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2° intervista (integrale) a Federico colpi, era : nuova intervista a........COLPIIIIII!!!!

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ultramanmattia
view post Posted on 22/1/2008, 16:17     +1   +1   -1




Dal sito di 'CartoonMag', lo stesso autore, Angelo Di Pino, ci segnala la nuova intervista al responsabile per l'Italia di d/visual:

«Intervista/bis a Federico Colpi

- Chi sceglie quali titoli pubblicare e in base a quali criteri?

-Solitamente me ne occupo io, ma un po’ alla volta vorrei estendere questa mansione a persone più giovani: alla mia età e dopo oltre vent’anni nell’ambiente, comincio a perdere la “freschezza” nell’impatto con un’opera, e questo può causare uno “scollamento” con i gusti del pubblico.
Al momento mi occupo, con grandissimo piacere, delle collane “Masterworks”, “Vanguard” e “d/ocuments”.
La prima segue quasi completamente il mio gusto personale; opere che avrei voluto curare (o di cui avevo cominciato a occuparmi) fin dai tempi di Granata e che considero fondamentali per avere una visione storica di ciò che è il manga. Anche se con quasi venti anni di ritardo rispetto a Granata, sono felice di aver potuto pubblicare per la prima volta in Europa autori come Mitsuteru Yokoyama o Shigeru Mizuki e di aver aiutato il pubblico a rivalutare, attraverso un capolavoro come “Getter Saga”, un autore bistrattatissimo nel nostro paese come Ken Ishikawa.
“Vanguard” invece segue di più i miei gusti attuali, con autori come Kaneko, Asada, Koike o Sugimura, oppure la rivista “robot”: artisti che stanno cercando di rivoluzionare il manga, genere che sempre più diventa un prodotto commerciale usa e getta concepito da una redazione e da un team di esperti di marketing piuttosto che l’opera del genio di un autore.
“d/ocuments” è invece la collana degli scrittori che utilizzano il manga per narrare storie vere e spesso molto crude. Siamo partiti con “Kajimunugatai” di Susumu Higa, che ha conosciuto un successo superiore a tutte le aspettative, e ora continueremo con l’opera omnia di questo autore, inclusi alcuni inediti che presentiamo per la prima volta al mondo, e con i due capolavori massimi del genere: “Alla morte, miei prodi!” di Shigeru Mizuki, cruda narrazione della battaglia nella quale l’autore perse tutti i suoi compagni e in seguito alla quale gli fu amputato un braccio, e “Hiroshima” (Gen dai piedi scalzi) di Keiji Nakazawa, un’opera straordinaria che arriva per la prima volta in Occidente in versione integrale.
Direi che la ragione della scelta di tutte le opere del nostro catalogo è la loro originalità o l’importanza che hanno avuto nella storia del manga: fumetti e autori che hanno rivoluzionato per sempre il loro genere, lasciando un segno indelebile su tutte le generazioni posteriori. In questo ambito si inseriscono anche i titoli del nuovo anno che già abbiamo annunciato: “Silent Möbius”, che ha lanciato per primo il concetto di un team tutto femminile offrendo - per ammissione degli stessi creatori – lo spunto a “Sailor Moon” e a tutte le sue epigone; e “Le Rose di Versailles” (l’autrice ci ha espressamente chiesto di far dimenticare al pubblico il vecchio ed errato titolo europeo “Lady Oscar”), il primo shojo manga letto anche da un pubblico maschile e diventato in Giappone un fenomeno sociale.
Poi ci sono altri titoli che aspettiamo ad annunciare. Per quest’anno abbiamo deciso di uscire più velocemente con le serie in corso affrettando la loro conclusione prima di lanciarne di nuove (anche “Tokyo Tribe” e la collezione U-jin, iniziata con “Sakura Mail”, “riposeranno” un po’ per poi tornare in tarda primavera con due volumi a uscita). Il primo titolo a cui abbiamo potuto applicare i nuovi criteri di lavorazione è “Gunslinger Girl” e i risultati si vedono: stiamo finendo di lavorare al commovente volume 9, che è uscito il mese scorso in Giappone; lo stesso vale per “La musica di Marie”, un’opera di Usamaru Furuya che è considerato in patria e in Francia un capolavoro paragonabile solo “Nausicäa”; per “B.Q.” e “Atomic?” di Kaneko, un’altra collezione di racconti pazzi e dissacranti che rappresentano la vetta del manga “anticonvenzionale”; e lo splendido “Maria Ammazzatutti” di TKD e Shuji Takeya, crudo ritratto di un’aspirante cantante rock che ricorre a qualsiasi mezzo pur di stare a galla nello spietato mondo del music business.
Sono tutte serie tradotte ed edite nell’arco di meno di poche settimane dal momento dell’acquisizione dei diritti. Un po’ alla volta stiamo estendendo lo stesso criterio anche al ricco catalogo di opere che già controlliamo: “Mars”, “Getter Saga”, “Babil Junior”, “Kitaro”, “Appleseed”, “Pied Piper”, “Kamen Rider”, “La strada di Ryu” e le prime opere di Matsumoto si stanno avviando tutte a una conclusione “veloce”.

