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KOJIMANIACA's Graphic Novel: Un destino già tracciato

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kojimaniaca
view post Posted on 25/10/2007, 01:43 by: kojimaniaca     +1   -1




CAPITOLO VII°: "Passato e Presente"

Poco prima delle cinque del mattino, il tenente Tatsuo Harada stava fumando l'ennesima sigaretta nel piazzale antistante L'Istituto di Ricerca Fotoatomica, in attesa dell'elicottero con il quale intendeva proseguire le ricerche del giovane Kabuto, a supporto della squadra che avrebbe operato a terra.
Nonostante avesse dormito a malapena un paio d'ore, l'uomo non mostrava alcun segno di stanchezza ed appariva impeccabile nella sua divisa da ufficiale, tuttavia l'espressione del viso denotava una certa insofferenza.
Il sole stava per sorgere ed i primi raggi illuminavano già la cima del Fuji appena velata da un po' di foschia, l'aria era attraversata dai richiami degli uccelli risvegliati dal chiarore del mattino: si preparava un'altra splendida giornata estiva.
Il tenente fece qualche passo avanti ed indietro per scaricare il nervosismo, poi scrutò attentamente il cielo nella direzione in cui sarebbe dovuto apparire il velivolo che stava aspettando.
Controllò l'orologio da polso: mancavano più di dieci minuti all'ora dell'appuntamento, ma Harada era decisamente impaziente: era determinato a concludere al più presto quella faccenda e mettere così fine a quel dannato incarico che gli era stato assegnato dal generale Yoshida.
Hiro Yoshida era un amico di vecchia data del defunto Kenzo Kabuto ed era in ottimi rapporti anche con il professor Yumi, assieme al quale aveva collaborato in più occasioni nel conflitto contro le armate del Dottor Hell.
Per tale motivo il generale Yoshida si era reso disponibile anche questa volta, inviando uomini e mezzi sotto la supervisione del tenente.
Tatsuo Harada considerava il generale Yoshida un idiota ed un incompetente, ecco la verità! Un generale a capo dell'esercito giapponese, nonché vice comandante delle Forze Armate Internazionali, non doveva a suo giudizio collaborare con dei semplici civili, in operazioni che sarebbero dovute essere di stretta competenza militare.
Quando pensava a quei robot così potenti in mano a dei mocciosi, sentiva salire una rabbia difficile da spiegare: armi micidiali affidate a dei ragazzini che si divertivano a giocare alla guerra...assurdo!
Era convinto in cuor suo, che il Mazinkaiser ed il Great Mazinger dovessero essere requisiti di diritto dall'esercito ed utilizzati da militari addestrati allo scopo, non certo da quel Koji Kabuto o da Tsurugi.
Già...Tetsuya Tsurugi.
Per quest'ultimo poi, il tenente provava una particolare antipatia, peraltro ampiamente ricambiata dal giovane, che non si faceva scrupolo di dimostrarlo apertamente ad ogni occasione.
Era un'ostilità che si trascinava da alcuni anni e che risaliva al periodo in cui Tetsuya era stato inviato dal professor Kabuto ad allenarsi presso il campo d'addestramento comandato dallo stesso tenente Harada.

