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KOJIMANIACA's Graphic Novel: Un destino già tracciato

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kojimaniaca
view post Posted on 28/7/2008, 11:27 by: kojimaniaca     +1   -1




CAPITOLO XIV°: " Grendizer "


Gennosuke Yumi si era alzato molto presto quella mattina e dopo una frugale colazione, consumata in fretta nel proprio studio, si era messo a consultare alcuni dati sul suo pc portatile.
I file riguardavano le analisi effettuate fino a quel momento sul Mazinkaiser.
Scorse velocemente alcune pagine, sorseggiando pensieroso una tazza di caffè, fino a trovare la schermata che lo interessava.
L’immagine mostrava in sezione il possente robot, visto frontalmente e lateralmente.
Lo scienziato ne percorse con lo sguardo tutti i complicati meccanismi interni, soffermandosi infine sul torace dell’automa.
Eccola.
Yumi si chinò in avanti sulla scrivania, avvicinandosi allo schermo e trattenendo involontariamente il respiro.
Agendo con lo zoom, mise a fuoco una massa informe e scura delle dimensioni di un uomo, che si trovava al centro del petto del robot, in coincidenza del sigillo dal quale usciva la Kaiserblade.
L’aveva battezzata la " Zona d’Ombra".
Non aveva peso, non aveva sostanza e non aveva uno scopo apparente, era lì e basta, a dispetto di ogni tipo d’indagine messa in atto dalla sua equipe.
L’unico elemento di una certa rilevanza e decisamente inquietante, era stato rilevato durante una ripresa ai raggi x: quella "cosa" pulsava impercettibilmente.
Lo scienziato spense il computer e tornò ad appoggiarsi meditabondo allo schienale della poltrona in pelle sulla quale era seduto.
Koji e Mazinkaiser.
La Zona d’Ombra sembrava essere apparsa in concomitanza alla crisi di follia del ragazzo, ma forse non l’avevano mai notata prima ed in realtà era sempre stata lì, sotto i loro occhi.
L’uomo non sapeva cosa pensare, nessuna ipotesi scientifica gli sembrava plausibile per giustificare gli ultimi avvenimenti.
Questa faccenda rischiava di sconfinare in qualcosa di metafisico, che andava oltre la sua conoscenza.
Il professor Yumi s’alzò dalla sedia, prese la tazza del caffè in una mano ed uscì dalla stanza.
Qualche minuto dopo se ne stava nell’hangar del Kaiser, affacciato ad un loggiato, che percorreva tutto il perimetro dell’ambiente, all’altezza della testa del robot.
Appoggiato con i gomiti alla balaustra s’accese una sigaretta e finì di bere il suo caffè, usando poi la tazza vuota per buttare la cenere.
Se Sayaka lo avesse visto fare una cosa del genere, si sarebbe sicuramente infuriata:
- Papà! Esistono i posacenere per queste cose! E poi stai fumando troppo! - gli avrebbe detto senza mezzi termini, assumendo quella particolare espressione da mammina, che rimprovera un figlio indisciplinato.
Lo scienziato sorrise a quel pensiero e nello stesso tempo provò un po’ di nostalgia per l’assenza di quella figlia così esuberante.
Ormai era più di un mese che non la vedeva.
La ragazza aveva scelto di stare con Koji e l’uomo sapeva che nulla le avrebbe fatto cambiare idea in proposito: quando voleva era più caparbia di un mulo.
Tuttavia doveva parlarle.
Aveva intuito, che il legame affettivo fra i due giovani si era ulteriormente approfondito, soprattutto nell’ultimo periodo, ma non ne era contento, nonostante considerasse Koji come un figlio.
Non sapeva cosa le avrebbe detto di preciso, questo genere di discorsi non erano certo il suo forte, ma l’avrebbe senz’altro invitata alla prudenza, vista la piega preoccupante che avevano preso di recente gli eventi.
- Mi odierà per questo - mormorò sottovoce.
Quasi a sottolineare quel pensiero, gli occhi del Mazinkaiser s’illuminarono improvvisamente di fronte a lui.
Un bagliore sinistro baluginò per qualche istante sul volto attonito dello scienziato, squarciando la penombra che regnava nel vasto ambiente e poi disparve.
La tazza scivolò dalla mano dell’uomo, finendo in frantumi molti metri più sotto e l’eco dello schianto rimbalzò più volte sulle pareti metalliche dell’hangar.