- Mi sembra un catalogo di tutto rispetto; perché allora affermi di volerti allontanare dall’attività di selezione dei titoli?

-Il mio interesse si concentra perlopiù sui titoli di “Masterworks”, “Vanguard” e “d/ocuments”, che rappresentano, tanto i classici che le opere più sperimentali, i gusti della mia generazione. Non mi considero la persona più adatta a selezionare un fumetto da “Jump”, “Magazine” o “Sunday” da destinare a un pubblico italiano di bambini o adolescenti – sempre che i lettori più piccoli del nostro paese siano davvero interessati ai manga, cosa che è tutta da provare.
Abbiamo due altre collane, “Genzo” e “Manga D/ream”, che raccolgono opere che non rientrano in nessuno dei generi delle altre tre che ho citato: la prima è legata a doppio filo all’editore Gentosha, però mentre per esempio in Asia pubblichiamo oltre sessanta suoi titoli all’anno, il pubblico italiano si è mostrato molto meno recettivo. In “Manga D/ream” confluiranno invece opere di vario genere, come “I Cacciatori di Elfe” e “Overman King Gainer” e mi piacerebbe che un po’ alla volta il controllo della collana migrasse alla redazione che si sta formando a Roma. In altre parole, come stiamo già facendo in Asia, affiancare all’editore “d/visual” giapponese e un editore “d/visual” italiano più radicato nel mercato locale e dunque anche più “agile” nei movimenti.

-Come si svolge il lavoro da voi, visto che siete la prima casa editrice giapponese a pubblicare in Italia?

