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Memories- Silenzio, Fanfiction su Devilman

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Arpegius Copperplate
view post Posted on 29/8/2007, 11:26     +1   -1




Silenzio



Mettimi come un sigillo sul tuo cuore , come un sigillo sul tuo braccio; perché l'amore è forte come la morte e la gelosia è dura come il soggiorno dei morti

( Cantico dei cantici, 8:6)





Mi chiamo Asuka, Ryo Asuka.
Almeno, questo è quanto riportato sui documenti in mio possesso, il libretto scolastico, un passaporto e la patente per guidare la mia amata moto.
Ho i capelli biondi e gli occhi azzurri, eredità di mia madre, una fotografa inglese che lavorava come free"lance affermata quando conobbe mio padre. La rivista per cui lavorava l'aveva spedita in Grecia per scattare alcune foto al seguito di un'équipe archeologica inglese che stava lavorando da anni su alcuni reperti di civiltà precedenti alla minoica; qui conobbe mio padre, all'epoca il primo assistente del coordinatore dell'équipe giapponese.
E lo sposò.
Così, su due piedi, senza fermarsi a pensare, a riflettere, senza seguire la ragione, ma fidandosi esclusivamente di ciò che le dettava il suo cuore impetuoso.
Dopo qualche mese nacqui io e mia madre decise di accantonare la carriera di fotografa giramondo per diventare corrispondente locale.
La nostra vita scorreva semplice e serena: mia madre sempre dietro alla sua macchina da scrivere; mio padre chino sul tavolo mentre cercava di venire a capo dei molteplici misteri dell'archeologia; ed io, che mi esercitavo con il violino, oppure risolvevo i compiti della scuola internazionale cui mamma mi aveva iscritto.
Tutti insieme, tutti nella stessa stanza. Pur di non perdere un solo momento che potevamo passare assieme.
Questa fragile felicità durò fino al momento dell'incidente.
Quel giorno, era primavera, mia madre uscì la mattina presto per andare ad intervistare un famoso scienziato che aveva costruito una roccaforte in uno sperduto angolo di Izu.
Poiché non c'era alcun modo di raggiungere quell'eremo ipertecnologico con il treno, mia madre, pur di non rinunciare al servizio, decise di andarci in auto ed uscì di mattina presto, sotto un cielo plumbeo che prometteva pioggia. Ricordo di aver visto la sua figura di spalle mentre cercava dei documenti e li inseriva nella sua capiente borsa rossa, in cui riusciva a far entrare di tutto. Si girò e mi sorrise: a ripensarci adesso, mi parve più bella del solito, come se quella fosse l'ultima volta in cui avessi potuto godere del suo viso fresco e chiaro, dei suoi occhi azzurri e delle numerosissime efelidi che costellavano la sua pelle diafana.
" Ryo, che ci fai sveglio a quest'ora?" mi chiese cercando di pettinarmi i capelli con le mani.
Mi limitai a fissarla negli occhi e lei mi invitò a tornarmene a letto, promettendo che mi avrebbe portato dei dolcetti tipici del luogo.
Bofonchiai uno sbadiglio e me ne tornai sotto le coltri, senza nemmeno dire "ciao" a mia madre.
Non la vidi più.
Lungo la strada del ritorno fu sorpresa da un violento acquazzone e l'auto finì fuori strada su un tornante di montagna.
Un tuffo nell'acqua gelida dopo un volo di trenta metri.
Mio padre cambiò: era sempre stato un tipo piuttosto taciturno e schivo, ma dopo la morte di mia madre si chiuse in un mutismo ermetico, tanto da indurlo a cambiare casa e città, ossessionato com'era dal ricordo di lei, che non l'abbandonava mai, ma aleggiava nella casa, nelle mura, negli interstizi tra i tatami, nelle pentole, nei vestiti.
Fu così che persi i contatti con il mio migliore amico, Hisashi, l'unico che non mi schernisse per il mio colore di capelli, il mio accento e i mie vestiti sempre puliti.
Ci trasferimmo a Nerima, un distretto a nord di Tokyo, in una casa a due piani con un grande giardino in cui svettava un maestoso ciliegio dai rami frondosi, sotto cui mi rifugiavo a studiare d'estate.
Ero ormai in quinta elementare quando mio padre decise di alleviare anche il mio dolore,

dopo tre anni!