-ZONA SETTENTRIONALE PREFETTURA DI IWATE: 5 anni prima

I due si erano detestati praticamente da subito.
Harada non sopportava l'idea che il generale Yoshida gli avesse affidato l'addestramento speciale di quel ragazzino dall'aria strafottente e lo sguardo indagatore.
Tetsuya dal canto suo disprezzava i metodi sadici e crudeli con cui quell'uomo arrogante trattava i suoi sottoposti, abusando del suo potere.
Di certo Harada era un uomo più temuto che rispettato.
Comunque, nonostante la particolare durezza di quei mesi di esercitazioni, Tetsuya non aveva mai ceduto allo sconforto o alla collera, dimostrando una notevole maturità, prontezza di spirito e caparbietà, a dispetto delle continue vessazioni del tenente.
Ormai nella squadra non c'era più nessuno che riuscisse a tenergli testa nel combattimento corpo a corpo e nelle arti marziali, tanto che s'era conquistato il rispetto e l'ammirazione di tutti i soldati.
Tutti tranne Tatsuo Harada naturalmente, che dall'alto della sua esperienza aveva deciso di dare una sonora lezione al ragazzo, con l'intenzione di umiliarlo pubblicamente.
Quella mattina il cielo era coperto, non tirava un alito di vento e minacciava pioggia.
Tetsuya ed un nutrito gruppo di reclute erano partiti prima dell'alba per una marcia particolarmente faticosa, che si era svolta su un terreno scosceso fra i boschi ad un paio di miglia dal campo, con il sergente Morita in testa.
Verso mezzogiorno furono finalmente di ritorno alla base, stravolti dalla fatica, con l'unico desiderio di una doccia, un pasto caldo ed un po' di riposo. Quindi, quando il sergente li lasciò in libertà, si diressero stanchi ma felici verso le camerate, conversando allegramente fra loro.
All'improvviso però calò il silenzio.
Ritto davanti alla soglia delle camerate il tenete Harada li stava aspettando, con addosso una mimetica e l'espressione del volto che non prometteva nulla di buono.
I soldati scattarono sull'attenti, mentre Tetsuya si limitò a guardarlo con aria interrogativa tenendo le mani in tasca.
Harada avanzò nel cortile in terra battuta che stava di fronte a dormitori, finché si trovò in mezzo al gruppo di militari, quindi cominciò a parlare:
- So che siete stanchi - esordì il tenente
- So che siete stanchi e non vedete l'ora di posare i vostri zaini e farvi una doccia - continuò con un tono velatamente ironico l'uomo
- Bene, sappiate che non intendo trattenervi molto, desidero solo darvi personalmente una dimostrazione su alcune tecniche di combattimento corpo a corpo. Sarà questione di un quarto d'ora, non di più. -
Le giovani reclute si scambiarono occhiate dubbiose.
Tetsuya ebbe come un presentimento.
- Tsurugi! - chiamò infatti Harada guardando il giovane dritto negli occhi - Ho sentito dire che lei se la cava piuttosto bene con le arti marziali, il sergente mi continua a tessere le sue lodi...le farebbe piacere misurarsi con me? -
Tetsuya osservò attentamente il volto impassibile del tenente: dove voleva andare a parare? Il ragazzo non ne aveva idea. Comunque era esausto, la giornata era particolarmente afosa e lui non aveva nessuna voglia di cimentarsi in un incontro di lotta con quell'uomo (anche se gli avrebbe dato volentieri un bel pugno in faccia), così declinò il più gentilmente possibile l'offerta
- Mi spiace tenente, ma sono piuttosto stanco ed in questo momento desidero solo riposare un po' - rispose Tetsuya girandogli le spalle ed avviandosi verso le camerate. Infondo lui non era un soldato e di conseguenza non aveva alcun obbligo nei confronti della gerarchia militare.
Harada però non si diede per vinto
- Ha paura di fare brutta figura signor Tsurugi? - incalzò il tenente - Credevo che il pilota del Great Mazinger avesse più spirito combattivo, invece mi accorgo che è solo un vigliacco. Infondo cosa ci si può aspettare da un moccioso? -
Tetsuya si fermò senza voltarsi
- Proprio così - proseguì beffardo Harada - Un moccioso bastardo con la faccia da delinquente! Se non fosse per quell'idiota di Kenzo Kabuto, a quest'ora probabilmente staresti a marcire in un riformatorio... -
Fu un attimo.
Il giovane piombò come una furia sul tenente, deciso a fargli rimangiare ogni singola parola.
L'uomo non aspettava altro: parò con freddezza i primi assalti del ragazzo, per poi cominciare a percuoterlo metodicamente e con una precisione infallibile, mirando in particolare al volto.
Dopo aver incassato diversi colpi senza riuscire a difendersi, Tetsuya crollò a terra sfinito, con il naso fratturato ed il sangue che gli colava copioso dalle narici.
Fra gli astanti il silenzio era pressoché assoluto e carico d'attesa.
Da qualche minuto inoltre era cominciata una pioggia insistente, che aveva trasformato il terreno in una fanghiglia scivolosa.
Sorridendo compiaciuto, Harada s'accostò al giovane con l'intenzione di infliggergli il colpo che lo avrebbe messo definitivamente K.O., ma non andò come previsto...
Come l'ebbe a tiro, Tetsuya fu lesto a rifilargli un calcio nello stomaco, che gli fece perdere l'equilibrio e cadere rovinosamente all'indietro senza fiato.
Il ragazzo approfittò di quel momento per rialzarsi e mettersi in guardia, fissando il tenente con aria di sfida.
A quel punto Harada perse il controllo, balzò in piedi e s'avventò sul ragazzo deciso a farla finita, ma senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò in pochi istanti fuori combattimento, steso nel fango e con una spalla slogata.
L'uomo incrociò per un attimo lo sguardo vagamente ironico del giovane Tsurugi, che ora stava ritto ad un passo da lui, ansimante e fradicio di pioggia
- Hai perso tenente - gli disse semplicemente il ragazzo, allontanandosi poi barcollando fra gli applausi sinceri dei presenti.
Il tenente Tatsuo Harada svenne.