-Innanzitutto si parte dalla scelta dell’opera da pubblicare, quindi si contatta chi ne detiene i diritti.
Come qualcuno avrà notato, la maggior parte dei manga che pubblichiamo sono di autori che già ho conosciuto ai tempi di Granata e con i quali ho mantenuto ottimi rapporti anche durante il lungo periodo dell’esperienza di Dynamic Europe, gruppo di aziende che purtroppo non ha mai voluto o saputo sviluppare un adeguato settore manga. Anche con autori che al momento non pubblichiamo ho rapporti molto buoni che spero portino un giorno allo sviluppo di progetti in comune.
La scelta di collaborare strettamente con l’autore è per noi molto importante: dialogare direttamente con lui piuttosto che con un semplice “ufficio diritti” ci consente di affrontare progetti di ampio respiro e conformi ai gusti dell’autore stesso, che non necessariamente è soddisfatto al 100% dalle edizioni giapponesi. La relazione ideale è quella che abbiamo instaurato con alcuni editori: con i loro uffici vendite trattiamo le condizioni, i contratti e i pagamenti, mentre tutta la parte creativa la discutiamo direttamente con l’autore. Altri editori giapponesi temono che un simile processo li porti ad essere “bypassati”, ma in realtà si verifica l’esatto contrario: l’autore è più soddisfatto dell’edizone straniera che viene prodotta e dunque cresce anche la sua fiducia nell’editore giapponese che gli ha consentito di curarla direttamente.
Una volta negoziata la licenza di una serie, si passa alla traduzione. Il primo anno me ne occupavo direttamente io; ora, dopo aver “testato” decine di aspiranti traduttori (cosa che offre spesso sorprese: purtroppo lauree, diplomi ed esperienza decennale non garantiscono assolutamente la qualità di un traduttore), abbiamo uno staff che reputo veramente straordinario.
Tutte le loro traduzioni vengono raccolte e quindi revisionate da me per una verifica della comprensione del testo e della resa. Nel caso di un traduttore mediocre solitamente in questa fase viene corretto un buon 80~90% della traduzione; col nostro staff attuale la percentuale scende a circa il 20~30%, e in alcuni casi, come il pur difficilissimo “Yapoo” o la complessa “Divina Commedia”, addirittura a poche righe.
Le traduzioni revisionate passano dunque a un altra persona che, oltre a conoscere il giapponese, si occupa di verificare la resa in italiano da un punto di vista grammaticale e lessicale.
Quindi tornano a me per verificare che nella revisione dell’italiano non sia stato frainteso il significato di qualche testo. Io le trasmetto a due esaminatori madrelingua giapponesi che conoscono l’italiano e sono altamente qualificati per questo tipo di controllo. A loro spetta il compito di verificare la fedeltà del testo italiano al giapponese. Spesso vi sono infatti espressioni e situazioni il cui vero senso sfugge anche a me e agli altri traduttori, come ad esempio citazioni di vecchi film, dischi o addirittura spot pubblicitari che solo chi è nato in Giappone può conoscere.
Una volta terminato questo processo i testi vengono inseriti nel fumetto, il file di stampa viene nuovamente verificato da tutti coloro che hanno visionato anche le traduzioni e quindi il volumetto viene stampato presso le nostre stamperie di Taiwan. Da qui viene inviato via mare – o in qualche raro caso via aerea – in Italia.
In tutto questo processo direi che la qualità della traduzione è il nostro principale motivo di orgoglio: l’esperienza mi insegna che presso gli altri editori il testo viene tradotto e quindi revisionato da redattori che conoscono solo l’italiano. Spesso questi finiscono per fraintendere il significato della traduzione e proporre un adattamento finale discordante con il testo originale. Nel nostro caso, come ho detto, una traduzione passa di mano almeno cinque volte, verificata o da madrelingua italiani che comprendono perfettamente il giapponese o giapponesi che comprendono l’italiano. Significa impiegare cinque persone per fare il lavoro che altri editori fanno fare a una o due persone, però crediamo che lo sforzo sia più che giustificato. I manga sono generalmente scritti con un linguaggio molto semplice e colloquiale; le edizioni europee invece spesso sono così astruse da far perdere completamente il senso della storia e impedire il pieno godimento dell’opera. Per noi è importante far comprendere non solo il significato, ma anche l’atmosfera dell’opera originale.

- Hai accennato a un cambiamento nei criteri di lavorazione; cos’è cambiato?

- Fondamentalmente lo staff che si occupa delle fasi di produzione dei volumi (design, impaginazione, inserimento testi, gestione stampa) non è cambiato da quando abbiamo iniziato: siamo quattro persone che nel 2004 producevano cinque volumi al mese e ora ne producono, tra Europa, Asia e America – compresi quelli di altri editori che ci vengono dati in gestione – oltre cinquanta. Negli ultimi due anni abbiamo potenziato il personale ritenendo che potesse essere il modo più logico per aumentare la nostra produttività. I risultati sono stati molto scoraggianti, si sono accumulati errori che fino ad allora erano impensabili e, come avranno tutti notato, il numero di opere che sono uscite è addirittura diminuito rispetto agli anni precedenti. Risultato: siamo tornati al nostro esiguo staff originale e in tre mesi abbiamo ripreso un ottimo ritmo. Chiaramente il nostro obiettivo continua a essere quello di allargare lo staff, però ora siamo molto, molto più selettivi e siamo tornati al motto dei nostri esordi: “pochi, ma buoni”.

-Dopo l'intervista precedente si sono scatenate ancor più polemiche e dubbi da parte di molti lettori sul perché non abbiate denunciato i presunti autori dell'aggressione?

