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JOE 7's FICTION GALLERY: La Grande Ombra

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joe 7
view post Posted on 18/4/2009, 22:36 by: joe 7     +1   -1

Ill.mo Fil. della Girella

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Ecco qui il racconto che sto preparando: è l'inizio, devo ancora svilupparlo tutto...siate clementi, è il mio primo tentativo!! :inchino:
I commenti se volete potete postarli nel thread "solo commenti". Ciao! :nagai:


GOLDRAKE: LA GRANDE OMBRA

grandeombravariante2.th


1 - L’inizio

“Era da tanto tempo che non sognavo Rubina.”

Ma in quel sogno lei era lì, ancora viva, con quegli occhi scintillanti e i capelli rosso fiamma che ancora gli danzano davanti mentre osserva il nuovo giorno. Erano passati tanti anni dalla sua morte, ma a volte sembrava ieri. Ricorda ancora il prato di montagna con quel pungente profumo, dove teneva stretto il suo corpo ormai privo di vita. A quel ricordo gli occhi di Actarus si inumidiscono.

“E’ strano che mi ricordi soprattutto quel tramonto.”

Rubina era morta mentre il sole cominciava a declinare. E quel tramonto era scarlatto, con le nubi che assumevano colori distanti e indefinibili. Aveva pianto come mai prima, davanti a un sole di fuoco che si spegneva e faceva risaltare la gigantesca figura di Goldrake che troneggiava in un’espressione silenziosa e indifferente. Un robot, anche se gigante, non poteva piangere; e in quel momento Actarus, per quanto fosse assurdo, aveva odiato Goldrake per questo.
Mille ricordi si accavallano nella sua mente, quando, ad un certo punto, si riprende e torna a pensare a quel sogno. Ieri notte ha sognato Rubina. Ma quello che lo colpisce è la natura del sogno. Rubina dai capelli rossi non appariva felice. Certo, quando Actarus la conosceva da viva, vedeva nei suoi occhi un’allegria che però nascondeva un fondo di tristezza, forse per il fatto di essere la figlia di Vega, o per altro che solo il suo spirito conosceva. Forse una premonizione oscura di come sarebbe finita la sua storia. Ma in quel sogno era preoccupata. E aveva detto:
“Duke, la grande ombra si avvicina. Stai attento”.
Duke. Il suo nome, quello che portava all’inizio, prima di farsi chiamare Actarus, quando era sulla Terra. Solo Rubina era capace di chiamarlo Duke in quel modo profondo, intimo, che sempre lo incantava.
Non era un sogno, Actarus lo sentiva. Era un avvertimento. Sta arrivando qualcosa di grande, di così terribile che nemmeno l’esercito di Vega può reggere il confronto.

Venusia si stira nel letto come una gatta. Aveva dormito benissimo, e ora vede la luce del sole che illumina la stanza. Accennando un sorriso, scende dal letto e indossa la vestaglia. Per un attimo si guarda allo specchio e si mette una mano nei capelli, aggiustandoli. Erano diventati molto belli, così lunghi. Avrebbe dovuto farseli crescere prima. Una volta Mizar glie l’aveva detto:
“Ma perché non ti fai crescere i capelli, Venusia”?
“Non dire sciocchezze, Mizar. Per una che lavora nei campi, i capelli lunghi sono d’intralcio. Corti così, sono più comodi”
“E come farai a farti notare da Actarus, allora?” disse con aria furbetta.
“Fatti i fatti tuoi!” aveva risposto Venusia stizzita, e Mizar era scappato via.
Venusia si rallegra del ricordo: quel piccolo delinquente di Mizar! Certo che Naida coi suoi capelli lunghi non si sarebbe trovata bene a mungere le mucche…
E da allora ne ho fatta di strada, si dice Venusia. Regina di Fleed e moglie di Actarus…
Al pensiero di Actarus, Venusia si volta verso di lui. E’ in piedi, assorto, a guardare dal balcone il giardino del palazzo reale con uno sguardo pensieroso e malinconico. Non vedeva da tempo quello sguardo: in quel momento, Venusia capisce che è successo qualcosa.