regalandomi un bel cagnone, un boxer, che chiamai John, come il cantante preferito di mia madre.
John riempì la solitudine della mia esistenza, diventando come e più di un fratello vero e proprio; spesso, la sera, uscivamo insieme a passeggiare sotto il chiarore delle stelle, spingendoci fino al fiume che costeggiava il quartiere e divideva la mia zona da quella più povera.
Sedevo sul ponte di pietra bianca, le gambe sospese nel vuoto a dondolare pigramente.
Non pensavo a niente, non guardavo niente, non facevo niente: me ne stavo lì, buono buono ad aspettare qualcosa.
O qualcuno.
Finché una sera, ormai rassegnato, stavo per alzarmi dalla mia postazione di cemento quando una voce mi fermò.
" Che bel cane! È tuo? "
Mi voltai verso l'ombra che avevo visto allungarsi nella mia direzione: apparve, letteralmente, un ragazzino dai capelli scuri, ben pettinato, e con indosso semplici abiti a tinta unita.
Chinai la testa da un lato, come un cane che non ha capito cosa gli stia dicendo il padrone. Mi piaceva quel ragazzino, tanto semplice quanto ingenuo, però…
" È tuo? È proprio bello, sai? " disse avvicinandosi senza timore a John e carezzandolo sulla testa " Anche a me piacerebbe avere un cane, ma siccome mia sorella ne ha paura non lo posso tenere! Però ho un coniglio, sai? Si chiama Ichigo, perché va matto per le fragole! " aveva continuato a dire senza aspettarsi una mia risposta, come se stesse parlando con un vecchio amico.
" È tuo?" chiese nuovamente alzando la testa e fissandomi dritto negli occhi, questa volta.
" John. Si chiama John " risposi cortese, ma allo stesso tempo dubbioso: dentro di me sentivo che quel ragazzino che mi piaceva, prima o poi, mi avrebbe fatto del male.
Non sapevo giustificare il timore che mi causava, ma sapevo che quel ragazzo gentile e gentile mi avrebbe spezzato il cuore, un giorno o l'altro.
" Ma che male vuoi che ti possa fare questo qua?" mi disse il cervello in un impulso di razionalità; volli credergli e risposi al sorriso spontaneo che mi stava donando.
" Io mi chiamo Fudo, Akira Fudo, e tu? " mi fece porgendomi la mano, come gli adulti.
" Asuka. Mi chiamo Ryo Asuka. " risposi ricambiando la stretta.
" Asuka? " fece strabuzzando gli occhi e serrando la presa attorno alla mia mano " Come il celebre archeologo? "
" È mio padre…" risposi fissando perplesso quel ragazzino strano: che c'era i così strano nel mio cognome? E come faceva a conoscere mio padre?
" Che coincidenza! Tuo padre è un collega del mio, sai? " mi spiegò con un sorriso ancora più largo e gli occhi che ridevano " Mi ripete sempre che il suo collega Asuka ha un figlio della mia età, un tipo in gamba. Mi ha tanto parlato di te, al punto che volevo assolutamente conoscerti, solo che finora non ce n'era mai stata occasione! " concluse portandosi una mano dietro la testa.
" Ah… " risposi cercando di trovare il nesso logico del fiume in piena che quel ragazzino aveva liberato in un paio di minuti.
" Ma guarda che coincidenza! Pensa, non passo mai di qua, ma oggi sono andato a portare dei compiti ad un compagno malato che abita dall'altra parte del ponte, quella casa rossa laggiù, vedi? " proseguì indicando una costruzione poco lontana sulla cui sommità lampeggiava la pubblicità di una marca di sigarette americane, mentre il fiume scorreva lento sotto di noi.
Rincasammo insieme, parlando del più e del meno, scoprendo che avevamo la stessa età, che frequentavamo scuole diverse, che avevamo in comune la passione per i cani e per le moto di grossa cilindrata.
Ci separammo ad un incrocio e lo vidi correre verso la fine della strada, fermandosi ogni tanto e agitando molte volte la mano in segno di saluto.


Fu così che conobbi Akira.
Alla fine dell'anno scolastico riuscii a spuntarla su mio padre, che voleva continuassi a frequentare il prestigioso complesso scolastico cui mi aveva iscritto, e raggiunsi Akira nella sua scuola statale, riuscendo ad inserirmi persino nella sua stessa classe.
Cosa non ottiene un nome famoso come lo era Asuka a quel tempo!
Akira ed io stringemmo una forte amicizia: lui era sempre stato un ragazzino timido ed introverso, che socializzava più facilmente con gli animali che con gli altri ragazzini come lui.
Gli piaceva occuparsi dei conigli della scuola, dando loro personalmente la verdura ed accudendoli come se fossero i suoi. Mi raccontò anche di come aveva ricevuto Ichigo, un giorno, durante la pausa pranzo, mentre la neve scendeva in silenzio sulla città.
" Ichigo me l'ha regalato il custode della scuola, così me lo sono portato a casa la sera stessa. Per fortuna…" aveva cominciato a dire mentre trascorrevamo la pausa pranzo seduti davanti all'ingresso della terrazza, tutta coperta da una soffice coltre bianca.
" Per fortuna…? " gli avevo chiesto di rimando, alzando la testa dal pranzo pronto comprato alla stazione che stavo piluccando di mala voglia.
" Sì… Vedi…il custode della scuola notò il nostro affiatamento e decise di regalarmelo, così lo portai a casa la sera stessa. Gli procurai una gabbietta spendendo tutti i miei risparmi e gli diedi un po' di verdura per cena. La mattina seguente, sebbene fosse domenica, andai lo stesso a scuola per accudire gli altri conigli, ma li trovai morti… " mi confidò chinando la testa a poco a poco tra le ginocchia strette al petto " li avevano seviziati i teppisti dell'ultimo anno, tanto per passare il tempo…"
E pianse, composto in silenzio, lasciano in terra il suo pranzo preparatogli dalla madre.
Riuscii solo a posargli una mano sulla spalla, mentre la neve ammantava di bianco il giardino della scuola.


Due anni più tardi, Akira mi comunicò che suo padre si sarebbe trasferito in America per motivi di lavoro. La sua famiglia sarebbe partita per Chicago, compresa quella fifona di Uri, sua sorella maggiore, mentre lui sarebbe andato a vivere presso amici di famiglia, dei tipi perbene chiamati Makimura.
Avrebbe avuto un'educazione completa, avrebbe avuto chi l'avrebbe accudito, chi avrebbe badato a lui, e avrebbe frequentato la medesima scuola in cui era iscritta la loro figlia maggiore, una certa Miki, che Akira ricordava come "esuberante".
Quella notizia non mi piacque affatto.
Avevo solo due mesi per convincere Akira a venire a stare da me, invece che da quegli odiosi componenti della famiglia tipo di uno squallido spot televisivo, o, nella peggiore delle ipotesi, per godere della sua compagnia. Era infatti molto difficile che io riuscissi a spuntarla anche questa volta, né tantomeno mio padre mi avrebbe iscritto in una scuola lontana tre ore di treno da casa mia.
Ed infatti, come avevo previsto, una bella mattina di fine Marzo, poco dopo la fine delle scuole medie, la famiglia di Akira fece armi e bagagli e partì alla volta degli U.S.A., mentre lui, subito dopo averli accompagnati all'aeroporto e salutati dalla terrazza, prese un taxi e raggiunse casa Makimura.
I primi giorni senza Akira furono un vero e proprio inferno: attaccavo briga con tutti coloro che incrociavano la mia strada, solo per il gusto di sfogare al frustrazione accumulata durante quei due mesi.
Non riuscendo ad accettare la situazione, e non potendo stare sempre dietro alle mie crisi nervose, mio padre decise di mettermi alle costole un precettore, così da permettermi di non andare più a scuola senza il mio migliore amico e, allo stesso tempo, tenendomi sotto controllo.