-Credo che gran parte del pubblico abbia un concetto di “denuncia” legato più alla fiction televisiva e cinematografica che alla realtà. Non mi sorprende, in quanto io stesso pensavo che fosse così, finché non ho avuto l’occasione di avere un’esperienza diretta del funzionamento della “giustizia”.
Consideriamo l’esempio dell’agguato: due persone mi hanno assalito. I precedenti, le modalità, il tempismo e alcuni dettagli fanno inevitabilmente pensare a un mandante ben preciso. Però su questa “certezza” non si mette in piedi né una denuncia né tantomeno un processo. Bisogna innanzitutto arrestare quei due e farli confessare. Ma confessare che? Probabilmente sono assoldati da qualche yakuza che ha ricevuto un incarico telefonico da un intermediario che non ha mai incontrato di persona e di cui non conosce l’identità. Sospettiamo che quell’intermediario sia stato incaricato da un’agenzia investigativa, che in Giappone per legge ha il diritto di mantenere segreta ogni informazione riguardo ai suoi committenti. Dunque è impossibile risalire a una prova decisiva.
E poi non ci sarebbe base legale per arrestare quei due: sono stato assalito, ma non sono stato ferito. Sono stato minacciato, ma non mi sono stati né estorti soldi, né rubati effetti personali. Risultato: per la legge giapponese quelle persone possono essere fermate e interrogate, ma non arrestate – a meno che al momento dell’arresto non siano armate – né denunciate.
Dunque l’ipotesi della denuncia avanzata da qualche vostro lettore è, purtroppo, assolutamente irrealistica.
La proposta poi che noi ci mettiamo a denunciare chi offre soldi e sesso ai fornitori giapponesi non ha la minima base legale. Se fossimo in America (e non in Giappone o in Italia) e avessimo qualche milione di euro da spendere e qualche anno da perdere in tribunale, magari potremmo anche pensarci, forse ipotizzando un reato di concorrenza sleale; in Italia, per delle bustarelle tra aziende private o per ragazze messe a disposizione di un cliente (ma che potrebbero sempre testimoniare di averlo fatto non perché pagate – nel qual caso sarebbe prostituzione – ma di propria volontà), un avvocato o un giudice ci riderebbero in faccia.
Perciò bisogna arrangiarsi con altri sistemi: nel caso dell’aggressione, abbiamo fatto capire al committente che sapevamo che era stato lui, che avevamo informato la polizia e che quindi la prossima volta si sarebbe ritrovato di fianco a me anche un poliziotto in borghese. Il sistema migliore per farlo capire è stato diffondere una notizia sul sito ufficiale, un comunicato mirato a un destinatario preciso, ma che andava diffuso il più ampiamente possibile. È stata una scelta condivisa con la polizia e ha sortito l’effetto sperato.
Riguardo al secondo caso, nell’intervista precedente non ho voluto né denunciare nulla di particolare né fare sensazionalismo, ma semplicemente raccontare fatti reali senza nascondermi dietro a commenti ipocriti. Dopo quasi vent’anni nell’ambiente credo di potermi godere almeno il lusso di dire liberamente quello che penso e di raccontare ciò che vedo. Il mondo dei manga – ma, non ho dubbi, anche numerosissimi altri ambiti lavorativi – funziona così, per quanto perbenismo o falsità si voglia utilizzare per imbellire qualcosa che bello non è. Fatico perfino a credere che in un paese che ha fatto della mazzetta e della raccomandazione un’istituzione qualcuno possa essere rimasto sinceramente sorpreso dalle mie dichiarazioni.
Però, personalmente, non condivido certi sistemi e per evitarne l’uso preferisco lavorare direttamente con gli autori. Non amo neppure partecipare a fiere o esibizioni del settore perché non sopporto tutti i falsi sorrisini di convenienza che gli addetti ai lavori si scambiano in simili occasioni. So chi sono i mei amici e chi i miei nemici, e se non apprezzo qualcuno glielo dico in faccia senza falsi complimenti o giri di parole. Su questo punto sono molto poco “giapponese”.

- Però un’attiva collaborazione con la legge l’avete avuta: abbiamo letto del sequestro di ben 80.000 dvd del Maestro Nagai.

