daisuke era lì: gli fece un cenno di saluto e poi un altro per invitarlo a scendere
- Ma...come...- esclamò stupito il giovane , arrossendo come se fosse stato sorpreso a spiare.
Poi scosse la testa rassegnato e con una risata s'alzò da terra, avviandosi con animo più sereno giù per la collina, con l'intento di raggiungere gli altri in veranda.
Mentre camminava di buon passo, qualcosa in alto attirò la sua attenzione: un oggetto volante che emanava un tenue bagliore rossastro, attraversò velocissimo il cielo sopra di lui, perdendo inesorabilmente quota ed andando infine a schiantarsi sulla montagna lì vicino, proprio in direzione del Centro di Ricerche Spaziali.
Daisuke udì distintamente il fracasso causato dall'urto.
Anche alla fattoria si erano accorti dell'insolito evento ed ora, affacciati alla veranda, guardavano incuriositi ed un po' impauriti nella direzione in cui l'oggetto misterioso era precipitato.
Il giovane raggiunse di corsa il dottor Umon
- Padre! Hai visto anche tu? - gli disse con tono preoccupato
- Sì, l'ho visto. Cosa credi che sia? Non mi sembrava un aereo - commentò Genzo Umon un po' perplesso
- Ve lo dico io di cosa si tratta: quello è un UFO! - urlò felice Dambei - Finalmente gli alieni hanno deciso di farci visita. EVVIVA! -
- Papà! Piantala di dire sciocchezze e finiscila con questa tua mania per gli ufo - lo rimproverò Hikaru - Gli extraterrestri non esistono!-
A quella affermazione Daisuke e Umon si scambiarono un'occhiata imbarazzata: oltre a quest'ultimo, solo il personale del Centro ed il medico che se ne era preso cura conoscevano la vera identità del giovane fleediano.
- Probabilmente si tratta di qualche velivolo sperimentale dell'esercito, o qualcosa di simile - proseguì la ragazza
- Forse...- disse poco convinto Umon - Ad ogni modo vorrei andare a dare un'occhiata, potrebbe esserci qualcuno che ha bisogno d'aiuto -
- Prendo la jeep - esclamò Daisuke e corse via dietro al fienile.
Poco dopo tornò a bordo del mezzo e fece salire il Dottor Umon
- Non muovetevi da qui! - intimò il ragazzo ad Hikaru - Non sappiamo con cosa abbiamo a che fare ed è meglio che rimaniate al sicuro qua alla fattoria -
Hikaru annuì, un po' sorpresa per il tono perentorio di Daisuke, mentre invece Dambei protestava con veemenza saltellando in giro come un matto
- Non è giusto! Voglio venire anch'io a vedere l'ufo! -
Daisuke non gli diede retta e partì con una sgommata nella direzione dell'oggetto precipitato.

Nell'incubo Koji stava scappando.
Correva con quanto fiato aveva in gola per sfuggire a quella cosa che lo stava braccando e che voleva ucciderlo.
Non riusciva a vederla, ma ne avvertiva l'oscura presenza e l'aura maligna che sembrava pervaderla.
La sensazione era opprimente, quasi soffocante.
Koji ne percepiva l'essenza, ma non poteva girarsi a guardare: doveva continuare a scappare per salvarsi la vita, perché sentiva che se fosse stato raggiunto sarebbe stata la fine.
Una fine atroce.
Non conosceva il luogo dove si trovava e non aveva alcun punto di riferimento, ma procedeva con la forza della disperazione lungo uno stretto sentiero che correva sul fondo di un canyon roccioso.
In alto poteva vedere solo uno spicchio di cielo plumbeo.
All'improvviso si ritrovò sgomento in un vicolo cieco.
Era in trappola e la creatura inesorabilmente lo raggiunse.
Koji si voltò pronto a vendere cara la pelle, ma in un attimo quell'essere gli fu addosso, inchiodandolo al suolo.
Mentre artigli crudeli gli dilaniavano le carni, riuscì a vedere in faccia quella specie di demone...in quel volto Koji riconobbe sé stesso...