Crollai in un'apatia nera, solo, senza altra compagnia che quella di John: Tetsuya, il mio precettore, veniva ogni giorno alle nove del mattino e se ne andava verso le tre del pomeriggio, lasciandomi alle cure della signora Shiba, la nostra domestica.
Mio padre, in viaggio di lavoro per venire a capo di chissà quale mistero legato ad una civiltà scomparsa quasi mille anni prima, rientrò dopo un mese circa di questa vita.
Al suo ritorno dal Messico, dopo essersi fumato il cervello per capire come mai quella popolazione ricchissima e avanzatissima tecnologicamente fosse scomparsa senza lasciare alcuna traccia, era radicalmente cambiato. Iniziò a chiudersi nel suo studio per giorni interi, uscendone solo per sfogare soddisfare gli istinti più animaleschi, come la fame, la sete ed i bisogni corporali.
E a volte nemmeno quelli.
Ed era feroce.
Scontroso.
Ogni istante che passava lontano dal suo preziosissimo manufatto, una sorta di orrida maschera da sciamano, peggiorava sempre più, rivelando un lato della sua personalità che mai mi sarei aspettato possedesse.
Gli occhi gli brillavano di lucida ferocia, assassina quasi, e poi scoppiava a ridere come un folle.


Un giorno, rincasando dopo una commissione, trovai il mio canarino appeso fuori dalla gabbia: gli avevano spezzato il collo ed avevano poi infierito sul cadavere, finendo per straziarne le carni in maniera impressionante.
Mio padre disse che non ne sapeva nulla, essendo rimasto per tutto il tempo della mia assenza chiuso nel suo studio.
Qualche giorno dopo, invece, dopo essere uscito per prendere delle medicine per il mio cane, trovai la testa di John infissa nelle inferriate della cancellata di casa: il capo era stato staccato come a mani nude e il sangue, che grondava copioso da esso, aveva macchiato il ferro e il muro bianco che recintava la casa. Corsi dentro, temendo che fossero entrati dei ladri e avessero ammazzato mio padre.
Aprii con veemenza la porta del suo studio, trovandolo in piedi, al centro della stanza, una sigaretta appena accesa tra le labbra: era completamente ricoperto di sangue ed una delle lenti dei suoi occhiali era crepata all'angolo.
" Papà…hanno ammazzato John! " lo informai cercando di capire cosa fosse successo, pregando che le cose non fossero andate come la mia mente suggeriva.
" Lo so, figliolo, lo so… Sono stato io…" sussurrò aspirando il fumo nei polmoni.
" Ma papà, che stai dicendo!? " urlai sgranando gli occhi e tenendo tra le mani il pomello della porta.
" Sta tranquillo, Ryo… Ho dovuto eliminarlo, perché era impazzito, ma vedrai… Ti comprerò un altro cane, molto più grosso… un cane più grosso da ammazzare! "
E scoppiò a ridere in una risata sguaiata mentre fuggii lontano da lui e mi rinchiusi dentro la mia stanza.
E più avevo paura, più lui rideva.
E più lui rideva, più io avevo paura.


Un paio di notti dopo, mentre infuriava un temporale con tutti i crismi, mio padre entrò nella stanza e, approfittando del fatto che fossi addormentato, strinse le mani attorno al mio collo. Riuscii a svegliarmi quando l'assenza d'aria si era fatta impellente: aprii gli occhi e vidi la sua figura sovrastare la mia, mentre stringeva sempre di più la presa attorno alla mia giugulare.
Gridai, come può farlo uno a cui la vita e l'ossigeno stanno sfuggendo a poco a poco, e mio padre si fermò di botto. Le sue mani gli tremavano e se le portò davanti gli occhi, per poi passare a fissare me, che rimasi a fissare tutta la scena come se fosse un film visto in tv.
E scappò via, chiudendosi la porta del suo studio alle spalle, mentre io scaricavo la rabbia e l'apprensione dando pugni sul legno che mi divideva da lui.
Volevo capire.
Volevo aiutarlo.
Non volevo perdere anche lui!
Non riemerse più dal suo studio: tre giorni dopo, approfittando di una mia assenza momentanea, decise di averne abbastanza e si cosparse da capo a piedi di benzina, per poi accendersi l'ultima sigaretta.
Uscì in giardino, ma io non riuscii a prendere il tubo per innaffiare il prato, che aveva staccato dall'erogatore e non potei spegnere le fiamme che avevano dilaniato il suo corpo. Quando lo trascinai dentro, notai che il suo corpo si era fatto stranamente pesante: era come se stessi trasportando due persone.
Non riuscivo a credere che tutto quello fosse successo a me, era inconcepibile.
Frugai tra le carte di mio padre per cercare di venire a capo di qualcosa che riuscisse a spiegarmi razionalmente cosa fosse mai accaduto a mio padre, cosa mai avesse potuto spingerlo ad agire in quella maniera, portandolo al suicidio per non uccidermi qualora queste crisi si fossero nuovamente manifestate.
Buttai tutto all'aria.
Libri.
Dispense.
Appunti.
Quaderni.
Rivoltai lo studio come un calzino, sotto lo sguardo dell'orrido manufatto che troneggiava su un piedistallo in plexiglas.
Trovai solo il diario di mio padre dopo aver forzato un cassetto della sua scrivania chiuso a chiave.
Conobbi allora la verità su mio padre e sul perché del suo cambiamento.
Mio padre era stato posseduto da un demone, macchiandosi di atroci e turpi delitti. Per quello aveva strangolato il mio canarino e decapitato John a mani nude.
Per quello aveva cercato di ammazzarmi nel sonno, riacquistando per un attimo lucidità e decidendo di darsi fuoco pur di non riuscirvi.
La chiave di volta era la maschera. La vidi, la fissai e percepii chiaramente una forza malvagia provenire da quegli occhi intagliati nel legno d'ebano.
La calcai: vidi un paesaggio impressionante, il mondo prima dell'avvento dell'uomo, prima ancora che i dinosauri calcassero la terra. Questo mondo, caratterizzato da una vegetazione lussureggiante e simile a quella tropicale, era abitato da forme di vita perennemente in lotta fra loro per la sopravvivenza. Il più grande mangiava il più piccolo, il più debole soccombeva sotto gli artigli del più forte, in un eterno conflitto senza pace.
Poi, un cataclisma, una glaciazione improvvisa e i demoni si erano ritrovati prigionieri dei ghiacci, addormentati in un sonno che durava da millenni. Gli uomini avevano scoperto la presenza dei demoni, ma questi si stavano lentamente risvegliando, e sarebbero tornati per riprendersi al terra che credevano loro.
Distruggendo il genere umano.
Feci l'unica cosa che potevo fare: presi l'auto di mio padre, il suo fucile da caccia grossa e andai in cerca dell'unica persona che mi avrebbe potuto capire, aiutare, sostenere.
Che avrebbe portato con me questa croce.
Akira Fudo.