- Sto bene Jun, non ti preoccupare... -
Koji entrò in infermeria mentre Tetsuya parlava al cellulare e si fermò discretamente sulla soglia
- Ti dico che sto bene...no...ascolta...non serve che vieni qui... - continuò il giovane, mentre Aika finiva di medicargli il braccio - Lo so...anch’io... - concluse poi addolcendo involontariamente il tono di voce, lanciando nel contempo un’occhiata minacciosa a Koji, che cercava di fare l’indifferente, osservando con grande interesse l’armadietto dei medicinali.
Tetsuya chiuse la comunicazione
- Non fare commenti Kabuto...- mormorò poi
- Non mi permetterei mai...- rispose quest’ultimo sogghignando - Ah....l’amore... -
Lo sguardo torvo di Tetsuya gli fece capire che era meglio non tirare troppo la corda in proposito
- Come sta il nostro paziente Aika? - chiese allora all’infermiera avvicinandosi
- Paziente? Questo giovanotto è tutt’altro che paziente! - sbuffò lei - Non ho mai conosciuto un degente più indisciplinato di lui! A parte te forse -
- Come ve lo devo dire che sto bene? - provò a protestare Tetsuya alzandosi dal letto sul quale era sdraiato e cercando i propri vestiti.
Una fitta al torace e una vertigine improvvisa lo fece desistere immediatamente.
Koji fu lesto a sostenerlo, aiutandolo nuovamente a stendersi
- Forse è meglio che ti rimetti giù - provò a suggerirgli
- Su questo non c’è dubbio signor Tsurugi! - sottolineò l’infermiera, mentre gli tastava il polso - Il dottore la vuole tenere sotto osservazione per almeno un paio di giorni ed inoltre le ha prescritto assoluto riposo! -
Tetsuya fece un flebile tentativo di replica, ma un’occhiata severa della donna lo fece ammutolire.
Koji rise di gusto
- E’ inutile Tetsuya, con lei non riuscirai mai a spuntarla! -
- Vedi di non fare tanto lo spiritoso giovanotto - lo rimproverò l’infermiera - Più tardi aspetto anche te per cambiare quelle medicazioni -
Koji si guardò le mani fasciate: tirando fuori Tetsuya dal furgone in fiamme, si era procurato delle ustioni e dove era stato ferito dalla donna androide, aveva anche qualche punto di sutura
- D’accordo mammina, ma non ti arrabbiare - le disse allora il giovane scoccandole un bacio affettuoso sulla guancia - Ora però dovrei parlare con Tetsuya... -
- Ho capito, ho capito - disse Aika arrossendo come una ragazzina - Vi lascio soli, ma non lo stancare troppo, capito Koji? -
- Promesso! - rispose lui, mentre l’infermiera usciva dalla stanza
- Adesso te la fai con le donne di mezz’età Kabuto? - ironizzò dopo un po’ Tetsuya, facendo appello alla sua consueta ruvidezza.
In quel momento, l’idea di una conversazione privata con Koji, lo faceva sentire decisamente a disagio.
Quest’ultimo non replicò, limitandosi a prendere una sedia ed accomodandosi a fianco del letto.
- Che mi dici di Shiro? - chiese allora Tetsuya per rompere quel silenzio imbarazzante
- Sta bene e ha chiesto di te - rispose Koji - Ha passato brutti momenti ed è un po’ provato, ma niente di grave per fortuna -
- Bene...-
- Già...-
Di nuovo silenzio
- Ok - sbottò infine Tetsuya, spazientito da quella specie di rimpiattino verbale - Mettiamo le carte in tavola. Cosa vuoi Kabuto? - chiese - Se ti aspetti un ringraziamento per avermi salvato, ti sbagli di grosso, me la sarei comunque cavata benissimo da solo! - sapeva che non era vero, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a Koji, nemmeno sotto tortura
- Non è la tua riconoscenza che voglio - replicò l’altro guardandolo negli occhi con un’espressione di amara ironia - Ma una promessa -
- Che genere di promessa? -
- Se dovesse succedermi qualcosa...sì...insomma...mi prometti che ti prenderai cura di Shiro? -
Il pilota del Great Mazinger aggrottò le sopracciglia in un moto di stupore
- Perché mi chiedi questo Kabuto? -
- Devi solo dire sì o no - incalzò il giovane
- Che razza di discorsi...Shiro è come un fratello per me! -
- E’ tutto quello che volevo sapere - sorrise Koji alzandosi dalla sedia ed avviandosi verso l’uscita dell’infermeria, ma arrivato sulla soglia gli rivolse nuovamente la parola
- A proposito...io non ti odio Tetsuya - mormorò aprendo la porta - Io t’invidio -
- Come sarebbe a dire? Tu...tu invidi me? - balbettò Tetsuya sbigottito - Aspetta maledizione! Dove vai? Torna qui! Kabuto! -
Koji si chiuse la porta alle spalle.