Il rumore dell'elicottero che si stava avvicinando da sud, distolse Harada dai suoi pensieri.
Gettò a terra la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone e la spense sotto il tacco della scarpa, schiacciandola con particolare vigore fino a ridurla in briciole.
Guardò per un attimo in direzione dell'Istituto e pensò con una punta di soddisfazione al ragazzo che giaceva in coma a causa di quel Kabuto che a quanto pare era andato fuori di testa.
Trovava la situazione decisamente divertente.
Un sorriso sarcastico aleggiò per qualche istante sulle labbra sottili di Harada, mentre l'elicottero atterrava di fronte a lui in un turbinio di polvere.
Il sergente Morita scese dal velivolo e scattò sull'attenti facendo il saluto militare
- Buongiorno signor tenente. Siamo pronti per riprendere le ricerche! -
- Siete in ritardo di cinque minuti - disse Harada seccamente, salendo quindi sull'elicottero ed accomodandosi a fianco del pilota.
Il sergente non replicò, limitandosi a seguire l'uomo a bordo e prendendo posto nel sedile dietro il suo.
- D'accordo! - esclamò Harada indossando le cuffie con la ricetrasmittente
- Sbrighiamoci a trovare il corpo di quel moccioso e torniamocene alla base il prima possibile! -
Morita ed il pilota tacquero perplessi, scambiandosi un'occhiata fugace, l'elicottero prese quota e si diresse verso ovest.
Dalla sala controllo Gennosuke Yumi osservò pensieroso il velivolo che s'allontanava in direzione del Fuji.