Trovai Akira in una situazione a dir poco strana: tre teppistelli male in arnese, gelosi del fatto che rincasasse assieme ad una ragazzina dall'aria innocente, l'avevano presa e l'avevano immobilizzata contro il muro di recinzione di una casa, mentre due di loro intimorivano Akira.
E più lei gridava, più quello che la teneva stretta per i polsi si eccitava e sbavava, impaziente di metterle le mani addosso. Avrei tanto voluto che quella sottospecie di uomo portasse a termine il suo lavoretto e tappasse la bocca di quella troietta, Miki Makimura al novanta percento, ma non potevo restare a guardare…avevo qualcosa di ben più importante da risolvere.
" Akira! " lo chiamai uscendo dall'ombra e facendomi riconoscere " Vieni a casa mia! " gli intimai, quasi, fregandomene del fatto che fosse in una situazione "particolare".
" Hem…adesso? " fece lui perplesso ed impacciato " Ho una situazione un po' difficile da risolvere…"
Estrassi il fucile da caccia da sotto l'impermeabile che avevo indosso e sparai contro i tre teppisti, che scapparono come conigli.
" Adesso che la situazione è risolta, puoi venire? È urgente…" dissi rimettendo l'arma nella fondina e abbottonandomi con cura.
Akira, docile come un cagnolino, affidò la cartella alla ragazza e mi seguì, come se nulla fosse, lasciandola con un palmo di naso.
Feci accomodare Akira nell'auto, rassicurandolo sul fatto che avevo compiuto ventun anni grazie ad un semplice ritocco della patente di mio padre, e partimmo a tutta velocità verso fuori città.
I palazzi di cemento scomparivano lentamente nello specchietto retrovisore, mentre i semafori si andavano facendo sempre più rari e più lunghi. Dovevo delle spiegazioni ad Akira circa il mio cambiamento. E dovevo pure metterlo a conoscenza dell'atroce mannaia che pendeva sulle nostre teste.
Raccontai ad Akira la verità che avevo scoperto, o meglio era questa l'intenzione che avevo, se non ché dei demoni decisero di attaccarci, forando il fondo dell'automobile e cercando di catturare Akira.
" Ryo!! Che devo fareeee?! " mi urlò quando vidi che un arto, mostruoso e verde, era arrivato a lambirgli una gamba.
" Spara! Prendi il fucile e spara!! " gli gridai sterzando bruscamente per far cadere in mare l'altro demone che si era accomodato sul tetto dell'automobile.
Miracolosamente arrivammo illesi a destinazione, una villa fuori città che sovrastava un precipizio a picco sul mare, scenicamente ingrossato e ululante rabbia.
Condussi il mio amico per lunghi corridoi, correndo per staccarci dalle calcagna quei demoni che avevano deciso di farci la festa prima che potessimo anche solo provare a fermarli.
" Lo sanno! Loro sanno tutto! " bestemmiai sparando l'ennesimo colpo di fucile contro una porta da cui fuoriusciva una mano artigliata. E verde.
" Loro? Ma loro… chi? E che cos'è che sanno? " mi chiedeva Akira sull'orlo di una crisi nervosa " Ryo spiegami, non ci sto capendo nulla! " urlò isterico contro di me.
Lo presi per la manica della divisa e lo spinsi dentro una stanza buia, al cui centro troneggiava la maschera da sciamano.
Invitai Akira ad indossarla: quello che vide gli spalancò gli occhi e lo lasciò a bocca aperta, le papille secche e la voce scappata chissà dove.
Gli raccontai per filo e per segno quello che mi era accaduto, spiegandogli di come i demoni potessero fondersi con gli esseri umani e usare una della armi che conferivano loro potere: la metamorfosi.



I demoni prendono possesso del corpo delle loro vittime, assumendone le fattezze in maniera tale da potersi inserire tra gli altri esseri umani e passare inosservati…





Il diario di mio padre era esplicito a riguardo: i diavoli potevano mischiarsi agli esseri umani indisturbati, senza che questi riuscissero a sospettare minimamente della fusione, dello scambio che era intercorso.


…durante la fusione, il corpo umano soccombe, sostituito da quello del demone, più forte e resistente. Anche il cervello dell'uomo soccombe, fornendo preziose informazioni ai demoni, che agiscono come se fossero effettivamente le loro vittime, acquisendone ricordi, conoscenze e paure…