Re Vega sganciò la fibbia del mantello, gettandolo distrattamente da una parte, quindi s’accomodò in un’ampia poltrona di fronte ad una vetrata panoramica, che consentiva di vedere all’esterno della base Skull Moon.
Una donna piuttosto anziana gli si avvicinò quasi immediatamente, porgendogli una coppa colma di un liquore dal colore verde smeraldo ed inchinandosi in attesa di ulteriori ordini
- Le serve qualcos’altro Vostra Maestà? - chiese umilmente
- No Kyara - rispose il sovrano guardando quasi con affetto quella vecchia, che lo serviva ormai da tempo immemorabile - Non ho bisogno di nulla, vai pure a riposare -
- Grazie Maestà, le auguro la buonanotte - lo salutò lei, raccogliendo il mantello da terra ed abbassando le luci prima di uscire dalla stanza
Il Re rimase solo nella semioscurità
- Attivare lo schermo - ordinò, agendo sui comandi vocali del computer principale.
Subito, un ampio display scese a prendere il posto della vetrata.
Il cielo nero ed i crateri della superficie lunare furono sostituiti dall’immagine di quell’incredibile pianeta azzurro.
La Terra.
Provò una sorta di commozione nel vedere quella sorta di gemma che brillava nell’oscurità dello spazio, l’emozione che si prova tornando a casa dopo molto tempo.
La Terra.
Finalmente.
"E’ splendida non trovi?" disse una voce, insinuandosi improvvisa nei suoi pensieri.
La Voce
- Sì...bellissima...- mormorò il sovrano colto di sorpresa, ma nemmeno troppo.
La mano che reggeva il calice, tremò impercettibilmente
" Ti sto aspettando... " continuò la Voce.
Il medaglione che il re portava al collo, infilato in una lunga catena che gli ricadeva sul petto, iniziò ad emanare uno strana luminescenza dorata.
Lo afferrò, stringendolo per un attimo nel palmo della mano, poi rimase a guardarlo affascinato, come la prima volta che ne era entrato in possesso.

