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JOE 7's FICTION GALLERY: La Grande Ombra

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joe 7
view post Posted on 5/5/2009, 14:33 by: joe 7     +1   -1

Ill.mo Fil. della Girella

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L’immensa mano oscura avanza. Una stella troppo vicina ad essa lampeggia come se chiedesse aiuto. Poi, ad un certo punto, si spegne. Un’altra stella è scomparsa nell’oscurità.
Per quanto sembri incredibile, all’interno di quell’oscurità alcuni pianeti vivono, brillando però di una luce sinistra. I più grandi sono sette, tra i quali il maggiore è l’Acheronte, dove si trova un castello talmente grande da coprire con le sue torri d’ebano tutto il pianeta. Il suo nome, Darkhold, è pronunciato con timore persino tra i pianeti dell’oscurità: gli orrori che avvengono all’interno farebbero impazzire anche l’uomo più coraggioso o più sano di mente. Essendo un castello praticamente senza confini, è diviso in tanti settori, ciascuno con un suo ruolo specifico: l’allenamento degli eserciti, la costruzione di astronavi e di robot da combattimento, e le sezioni più temute, riservate alla tortura, ai sacrifici umani o agli esperimenti genetici. A nord, un’enorme torre svetta alta, superando tutte le altre, quasi come a sfidare il cielo, simile alla torre che una volta costruirono e chiamarono Babele. Nei piani più alti risiede la stanza del trono, dove, al centro di scuri drappeggi, illuminati da una fila di bracieri ardenti, risiede l’essere senza nome e senza volto che comanda tutta l’Ombra. Una volta aveva un nome e un volto, ma è stato dimenticato da secoli: viene chiamato Oscuro perché la luce non si riflette su di lui. Il nero del suo corpo è interrotto solo da due fiamme ardenti, che dovrebbero corrispondere agli occhi.
In questo momento è felice, perché è arrivato il momento che aspettava da tanto tempo. Ormai il suo obiettivo è vicino. All’improvviso, sente qualcosa accanto a lui e parla con voce cupa:
“Chi è?”
Una figura femminile e slanciata si mostra davanti al trono, illuminata dalle luci cangianti dei bracieri.
“Sono Jezabel, mio signore. Volevo dirvi che lui è arrivato.”
“Garuda?”
Jezabel risponde, facendo fatica a nascondere il suo disappunto.
“Sì, Oscuro.”
“Fallo entrare.”
Garuda, uno dei sei generali dell’oscurità, si fa avanti, camminando dritto in modo arrogante e inginocchiandosi davanti all’Oscuro con aria quasi beffarda.
“Ti saluto, o Oscuro.”
Un’armatura estremamente elaborata lo avvolge, lanciando riflessi che variano ad ogni suo movimento. I suoi capelli neri rivaleggiano con lo scuro dei suoi occhi. Si alza con calma, tenendo una mano sull’elsa della spada e l’altra a reggere l’elmo. Il suo mantello si agita leggermente.
“In che modo posso servire il mio signore?”
Nonostante la frase ossequiosa, il sorriso di Garuda mentre la pronuncia fa nutrire dei seri dubbi sulla sua sincerità.
Jezabel non riesce più a trattenersi:
“Cosa sono queste insolenze, Garuda? Ricorda a chi stai parlando!”
E l’aria intorno a Jezabel comincia a crepitare, mentre i suoi occhi fiammeggiano d’ira.
Anche l’aria attorno a Garuda assume un aspetto anomalo, quasi brillante.
“Di che stai parlando, Jezabel? Ho solo fatto i miei omaggi!” risponde Garuda, senza smettere di sorridere.
L’ira di Jezabel cresce, ma nello stesso tempo, dentro di sé prova timore. Garuda ha una potenza che – forse – rivaleggia con quella dell’Oscuro, e Jezabel, pur essendo la più forte dei generali dell’oscurità, sa che rischia molto ad affrontarlo. Ma non può più tirarsi indietro.
“Basta!” tuona all’improvviso l’Oscuro, alzando imperiosamente la mano, ed entrambi si fermano, forse con sollievo. “Non siamo qui per litigare. Garuda, ti ho chiamato perché voglio che tu ti occupi di Fleed.”
“Io in persona dovrei occuparmi di quel pianeta insignificante? Mi sembra uno spreco di forze, quasi un’offesa. Abbiamo conquistato mondi e imperi ben più vasti!”
“In effetti è un pianeta da niente, ma fondamentale per i miei piani. Dovresti sapere che lì vive quel re che ha provocato la caduta dell’Impero di Vega.”
“Ne ho sentito parlare. Un impero piuttosto scarso. Non le sembra sproporzionato mandare me e il mio esercito contro quel pianeta? Come mandare un elefante contro una formica.”
“E chi ti ha detto di farlo di persona? No, voglio che tu mandi una tua bestia dell’abisso. Almeno per rispetto di quel re, e della sua arma famosa…”
“Il robot Goldrake?”
“Proprio lui.”
Garuda si pone la mano sul mento, riflettendo.
“Non so se è all’altezza di una bestia dell’abisso, ma si può fare. La manderò oggi stesso.”
“Puoi andare, allora.”
Garuda si volta in modo insolente e se ne va, seguito dallo sguardo furioso di Jezabel.
Una volta uscito, Jezabel si rivolge all’Oscuro:
“Mio signore, perché permettete che Garuda non vi rispetti? Va bene che si dice che sia forte quasi come voi, ma…”
“Lascia che lo credano, Jezabel.” Risponde l’Oscuro, con un sorriso impossibile da notare in quell’essere nero.
“Eh?”
“Garuda mi serve così, al pieno delle forze. Quindi, lascia che si illuda. Quando non mi sarà più utile, lo eliminerò.”
“Però…”
“Non starci a pensare, Jezabel. Garuda ha come obiettivo soltanto il dominio e il potere. Le stesse cose che desideravo io, un tempo.”
“E adesso, cosa desidera, mio signore?”
“Una nuova creazione, Jezabel. Tutto il creato fatto a mia immagine e somiglianza. E siamo molto vicini a questo risultato.”
Lei non sa cosa rispondere: è la prima volta che sente l’Oscuro parlare in modo così esplicito.
“Jezabel, ora Garuda farà la sua parte. Al momento opportuno, sai cosa devi fare.”
“Certo, Oscuro.”
E Jezabel sorride.