Se un demone si fosse fuso con un uomo, e non fosse morto durante questo processo, avrebbe carpito facilmente i nostri punti deboli, i nodi su cui far leva per sterminarci.
" Bisogna avvertire i governi mondiali del problema! " tuonò Akira in un momento di lucidità.
" E tu pensi che crederebbero a due adolescenti giapponesi? Come minimo, penserebbero che abbiamo visto troppi film di mostri alla tv! "risposi fissandolo con uno sguardo di ghiaccio.
" Ma allora… " biascicò perso.
Spiegai ad Akira che potevamo comunque contare sull'eredità di mio padre: si era volontariamente fuso con i demoni, per capire cosa potesse fermarli, e quali armi avessimo per difenderci.
" Sarebbe? "
" Fondersi con loro… Diventare noi stessi dei demoni! " gli dissi mentre lacrime di rabbia mi offuscavano la vista.
" Allora…? "
" Allora c'è una sola cosa da fare! " gli dissi poco prima di spiegargli per filo e per segno il mio piano, provandolo così della sua innocenza.
Rimase shockato.
Ero ripiombato nella sua vita e ora gli stavo chiedendo qualcosa di enorme; lo stavo conducendo in un inferno da cui non sarebbe più emerso. Se nella fusione avesse prevalso il demonio, ci saremmo uccisi a vicenda; ma se invece avesse prevalso il lato umano sulla bestia, forse avremmo avuto una fiammella di speranza.
" Cos'hai deciso? " gli chiesi senza riuscire a guardarlo negli occhi " Ho bisogno di una persona pura di cuore, forte e generosa; una persona che sappia sacrificare se stesso pure di salvare l'intera umanità. Qualcuno che possa portare questo fardello con me! "
" Ricapitoliamo: se sopravvivo, diventerò un demone che combatterà i suoi simili fino alla fine dei suoi giorni; se invece perdo, sarò divorato dai demoni; una bella prospettiva, eh? "
" Già: è questa l'eredità di mio padre! "
" Un'eredità proprio di paura, eh?* "
Ci stringemmo le mani, per suggellare il nostro patto, rimanendo a fissarci per infonderci l'un l'altro coraggio per affrontare il baratro su cui eravamo appesi. Io sorrisi: lui aveva deciso di condividere con me, con me, un destino di morte e dolore. Qualcosa si era rinsaldato tra di noi, qualcosa che andava oltre l'amicizia.
Una lacrima velò i suoi grandi occhi scuri, quelli di un bambino, di un'innocente creatura che un destino rio stava per strappare al suo mondo incontaminato.
Non seppi dire perché, ma una sottile vena di piacere si mischiò al rammarico per la sorte in cui andavo ad invischiare il futuro del mio migliore amico. I nostri destini si sarebbero intrecciati a triplo giro.
Avevo potere.
Un legame più forte di quello che avrebbe mai potuto stringere con qualsiasi altra persona. Lui era mio.
Mio.
Questo pensiero continuò a martellarmi durante tutto il Sabba, mentre bevevamo e annebbiavamo le nostre menti per non aver più alcun dominio su noi stessi. Più ingurgitavo alcool, più il senso d'onnipotenza datomi dall'aver deciso io, proprio io, il corso della vita del mio amico Akira mi pompava il sangue veloce nelle vene, inebriando il cervello e cambiando il mondo attorno a me.
Potere.
Grandezza.
Forza.
Arrivai a sentirmi onnipotente, in grado di schiacciare tra le dita le vite di quei quattro sbandati che avevo raccolto in quella discoteca improvvisata.
Arrivai a pensarlo al punto di alzarmi dal divano su cui ero stravaccato e colpire al petto con una bottiglia rotta una ragazza che ballava poco lontano da me. Della baraonda che ne seguì non ricordo nulla; quel che accadde quella sera l'ho saputo grazie al dettagliato racconto fattomi da Akira.
Le fusioni fra uomini e demoni.
Le grida.
La rissa.
E la sua morte, come Akira Fudo, e la sua nascita, come Devilman.


Da quel momento Akira cambiò.
Il ragazzo timido e insicuro era sparito, lasciando il posto ad un ragazzo sicuro, forte, sfrontato e ribelle, in grado di battere gli stessi teppisti del giorno prima con una sola mano.
Amon, il demone che aveva preso il corpo del mio migliore amico, gli aveva regalato una carattere sicuro, una consapevolezza delle proprie capacità e un richiamo della lotta e del sangue quasi animalesco.
" Sento il bisogno fisico di fare a botte, Ryo" mi confidò quando mi venne a trovare in ospedale durante la mia degenza.
Era cambiato, non era più il mio Akira: ora non era più disposto a farsi mettere i piedi in testa dagli altri, a cominciare da quella odiosa ragazzina, che adesso gli gironzolava accanto come un cagnolino adorante, portandogli la borsa e aspettandolo alla fine delle lezioni.
Ridicola.
Bastava solo che io gli comparissi davanti, senza alcun preavviso, e Akira la piantava in mezzo alla strada, senza darle mezza spiegazione. D'altro canto, il legame che univa me e Akira era centomila volte più forte di qualsiasi infatuazione potesse provocargli quella ragazzetta boriosa.
Io ero con lui al momento della sua nascita come Devilman.
Io ero con lui quando Silen, Agwel, Ghelmer e Kain attaccarono casa Makimura nel bel mezzo della notte.
Io stesso colpii il demone arpia con il fucile da caccia grossa ferendola in modo letale al petto. Non m'interessava di poter restare ferito, o addirittura ucciso durante quegli scontri: io dovevo aiutare Akira, coprirgli le spalle, stare con lui.
Difenderlo, per quanto potessi essergli utile.
Sentivo che era il mio dovere, che il mio posto era accanto a lui, nello stesso inferno in cui io l'avevo cacciato.
Lo capii quando venne a trovarmi in ospedale: il suo volto, più maturo e serio, le sue spalle ampie fasciate da quella camicia viola, i primi tre bottoni aperti a lasciar intravedere la pelle del petto, la voce roca e adulta, dal caldo timbro nasale…


Fu come una fucilata.
Io amavo Akira.


Quello che provavo per lui non era semplice e virile amicizia, non più, almeno; i miei sentimenti si erano evoluti erano diventati altro. Amore.
Ecco perché bramavo la sua sola presenza, il suono della sua voce, l'ombra della sua persona proiettata sul muro. Ecco perché cercavo in ogni modo di proteggerlo, di stargli dietro, di essere la sua ombra, il suo angelo custode.
Ecco perché avevo paura per la sua incolumità, perché odiavo quella marmocchia leziosa e debole che aveva il grande onore di vivere con lui sotto lo stesso tetto, il privilegio di respirare la stessa aria. Ed era così stupida da non rendersene nemmeno conto!

Sciocca ragazzina umana!

Come fui dimesso dall'ospedale, inizia a farmi sempre più presente nella vita di Akira, come a voler monitorare la presenza di quella mocciosa.
Ero geloso, mortalmente geloso di una ragazzina, di quella ragazzina.
Man mano che gli attacchi dei demoni si andarono intensificando, si moltiplicavano anche i casi di demoni che riuscivano a fondersi con gli esseri umani e a mischiarsi alla popolazione. La lotta si faceva sempre più dura, arrivando anche a cogliere la vita di persone sempre più vicine a me e ad Akira.
La piccola Sachiko, i compagni di scuola di Akira, gli amici di Tare… il cerchio si andava stringendo sempre più attorno a noi e alle persone che ci gravitavano attorno.