Verso l'alba la stanchezza aveva preso il nuovamente sopravvento e Jun s'era addormentata con il capo mollemente abbandonato sulla spalla di Sayaka, che stava ancora raggomitolata al suo fianco sul divano.
Quest'ultima invece era ancora sveglia e guardava verso l'unica finestra della stanza con aria assorta, la testa appoggiata allo schienale.
Le dita della mano sinistra giocherellavano nervosamente con il piccolo ciondolo a forma di cuore che portava al collo infilato in una sottile catenina d'argento e ne sfiorava insistentemente la superficie cesellata, quasi alla ricerca di un po' di conforto.
Sayaka aveva ereditato quel monile dalla nonna materna, che a sua volta lo aveva ricevuto dalla propria madre. Era per l'appunto un pendente a forma di cuore, in argento, con delle incisioni floreali ed un piccolo meccanismo segreto che ne permetteva l'apertura, rivelando all'interno un piccolo portafoto.
La nonna lo aveva donato alla ragazza poco prima di morire con queste parole:
- Tienilo sempre con te, ti porterà fortuna - e poi strizzandole l'occhio le aveva mostrato come aprirlo
- Qui metterai la foto dell'uomo di cui t'innamorerai! -
Sayaka, ancora bambina, era arrossita vistosamente in preda all'imbarazzo e la nonna aveva riso divertita.
Dopo un paio di settimane un male incurabile se l'era portata via.
Ora una foto c'era, custodita gelosamente in quel piccolo scrigno prezioso, una foto fatta di nascosto, l'espressione di un momento di gioia di quel ragazzo che amava, rubato dall'obiettivo della macchina fotografica.
Le piaceva quella foto, era stata fatta in una piacevole giornata trascorsa al mare in compagnia di Boss e soci. In quel ritratto Koji sorrideva con lo sguardo rivolto inconsciamente verso l'obiettivo, gli occhi castani che risaltavano vivaci nel volto abbronzato.
Con quell'immagine nella mente, Sayaka scivolò finalmente nel sonno e cominciò a sognare.
Si stava inoltrando a fatica in un fitto bosco di querce secolari, in un'oscurità verde smeraldo determinata dalla folte chiome degli alberi, che impedivano alla luce del giorno di filtrare fino a terra.
Il percorso era accidentato, pieno di ostacoli, cespugli e radici nodose che spuntavano pericolosamente dal terreno. A livello del suolo inoltre, si muoveva sinuosa una densa nebbiolina, che le rendeva ancora più difficoltoso vedere dove metteva i piedi. Così Sayaka procedeva con cautela, appoggiandosi con le mani ai tronchi ed aggrappandosi a rami più bassi degli alberi.
Quel posto solitario la metteva a disagio, era troppo silenzioso: non un alito di vento, non un richiamo d'uccello. Era come se tutto fosse congelato da una specie d'incantesimo, facendolo sembrare un luogo al di fuori del tempo e dello spazio.
All'improvviso le sembrò d'udire qualcosa...una voce, o meglio un pianto sommesso che proveniva dalla sua sinistra.
"Allora qualcuno c'è" pensò e cominciò ad avanzare prudentemente, ma con curiosità, in quella direzione. Man mano che procedeva avvertiva il suono farsi sempre più distinto, finchè raggiunse il posto da cui proveniva.
Quello che vide la lasciò sconcertata: accovacciato e seminascosto nell'incavo profondo di un grosso tronco, c'era un bambino completamente nudo ed infreddolito.
Sayaka giudicò che dovesse avere sui quattro-cinque anni, non di più, almeno per quello che poteva osservare, visto che se ne stava tutto raggomitolato con il volto sprofondato fra le ginocchia e le braccia strette attorno ad esse. Riusciva a vedere solo le spalle scosse dai singhiozzi ed un ciuffo ribelle di capelli neri.
Qualcosa in quel pianto toccò la ragazza nel profondo dell'anima. Sayaka s'avvicinò inginocchiandosi di fronte a lui e fece per allungargli una carezza sulla testa, ma poi si fermò, temendo di spaventarlo.
- Ciao - gli disse allora nel tono più rassicurante possibile - Che ci fai qui tutto solo? Ti sei perso? -
Il bambino smise di piangere all'istante, stringendosi ancora di più a ridosso del tronco e sollevando appena il viso verso la nuova venuta.
Due occhi scuri, spauriti ed umidi di lacrime la fissarono dalla penombra di quel riparo improvvisato, occhi stranamente famigliari.
- Non avere paura, non voglio farti del male - disse dolcemente la ragazza - Dove abiti? Dove sono i tuoi genitori? - cercando in tutti i modi di conquistare la sua fiducia
- Non lo so - rispose inaspettatamente il bimbo - Ho freddo - disse poi
Sayaka indossava una felpa rosa, se la sfilò rimanendo con la t-shirt e l'appoggiò delicatamente sulle spalle del piccolo, che lesto la indossò, stringendosela addosso come fosse una coperta. Così conciato aveva un aspetto davvero buffo pensò la ragazza.
- Vuoi dirmi come ti chiami? Io sono Sayaka - provò ad insistere lei
Il bambino scosse la testa, continuando a fissarla con quello sguardo che le ricordava quello di un animale braccato.
Sayaka decise di cambiare tattica
- Va bene, se non vuoi la mia compagnia me ne vado, è tardi e fra poco farà buio. Puoi tenere la felpa se vuoi - così dicendo s'alzò e salutandolo con la mano s'allontanò di qualche metro.
Un lieve rumore alle sue spalle la fece girare: il bambino era in piedi davanti a lei, con la maglia che gli arrivava fino alle caviglie e la guardava con occhi supplichevoli
- Non lasciarmi solo. Ho paura! - disse correndole precipitosamente incontro
Sayaka l'accolse fra le sue braccia stringendolo forte e massaggiando quel corpicino intirizzito
- Andrà tutto bene piccolo, adesso ti riporto a casa -
Il bambino le cinse il collo con le braccia appoggiando la testolina bruna sulla sua spalla in cerca di conforto
- Mi chiamo Koji. Koji Kabuto - le sussurrò in un orecchio