Era solo un bambino allora, l’unico figlio del sovrano di Vega, l’erede al trono.
Per lui non c’erano stati svaghi, ma solo disciplina ferrea.
Mentre i suoi coetanei pensavano a giocare, lui passava il suo tempo studiando l’arte della guerra, la strategia e tutto quello che, secondo suo padre, doveva renderlo un grande guerriero ed un Re degno di tale nome.
Non aveva amici e non poteva vedere sua madre se non da lontano, ma nonostante questo aveva imparato a non sentirsi solo.
Sentimenti come l’amicizia o l’amore erano considerati solo debolezze da parte di suo padre
- La debolezza ti uccide! - continuava a ripetergli ad ogni occasione - La debolezza è per le femmine e per i vigliacchi! -
A metà della stagione fredda, la Regina era morta in circostanze misteriose: i servitori l’avevano trovata nel suo letto con gli occhi sbarrati e le labbra violacee.
Qualcuno aveva parlato di veleno.
Alle sue esequie non gli era stato concesso di versare nemmeno una lacrima.
Quel giorno il giovane principe si era reso conto di quanto gli fosse mancato l’affetto di sua madre e di quanto odiasse suo padre.
Il sospetto che l’avesse uccisa lui non lo abbandonò mai.
Dopo quell’evento aveva preso l’abitudine di fuggire al controllo dei suoi precettori, passando quelle ore di libertà ad esplorare i vasti dintorni del palazzo reale.
Durante una di queste perlustrazioni, nel folto di un bosco, aveva scovato l’ingresso di una grotta, parzialmente celata da folti rampicanti irti di spine.
Facendosi strada a fatica con l’aiuto di un pugnale, era riuscito ad entrare ed aveva scoperto che si trattava di una specie di piccolo tempio abbandonato, nel mezzo del quale spiccava un altare circolare in pietra nera, il cui basamento era ricoperto da strani bassorilievi.
Era lì che la Voce si era fatta sentire per la prima volta
" Benvenuto...ti stavo aspettando..." aveva sussurrato nella sua testa
- Chi...chi sei? - aveva chiesto indietreggiando spaventato
" Non aver paura, sono un amico e per dimostrartelo ti farò un regalo..."
- Che genere di regalo? - aveva mormorato un po’ titubante: quella voce era molto suadente
" Avvicinati all’altare e vedrai..."
Accostandosi con prudenza, tenendo il pugnale puntato davanti a sé, lo aveva visto: al centro di quella superficie marmorea brillava un medaglione d’oro
" Prendilo...è tuo "
Dopo una breve incertezza, lo aveva preso fra le mani e rimirato a lungo, sfiorandolo con la punta delle dita.
Era un cerchio con all’interno una stella, una stella a quattro punte.
Ancora non lo sapeva, ma quella stella sarebbe diventata il simbolo del suo potere, l’emblema dell’Impero di Vega.
Un’altra cosa non sapeva: la Voce l’avrebbe accompagnato per il resto dei suoi giorni, aiutandolo, o meglio spingendolo a diventare quello che era adesso.

Re Vega terminò il suo liquore in un unico sorso, tornando a posare lo sguardo sul Pianeta Azzurro , che campeggiava in mezzo allo schermo.
Presto anche la Terra sarebbe diventata parte del suo dominio e lì avrebbe trovato quelle risposte che cercava da sempre.
La Voce lo aveva condotto fin lì e finalmente ne avrebbe scoperto la ragione
" Capirai....." lo rassicurò la Voce " Però non sarà facile... lui è qui. Lo sai vero? "
- Grendizer non sarà un problema, come non lo è stato su Fleed! - esclamò con rabbia il sovrano, scagliando la coppa vuota sul pavimento.
Invece era stato un problema, altro che! Un grosso problema.
Barendos se l’era lasciato sfuggire, ma non sarebbe accaduto di nuovo
" Non lo sottovalutare...stavolta Duke Fleed avrà dei potenti alleati "
- Nessuno può contrastare le mie armate! - dichiarò con convinzione il Re.
La Voce sghignazzò divertita
" Credi? Ci sono in gioco forze che non puoi nemmeno immaginare...ma presto avrai anche tu un alleato "
- Io non ho bisogno di alleati! -
" TU FARAI QUELLO CHE TI DICO! " gli sibilò la Voce.
Re Vega non replicò.