Gli eventi precipitarono in breve tempo.
Un mese dopo la scomparsa di Sachiko, si verificarono casi di fusioni mal riuscite a livello mondiale. Contemporaneamente, ai quattro angoli del globo, dei demoni sceglievano di fondersi con persone ignare, perfettamente consce di ciò che stavano facendo, finendo così per morire.
Uomini che mangiavano seduti al tavolo di un ristorante si tramutavano in orride creature deformi, morendo ai piedi degli altri avventori tra atroci dolori e lamenti strazianti.
Studentesse che si contorcevano a terra, mentre attendevano il bus alla fermata.
Scienziati nucleari russi che spingevano i tasti che governavano il lancio di bombe H, sganciandole sulla Terra, indiscriminatamente, lasciando un solo messaggio.


Kataha



Demoni



Uscii in strada per andare da Akira ed avvertirlo circa la strategia che i demoni avevano deciso di adottare: il suicidio.
" Vogliono mostrare agli esseri umani che i demoni possono nascondersi nelle persone più insospettabili. E gli uomini, andranno nel panico, nel terrore. E finiranno per distruggersi da soli, risparmiando ai demoni una bella fatica." Sorrisi, lucidamente folle, e percepii chiaramente il terrore provato da Akira nel costatare che le mie parole corrispondevano all'atroce verità.
Gli esseri umani si sarebbero scannati l'un l'altro.
Non avevamo fatto in tempo a fermare il completo risveglio dei demoni!
E l'epifania di Zenon, il Capo Supremo delle Armate Demoniache , confermò la mia ipotesi.
Occorreva studiare un piano d'azione mirato, volto a sterminare Zenon e le sue truppe: Akira avrebbe combattuto contro i demoni che gli sarebbero stati inviati contro, mentre io avrei cercato altri Devilman, altre persone che avevano mantenuto la ragione, esseri in cui la fusione tra umano e demoniaco aveva portato ad una nuova razza.
Forse l'intuizione che aveva avuto Akira non era tanto sballata!
Però…la paura che potesse accadergli qualcosa mentre io ero impegnato a fare delle ricerche mi attanagliò lo stomaco in una morsa ghiacciata.
" Se è nella tua natura, vai… ma cerca di tornare vivo! " gli dissi con un tremito nella voce che lui non parve cogliere, mentre mi allontanavo da lui dandogli le spalle, affinché non si avvedesse che stavo piangendo.
Per lui.
Salutai il mio Akira e mi diressi a spron battuto verso casa, dove mi rinchiusi nello studio di mio padre e mi immersi nella lettura delle sue carte, per capire quale potesse essere il tasso di probabilità di trovare atri Devilman. Fu allora che trovai il mio album di fotografie.
Mia madre e mio padre. Io da bambino.
Io in prima elementare. Un picnic autunnale.
Un normalissimo album fotografico…solo che quello ritratto accanto ai miei genitori non ero io!
Girai pagina e trovai una scritta, quantomeno macabra.


Oggi, 14 Marzo, è morto Ryo.



Rimasi ad osservare quella pergamena ocra vergata di nero fin quando il trillo del campanello mi riscosse dalla marea di pensieri che aveva invaso il mio cervello.
Perché quello ritratto nella foto non assomigliava a me?
Perché ero ritratto in luoghi in cui ero sicuro di non essere mai stato?
Perché, all'improvviso, non ero più certo che i fatti che ricordavo avessero realmente avuto luogo?
E perché quella scritta e la foto della mia lapide?
Perché…
Perché…?
Perché?!
Come aprii la porta mi trovai faccia a faccia con un'orrenda creatura, dagli occhi enormi, come quelli di un neonato, che spuntavano su un viso incorniciato da una folta peluria rosata ed una bocca tirata in un'oscena risata.
Provai a scappare in casa per prendere il fucile, che mi avrebbe assicurato un vantaggio minimo.
Sì, avrei trapassato il cervello di quel mostro ributtante con un proiettile che avrebbe steso un rinoceronte e poi sarei corso a rifugiarmi dall'unica persona che mi avrebbe potuto salvare e proteggere dai demoni.
Akira.
Il mio Akira!
Afferrai il fucile da sopra il camino e lo puntai contro quel volto osceno che continuava a fissarmi sorridendo.
Sollevai il cane.
Premetti il grilletto.
Solo l'eco del proiettile che schizzava fuori dalla canna.
E poi…il buio.


Ryo Asuka è definitivamente morto quel pomeriggio.
Non era lui il ragazzo che si era presentato alla Mushi Tv, quello stesso pomeriggio, armato di un super 8 "interessante".
Non era Ryo Asuka quello che, in diretta, rivelò all'intero Giappone il piano di conquista dei demoni, finora tenuto gelosamente celato.
È pericoloso, Akira…
Glii esseri umani si guarderebbero sospettosi l'un l'altro, Akira…
Istituirebbero delle squadre per cacciare i demoni, Akira…
Arriverebbero a dubitare del proprio padre, della propria figlia, del proprio fidanzato, del vicino, Akira…
S'accuserebbero l'un l'altro, Akira…
S'annienterebbero l'un l'altro, Akira…
Se sapessero, Akira…
Se sapessero, Akira!

E non era Ryo Asuka neppure il ragazzo che con sguardo invasato fece pubblicamente nomi e cognomi circa una fusione riuscita tra un uomo e un demone, mostrando in diretta nazionale le riprese del sabba in cui il suo miglior amico, Akira Fudo, era stato posseduto dal demone Amon, che aveva preso il suo posto sotto il tetto dei Makimura.
Era Satana.
Oh, certo, Akira si trovò abbandonato, alla deriva come un ciocco di legno in balia della tempesta, rifiutato dagli stessi uomini che aveva giurato di proteggere a costo della sua stessa vita.
Quella stessa sera si compì il nostro destino: la Ruota del Karma s'era messa in moto, io stesso l'avevo azionata, con queste mie mani, ed ora…
Ora non restava che attendere il risultato delle mie azioni.