- Coraggio ragazzo! Non mollare proprio adesso! -
il dottor Yamamoto assieme al suo staff stava cercando affannosamente di rianimare Koji da qualche minuto, ma inutilmente.
L'infermiera Aika Nakamura si stava facendo in quattro per aiutare il dottore, spinta dal senso di dovere e dal senso di colpa per essersi addormentata, permettendo che accadesse tutto questo. La donna non capiva come potesse essersi staccato il raccordo del respiratore. Forse un movimento convulso del giovane paziente era la spiegazione più plausibile, ipotesi che aveva avanzato anche il dottor Yamamoto.
- Proviamo di nuovo con il defibrillatore! -
Uno dei medici posizionò le due piastre sul petto del ragazzo e le azionò. Il corpo di Koji sussultò inarcandosi sul letto.
- Niente dottore, non reagisce -


Sayaka staccò per un attimo il bambino da sé, guardando incredula quel faccino serio
- Come hai detto di chiamarti? - domandò in un soffio
In risposta però vide solo gli occhi sgranati dal terrore del piccolo, che adesso fissava un punto imprecisato alle sue spalle. La ragazza lo sentì tremare come una foglia, ma stavolta non era per il freddo.
Sayaka si girò e vide anche lei quello che aveva spaventato il bimbo.
Un'ombra enorme andava sollevandosi dal suolo ad alcuni metri di distanza, cominciando ad avanzare implacabile come un fiume in piena, insinuandosi fra gli alberi come una nebbia fluida.
Il terreno prese a vibrare sotto i suoi piedi e la vegetazione sembrò piegarsi in avanti come sotto l'effetto di una raffica di vento, ma in realtà era come un'onda sonora, un rombo cupo che andava aumentando d'intensità. In quel rumore assordante le parve d'udire un marasma di voci che dicevano cose incomprensibili, ridevano sguaiatamente o si lamentavano piene d'angoscia.
Sayaka avvertì un vuoto allo stomaco per il panico
- Mio Dio che cos'è quella cosa? - mormorò tra sé e sé
Il bambino urlò di paura aggrappandosi angosciato alla ragazza
- Mandalo via! Mandalo viaaaaaaaa, non lasciare che mi prendaaa -
Sayaka strinse il piccolo al petto e cominciò a correre con la forza della disperazione nella direzione opposta alla "presenza".
Qualcosa la strattonò all'improvviso facendola cadere al suolo ed il bambino le venne strappato dalle braccia. Sayaka lo vide mentre veniva trascinato via urlante sul terreno da alcune ombre antropomorfe di cui non riusciva a distinguere i tratti.



- Ora del decesso: 5 e 26 minuti - disse laconico il dottor Yamamoto fra lo sconforto generale.
Il ragazzo non ce l'aveva fatta.