Seduto al tavolo del suo salottino privato, Genzo Umon versò del the per sé e per suo figlio, che se ne stava in piedi affacciato alla finestra, seguendo assorto il volo di un falco.
Il rapace volteggiò a lungo in ampi cerchi sopra il bosco che circondava il Centro, poi calò improvvisamente in picchiata, sparendo alla vista.
Daisuke lo vide riemergere alcuni istanti dopo dalla vegetazione ed allontanarsi rapidamente, reggendo qualcosa fra gli artigli
- Daisuke? -
Il giovane trasalì involontariamente
- Dimmi padre -
- Sei proprio certo di voler raccontare tutto a Koji? -
- Lo sono - rispose lui convinto - Del resto avevo già preso la mia decisione in proposito e poi a questo punto temo di non avere altra scelta -
Lo scienziato annuì in silenzio: confidava del giudizio di suo figlio e se riteneva che il giovane Kabuto potesse essere messo a conoscenza della sua origine extraterrestre, era d’accordo con lui
- E Tsurugi? - chiese allora l’uomo - Sei sicuro che non ti abbia visto? -
- Era privo di sensi - rispose il giovane, andando a sedersi di fronte a suo padre - Non si è accorto di nulla -
- Meglio così - dichiarò sollevato Umon - Meno gente è a conoscenza della cosa e meglio è -
In quel momento qualcuno bussò alla porta
- Eccolo! Fallo entrare Daisuke -


- Tetsuyaaaaaaaaaaa! -
Shiro entrò di corsa in infermeria, accompagnato da Sayaka e piombò felice sul letto del giovane
- Piano...piano piccoletto...così mi fai male... - cercò di frenarlo il pilota del Great Mazinger, mentre le sue costole protestavano vibratamente sotto l’impeto affettuoso del bambino
- Come ti senti Tetsuya? - s’informò Sayaka avvicinandosi al letto
- Direi che "frullato" renda bene l’idea - rispose lui sfoderando un sorrisetto ironico - Ma immagino che poteva andarmi peggio -
- Koji mi ha raccontato quello che è successo - mormorò la ragazza - Sei stato fortunato... -
- Diciamo pure così - replicò seccamente il giovane, immaginando già il genere di versione fornita da Kabuto su quanto accaduto - Adesso il tuo Koji può vantarsi di avermi salvato la vita -
Sayaka non replicò, ma gli lanciò un’occhiata velata di rimprovero
- Si tratta ancora del Dottor Hell vero? - intervenne Shiro
- Temo di sì piccoletto - gli rispose Tetsuya arruffandogli i capelli con un gesto fraterno - Quella donna con il vestito rosso doveva essere un suo nuovo emissario -
- Una donna? - chiese Sayaka incuriosita
- Sì - confermò il giovane - Ho sentito che la chiamavano Marchesa Yanus -
Una fitta improvvisa in mezzo agli occhi, gli strappò una smorfia di dolore
- Tutto ok? - s’informò la ragazza preoccupata
- Non è nulla...solo un po’ di emicrania - rispose il giovane massaggiandosi la fronte con una mano
- Vado a chiamare il medico -
- No! - la bloccò Tetsuya - Non serve, è solo un po’ di stanchezza, dopo una bella dormita tornerò come nuovo -
- Coraggio Shiro, andiamo! - disse allora la ragazza - Tetsuya deve riposare adesso! -
Il ragazzino annuì e s’avviò a malincuore verso la porta della stanza
- A più tardi Tetsuya - lo salutò prima di uscire.
Quest’ultimo rispose con un cenno della mano.
La ragazza fece per seguirlo
- Aspetta Sayaka - la richiamò il giovane - Io...io volevo chiederti scusa per il commento di prima...se non era per Koji a quest’ora... -
Sayaka lo guardò stupita: Tetsuya Tsurugi che chiedeva scusa era davvero un evento raro
- Naturalmente...- continuò il giovane
- Naturalmente questa conversazione sarà il nostro piccolo segreto - terminò per lui la ragazza con un sorriso
- Sì ecco...era più o meno quello che intendevo dire - grugnì Tetsuya.
A quel punto Sayaka fece una cosa inaspettata: tornò verso il letto e si chinò verso di lui, sfiorandogli la guancia con un bacio leggero
- Lo sai Tetsuya? Infondo tu e Koji non siete poi così diversi - sussurrò divertita di fronte all’improvviso imbarazzo del giovane - Di certo siete entrambi ostinati come muli e troppo orgogliosi per ammettere che vi volete bene come fratelli, ma io sono certa che quando ce ne sarà bisogno, anche tu sarai lì per aiutarlo -
Tetsuya guardò meravigliato la ragazza: l’aveva sempre considerata un po’ sciocca ed infantile, ma ora, per la prima volta, gli appariva sotto una luce diversa.
- Koji avrà bisogno anche di tutto il tuo sostegno Sayaka - le disse scrutandola in viso.
Il tono era grave, ma gentile
- Lo so - annuì lei con gli occhi improvvisamente lucidi - Ma io...io ho paura Tetsuya... -
Il giovane le strinse una mano, ma non seppe cosa rispondere.