Akira, cacciato da casa Makimura, andò in cerca di altri come lui, trovandoli nel laboratorio del professor Rainuma, un pazzo che aveva raccolto cavie, come le chiamava lui, destinate ad essere sottoposte a continui esperimenti per capire quale sommo mistero si celasse dietro i demoni.
Peccato che i devilman e demoni fossero in sostanza l'anello di congiunzione tra i demoni e gli esseri umani.
Miki, Tare e gli amici di Akira furono linciati dalla folla inferocita, che si era riunita davanti alla graziosa casa dal muro di pietra bianco.
I cari vicini, che tanto rispettavano il padre gran lavoratore, la dolce madre, la graziosa figlia e l'adorabile monello, quelle stesse persone assalirono la casa, uccisero gli occupanti e infissero le loro teste e gli arti dei loro corpi fatti a pezzi su dei pali, dopo aver dato fuoco all'abominio che era stato il covo dei demoni.
Akira giunse troppo tardi: vide il chiarore delle fiamme da lontano e le teste dei suoi amici rischiarate dal baluginio delle fiamme.


Non parlai più con Akira.
Quando la famiglia Makimura fu sterminata, il suo cuore andò in pezzi.
Ed il mio con lui.
Io, che pensavo di allontanarlo da quegli esseri umani inferiori, lo vidi allontanarsi da me, reo di aver causato la morte della sua Miki.
Mi sentii morire!
Io, che avevo preso a prestito la memoria di Ryo Asuka, che mi ero fatto uomo per capire i loro segreti e le loro paure, che mi ero sottoposto al trattamento di Psychogenie per rimuovere la mia personalità, che mi ero innamorato di quel ragazzo trovato in fondo ai ricordi di Ryo Asuka avevo perso la luce dei miei occhi.

Evidentemente, il mio destino è quello di essere rifiutato: Satana, rifiutato da Dio perché un orrendo demone, e per lo stesso motivo allontanato dall'unico essere che io abbia mai amato e che abbia cercato di rendere più forte, più simile a me.


Incontrai Akira qualche tempo dopo: vagava solo, per la terra riarsa e brulla, tra incendi ed eruzioni, devastata dalle frequenti battaglie che l'esercito dei demoni aveva combattuto contro quello dei devilman.
Indossava un impermeabile beige su un dolce vita nero e dei pantaloni color pece. Stretta nella mano destra, una ventiquattrore nera ondeggiava placida all'incedere di Akira.
Camminò a lungo, come se stesse cercando qualcuno, o qualcosa, alzando ogni tanto la testa e perdendosi a contemplare il cielo rosso sopra di lui, come se stesse guardando oltre.
Nei suoi ricordi.
La vista del suo viso mi straziò il cuore.
Avrei voluto correre da lui, stringerlo al petto e riempirgli il viso e il collo di baci, carezzandogli la schiena e rassicurarlo.
Della mia presenza.
Della mia amicizia.
Della mia solidarietà.
Del mio Amore.
Ma quando si fermò e aprì la valigetta il mio cuore si fermò: all'interno della ventiquattrore foderata di raso rosso, adagiata su un cuscino ornato di pizzo bianco, riposava la testa decapitata di Miki Makimura.
Akira la trasse fuori come fosse stata una reliquia e la fissò con amore, mentre i suoi occhi andavano riempiendosi di lacrime.
La strinse al petto, carezzandole teneramente i capelli.
E io… morii nuovamente.
Non era bastato l'esilio volontario che avevamo deciso di effettuare per rafforzarci contro Dio; non era bastato trovare la Terra, la mia amata Terra, distrutta e contaminata da questi esseri: i mari inquinati, la terra sterile, il vento velenoso, le foreste sterminate… anche questo!
Alla fine, una sciocca ragazzina umana aveva rubato al potente Satana, il cuore dell'uomo che amava.
Tutto quello che avevo fatto si era rivelato essere solo un colossale buco nell'acqua.
Strinsi i pugni fino a sanguinare: solo allora mi accorsi di stare tramando come una foglia.
Akira scavò una piccola buca sotto un tiglio, unico superstite di quella piana desolata. Rimise la testa nella valigetta e la sotterrò ai piedi dell'albero, coprendola con la terra smossa. S'inginocchiò, come a voler proteggere quel sepolcro rimediato, e pianse la sua amata

che dolore quella parola!


lo sguardo fisso sulla terra bruna.
Quando, dopo alcuni minuti, fece per andarsene, si accorse di me.
Non dimenticherò mai quello sguardo.
Odio.
Rancore.
Astio.
Vendetta.
Ferocia.
Tutto ciò in due pozzi neri, come le piume di un corvo, che mi passarono da parte a parte.
Tutte le parole che avevano preso la convincente forma di un discorso nella mia testa, svanirono di colpo, come se l'oscurità più nera fosse stata squarciata dal primo raggio di sole.
Ormai era fatta: avevo rimosso qualsiasi discorso sensato dal mio cervello.
Akira non disse nulla.
Si limitò a quell'unico sguardo, una promessa carica di minacce, e mi sfilò accanto, fermandosi solo un attimo a fronteggiarmi, come se l'istinto del demone gli stesse consigliando di pagare con il sangue, il mio sangue, il prezzo della testa recisa che aveva appena sotterrato.
Ma si riprese e passò oltre senza voltarsi, dandomi le spalle.
Era il suo modo per farmi capire che Akira Fudo era morto, definitivamente.
Era successo in quella stessa sera in cui quelle persone perbene avevano massacrato la sua adorata Miki. Non c'era più Akira, non eravamo più amici, complici, compagni, non eravamo più un cazzo.
E Ryo… lo stesso Ryo era morto, tanto tempo prima.
Ora, non eravamo più nulla, solo nemici.
Nemici che si combatterono per quasi ventiquattro ore durante l'Armageddon.
Io stesso lottai contro Akira…
Amon…
Devilman, in una lotta all'ultimo sangue.
I suoi micidiali artigli sfiorarono la mia pelle d'alabastro, la più bella e luminosa di tutto il regno infernale.
I miei poteri piegarono i suoi canini e le sue unghie affilate come lame. E la sua forza.
Sangue, urla, gemiti, dolore.
Carni straziate, arti mutilati.
Anche questo, anche questo era un modo per provare il mio amore ad Akira. L'ho amato, come uomo prima, proteggendolo e seguendolo passo passo, e come demone poi, toccando tutti gli aspetti della vita e dei cinque sensi. Con tutto me stesso, umano e demoniaco, con ogni singola sfaccettatura della mia contorta personalità.
E adesso che questo ragazzo riposa di un sonno eterno, mi accorgo di essere rimasto ancora una volta da solo.
Io, il corpo del mio Akira, questo scoglio freddo, il mare… E la pura luna che ci guarda con un occhio compassionevole da lassù.
Mi hai abbandonato, amore mio…
Come potrò raggiungerti, adesso che sei morto?