Sayaka lanciò un grido di rabbia
- NOOOOOOOO - si rialzò e corse verso il bambino riuscendo ad afferrarlo per la vita. Ci fu una breve colluttazione in cui la ragazza, con uno sforzo sovrumano, ebbe la meglio su quelle creature, riuscendo a riprendersi il bambino e fuggendo via, fino a trovare riparo in un anfratto roccioso.
Improvvisamente calò il silenzio ed una voce le rimbombò nel cervello
" Non puoi portarmi via ciò che mi appartiene "
- Vattene MALEDETTO! - urlò Sayaka - Vattene, chiunque tu sia! -
la sagoma di un uomo, o quello che sembrava un uomo, apparve improvvisamente di fronte a lei. Una mano artigliata s'allungò verso il bambino, Sayaka lo protesse con il suo corpo, impedendogli di afferrarlo. La mano si ritirò come se si fosse scottata.
" DAMMELO! " sibilò rabbiosamente quell'essere terrificante
Sayaka guardò il bambino che giaceva inerte sulle sue ginocchia: nella manina stringeva il suo ciondolo d'argento, che probabilmente le aveva strappato mentre cercavano di toglierlo a forza dalle sue braccia.
- NO! - disse quindi Sayaka in tono deciso, fissando senza più alcun timore l'entità che le stava di fronte
- Non te lo lascerò portare via, né ora né mai! -
La creatura sembrò indietreggiare come colpita da qualcosa, vacillò, perse consistenza e svanì senza lasciare traccia.



- Dottore guardi! -
L'infermiera Nakamura guardò stupita il monitor che registrava il battito cardiaco. Il tracciato che fino a poco prima era piatto, indicava chiaramente che ora c'erano di nuovo delle pulsazioni regolari.
Il dottor Yamamoto osservò incredulo i parametri vitali del giovane che si erano improvvisamente stabilizzati.


Sayaka si svegliò con un sussulto, svegliando di conseguenza anche Jun, che le stava appoggiata alla spalla.
- Sayaka, tutto bene? - le chiese quest'ultima preoccupata
- Ho avuto un incubo, un terribile incubo... - mormorò la ragazza tremante, poi però tacque all'improvviso fissando qualcosa davanti a sé. Jun la guardò perplessa.
Quando Sayaka parlò nuovamente il tono di voce era completamente cambiato
- Jun...guarda... -
Jun seguì la direzione dello sguardo dell'amica.
Gli occhi scuri e penetranti di Tetsuya la stavano osservano con insistenza già da un po'.
- Tetsuya! - esclamò Jun avvicinandosi felice al giovane ed afferrandogli teneramente una mano.
Tetsuya le sorrise debolmente e ricambiò per quanto possibile quella stretta.
Sayaka s'alzò e si diresse discretamente verso l'uscita
- Vado a chiamare il medico - disse quando era sulla soglia, poi si chiuse la porta alle spalle, lasciando da soli i due giovani almeno per un po'.
Avvisato quindi chi di dovere, Sayaka si diresse verso la cucina con l'intenzione di prepararsi un caffè. Era felice per Jun ed era felice che Tetsuya si fosse ripreso dal coma, ma nello stesso tempo era ancora molto scossa per l'incubo che aveva fatto. Istintivamente portò la mano al petto alla ricerca del suo ciondolo portafortuna, ma stranamente non lo trovò.
La ragazza si fermò scioccata in mezzo al corridoio.
Tastando attorno al collo aveva sentito una leggera abrasione sulla pelle, proprio lì dove nel sogno le era stata strappata la catenina.


Aika Nakamura sistemò il cuscino sotto la testa di Koji e controllò per l'ennesima volta che tutto fosse a posto
- Guai a te se mi fai un altro scherzo del genere giovanotto! - disse la donna in tono di rimprovero al ragazzo, parole gettate al vento visto che era incosciente e non la poteva certo sentire, ma non le importava.
Koji le ricordava in qualche modo suo figlio Shinji e le faceva molta tenerezza.
D'istinto gli fece una carezza materna sulla fronte, scostandogli una ciocca di capelli che s'era appiccicata per il sudore, poi gli rimboccò nuovamente la coperta e fece finalmente per allontanarsi. Il suo turno era finito già da un pezzo.
Qualcosa attirò però la sua attenzione: stretto nella mano sinistra di Koji s'intravedeva un oggetto luccicante. L'infermiera prese incuriosita quella cosa dalla mano del ragazzo e vide con meraviglia che non era un oggetto qualunque, bensì un ciondolo, un ciondolo d'argento a forma di cuore.
Come fosse finito lì però era un mistero.



continua...

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 22:56

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