Il ragazzo esitò qualche istante prima di bussare.
Era piuttosto teso, ma nello stesso tempo dannatamente curioso di sapere quello che doveva dirgli Daisuke.
Fu proprio lui ad aprirgli la porta
- Accomodati pure Koji - lo invitò il dottor Umon
- Grazie...-
Lo scienziato non poté fare a meno di notare il suo nervosismo
- Le tue mani? - gli chiese allora per alleviare un po’ la tensione
- Niente di grave, guariranno presto -
- Tetsuya? -
- Sta già facendo arrabbiare Aika - sorrise Koji - Presto sarà di nuovo in forma -
- Mi fa piacere - dichiarò l’uomo - Fortunatamente non è successo nulla di grave -
- Già...però resta il fatto che il Dottor Hell sia tornato a farsi vivo - mormorò Koji rabbuiandosi in volto - A volte mi domando se questa guerra avrà mai fine -
- Temo che fra breve avremo un’altra grave minaccia da affrontare - intervenne Daisuke alle sue spalle.
Koji si voltò a guardarlo con aria interrogativa
- Che intendi dire? - gli chiese
- Coraggio Daisuke - disse Umon alzandosi e posandogli una mano sulla spalla - Racconta -
- Prima credo sia meglio che Koji veda Grendizer - rispose il giovane fleediano - Così mi sarà più facile spiegargli la situazione -
- Hai ragione figliolo - annuì suo padre - Vieni con noi Koji - disse poi rivolgendosi al ragazzo
- Grendizer? - domandò quest’ultimo, accodandosi ai due che erano usciti dalla stanza e si erano avviati lungo il corridoio - Cos’è Grendizer? -
- Presto avrai le risposte che cerchi Koji - gli rispose Daisuke.
Il ragazzo seguì Umon e suo figlio senza più fiatare.


Rimasto solo Tetsuya si massaggiò stancamente le tempie.
Il dolore alla testa era più forte di quanto avesse voluto ammettere con Sayaka, tanto che adesso gli dava fastidio persino la luce.
Semiseduto nel letto, appoggiò la testa al cuscino e provò a chiudere gli occhi, nella speranza di trovare un po’ di sollievo.
Pensò che probabilmente, era la conseguenza del colpo ricevuto alla nuca quando era stato catturato, oppure dello schianto col furgone.
A dire il vero, aveva le idee piuttosto confuse su quanto accaduto dopo l’agguato: ricordava solo il suo risveglio legato al lettino e la successiva fuga
"Rilassati ragazzo...sarà meno doloroso..."
La voce beffarda della donna dall’abito rosso s’insinuò per un istante nei suoi pensieri, ma fu subito cancellata dall’ennesima fitta in mezzo alla fronte.
Stavolta fu così violenta da fargli lacrimare gli occhi.
Tetsuya respirò a fondo, finché la sentì diminuire d’intensità e poi si ritrovò ad osservare incuriosito una piccola chiazza vermiglia, che andava allargandosi sul suo lenzuolo
- Ma...che diavolo...? -
Un’altra macchiolina perfettamente circolare apparve vicino alla prima, seguita rapidamente da altre tre.
Il giovane si portò istintivamente una mano al volto e la ritirò bagnata del sangue che colava a fiotti dal suo naso.