-Certo, un’operazione condotta con una professionalità straordinaria dalla Guardia di Finanza di Ancona e dalla Sezione Antipirateria della SIAE. È il primo sequestro in Europa e non saremo mai sufficientemente grati e riconoscenti a chi l’ha reso possibile, anche perché ho avuto la possibilità di conoscere persone estremamente capaci sia in seno alle Fiamme Gialle che alla SIAE. Però bisogna tener conto anche di un’altra cosa: sono anni che abbiamo avviato un lavoro paziente e certosino contro la pirateria in Italia, cercando di far capire l’entità anche economica del danno a chi ci rispondeva “tanto sono solo cartoni giapponesi”. E l’abbiamo fatto sopportando le frecciatine di chi lodava i prodotti pirati e ci attaccava perché, dall’esterno, sembrava che non facessimo nulla per bloccarli.
Anche in questo caso, è facile dire “Perché non denunciate x o y?”, ma in realtà convincere un magistrato della necessità di un’operazione simile può richiedere anni e anni di lavoro paziente.

- Domanda classica: novità per il futuro?

-Come dicevo all’inizio, nei classici (la collezione è stata ribattezzata “Masterworks”) aggiungeremo alla lista dei nostri grandi autori il bistrattatissimo - in Italia - Kia Asamiya, col quale inizieremo la collaborazione dall’integrale di “Silent Möbius”, e Riyoko Ikeda, che per la prima volta supervisiona direttamente l’edizione straniera di una sua opera, con risultati che si vedono fin dal titolo: “Lady Oscar” ad esempio perderà finalmente questo bruttissimo nome (perché una “Lady” in una corte francese?? Almeno fosse “Mademoiselle”...) per assumere quello da lei ideato, “Le Rose di Versailles”, erroneamente tradotto per anni al singolare da centinaia di traduttori (tra cui me, lo ammetto, nonché i curatori di tutte le edizioni giapponesi che spesso usano in copertina titoli in francese o inglese, tutti sempre e solo al singolare. Per informazione, nella lingua giapponese non esiste distinzione tra singolare e plurale; si dovrebbe capire dal contesto ma, nel caso di un titolo come questo, è praticamente impossibile). Già annunciata, ma è bene ripeterlo, l’estensione dell’accordo riguardante Shotaro Ishinomori con l’integrale di “Cyborg 009”, “Skullman”, “Kikaider” e “Ryujinnuma”.
In “Vanguard” altri capolavori di Koike e Kaneko, nonché l’arrivo di Shin’ichi Sugimura con il divertentissimo “Hotel Calforinia” e “Diaspolice”, un fumetto d’attualità dedicato al tema dell’immigrazione clandestina, sceneggiato dal “creatore” di “20 Century Boys” e “Pluto”. Poi ancora novità col rilancio di “robot” e di altre serie di Genzo, tra le quali la più fortunata e bella in assoluto: “La canzone degli innocenti” di Kei Tome.
In “d/ocuments”, dopo gli altri lavori di Susumu Higa, autore di “Kajimunugatai”, il fumetto di guerra “Alla morte, miei prodi!” di Shigeru Mizuki, autore di Kitaro, e il commovente “Hiroshima” di Keiji Nakazawa, per la prima volta in Occidente in edizione integrale.
Nell’ambito video, il 2008 non può non essere dedicato al trentennale di “Goldrake” e agli altri robot nagaiani, primo fra tutti il nuovo “Jeeg Robot”.
Poi altre novità ancora top secret!

- Ed “Evangelion Rebuild 1.0” come è stato accolto realmente in Giappone? Ci chiedevamo, tra l'altro, se ci fosse la possibilità in futuro che la tua azienda possa acquistarne i diritti.