Il professor Procton si accende la pipa e soffia uno sbuffo di fumo. E’ l’unico modo che conosce per calmare il suo nervosismo. Sono due giorni di fila che cerca di contattare Fleed senza il minimo risultato. Da quando Alcor e Maria erano venuti al Centro di Ricerche in piena notte, estremamente preoccupati, perché pensavano che Actarus fosse in pericolo, Procton aveva ordinato ad Hayashi di contattare Actarus e Venusia su Fleed, senza alcuna risposta.
Ed avevano avuto l’ultimo contatto proprio il giorno prima! Che diamine sta succedendo? Interferenze magnetiche? Può darsi.
Ma il tono preoccupato di Maria lo inquieta: il suo legame mentale con Actarus è molto solido, nonostante l’immensa distanza che li separa, e lei non si agita senza motivo. Francamente, Procton non sa che fare. Fleed è troppo lontano, e i teletrasportatori di cui aveva parlato Actarus una volta erano difficili da installare; inoltre, erano ancora a livello sperimentale.
Procton inspira un altro po’ di fumo dalla pipa, guardando dalla finestra il sole che tramonta. Vuole bene ad Actarus come a un figlio, e aveva sofferto molto per lui durante la terribile guerra contro Vega. Ogni volta che Actarus partiva per una missione, poteva essere l’ultima. Certo, era lo stesso anche per gli altri, e Procton era giustamente preoccupato anche per loro. Ma con Actarus c’era un legame speciale, un’intesa unica: gli aveva insegnato le basi della lingua e della cultura terrestre, gli aveva dato protezione e sostegno. Non ha parenti, Procton, se non qualche lontano cugino con cui ha perso i contatti. Il suo lavoro l’aveva talmente coinvolto che non era mai riuscito a trovare il tempo per pensare di farsi una famiglia. E da quella sera che aveva trovato Actarus moribondo sul ciglio della strada e l’aveva portato a casa sua, aveva capito di aver trovato una famiglia. Le solitudini di entrambi – Actarus e Procton – si erano colmate a vicenda, con una corrispondenza inaspettata.
E adesso ritrova ancora quel senso di paura nel cuore che sperava di non avvertire più: paura per un figlio in pericolo e la propria impossibilità ad aiutarlo.

Il Gran Visir, stringendo il bastone, osserva con preoccupazione gli uomini che lavorano alla consolle di comando. Anche se è anziano, riesce a dirigere i problemi del regno di Fleed con un vigore e un’energia che sorprenderebbero i più giovani. Generalmente, però, erano problemi di natura diplomatica o di amministrazione: davanti a questo, invece, si sente impotente.
Un messaggero gli si avvicina, e il Gran Visir, senza voltarsi, sa già chi è e che cosa vuole. Più volte si è ripetuta questa scena.
“Onorevole Gran Visir, sua maestà il re vorrebbe sapere se le comunicazioni con la Terra sono state ripristinate”
Il Gran Visir emette un sospiro e si liscia la lunga barba bianca: non ha mai visto il re Duke così preoccupato fino ad essere assillante. Chiaramente, contattare la Terra dev’essere di importanza eccezionale, vista l’insistenza del re. Ma un re non si può mandare al diavolo: bisogna trovare le parole giuste per tranquillizzarlo, anche se sa che ogni risposta sarà insoddisfacente.
“Purtroppo non ci sono novità. I tecnici stanno lavorando, ma secondo me non c’è nessun guasto. Ci sono interferenze esterne. Non so se siano casuali o volute. Dì al re che, se possibile, vorrei parlargli.”
Il messaggero annuisce e si allontana. C’è qualcosa sotto, pensa il Gran Visir. Ogni incontro con gli ambasciatori è stato annullato, e l’hangar e la rampa di lancio di Goldrake sono stati collaudati, insieme al potente robot. E il re non è tipo da preoccuparsi per un nonnulla. No, devo assolutamente parlargli. Non credo affatto che queste “interferenze esterne” siano casuali…

(NOTA: Se qualcuno vuole fare commenti, qui c'è il link: http://gonagai.forumfree.net/?t=38631928&v...stpost#lastpost.
Se qualcuno vuole scaricare la puntata in formato word, qui sotto ho messo il link.)

Edited by joe 7 - 10/6/2014, 16:25
 
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