- Questo...questo è il Grendizer? - balbettò Koji guardando verso l’alto.
Quella cosa incombeva su di lui in tutta la sua imponenza, da una piattaforma alta una decina di metri.
Era un’astronave a forma di disco, come quelle che si vedevano nei film di fantascienza, solo che questa era maledettamente reale.
Il ragazzo giudicò dovesse avere un diametro approssimativo di circa trenta metri, senza contare le due sporgenze laterali, che probabilmente servivano a rendere stabile l’oggetto in volo.
Sul retro intravide due coppie di reattori, ma quello che attirò di più la sua attenzione fu quella strana effige nella parte anteriore: sporgeva appena dal resto della struttura e sembrava una testa.
Guardando meglio, gli sembrò di notare anche due braccia che aderivano alle fiancate del disco
- E’...è enorme... - fu la cosa più intelligente che riuscì a dire non appena si fu ripreso dallo stupore
- E’ Grendizer - replicò semplicemente Daisuke - E’ grazie a lui che sono arrivato sulla Terra -
- Cosa? Arrivato sulla Terra...da dove? -
- Dal mio pianeta, da Fleed -
Kabuto guardò allibito Daisuke: che fosse uno strano giovane lo aveva sempre pensato, ma questo era decisamente troppo.
Inconsciamente cominciò ad indietreggiare verso il Grendizer
- FERMO KOJI! NON TI AVVICINARE! -
- Cos...? - il ragazzo si voltò appena verso l’astronave per capire cosa stesse succedendo, ma Daisuke fu più veloce di lui, afferrandolo bruscamente per la vita e trascinandolo a terra, lontano dalla piattaforma.
Appena in tempo: una potente scarica elettrica s’abbatté improvvisa dove un attimo prima si trovava Koji
- Tutto bene ragazzi? - esclamò preoccupato il dottor Umon, avvicinandosi ai due stesi sul pavimento
- Tutto a posto padre - rispose Daisuke rialzandosi prontamente in piedi
- Anch’io...a posto...credo...- farfugliò Koji sollevandosi sui gomiti ed afferrando la mano che il suo amico gli porgeva
- Hai rischiato grosso Koji, quella scarica poteva ucciderti - gli mormorò quest’ultimo aiutandolo ad alzarsi - Grendizer è protetto da un sofisticato sistema difensivo, solo io posso avvicinarmi -
Koji scrutò attentamente il volto del giovane fleediano, alla ricerca di qualcosa che potesse tradire le sue origini extraterrestri, ma vide solo una grande umanità
- Ma tu...tu chi diavolo sei? - mormorò ad un certo punto - Una specie di alieno? -
Duke Fleed sorrise ed iniziò a raccontare.