-Ha ampiamente recuperato i costi, cosa che di per sé è estremamente positiva e più unica che rara per un cartone animato dedicato a un pubblico adulto. Però non è riuscito a ricreare l’entusiasmo di dieci anni fa.
Purtroppo non solo “Evangelion”, ma i cartoni animati in generale stanno perdendo sempre più l’appoggio del grande pubblico, tanto in tv che al cinema, diventando un prodotto solo per otaku. Escludendo i prodotti di Studio Ghibli e i sempreverdi “Doraemon”, “Crayon Shinchan” e “Pokemon”, ben poche opere sembrano interessare gli spettatori giapponesi. Probabilmente saprete già che i cartoni animati sono completamente scomparsi dal palinsesto pomeridiano di tutti i grandi network giapponesi, con rare eccezioni come la fascia “Chibi Maruko” / “Sazaesan” / “Kochikame” della domenica pomeriggio su Fuji TV. È un segno dei tempi, e il risultato di un fatto che già denunciavo nei miei articoli su “Mangazine” quasi vent’anni fa: l’industria giapponese dei cartoni animati non ha saputo gratificare gli autori e gli animatori, con il risultato che non c’è stato alcun ricambio generazionale; i manager per anni non hanno saputo guardare più in là del proprio naso e non hanno avuto programmi sul lungo termine. Risultato: mentre l’industria dell’animazione americana, in ginocchio negli anni ’80, ha saputo ricrearsi con la computer graphic e i governi cinese e coreano investono centinaia di milioni per sviluppare l’industria locale, i produttori giapponesi si trovano a fare i conti con una capacità produttiva mediocre. Le ditte di animazione sono sempre più governate non da animatori, ma da investitori ai quali di animazione non potrebbe interessare di meno. Attratti a fine anni ’90 nel mondo degli anime dall’illusione di un boom del settore, ora stanno tirando i remi in barca, facendo affondare un settore che è stato importantissimo per la diffusione della cultura giapponese all’estero.
Ora nessun editore o rete televisiva pensa più di trasporre in cartone animato i manga di maggior successo: le serie dal vivo costano meno e consentono di guadagnare molto di più. Vanno in onda negli orari di punta dove gli spot costano cinque, dieci volte più che nelle fasce pomeridiane.
Le serie live sviluppano molto meno merchandising e sono poco esportabili? Poco importa, l’animazione ormai è un mercato rischiosissimo e per chi investe le serie live sono molto più sicure. Inoltri agli investitori principali, cioè le televisioni, interessa solo l’audience che si ottiene sul mercato domestico, non certo i risultati di vendita all’estero.
Il business degli anime sta morendo, a causa di chi per vent’anni non ha voluto ascoltare i segnali d’allarme provenienti dalla base, e di chi, a partire dagli anni ’90, ha fatto investimenti insensati pensando di recuperarli sui mercati stranieri, senza però fare nulla per prevenire la pirateria che dilaga all’estero. Credo che sia già troppo tardi per i mea culpa e d’altronde in un mercato dove vige la legge del più forte chi non ha saputo mantenersi a galla merita di affondare. È una realtà che ho faticato dieci anni ad accettare, ma alla quale ora mi sono rassegnato. Continuo comunque a sperare che in Giappone nasca presto un nuovo genio del livello di Osamu Tezuka, che riesca a far rivivere un genere che sembra ormai destinato a una lenta agonia.
Quanto ad “Evangelion 1.0” a d/visual, non mi sembra logico frammentare ancor più un personaggio che è già stato sufficientemente “straziato” da vari editori.

Cliccare qui per la precedente intervista a Federico Colpi

Clicca qui per l'intervista a Go Nagai

Un grazie a Federico Colpi per la pazienza e la disponibilità.

Intervista: Angelo Di Pino».

 
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view post Posted on 22/1/2008, 16:21     -1   +1   -1
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画龍点睛

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ultramanmattia
view post Posted on 22/1/2008, 20:33     -1   +1   -1




CHE OOOH? :rotfl:
 
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view post Posted on 22/1/2008, 20:40     -1   +1   -1
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Pignolo "dorei shonin" di MusashiMiyamoto

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Rosario
view post Posted on 2/2/2008, 01:42     +1   +1   -1




interessante e la cosa che spero davvero è la pubblicazione integrale di 'Hiroshima' (Hadashi no Gen - il personaggio è il mio avatar), capolavoro di Keiji Nakazawa nella storia dei manga
 
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koji7
view post Posted on 2/2/2008, 13:56     -1   +1   -1




CITAZIONE (char70 @ 22/1/2008, 20:40)
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Gwaihir_84
view post Posted on 2/2/2008, 14:04     -1   +1   -1




ma n intervista intera.....fatta da un paginone cosi lungo....


HA RIPETUTO SEMPRE LE STESSE COSE A TUTTE LE DOMANDE CHE GLI SONO STATE POSTE.

bha....
 
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6 replies since 22/1/2008, 16:17   157 views
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