Koji aprì gli occhi urlando di terrore.
In un primo momento fece fatica a capire dove si trovasse, il buio era opprimente e la paura gli impediva di ragionare.
Provò a muoversi, ma un dolore lancinante lo fece desistere: istintivamente si portò una mano al petto e la ritirò bagnata di un liquido caldo e vischioso.
"Sangue" pensò "Sono ferito...".
Com'era successo? Non ricordava nulla, nella sua mente c'era il vuoto assoluto, l'ultimo ricordo riguardava lo scontro avuto con Tetsuya nella propria stanza, poi era come se la sua coscienza avesse subito un blackout.
Non riusciva a muovere il braccio sinistro, quindi con l'altra mano cominciò a tastare attorno a sé, per cercare di capire dove fosse.
Era seduto in uno spazio un po' angusto e toccando alcuni strumenti di bordo, capì di essere all'interno del Kaiserpilder, il velivolo però era totalmente inattivo.
Cercò il pulsante per l'apertura d'emergenza e spalancò la calotta del pilder, subito un alito di vento gli sfiorò il volto sudato.
Gli occhi di Koji cominciarono ad abituarsi all'oscurità, così vide che era precipitato in un bosco, in un rovinio di piante abbattute dal passaggio del velivolo.
Attorno si vedeva solo una fitta vegetazione, appena illuminata da una pallida luna piena.
Koij si fece forza e trattenendo a stento i gemiti per il dolore procuratogli dalle ferite, si trascinò fuori dall'abitacolo, scivolando a terra sulle gambe malferme.
Provò a muovere alcuni passi su quel terreno accidentato, ferendosi i piedi nudi sui rami spezzati e le pietre taglienti, ma le forze lo abbandonarono quasi subito e cadde privo di sensi fra le radici contorte degli alberi.

Daisuke guidava veloce e sicuro, conducendo con abilità la jeep lungo quella tortuosa strada di montagna. Erano in viaggio da circa venti minuti ed il luogo dell'impatto non doveva essere lontano.
Il giovane aveva un brutto presentimento, guardò per un attimo verso suo padre, con l'intenzione di esprimergli quell'ansia che provava, ma poi tacque, preferendo rimandare la conversazione.
Strinse forte il volante e scalò la marcia per affrontare l'ennesima curva.

" Koji svegliati"
Era la voce di suo padre, il ragazzo ne era certo
- Papà...- mormorò con un filo di voce, riemergendo dall'incoscienza - Dove sei papà? -
" Sono qui ragazzo mio, vieni..."
Koji sollevò il capo e guardò nella direzione da cui proveniva quella voce.
Suo padre era lì, in basso fra la boscaglia e gli faceva segno di raggiungerlo.
Sollevandosi tremante sulle ginocchia, s'aggrappò con la mano destra al ramo di un albero e poi con uno sforzo sovrumano s'alzò in piedi.
S'incamminò quindi come un automa dietro a quell'apparizione, inoltrandosi faticosamente nella vegetazione, ma senza riuscire ad avvicinarsi
- Aspettami papà! - invocò il ragazzo.
Kenzo Kabuto si voltò, gli sorrise per un attimo e poi sparì nel nulla.
Koji raggiunse affannosamente il luogo in cui suo padre era svanito, lo cercò tutt'attorno, ma non lo vide da nessuna parte.
Qualche metro più sotto, notò che il bosco andava diradando e che s'intravedeva quella che sembrava una strada asfaltata, Koji vi si diresse, dando fondo alle sue ultime energie.

- Dovremmo quasi esserci - disse Genzo Umon rivolgendosi al figlio
- Sì padre, la zona è questa, l'oggetto deve essere precipitato sopra quel costone - rispose Daisuke indicando il luogo con un cenno del capo.
Il dottor Umon guardò nella direzione indicata: la luna piena rendeva il paesaggio quasi irreale, delineando il profilo degli alberi e delle rocce.
All'improvviso Daisuke frenò bruscamente, sterzando nello stesso tempo verso sinistra e bloccandosi di traverso sulla strada.
Subito dopo una curva, i fari della jeep avevano illuminato una persona, che camminava barcollando in mezzo alla carreggiata.

Koji se ne stava in mezzo alla strada con aria smarrita, non sapeva cosa fare né dove andare.
Sfinito e sconfortato, decise d'incamminarsi in una direzione qualunque: sentiva di essere agli sgoccioli, stava perdendo molto sangue e respirare diventava sempre più difficoltoso.
Provava forte il desiderio di lasciarsi andare...forse così non avrebbe provato più alcun dolore...
Il rombo di un motore attirò la sua attenzione, si girò e da una curva sbucarono improvvisi i fari di un'auto, che lo accecarono per qualche secondo.
Il giovane Kabuto si riparò faticosamente gli occhi con la mano destra.
Era una jeep: frenò sterzando, evitandolo per miracolo.
Un uomo ne scese e gli si avvicinò di corsa, seguito da un'altra persona che stava alla guida.
Koji tossì e un fiotto di sangue rosso vivo gli colò dalla bocca, quindi vacillò ormai privo di forze.
Il dottor Umon arrivò giusto in tempo per raccogliere quel ragazzo sanguinante fra le braccia, proprio mentre si stava accasciando, accompagnandolo delicatamente a terra.
Koji guardò stupito quell'uomo che lo teneva stretto a sé e che gli parlava in tono rassicurante...gli occhi gli si riempirono di lacrime
- Papà...ti prego, aiutami...- singhiozzò il ragazzo, poi s'abbandonò stremato, scivolando nell'oscurità.


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Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 22:30

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