“Buongiorno, Actarus” dice all’improvviso, per spezzare quel silenzio. “Hai dormito bene?”
Actarus, assorto nei suoi pensieri, non risponde. Poi, ad un certo punto si scuote e parla in fretta, come per scusarsi:
“Buongiorno, Venusia”
Poi torna il silenzio imbarazzante. Actarus è confuso da quello che è successo, e non sa come andare avanti. Ma Venusia riprende subito.
“C’è qualcosa che non va, vero? Lo vedo dai tuoi occhi”
“E cosa dicono i miei occhi?”
“Tante cose. Per esempio: ‘sono preoccupato perché all’improvviso è successo qualcosa e non so come dirlo, soprattutto a Venusia, se no lei si preoccupa e mi dispiace. No, è meglio se non lo dico a nessuno e lo tengo per me’. Conosco il tuo stile, re di Fleed. Ho indovinato o no?”
Actarus è sorpreso. Venusia non smetteva mai di stupirlo. Solo lei riusciva a leggergli dentro come un libro aperto. Nessuno, tranne forse i suoi genitori, riusciva a capire i suoi pensieri fino a quel punto. Nemmeno Naida o Rubina: chissà, forse se avessero passato più tempo con lui…ma gli incontri con loro erano stati brevi e tormentati. Ma con Venusia era diverso: si erano conosciuti e studiati per tanti anni fino a diventare l’uno lo specchio dell’altro. Erano passati i tempi in cui Venusia lo guardava solo con ammirazione; ora quello sguardo rimaneva, ma più maturo, unito a una conoscenza profonda di lui, che forse era cominciata a svilupparsi sin da quando si erano incontrati per la prima volta. E sentirsi così scoperto lo metteva sempre in imbarazzo: che sia per questo che non si era mai aperto chiaramente a lei quando erano insieme sulla Terra? Non solo a causa dei tormenti per la guerra contro Vega, ma anche per paura? Paura di essere conosciuto nel profondo?
Actarus, scacciando questi pensieri che gli erano venuti come una cascata, risponde a Venusia con un tono quasi di sollievo:
“Hai indovinato, mia regina. Sì, è successo qualcosa. Ieri notte ho sognato. Rubina mi era apparsa e mi diceva di stare attento alla grande ombra.”
“La grande ombra? E che cos’è?”
“Non lo so. Ma ho la sensazione che sia qualcosa di serio. Forse Rubina dall’aldilà mi voleva avvertire. Era a quello che stavo pensando.”
“Forse Vega che ritorna?”
“Il suo pianeta è stato distrutto, e lui insieme al suo esercito è polvere e cenere. Non facciamo dei romanzi: chi muore non ritorna.”
Venusia abbraccia Actarus da dietro, appoggiandogli la testa sulla schiena. “Allora è qualcos’altro, qualcosa di…”
Venusia si ferma di colpo, come se le fosse venuto in mente qualcosa. Actarus si volta.
“Cosa c’è, Venusia?”
“Ora che ci penso…” Venusia è diventata preoccupata e perplessa, come se stesse per dire un’assurdità, ma non ne è del tutto sicura.
“Actarus, tu lo sai che mi piace ogni tanto guardare le stelle dal telescopio del monte Jibera…perché posso vedere anche la Terra da Fleed”
“Lo so. Perché me ne parli?”
“Perché…” Venusia esita per un momento “perché l’astronomo Larus mi ha fatto vedere l’altro giorno una zona dello spazio, a Ovest, dove non ci sono stelle.”
“Non ci sono stelle? Cosa dici? Sarà una nebulosa, un effetto cosmico che non le rende visibili ad occhio nudo…”
“No. In quel punto, c’erano prima delle stelle. Larus me l’aveva detto. E quella zona nera, senza stelle, sembrava come una mano gigantesca. Aveva la forma di una mano, credimi! Non te ne ho parlato perché sembrava un’assurdità, e Larus mi aveva promesso di darmi dei dati più precisi. Inoltre mi avresti presa per pazza.”
Actarus non crede alle sue orecchie. E’ la storia più inverosimile che abbia mai sentito. Possibile che quella mostruosa “mano” sia la grande ombra? Dopo un attimo di silenzio, Actarus risponde:
“Non ha senso. Comunque hai fatto bene a parlarmene. Andiamo a cambiarci, adesso: gli ambasciatori di Geobaldi devono venire oggi. Ma appena possibile voglio parlare con Larus. Mi piacerebbe vederci chiaro.”
Actarus cinge le spalle di Venusia con un braccio e la bacia per tranquillizzarla.
“Non preoccuparti” le dice guardandola negli occhi.
“Non mi preoccupo” replica con sincerità Venusia “e nemmeno tu devi farlo. Qualunque cosa sia, la sistemeremo insieme. Su, andiamo!”

(NOTA: Se qualcuno vuole fare commenti, qui c'è il link: http://gonagai.forumfree.net/?t=38631928&v...stpost#lastpost.
Se qualcuno vuole scaricare la puntata in formato word, qui sotto ho messo il link.)

Edited by joe 7 - 10/6/2014, 16:15
 
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