- Mi spiace Aika, ho combinato un disastro - si scusò Tetsuya seduto su una sedia, mentre l’infermiera provvedeva a mettere delle lenzuola pulite al letto
- Tranquillo giovanotto - sorrise l’infermiera - Sono cose che succedono -
In quel momento entrò il dottor Yamamoto
- Come va Tetsuya? Ti è passata l’emicrania? -
- Aika mi ha dato qualcosa ed ora si sta attenuando, grazie -
- Bene, sono contento che quello che ti ho prescritto stia facendo effetto - disse il medico - Ho qui i risultati della TAC fatta stamattina - continuò poi
- Allora? - chiese il giovane
- Direi che è tutto a posto, non ho riscontrato nulla di anormale -
- E quell’emorragia dal naso? -
- Solo uno sbalzo repentino della pressione - rispose l’uomo - Probabilmente nei prossimi giorni soffrirai ancora di mal di testa e potresti avere altri episodi simili, in tal caso basterà prendere una delle pastiglie che ti ha dato Aika -
- Capisco...- annuì Tetsuya
- Naturalmente dovrai stare a riposo per un po’ - aggiunse il medico
- Di questo me ne occupo io dottore! - esclamò Aika - Coraggio giovanotto, fila a letto! -
- Ne sono certo - rise Yamamoto.
Tetsuya decise di essere troppo stanco per replicare, così tornò a sdraiarsi.
Poco dopo dormiva profondamente.


Il Conte Blocken percorse il corridoio sotterraneo con una certa inquietudine: odiava quel posto, gli metteva i brividi, ma ormai il Dottor Hell trascorreva la maggior parte del suo tempo là sotto, dietro quel dannato portale e per poterlo vedere doveva scendere per forza in quell’antro.
Gli enormi battenti il legno intarsiato si aprirono al suo cospetto quasi fossero animati da volontà propria e dopo un attimo d’indugio l’uomo entrò
- Sono qui Dottor Hell! -
La sua voce rimbalzò sinistramente sulle pareti e le volte dell’immensa sala, tanto che negli ultimi strascichi dell’eco, assomigliò vagamente ad una risata stridula.
L’uomo scacciò immediatamente quell’idea assurda dalla mente
- Dottor Hell! - chiamò di nuovo, senza riuscire a celare il suo nervosismo
- L’ho sentita Blocken - rispose una ben nota voce di fronte a lui, nel punto in cui c’era una specie di trono di pietra - Venga avanti -
Il Conte attraversò di buon passo il vasto ambiente, illuminato in modo soffuso da un’ignota fonte luminosa, osservando con curiosità sette enormi statue vagamente antropomorfe, che facevano da ala a quella seduta sul trono.
Quest’ultima era leggermente più grande delle altre, con l’aspetto di un antico guerriero in armatura e teneva fra le mani uno spadone puntato verso terra.
Il volto era terrificante.
Blocken distolse subito lo sguardo un po’ intimorito, poi girò attorno al trono e si ritrovò davanti ad un piccolo ingresso, che era più simile ad una fessura nella roccia, ma che dava accesso ad un’altra sala più piccola.
Per entrare dovette chinarsi.
Questa stanza era decisamente molto più piccola dell’altra, quasi claustrofobica e nel mezzo c’era una specie d’altare decorato da bassorilievi, simili a quelli che stavano sul portale.
Le pareti erano ricoperte di affreschi, in parte danneggiati dall’umidità e il Dottor Hell ne stava osservando attentamente uno, sfiorando con le mani le astruse iscrizioni che lo accompagnavano ed annuendo compiaciuto come se ne comprendesse il significato
- Guardi qui Blocken, guardi! - esclamò l’anziano scienziato in preda ad una specie di frenesia - Manca parte del testo, ma la Profezia parla comunque chiaro! -
- Quale profezia? -
Hell sembrò non ascoltarlo, continuando a parlare tra sé e sé come in un delirio
- Il Generale Nero...i suoi Sette Eserciti...sì...è tutto chiaro...il Re dello Spazio...l’Imperatore delle tenebre...ed infine l’Eletto ed i suoi Cavalieri...è tutto scritto qui...l’Eletto dominerà l’Universo -
- Dottor Hell...io non capisco - mormorò Blocken - Chi è l’Eletto? -
Lo scienziato si voltò lentamente verso di lui, mostrandogli un volto più incavato del solito ed uno sguardo allucinato
- Non capisce Blocken? IO sono l’Eletto... -

Edited by kojimaniaca - 13/10/2009, 23:10

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