Questa fic è dedicata a Shirenu per il suo compleanno (01-04-04) e per l'amore che nutre nei confronti di Ryo; spero di non averti deluso!

La dedico inoltre al mio ragazzo, che mi ha regalato il notes e il portamine che mi hanno permesso di mettere per iscritto i passaggi folli che il mio cervello creava nei momenti meno opportuni; grazie!

L'idea originale è di Go Nagai, che è anche il proprietario dei diritti relativi a Devilman, nonché ideatore di uno dei più bei fumetti del mondo: grazie per aver scritto questa storia!

E grazie anche a voi per averla letta.

Edited by Arpegius Copperplate - 30/8/2007, 03:17
 
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view post Posted on 29/8/2007, 11:35     +1   -1
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la fanfic e' conclusa , grazie ad arpegius per averla postata .
potete inserire qui stesso i commenti

buona lettura
 
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Arpegius Copperplate
view post Posted on 29/8/2007, 11:37     +1   -1




Grazie Godzi! la solita rimbambita.
 
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kojimaniaca
view post Posted on 29/8/2007, 11:42     +1   -1




E grazie a te per averla scritta!!! Semplicemente stupenda, drammatica e delicata nello stesso tempo! :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio: :dio:
Finanzio Cristiano per l'acquisto dei prossimi notes! :innocent.gif: :innocent.gif: :innocent.gif:
 
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view post Posted on 29/8/2007, 12:51     +1   -1
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Io SONO la Girella

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BELLISSIMA!!! TRISTE E DOLCE, DRAMMATICA E TENERA... SEI UN MITO!!! :dio: :dio: :dio: :clap: :clap: :clap: :diablo: :diablo: :diablo:

Il tuo stile è meraviglioso, toccante, profondo... Ne voglio ancora di ff! Sei grande sister forumosa! ^_^ ^_^ ^_^

Val ammirazione cubica mode =)
 
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Reika76
view post Posted on 29/8/2007, 13:38     +1   -1




Veramente bella :farofflook.gif:

Edited by Reika76 - 29/8/2007, 18:20
 
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view post Posted on 29/8/2007, 19:28     +1   -1
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Ho dei pensieri che non condivido!

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Conosco poco Devilman, però mi è piaciuta tanto la tua fan f. Delicata, evocativa e.....ovviamente la richiesta è di continuare!!!!! :clap: :clap: :clap: :clap: :clap: :clap: :clap:
 
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Belvetta
view post Posted on 29/8/2007, 19:48     +1   -1




Bella, ma forse io in Devilman ci vedo più risvolti neri che rosa...
Questione di gusti, insomma, non di validità della FF che mi sembra ottima! :)
 
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Arpegius Copperplate
view post Posted on 30/8/2007, 21:51     +1   -1




CITAZIONE
E grazie a te per averla scritta!!! Semplicemente stupenda, drammatica e delicata nello stesso tempo!
Finanzio Cristiano per l'acquisto dei prossimi notes!

Fai prima ad aprire una cartiera, Kojim, ne consumo uno a settimana... :farofflook.gif: Grazie :face15.gif: :face15.gif: :face15.gif:

CITAZIONE
BELLISSIMA!!! TRISTE E DOLCE, DRAMMATICA E TENERA... SEI UN MITO!!!

Il tuo stile è meraviglioso, toccante, profondo... Ne voglio ancora di ff! Sei grande sister forumosa!

Val ammirazione cubica mode =)

Grazie!
Arp che fa la ruota come i pavoni mode on

CITAZIONE
Veramente bella

Guardate che poi mi abituo ai complimenti!

:face15.gif: :face15.gif: :face15.gif:

CITAZIONE
Conosco poco Devilman, però mi è piaciuta tanto la tua fan f. Delicata, evocativa e.....ovviamente la richiesta è di continuare!!!!!

Teoricamente si tratta di tre storie autoconclusive riunite in un'unica raccolta. Teoricamente. Sono ferma al secondo capitolo da quasi due anni. :29784128hj5.gif: :29784128hj5.gif:

CITAZIONE
Bella, ma forse io in Devilman ci vedo più risvolti neri che rosa...
Questione di gusti, insomma, non di validità della FF che mi sembra ottima!

E hai ragione anche tu. Forse dovrei mettere da parte un po' di zucchero e spargere un po' di sano fiele. :face8.gif: :face8.gif: :face8.gif:

Grazie a tutti voi! :face15.gif: :face15.gif: :face15.gif: :face15.gif:
 
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view post Posted on 11/7/2010, 12:40     +1   -1

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Arpegius, lo sai che ti adoro, vero? :face8.gif:

É splendida come la ricordavo :wub: ...

Baci

Haris
 
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Freya72
view post Posted on 4/8/2010, 08:35     +1   -1




Mi ero persa questa fanfic: splendida !!! :)
 
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amon114
view post Posted on 31/8/2010, 14:13     +1   -1




Ho letto questa splendida opera d'arte , scritta qualche tempo fa , cosa dire se non meravigliosa, mi sono veramente commosso leggendola, consiglio a tutti i nuovi utenti che come me non l'hanno letta, di farlo. Una splendida narrazione del fumetto Devilman, raccontato dal punto di vista di Ryo Asuka, la paura,la spietatezza ,la solitudine , il rimpianto , i sentimenti e tutto il mondo interiore di uno dei più affascinanti personaggi del Maestro . Complimenti vivissimi all'autore
A
 
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11 replies since 29/8/2007, 11:26   348 views
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